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Autore: Il corsaro nero    12/01/2018    0 recensioni
In ogni fiaba si sa già il destino dei personaggi.
I buoni vivono per sempre felici e contenti mentre i cattivi muoiono.
Non ci si può fare niente.
Non si può sperare di cambiarlo... o forse no...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Tarble, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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CAPITOLO 22: L'INCIDENTE DI TARBLE


L'uomo premette l'interruttore del piccolo locale e subito la luce mostrò un'enorme quantità di quadri.

Tarble si perse nel contemplare quei quadri di tutte le dimensioni e con tanti soggetti diversi.

Erano superbi...

Là c'è il laboratorio.” disse, ad un tratto, suo padre mentre metteva la giacca in un appendiabiti dietro al bancone.

Tarble aprì la piccola porta di legno che suo padre gli aveva indicato.

Era molto piccolo con fotografie di paesaggi di tutti i tipi, tempere, pennelli, quadri appena iniziati oppure quasi finiti.

Ad un tratto, Tarble si accorse che, in fondo al laboratorio vi era un grande lenzuolo bianco che copriva qualcosa...

Non toccare niente.” l'avvertì la voce di suo padre.

Tuttavia, il giovane era preso dal terribile desiderio di toccare quel velo e di guardare cosa nascondesse...

Lo prese e lo tolse con forza.

Tarble sgranò gli occhi.

Il velo nascondeva tre quadri e i soggetti dei quadri li conosceva molto bene...

In uno, c'era una donna bellissima che stava ferma davanti al mare, mentre il vento le scompigliava i capelli neri, nel secondo c'era un bambino di pochi anni che correva in un enorme campo di girasoli e nell'ultimo c'era una bambina piccola tutta vestita di rosso che dormiva tranquilla con un dolce sorriso sulle labbra accanto a un enorme lupo col pelo tutto nero e gli occhi rossi.

La donna con i capelli neri era sua madre, il bambino tra i girasoli era Vegeta e la piccola addormentata era Bra.

Anche se era andato via, suo padre non aveva mai dimenticato la sua famiglia.

Quei due dipinti erano la prova che lui aveva sempre cercato di tenere vivo il loro ricordo...

Anche per Bra, anche se suo padre non sapeva che era sua nipote, era stato dedicato un quadro... un quadro che descriveva la piccola e profonda amicizia che c'era tra di loro...

Lo sai che non si devono guardare le cose degli altri senza permesso?”

Tarble sobbalzò e guardò suo padre, appoggiato con le braccia incrociate alla porta.

Il giovane, rosso in volto, decise di cambiare discorso: “Li hai dipinti tu?” “Sì.” “Sono molto belli.” “Disegno da quando avevo sei anni.” gli rivelò suo padre.

Aveva sviluppato quella passione e quella bravura in modo molto particolare...

Quando andava alle elementari, nell'ora d'arte, la maestra faceva fare a tutti gli alunni un disegno e il migliore di questi veniva mostrato a tutta la classe.

Tutti i suoi compagni lo guardavano con diffidenza e alcuni anche con pietà, dato che viveva in un istituto.

E se c'era una cosa che lui odiava, era la pietà!

Così aveva cominciato a disegnare in continuazione, in modo da migliorare.

Voleva essere veramente qualcuno e non, soprattutto, quella che aveva perso la mamma e il papà e che viveva in un istituto.

Finalmente, dopo tanti sforzi, aveva fatto un disegno stupendo e, non solo era stato mostrato davanti a tutta la classe, ma il preside in persona aveva deciso di mostrarlo all'annuale mostra dei disegni dei bambini!

Ricordava ancora la gioia di non essere più il bambino della Casa degli Scarti che nessuno voleva... adesso, era il prodigio della pittura...

Per qualche minuto, i due rimasero in silenzio, poi Tarble sussurrò: “Sei molto bravo... papà...”

L'uomo sgranò gli occhi.

Era da tempo che nessuno lo chiamava papà... e pensare che a dirgli quella parola era stato proprio Tarble, il figlio che non aveva mai conosciuto...

Forse, lui e Tarble sarebbero riusciti a creare un rapporto... che riuscisse a colmare gli anni della sua assenza...

Grazie...” riuscì a dire, mentre il suo cuore batteva ancora dall'emozione, e Tarble, sorridendo, gli disse: “Sai che anche a me piace molto disegnare?” “Davvero?” “Sì, inoltre mi piace molto leggere.” “Se non rammento male, c'è una libreria qui vicino... se vuoi farci un salto...” “Ottimo. Che ne dici, papà, ci andiamo adesso?” propose il giovane e, quasi immediatamente, si pentì della sua proposta.

Forse... era ancora un po' presto per fare una cosa del genere... e anche chiamare suo padre in quel modo... temeva di averlo offeso e di aver rovinato tutto.

Inaspettatamente, suo padre si voltò e gli disse: “Va bene... ma è meglio muoversi adesso, fra poco sarà buio...”


Tarble sorrise contento mentre con la mano teneva il sacchetto contente i libri che aveva appena comprato.

Ma la cosa che lo rendeva più felice era che la tensione, tra lui e suo padre, si stava lentamente sciogliendo.

Mentre sceglieva i libri, avevano chiacchierato un sacco sui vari libri, autori e personaggi.

Era stato fantastico scambiarsi quelle opinioni... ma la cosa più bella era che, finalmente, stava conoscendo suo padre.

E la cosa non poteva renderlo più felice...

Mentre camminavano, ad un tratto, suo padre gli domandò: “Che lavoro fai?”

Tarble fu entusiasta nel vedere suo padre iniziare a fargli delle domande sulla sua vita.

Significava che stavano cominciando ad aprirsi.

Insegno letteratura al liceo di scienze umane.” raccontò, con orgoglio, e suo padre commentò: “Sei proprio fissato con la letteratura.” “Sai che conosci una mia allieva?” “E chi è?” “E' Gure, la ragazza che abita nell'appartamento davanti al tuo. E' stata lei a darmi il tuo indirizzo.”

Suo padre, senza tradire alcuna sorpresa, si mise a guardarlo.

Dunque era lui il prof di letteratura che Gure amava tanto... e dal tono della sua voce, intuì che anche Tarble condivideva gli stessi sentimenti della ragazza...

Tarble tornò a guardare la strada e notò una macchina che andava in modo un po' strano... sembrava come se traballasse... fosse stato un vigile avrebbe fermato quel guidatore e gli avrebbe rifilato una bella multa...

Inoltre, il veicolo non procedeva in modo dritto ma sembrava che volesse uscire di strada... e fu proprio quello che accadde.

La macchina uscì di strada e si diresse, a tutta velocità... verso di lui!

Tarble avrebbe voluto muoversi ma le sue gambe erano come bloccate.

Tuttavia, qualcosa lo spinse violentemente dall'altro lato...

CRASH

L'uomo fissò quella macchina che era andata a sbattere contro un albero.

Il tizio al volante doveva essere ubriaco fradicio... maledetto imbecille... per poco non aveva investito suo figlio... per poco la storia non si era ripetuta...

Ma, stavolta, lui l'aveva cambiata... spostando suo figlio...

Si voltò verso Tarble e impallidì.

Suo figlio aveva gli occhi chiusi e, come se non bastasse, la testa sanguinava.

Doveva avergliela fatta sbattere mentre lo salvava...

Aveva cercato di salvarlo... eppure non era riuscito a impedire a Tarble di farsi male.

TARBLE! TARBLE!” urlò, disperato, con tutto il fiato che aveva in gola, sperando che suo figlio riuscisse a sentirlo e aprisse gli occhi.


TARBLE!” urlò Echalotte, svegliandosi di soprassalto.

Le era sembrato come se... suo figlio stesse male...

Ansimò profondamente.

Ma no, doveva essere stato uno degli incubi che le mamme avevano sempre...

Si alzò a sedere sul letto e prese dal comodino una foto in cui c'era lei con i suoi due bambini di otto e cinque anni.

Quanto tempo era passato...

Rimise la foto al suo posto e pensò al figlio più piccolo...

Ricordava benissimo quand'era nato e cosa aveva detto Vegeta non appena l'aveva visto...


La donna accarezzò con dolcezza la guancia del piccolo.

Anche se era nato un po' prematuro, per lei, era il bambino più bello del mondo.

Lei lo amava così com'era... con quei suoi grandi e dolci occhi neri, con i corti capelli a spazzola e il ciuffo e con quelle sue piccole manine.

Echalotte lo cullò mentre veniva sommersa dai suoi pensieri.

Non aveva nessun rimpianto per la sua scelta!

Sapeva di aver fatto la cosa giusta!

Quel bambino, era stato l'ultimo regalo d'amore di suo marito... in quel piccolo c'era una parte di Vegeta... di suo marito... del suo più grande amore...

La porta si spalancò ed Echalotte guardò chi era entrato.

Davanti alla porta, c'era suo figlio Vegeta.

Con un sorriso, Echalotte gli disse: “Ehi, Vegeta. Vieni a vedere il tuo fratellino.”

Vegeta si avvicinò a lei e prese in braccio il piccolo.

Nonostante avesse tre anni, lo tenne saldo e senza paura.

Vegeta fissò a lungo il fratellino, poi disse: “Bello... lo lasciamo qui?”


Echalotte non seppe trattenere una risatina divertita a quel ricordo.

Erano passati tanti anni, eppure quel ricordo continuava a farla sorridere.

Il suo piccolo Tarble...

Nessuno, nemmeno Vegeta, sapeva che era il nome del nonno paterno...

Quando il bambino era nato, aveva deciso di chiamarlo così.

Perché così, il legame con il suo Vegeta sarebbe stato ancora più forte...


In quella strada vi erano molte auto della polizia, un'ambulanza e centinaia di curiosi.

Come degli idioti, se ne stavano lì a guardare cosa stesse succedendo... senza rendersi utili...

Due dottori trainarono a tutta velocità una barella su cui vi era un giovane uomo svenuto verso l'ambulanza.

Una volta che lo misero a bordo, i due si preparano a salire per portarlo di corsa all'ospedale quando un uomo alto, con i capelli a fiamma castani, gli occhi neri e la barba, si avvicinò a loro, annunciando: “Vorrei salire anch'io.” “E' un parente?” domandò uno dei due e lui rispose: “Sono suo padre.”


DRIIIN DRIIIN

Vegeta si avvicinò al telefono e, una volta presa la cornetta, domandò: “Pronto?” “Vegeta...”

L'uomo sgranò gli occhi.

Cos'era successo?!

Perché gli aveva telefonato?!

Sapeva benissimo che lui non lo voleva nemmeno vedere...

Perché mi hai chiamato?” gli domandò, seccato, e suo padre spiegò: “Tarble ha avuto un incidente. E' finito all'ospedale.” “COSA?!” urlò Vegeta, prima di chiudere violentemente la telefonata.

Si mise la giacca in fretta e furia e, prima di uscire di casa, avvisò la moglie: “BULMA, VADO ALL'OSPEDALE! TARBLE HA AVUTO UN INCIDENTE!”


Rimase immobile a guardarlo sul letto dell'ospedale.

Era stata di nuovo colpa sua se suo figlio si era fatto male... se non avesse avuto quell'assurda idea di andare con lui in quella libreria... se non fossero mai stati insieme...

Si avvicinò a Tarble e, d'istinto, cominciò ad accarezzargli i capelli.

Aveva appena ritrovato un figlio che rischiava di perderlo di nuovo!

Non faceva altro che combinare danni e di far soffrire le persone che amava...

In quel momento entrò l'infermiera che, dispiaciuta nel disturbarlo, sussurrò: “Mi scusi... il dottore è arrivato...” “Capisco...” disse lui, uscendo dalla stanza per poi dirigersi verso la sala d'attesa.

Mentre usciva l'infermiera, per dargli più fiducia, aggiunse: “Vedrà che andrà tutto bene.”

Lui si limitò a guardarla, ma non disse niente.

Si sedette su una sedia della sala d'attesa e si mise ad aspettare, in silenzio.

Ad un tratto, sentì un rumore di passi dietro di lui.

Si voltò e vide il suo primogenito fissarlo in silenzio con odio.

Aveva capito che c'entrava lui nell'incidente di suo fratello...

Cos'è successo?” domandò Vegeta, con un tono che dimostrava odio e disgusto nei suoi confronti, e suo padre spiegò: “Una macchina è uscita di strada perché il guidatore era ubriaco fradicio... stava per travolgerlo ma è riuscito a scansarla... ha sbattuto la testa e ha perso conoscenza... il medico lo sta visitando proprio in questo momento.” “Come sai tutte queste cose?” “C'ero anch'io con lui, quand'è successo.” “Cosa ci facevi assieme a mio fratello?” “Volevamo conoscerci.” “L'avresti conosciuto meglio di tutti se non te ne fossi andato.”

SCIAFF

Un violento schiaffo colpì la guancia di Vegeta, facendogli persino perdere l'equilibrio e cadere a terra.

ASCOLTAMI BENE, UNA BUONA VOLTA!” urlò, adirato, suo padre e, poi, continuò: “SO DI AVER FATTO UNA COSA SPREGEVOLE, SONO IL PRIMO AD AMMETTERLO! MA TARBLE E' ANCHE MIO FIGLIO, PROPRIO COME TE! HO IL DOVERE DI CONOSCERLO E DI STARGLI ACCANTO!”

Dopo un attimo di silenzio, l'uomo aggiunse: “E farei la stessa cosa anche con te, se tu smettessi di odiarmi.”

Vegeta rimase immobile a fissarlo.

Suo padre si voltò e sussurrò: “Ma sei troppo orgoglioso per farlo... proprio come me.”

Vegeta si rialzò in piedi e suo padre, senza voltarsi, gli passò una busta, dicendogli: “Consegnali a Tarble. Sono suoi.”

Poi si allontanò, in silenzio.

Vegeta si sedette e guardò il contenuto della busta: dei libri.

Si mise a pensare, in silenzio, alle parole di suo padre.

Forse, Bulma aveva ragione...

Forse, suo padre era davvero cambiato...

Improvvisamente, una giovane infermiera con un grande sorriso e disse: “Buone notizie, signore, suo figlio sta...” ma si bloccò non appena lo guardò meglio.

Evidentemente, lei, prima, aveva parlato con suo padre...

Sono suo fratello maggiore. Nostro padre se n'è andato.” si presentò Vegeta e, poi, chiese: “Posso far visita a mio fratello?” “Certo...” annuì l'infermiera e lo condusse in una stanza.

Tarble era sdraiato su un letto, che dormiva serenamente...

D'istinto, Vegeta si mise ad accarezzargli la testa.

Mentre lo faceva, tornò indietro con la mente... quando aveva solo tre anni...


Vegeta aprì silenziosamente la porta.

Per lui non era una grossa difficoltà... dopotutto, entrava sempre nel cuore della notte nella camera dei suoi genitori... anche quando suo padre viveva ancora con loro.

Si diresse verso il lettone e ci salì sopra, avvicinandosi al corpo di sua madre.

Quando c'era ancora suo padre, quel letto gli sembrava molto piccolo ma da quando lui se n'era andato... quel letto sembrava grande... e vuoto.

Guardò la sagoma di sua madre.

Era bellissima... per quale motivo suo padre aveva preferito un'altra donna?!

S'inginocchiò e, con la manina, cominciò ad accarezzare il ventre gonfio di sua madre.

Era da mesi che entrava nella camera per salutare il suo fratellino.

Povero piccolino... non era nemmeno nato e non aveva più un padre da ben due mesi...

Proprio quel giorno, la sua mamma, gli aveva rivelato che avrebbe avuto un fratellino...

Si ricordò di quella voce che, a volte, sentiva nei suoi sogni... Quindi sei un maschio...

Forse, qualcuno gli aveva detto quella frase in passato... ma lui non se lo ricordava.

Tutto ciò che ricordava era che la voce che diceva quelle parole era calda, felice e piena d'amore per lui... gli sarebbe tanto piaciuto sapere chi era...

Per dare onore a quella voce, si avvicinò al ventre della madre e sussurrò: “Quindi sei un maschio...”

Aveva appena detto quella frase che sua madre gli afferrò la mano.

Vegeta sussultò, temendo di essere stato scoperto.

Invece, sua madre non alzò la testa.

Mise la sua mano sul suo grande ventre.


Vegeta continuò a fissare Tarble.

Anche se l'infermiera e il dottore gli avevano assicurato che il ragazzo stava bene, Vegeta non poteva fare a meno di preoccuparsi.

Prese una sedia e la mise accanto al suo letto.

Poi prese la mano di suo fratello, sperando con tutto il cuore che quella stretta potesse risvegliarlo...


L'uomo entrò nel suo appartamento e, dopo essersi tolto la giacca e le scarpe si preparò un caffè.

Mentre guardava il liquido nella tazza, non poté fare a meno di pensare che il suo ritorno avesse provocato solo dolore e odio nei suoi figli...

Era stato un errore! Un gigantesco errore!

Nelle loro vite andava tutto a meraviglia, fino a quando non era tornato...

Per colpa sua, Vegeta aveva rinunciato a un rene per salvarlo, per salvare un uomo che odiava e con cui non voleva avere niente a che fare, mentre Tarble aveva avuto un brutto incidente mentre era con lui...

Non aveva saputo far altro che far soffrire le persone che amava...


Mise l'ennesima camicia nella valigia ma, stavolta, si bloccò.

Forse, quello che stava per fare era una cretinata... forse, quello che stava per fare era l'errore più stupido della sua vita...

Tuttavia, scacciò quasi subito quei pensieri e chiuse violentemente la valigia.

Non poteva andare avanti così... stava solo facendo soffrire la sua famiglia con la sua presenza... era molto meglio sparire per sempre, con le sue bugie e i suoi segreti!

Si mise la giacca e, dopo aver preso la valigia, aprì la porta della sua casa per poi uscire.

La luna limpida brillava nel cielo notturno.

Si voltò e diede un'ultima occhiata alla sua casa.

Gli dispiaceva doversene andare così... ma non aveva altra scelta...

Mise la valigia nel bagagliaio della sua macchina e aprì la portiera, pronto ad entrare e a sparire per sempre nella notte, quando la porta di casa sua si aprì violentemente e una piccola voce lo bloccò: “PAPA'!”

Si voltò lentamente e lo vide davanti alla porta, con indosso un semplice pigiama che lo guardava, implorando una spiegazione del suo comportamento.

Rimase un attimo in silenzio e, poi, entrò in macchina e avviò il motore.

Mentre partiva a tutto gas, vide nello specchietto retrovisore che Vegeta, con le lacrime agli occhi, lo seguiva disperato.

Gli stava urlando qualcosa ma non sentiva niente, anche se sapeva benissimo cosa voleva...

Ad un tratto, il bambino cadde per terra.

L'uomo fu colto dal dubbio.

Doveva premere l'acceleratore oppure frenare e andarlo a soccorrerlo?

Spostò il piede verso il freno e lo tenne sospeso in aria per qualche secondo.

Aveva pochi secondi per decidere cosa fare...

Alla fine, prese la sua decisione.

Spostò il piede sull'acceleratore e si allontanò sempre di più dalla sua casa e da suo figlio, che era ancora per terra.

Se si fosse fermato, avrebbe dovuto continuare a mentire o, peggio ancora, avrebbe dovuto dire la verità alla sua famiglia...

Se si fosse fermato, avrebbe solo rovinato e deluso ancora di più la sua famiglia.

Continuò a guidare, in completo silenzio, per mezz'ora, poi, poco prima dell'autostrada, trovò un luogo dove potersi fermare per qualche minuto.

Una volta fermo, appoggiò la testa sul volante e cominciò a versare senza sosta tutte le sue lacrime.


Mentre l'uomo ricordava quel tremendo e atroce ricordo, una lacrima gli scese da un occhio e cadde nel suo caffè ma lui non ci fece caso.

Mentre sorseggiava il suo caffè, diede un'occhiata alla sua finestra, dove si vedevano i fiocchi di neve cadere dal cielo.

Una volta, poco prima che Echalotte rimasse incinta di Vegeta e decidessero di sposarsi, aveva passato una fredda giornata d'inverno a casa sua.

Anche quell'anno aveva nevicato fitto fitto e loro due erano stato tutto il tempo seduti sul divano, coperti da una gigantesca coperta rossa, a guardare i fiocchi di neve mentre bevevano una bella tazza fumante di cioccolata calda.

Era un ricordo così bello... ma, purtroppo, apparteneva al passato.

Una volta che ebbe finito di bere il caffè, lavò la tazza e, poi, si diresse verso la sua camera da letto.

Aprì l'armadio e dal ripiano più alto prese una valigia.

Era un po' logora, dato che erano passati molti anni dall'ultima volta che l'aveva usata, ma poteva essere ancora usata un'altra volta...

   
 
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