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Autore: BebaTaylor    12/01/2018    1 recensioni
Lindsay, Ryan e tutti gli altri tornano, dopo Straight Trough my heart. Ma scordatevi le atmosfere divertente della storia precedente.
Perché le persone crescono, i rapporti cambiano e si evolvono, perché c'è sempre chi non capisce, chi pensa al successo e lo vuole anche a costo di distruggere la felicità degli altri, ignorando le tante lacrime versate.
Risate, lacrime — tante — e dolore. I nostri saranno in grado di superare tutto quanto?
Attenzione: nella seconda parte del settimo capitolo ci sono vaghissimi accenni di lime slash.

«Ryan!» strilla Lindsay quando, del tutto casualmente, le tocco il sedere.
«Che c'è?» domando, «Non ho fatto niente.»
Lei mi fissa e sbuffa, «Lo sai cosa hai fatto.» dice, «Mi hai toccato il culo.» sibila.
Le sorrido, «Non l'ho fatto apposta.» dico. Lindsay sbuffa e si volta, dandomi le spalle e fissando la fila di persone davanti a noi. Stiamo andando a New York, ed è inutile dire che Liam è felice di passare del tempo con Svetlana, poi andremo in Europa, per la promozione dell'album. Prima tappa: Dublino. Credo che mi sfonderò di Guinness.

La presentazione fa schifo, scusate. Giuro che la storia è molto meglio!!
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In a World Like this'
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We Start Over

Otto
Don't Wanna Lose You Now - Parte I -
*** Baby I know we can win this ***



Brenda non ne può più: le fa male la schiena, ha le caviglie gonfie — quando se le vede, perché si lamenta di non riuscire a vedersi i piedi tanto è grossa la pancia.
L'altro giorno è entrata nella trentasettesima settimana, ormai ne mancano solo tre, e la bimba potrebbe nascere anche prima!
Sì è lamentata anche del fatto che non può uscire a festeggiare il suo trentesimo compleanno — che è stato ieri — come si deve perché è grassa, ha le gambe gonfie, non si vede i piedi, deve andare in bagno ogni quarto d'ora, soffre di flatulenza, ha le emorroidi... secondo me la sta facendo tragica!
«Tutto bene?» mi chiede Ryan.
«Sì.» rispondo e chiudo gli occhi quando mi bacia la fronte, «Brenda è un pelo isterica.»
Lui ride e mi abbraccia, «Saranno gli ormoni.» dice.
«Già.» sospiro e lascio che mi faccia qualche coccola.
«Quanta roba hai preso?» chiede lui massaggiandomi le spalle.
Apro un occhio, «Per chi?» chiedo.
Ryan ride, «Per la piccola.» risponde.
«Mah, niente di che.» rispondo, «Giusto un paio di cosine...»
Un paio di cosine per tipo, specifichiamo. Ma è meglio non dirglielo. E non dirlo a Greg.
«Un paio di cosine.» soffia Ryan nel mio orecchio, le sue mani che si muovono sulle mie braccia, «Io cinque sacchetti pieni di roba non li chiamo un paio di cosine.» ride.
Faccio una smorfia offesa, «È la mia seconda nipote, la prima femmina.» replico, «È giusto che abbia tanti regali.» annuisco mentre lui mi bacia il collo.
«A Greg verrà un infarto quando vedrà tutta quella roba.» dice Ryan.
«Nah,» replico a occhi chiusi «sarà così preso dalla bimba che non ci baderà.» sospiro. 
Lui ride ancora, «Speriamo.» dice.
Ho già detto che è imbecille?

***

Chris è insopportabile, davvero. Capisco che gli manchi Yelina, ma cavolo, non può fare il depresso: quei due non sono una coppia!
Ma lui piange e si dispera, è quasi peggio della Piaga.
«Chris,» lo chiamo dolcemente «guardami.» dico, «Ormai mancano sei settimane al suo ritorno.» sospiro.
«È troppo.» pigola lui, «Mi manca.» singhiozza.
Evito di alzare gli occhi al cielo e dargli due sberle, «Quando tornerà le chiederai di uscire, okay?» sbotto, «Perché sono stufa di ascoltare i tuoi piagnistei.» borbotto.
«Sei insensibile.» replica lui.
«Sei insensibile, Linds.» gli fa il verso Ryan.
Chris lo guarda male, «E se mi dicesse di no?» mormora fissandomi, gli occhioni blu pieni di lacrime.
«Non ti dirà di no.» rispondo, anche a costo di supplicare Yelina di dirgli di sì.
Lui si lascia sfuggire un singhiozzo, «Lo spero.» soffia, «Perché io l'amo.»
Alzo gli occhi al cielo e guardo Ryan, che sta preparando i waffles; lui ricambia e sorride.
Incomincio ad avere mal di testa.
Intanto Chris guarda fuori dalla finestra, il faccino triste. Fa un sospiro profondo che sembra quasi un singhiozzo. «Mi manca.» mormora.
«Non piangerai di nuovo, vero?» sbotta Ryan mettendogli davanti un piatto con un paio di waffles ricoperti con marmellata di fragole. I nostri, invece, hanno la Nutella.
Chris fissa Ryan e sospira di nuovo, «Insensibile.» dice sottovoce. «Stavo pensando di farmi un tatuaggio.» annuncia dopo aver mangiato un pezzo dl dolce. «Un cuore alato con dentro il nome di Yelina.»
Ma è scemo!?
«Ma sei scemo?» sbotto, «Un tatuaggio con il suo nome?» esclamo, «Ma neanche Liam è arrivato a tanto, è lui è un vero rompi quando è lontano da Svetlana!»
Chris mi fissa e Ryan cerca di non ridere, «Le dimostro il mio amore.» replica, le labbra sporche di marmellata.
«Dimostri solo che sei coglione.» ride Ryan.
«Siete insensibili.» sbotta Chris, «È un tatuaggio!» dice agitando le mani.
«Vuoi tatuarti il nome di lei, Chris.» sospiro e bevo un sorso di latte, «Dentro un cuore alato! Che cosa trash.» sospiro.
Lui sbuffa. «Insensibili.» ripete, «Non mi volete capire.» soffia.
«Vuoi farti un tatuaggio osceno con il nome di lei tatuato.» esclamo, «E se la storia finisse?» domando. Potrebbe anche non iniziare se Chris non la smette di fare il pirla.
Chris mi guarda e si morde le labbra, «Non finirà, lo so.» pigola, «Io l'amerò per sempre.» annuncia.
Oh. Mio. Dio.
È completamente andato.

***

«Tu sei pazzo.»
«Idiota.»
Jake e Liam.
Chris li fissa incrociando le braccia, l'aria offesa. «È un tatuaggio.» ripete.
«È una roba pacchiana e trash.» esclama Aaron.
Siamo riuniti da Ryan, per la riunione d'emergenza “impediamo a Chris di fare una stronzata di cui poi si pentirà amaramente”. Per ora funziona poco.
«Voi non capite.» sospira Chris, «Insensibili.» dice e beve un sorso di birra. «Yelina mi manca così tan-» si blocca quando Jake gli tira uno schiaffo sulla nuca, «Ahi!» si lamenta, «Perché? Mi hai fatto male.» sbotta.
«Perché sei scemo.» replica Jake, «Come puoi pensare che sia una cosa carina? È da scemi! E se poi ti molla? E se poi la molli? E se non diventerete mai una coppia?» esclama mentre Chris diventa sempre più pallido, «Stupido.» sbuffa.
Chris arriccia le labbra, «Idioti.» sibila e trangugia un paio di sorsi di birra.   «Siete così... insensibili e con poco tatto.» dice. «Oh, non facevate così con Liam!» sbotta.
«Io con Svetlana ho una storia, tu no.» replica l'interessato. «E non volevo e non voglio tatuarmi il suo nome.» aggiunge.
«Non vuoi tatuarti il suo nome?» esclama Chris, «Perché?»
«Perché non mi piacciono i tatuaggi con i nomi.»
«Non sei romantico.» sospira Chris.
«È il Karma, Christopher.» ride Jake.
«Idiota.» replica Chris.
Che mal di testa. 

***


Siamo alla casa discografica, intenti a pianificare quello che succederà fra due giorni durante una trasmissione televisiva, sono piccole cose, tipo orari, cosa dovranno fare o dire.
«Chris, ti è morto il gatto?» sbotta Carl.
«No.» risponde lui.
«Allora levati quella faccia da depresso.» continua spostando una foglio da una mano all'altra.
«Mi manca.» sospira Chris.
«A me manca dormire otto ore, ma non faccio una tragedia.» replica Carl senza alzare lo sguardo dal foglio che ha in mano.
Il mio telefono, che ho lasciato sulla scrivania inizia a vibrare, così lo prendo, giusto per controllare la notifica. “Brenda è in travaglio!”
«Sto per ridiventare di nuovo zia!» esclamo alzandomi in piedi, «Brenda è in travaglio!» annuncio. Ancora poche ore e potrò vedere la mia nipotina. «Non ti servo, vero?» domando a Carl, «Allora vado via per qualche giorno! Ciao!» esclamo e afferro la mia borsa.
«Dove stai andando?» esclama Ryan alzandosi in piedi.
«A fare la valigia, mi sembra ovvio.» rispondo.
«La valigia?» domanda Ryan, «Perché?»
«Sei stupido?» sbotto, «Perché voglio andare a Houston.» spiego, «Voglio vedere la mia nipotina!» trillo.
Ryan mi fissa, gli occhi azzurri spalancati, «Cosa?» esclama, «Ma Linds!» protesta.
«Puoi andare.» esclama Carl trattenendo una risatina.
Sorrido, mi avvicino a Ryan e gli do un bacio sulla fronte. «Ci vediamo dopo.» esclamo ed esco dall'ufficio.
«Per quanto starai via?»
Mi volto verso Ryan e lo fisso, guardando il faccino triste. «Quattro giorni al massimo.» rispondo.
«Quattro?» ripete lui, «Ma è tantissimo!» esclama, «Come farò?» mormora, «Non siamo stati mai lontani così a lungo.» protesta.
Sospiro. «Lo so.» esclamo, «Partirò stasera.» gli sorrido, «Così staremo insieme un po'.»
Lui mi tocca i capelli. «Va bene.» sospira, «Mi manchi già.» mormora. «Dio, sto diventando come Liam.» commenta e ride, poi mi abbraccia, «A dopo.» soffia baciandomi il viso. «Mi mancherai.» mormora e le porte dell'ascensore si aprono, escono un paio di uomini che non so chi siano, li osservo allontanarsi.
«Ci vediamo dopo.» saluto Ryan, entro nell'ascensore, spingo il pulsante del piano terra e aspetto che le porte si chiudano.
La mia nipotina sta per nascere!

***

«Sicura di non aver esagerato?»
Fisso Ryan e mi mordicchio l'unghia del pollice per smettere praticamente subito.
«Sì.» rispondo.
Lui mi fissa e incrocia le braccia al petto, «Linds?» mi chiama e io distolgo lo sguardo dalla mia mano e lo fisso, «Non mentire.» esclama trattenendo una risata.
Okay, forse ho esagerato un pochino.
«Linds, e i tuoi vestiti dove li metti?»
Fisso Ryan e sospiro, «Io...» mormoro e guardo la valigia, piena di vestitini e giochini per la bimba. C'è anche un giochino per Cam, oltre che qualcosa per Greg e Brenda. E non c'è spazio per i miei vestiti. «Io...» ripeto.
«Togli qualcosa.» esclama Ryan sollevando un sacchetto. «Questo è adatto ai bambini di sei mesi!» nota.
«Ehm... sì.» confermo.
«Lascialo a casa.» dice lui, «Glielo dai la prossima volta.» suggerisce.
Inspiro a fondo. Forse ha ragione. «Va bene.» acconsento, «Alcune cose gliele darò quando verranno qui.» dico, anche perché se mi presento con un bagaglio da dieci chili pieno di vestiti e giochini poi Greg mi sgrida. Meglio evitare.
Tolgo alcune cose e le ripongo nell'armadio.
«Adatto a bambini dai dodici mesi...»
Mi volto e vedo Ryan con in mano la scatola di un gioco.
«Linds, la bambina non potrà giocare con questo per almeno un anno.» mi fa notare indicando l'età scritta in rosso sulla scatola bianca.
«Lo so.» rispondo.
«E perché l'hai preso?» domanda posando la scatola sul letto.
«Perché è carino?» propongo.
«Lindsay, non ti pare di esagerare?» domanda indicando le cose sparse sul letto.
«Non credo.» mormoro. Forse ho esagerato, ma non lo ammetterò mai. 
«E sono cose per tua nipote, se fosse tua figlia che faresti?»
Mia figlia? Sono troppo giovane per avere un bambino! «Io...» mi mordo le pellicine attorno all'unghia del pollice.
«Tu svaligeresti l'intero negozio.» ride lui.
Deglutisco e sospiro, «Probabilmente sì.» ammetto in un sussurro.
Lui afferra un'altra scatola, «Qui cosa c'è?» domanda.
«Una macchinina radiocomandata.» rispondo.
«Per la bimba?»
«No, è per Cam.» rispondo sistemando alcuni vestiti nella valigia.
«Un regalo per lui? Perché?» Ryan si siede sul letto, la scatola fra le sue mani.
«Perché diventa un fratello maggiore.» rispondo. «E perché adesso si concentreranno tutti sulla bambina, è giusto che qualcuno pensi anche a lui.»
Ryan scuote la testa, le labbra piegate in un sorriso. «Va bene.» sospira e mi fissa mentre, finalmente, riempio la valigia di vestiti, lasciando qualche tutina e vestitino per la bambina, qualche sonaglino da appendere alla culla o alla carrozzina, e il giochino per Cam. La chiudo nell'esatto momento in cui il campanello suona: deve essere il fattorino con le pizze.
«Vado io.» esclama Ryan ed esce dalla mia stanza.
Sistemo la valigia accanto alla porta e vado di sotto. Il mio aereo parte alle 21:35 dal Miami International Airport e arriverà allo Houston George Bush Intercontinetal Airport alle 23:46, da lì prenderò un taxi e andrò a casa di Greg, anche se probabilmente troverò solo mamma e papà — loro sono partiti verso le tre — e ovviamente Cam. Greg sarà di sicuro in clinica con Brenda.
In cucina osservo Ryan aprire i cartoni delle pizze e sistemarli sul bancone, afferro due bottiglie di birra e mi siedo di fronte a lui. Abbiamo ancora un'ora e mezza prima che arrivi il taxi che ho prenotato.
«Cosa farai mentre sono via?» domando sollevando una fetta di pizza al salmone e gamberetti. Il pizzaiolo ci è andato pesante con i condimenti e un paio di gamberetti cadono nella scatola.
Ryan sospira, «Non lo so.» risponde e beve un sorso di birra, «Mi deprimerò.»
Rido, «Davanti agli altri?» domando. 
Lui si blocca e mi guarda, «Ehm... non credo.» risponde, «Liam e Chris tirerebbero fuori la storia del Karma, Jake e Aaron mi prenderebbero in giro.» mugugna.
Rido ancora, «Povero ciccino.» esclamo e gli tocco una mano.
«Non prendermi in giro!» squittisce lui. «Non è carino.» dice.
«Lo so.» ribatto, «Ma tu avevi una faccia così buffa!»
Ryan mi fissa, la bocca aperta, «Linds!» esclama, «Io mi deprimo e tu mi prendi in giro.» mormora, «Non sei simpatica.»
Mi sporgo sul bancone, stando attenta a non rovesciare nulla e lo bacio, cogliendolo di sorpresa. Lui mi stringe il viso fra le mani e ricambia il bacio, stringendomi il viso fra le mani.
«Lo sai che se ci sbrighiamo a finire la pizza, poi ci rimane un po' di tempo...» lascio cadere la frase mentre torno a sedermi composta.
Le labbra di Ryan si piegano in un sorriso, «Uhm, giusto.» dice e infila in bocca un grosso pezzo di pizza.
«Non strozzarti.» esclamo mentre lui manda giù qualche sorso di birra.
«Non mi strozzo.» mormora lui, «Lo giuro.»
Sorrido e mangio un altro pezzo di pizza.

Ormai sono quasi le otto, il taxi dovrebbe arrivare da un momento all'altro. Io e Ryan siamo in giardino, a pochi passi dal cancello di casa. Passo la borsa che userò come bagaglio a mano da una mano all'altra e sospiro mentre Ryan muove i piedi sulla ghiaia, spostando sassolini da una parte all'altra.
«Marisol arriva domani alle nove.» gli ricordo, «Chiedi a lei se dovessi aver bisogno di qualcosa.»
Lui annuisce e si volta verso di me. «Mi manchi di già.» mormora, le mani affondate nelle tasche dei jeans.
Sorrido, «Anche tu.» soffio e mi avvicino e lo abbraccio, inspirando il suo profumo, la sua guancia contro la mia.
«Tieni.» mormora Ryan staccandosi da me, infila una mano in tasca e tira fuori un piccolo orsetto di peluche con una maglietta rossa, una R bianca stampata sul davanti di essa, e un anellino portachiavi attaccato al berretto, rosso anche quello.
«Perché?» domando prendendo il piccolo pupazzo.
«Perché si.» risponde lui, «È il mio vecchio portachiavi.» dice. «Tienilo.»
Sorrido e lo abbraccio di nuovo, stampandogli un grosso bacio sulla guancia. «Grazie.» mormoro.
Rimaniamo così fino a quando un auto non si ferma davanti al cancello. «Andiamo.» dice lui afferrando il mio trolley, «Anche se non vorrei.» sospira aprendo il cancello.
Il tassista infila il trolley nel bagagliaio e ne approfitto per stringermi a Ryan e baciargli le labbra. «Chiamami quando arrivi.» soffia sulla mia guancia.
«Ovvio.» sussurro e mi stacco da lui, che apre la portiera. «Ciao.» lo saluto.
Lui si limita ad agitare la mano e a rimanere fuori dal cancello fino a quando il taxi non riparte.

Sono sull'aereo dell'American Airlines. A questo non ho pensato quando ho prenotato il volo. Al decollo e all'atterraggio. Magari mi alzo e mi avvicino a quel tizio dall'altra parte del corridoio e lo imploro di stringermi la mano. Lo chiederei al mio vicino, ma l'aereo è mezzo vuoto e accanto a me non c'è nessuno.
«Vi preghiamo di allacciare le cinture di sicurezza.»
Troppo tardi, la voce metallica ha appena decretato la mia condanna. Inspiro a fondo e allaccio la cintura con le mani che tremano. E pensare che ormai dovrei essere abituata a volare. Deglutisco e artiglio i braccioli, poi mi ricordo del portachiavi di Ryan, ancora nella tasca della mia felpa; lo prendo e lo stringo nella mano sinistra, infilando l'indice nell'anello. Lentamente l'aereo inizia a rullare e a muoversi, un attimo dopo si stacca dal suolo. Posso farcela, posso riuscirci. Espiro lentamente e fisso il sedile davanti a me.
Dopo quella che mi pare un'eternità la lucetta verde che indica che si possono slacciare le cinture di sicurezza si illumina: siamo in quota! 
Slaccio la cintura e mi rilasso, rimetto il pupazzetto in tasca e prendo la rivista che avevo infilato nella tasca del sedile. Inizio a sfogliarla, saltando da una pagina all'altra senza soffermarmi troppo su nessuna di essa, tranne quando arrivo alla pagina “Stili da copiare”: ci sono attrici, una Kardashian, cantanti, un'altra Kardashian, modelle, ancora Kardashian, prezzemoline, una certa Lindsay Mars...
No, aspetta. Cosa? Ma quella sono io!
Fisso la foto che mi ritrae davanti alla casa discografica, un caffè in una mano e lo smartphone nell'altra, la borsa appesa al braccio sinistro. Quando è stata scattata? Non riesco a capirlo.
Leggo la didascalia, “Stile semplice ma azzeccato, con i jeans skinny che mettono in risalto le gambe e la maglia che...”*
Oh, i miei vestiti piacciono!
Adesso capisco il perché di tutti quei tweet che stamattina mi taggavano insieme al profilo della rivista!
Sono finita su un mensile e non perché fotografata insieme a Ryan e agli altri, ma per come vesto! È meraviglioso! Chissà se Svetlana lo sa. Appena atterro le mando subito un messaggio!
Continuo a sfogliare la rivista, ma continuo a tornare sulla pagina con la mia foto, vorrei alzarmi in piedi e urlare “Io sono su una rivista e voi no!” ma poi verrei presa per matta, quindi taccio.
Sono così felice!
Ma mi manca Ryan.

L'aereo è atterrato puntuale, sono andata in bagno, ho ritirato il mio bagaglio e adesso sto cercando l'uscita. Spero di non perdermi, l'ultima volta che sono stata a Houston è stata l'otto febbraio del 2012, quando è nato Cameron, quindi più di quattro anni fa.
Seguo i cartelli e arrivo in un grande atrio, dove mi sento chiamare. Spero che non sia una qualche fan di Ryan, sono troppo stanca per poter rispondere senza insultare. Oh, e se fosse qualcuno che ha letto la rivista e mi ha riconosciuto? Sarebbe bellissimo.
«Lindsay!»
È papa, che è ancora meglio, così non sarò costretta a prendere un taxi da sola. Lo raggiungo sorridendo e gli bacio le guance. «Credevo di dover tornare da sola.» esclamo.
Lui sorride, «Sorpresa.» esclama e prende il trolley, «Andiamo.» dice e lo seguo fuori dall'edificio, fino al parcheggio.
«Non prendiamo un taxi?» chiedo.
«Sono qui con la macchina di Brenda.» spiega.
Giusto, perché pagare un taxi quando c'è un auto a disposizione?
Il suv non è lontano e lo raggiungiamo in meno di un minuto, sistemo la valigia sul sedile posteriore e mi siedo.
Dopo una mezz'ora arriviamo a casa di Brenda e Greg. 
«Dormirai con Cam, lo sai?»
Guardo papà mentre posteggia davanti al garage, «Cosa?» domando.
«Bhe, nella stanza degli ospiti ci siamo io e mamma, l'altra camera degli ospiti è diventata nursery...» spiega lui, «Puoi dormire sul divano, se vuoi.»
«No, il letto nella cameretta di Cam va bene.» sospiro e sbadiglio.
Scendiamo dall'auto ed entriamo in casa, saluto mamma e poi salgo al piano di sopra, per prepararmi ad andare a dormire.
Ormai è quasi l'una, per me, perché Houston è indietro un'ora rispetto a Miami, quindi qui è appena mezzanotte,  quando apro piano la porta della stanza di Cam, usando la torcia del cellulare per illuminare, non voglio accendere il lampadario perché ho paura che Cam si svegli e poi mi tocchi farlo addormentare.
Osservo il bambino, è incredibile che abbia già quattro anni, mi sembra ieri la prima volta che l'ho preso in braccio, un esserino piccolo e indifeso, che mi fissava con gli occhi spalancati e la bava che gli sporcava le piccole labbra.
Gli rimbocco le coperte, collego il cellulare al caricabatterie e, finalmente, posso dormire.

***

Sento una vocina e qualcuno che mi tocca. Apro gli occhi per richiuderli subito.
«Zia.»
«Cam?» domando, confusa. Mi volto piano e apro gli occhi, mio nipote è accanto al mio letto e mi fissa.
«Zia.» ripete.
«Mmh... che c'è?» domando.
«Devo fare pipì.» risponde lui.
«Vai.» sbadiglio.
Le labbra del bambino si piegano in un broncio, «Aiutami, zia.» esclama. «Zia!» dice e mi tocca la faccia, «Aiutami.» ripete e saltella sul posto.
Mi sa che la cosa è urgente. «Arrivo.» sbadiglio ancora e mi alzo, infilo le ciabatte e seguo mio nipote in bagno.
Non capisco quand'è che dovrei aiutarlo, visto che usa la tazza da solo.
«Il sapone.» esclama il bambino dopo aver tirato l'acqua, si avvicina a me con le mani protese.
«Uhm, sì.» dico, ancora mezza stordita. Apro l'acqua mentre lui avvicina la piccola pedana blu scuro al lavandino, ci sale sopra e infila le mani sotto al getto d'acqua, per poi lavarsele da solo. Gli serviva il mio aiuto solo per il sapone? Deve solo spingere il dosatore!
Sbadiglio ancora, «Vai in camera, arrivo subito.» gli dico.
«Perché?» domanda lui asciugandosi le mani.
«Devo usare il bagno.» rispondo ma Cam rimane fermo, «Non puoi restare qui.» gli dico, ma lui si limita a fissarmi senza muoversi.
Io non faccio pipì davanti a lui!
«Cam... ieri sera ho messo delle mollette sul comodino, me le vai a prendere, per favore?» domando con un sorriso.
Lui annuisce felice ed esce dal bagno, lasciandomi un po' di privacy. Torna mentre mi lavo le mani, il faccino triste, «Non ci sono, zia.» dice.
«Oh, non importa.» dico e mi asciugo le mani, «Le cercherò dopo.» gli bacio una guancia e lo prendo in braccio, «Facciamo colazione?»
«Sì.» risponde lui battendo le mani.
Scendiamo le scale mentre il cellulare di papà trilla, lui lo prende e credo che legga un messaggio, un attimo dopo sorride, «Amanda è nata dieci minuti fa!» esclama.
Amanda? L'hanno chiamata Amanda? Ma è un nome bellissimo!
«È nata la tua sorellina!» mi rivolgo a Cam, «Sei felice?» gli domando entrando in cucina.
«No.»
Cosa? «Come no?» domando, «È una cosa bellissima.» esclamo posandolo sulla sua sedia. «Sei diventato un fratello maggiore.» gli sorrido, ma lui piega le labbra in un broncio e mi fissa, il labbro inferiore che trema leggermente.
«No.» mormora, «Voglio la mamma.» piagnucola.
«Che succede?» domanda mamma entrando in cucina.
«Vuole la mamma.» rispondo osservando le lacrime che scivolano sulle guance paffute del bambino. «E non è contento della sorellina.»
Mamma sorride, «Cam, tesoro, lo vuoi un po' di latte?» domanda raggiungendomi per poi piegarsi per guardare il bambino negli occhi.
Lui annuisce, «Con la crostatina al cioccolato.» mormora.
Mamma drizza la schiena, «Dovresti mangiare i cereali.» dice e Cam inizia a piagnucolare di nuovo, «Va bene, e crostatina sia.» sospira e si dirige ai fornelli.
Afferro un tovagliolo di carta e pulisco il visetto di Cam, «Voglio la mamma.» mormora.
«Fra poco la vedrai.» esclamo e gli scosto i capelli castani dalla fronte. «Facciamo colazione, ci vestiamo e andiamo da lei.»
Lui annuisce e fissa mamma che posa davanti a lui una tazza di latte caldo, con dentro due cucchiaini di cacao, poco dopo arriva anche la crostatina, ancora confezionata, al cacao. Cam la prende e inizia spezzettarla.
«Non si fa così.» gli dico e ringrazio mamma per la tazza di caffè e latte.
«Sì.» replica il bambino.
«Ma no...» mormoro, lui mi passa il dolcetto e mi chiede di aprirlo, così lo faccio, prestando attenzione a non far cadere nemmeno la briciola più piccola: o il sospetto che Cam si arrabbierebbe molto se ciò succedesse.
Quando gli porgo la confezione aperta lui sorride e ne versa il contenuto nella tazza, per poi mescolare tutto con il cucchiaio dal manico blu. Credo sia inutile dirgli che non si fa così. 
Il mio telefono suona: è Ryan. Con il telefono in una mano e la tazza nell'altra mi allontano dalla cucina. «Ehi.» esclamo rispandendo alla chiamata.
«Linds.» dice lui, «Come va?»
«È nata!» trillo dopo aver bevuto un sorso di caffè «Si chiama Amanda.»
«È un bel nome.» esclama Ryan, «L'hai già vista?»
«Siamo ancora a casa.» rispondo, «Stiamo facendo colazione.» aggiungo.
«Come hai dormito?» domanda.
Sospiro e bevo altro caffè, «Bene.» rispondo e mi siedo sul divano, «Anche se Cam mi ha svegliato perché doveva andare in bagno.»
Ryan ride, «Ti ha cercato per tutta casa?» 
Sbuffo, «Ho dormito nella sua stanza.» replico, «L'altra stanza degli ospiti è stata trasformata in una nursery, e l'alternativa era dormire sul divano.»
Lui ride ancora, «Almeno il letto era comodo?»
«Idiota.» borbotto, «Sì, il letto era comodo.» dico, «In ogni caso... l'ho accompagnato in bagno, l'ho aiutato a lavarsi le mani, solo che poi scappava a me, ma lui non se ne voleva andare.» mi fermo e bevo un po' di caffè, sento Ryan ridere.
«Cosa hai fatto?»
«L'ho mandato a cercare le mollette che avevo lascito sul comodino.» rispondo.
«Mollette?» domanda lui, «Ma ieri non le avevi, le hai prese in aeroporto?» chiede.
«No.»
«E allora...» borbotta lui, «Come?»
Sorrido, «Indovina?»
Lui rimane in silenzio per qualche secondo, poi ride ancora, «Non c'erano!» ride, «Diabolica.»
«Dovevo pur inventarmi qualcosa.» mi giustifico e vedo Cam entrare in salotto.
«Zia, zia, devo vestirmi.» esclama il bambino.
Sospiro, «Devo andare.» dico, «A dopo.» saluto Ryan, «Ti manderò qualche foto.»
«A dopo, salutami tutti.» esclama mentre io mi alzo e finisco il caffè, «Ti amo.»
«Anche io.» mormoro. «Mi manchi.» dico entrando in cucina, Cam che mi segue e continua a chiamarmi, «Sarà meglio che vada.» sospiro posando la tazza nel lavello.
Ryan ride ancora, «Va bene, ci sentiamo dopo.» esclama. Lo saluto e chiudo la comunicazione, anche perché Cam mi sta chiamando a gran voce.
Pochi minuti dopo siamo in camera. Lui vuole indossare la maglia nera con il logo di Batman e i pantaloni della tuta rossi.
«Tesoro, perché non metti i jeans e la camicia?» propongo piegandomi sulle ginocchia per poterlo fissare negli occhi, «Non vuoi essere carino per la tua sorellina?»
Lui mi fissa, le labbra piegate in un broncio, «No.» esclama, «Batman!»
Sospiro. È un vero testone! Chissà da chi ha preso...
«La maglia di Batman e i jeans.» propongo, «Va bene?»
Lui mi fissa per qualche secondo, «Va bene, zia.» acconsente.
Meno male, ho risolto la cosa in pochi minuti.

Una ventina di minuti dopo siamo tutti in auto, posteggiati davanti al fiorista. Papà è dentro per comprare un vaso di gardenie per Brenda, io sono seduta dietro, accanto a Cam che ogni tanto piagnucola che vuole la mamma. Speriamo che non si metta a piangere.
Papà esce dal negozio, un grosso vaso azzurro di gardenie bianche, e lo infila nel bagagliaio, accanto alla loro borsa con il regalo per Brenda e il mio.
«Voglio la mamma.» piagnucola Cam quando il navigatore segnala che mancano solo quattro miglia alla clinica privata.
«Ancora cinque minuti e la vedi.» gli dico e gli tocco i capelli.
«Adesso.» mormora il piccolo, il labbro superiore che trema, gli occhi che diventano lucidi.
Non piangerà, vero?
«Mamma!» singhiozza lui, «Mamma!» ripete e singhiozza sempre più forte.
E adesso cosa faccio?
«Adesso la vedi.» dico e gli accarezzo la testa, scostando i capelli castani dalla fronte, «Pochi minuti e siamo da lei.» dico ma lui continua a piangere, «Mamma.» mormoro e lei si volta verso di me, «Cosa facciamo?» chiedo. Mi spezza il cuore vedere il mio nipotino piangere. Sicuramente mamma saprà cosa fare.
«Lascialo piangere.» risponde lei, «Ormai siamo arrivati.» dice e indica la struttura della clinica poco lontano da noi.
Ah. Dobbiamo lasciarlo così? Ma povero Cam.
Gli pulisco il visetto con un fazzoletto di carta, «Non piangere.» sussurro, «Siamo arrivati.» aggiungo. Cam smette lentamente di piangere, ma non di piagnucolare.
Papà posteggia non molto lontano dall'ingresso, così libero Cam dal seggiolino, e lui si stringe a me, afferrando i miei capelli. Prendo la borsa e scendo. Papà prende la pianta dal bagagliaio mentre mamma le due borse.
Entriamo nel grande atrio bianco, con cicogne che volano appese qua e là, il pavimento di marmo bianco e un enorme bancone sormontato da un top di legno chiaro.
«Dov'è la stanza di Brenda?» chiedo.
«Al terzo piano.» risponde papà.
Mentre andiamo verso gli ascensori noto il bar in fondo al corridoio. «Cam,» sussurro «se fai il bravo e smetti di piangere dopo ti compro un muffin al cioccolato.»
Lui alza la testa dalla mia spalla e mi fissa, «Davvero?» mormora mentre mamma schiaccia il pulsante di chiamata dell'ascensore.
«Davvero.» sorrido al mio nipotino. Anche lui sorride.
In breve arriviamo al terzo piano, che brulica di infermiere, ostetriche, dottori e gente venuta a trovare i nuovi arrivati. Entriamo nella stanza trecentotré e il visetto di Cam si illumina quando vede Brenda.
«Mamma!» trilla e si dimena, così lo poso a terra e lo osservo mentre corre verso il letto e ci si arrampica sopra, per poi farsi stringere da sua madre.
«Ehi, congratulazioni!» abbraccio Greg, che ha l'aria a metà strada fra l'essere stanco e l'euforico.
«Grazie.» dice lui trattenendo uno sbadiglio.
Mi avvicino alla culla accanto al letto di Brenda e fisso la bambina che dorme, il ciuccio fra le labbra. È così piccola! Indossa una tutina rosa chiaro, ha le guance paffute e manine minuscole. È un vero amore! Tutta da sbaciucchiare! Chi resiste a quelle guanciotte?
Greg la solleva e me la posa fra le braccia, un piccolo fagottino rosa con una sottile peluria castana in testa. 
«Ciao, tesoro.» soffio e la piccola Amanda apre gli occhi e mi fissa per qualche istante prima di chiuderli. Ha gli occhi di un blu scuro, che diventerà castano quando crescerà. Oh, questo lo so, giusto perché l'ho letto.
Cullo per qualche istante la bambina, poi mamma la prende dalla mie braccia e io vado a salutare Brenda, che abbraccia ancora Cam.
Mamma tira fuori il regalo che hanno fatto lei e papà: un buono Amazon, una maglietta dei Miami Heat con relativo cappello e una tutina gialla.
Adesso tocca a me. Ho solo una cosa per la bambina. Bhe, qui, perché a casa... meglio non pensarci, ecco.
Afferro il pacchetto e lo passo a Brenda, che si fa aiutare da Cam per scartarlo, anche perché ho la sensazione che Cam non voglia spostarsi da lì.
«È bellissima, grazie.» esclama Brenda sollevando la tutina lilla con un grosso unicorno stampato sul davanti e una gonnellina, C'è anche il berretto coordinato, con un fiore applicato proprio in cima.
Poi è il turno del regalo solo per Brenda: un pacchetto completo fatto di massaggi, manicure, pedicure e parrucchiere, dieci sedute ciascuno, nel centro estetico che frequenta qui a Houston.
«E quando ci andrai?» domanda Greg.
«Quando tu starai a casa un pomeriggi con i bambini.» replica Brenda. Sbaglio o Greg è sbiancato?
Ridacchio e gli allungo il regalo per lui. Lui osserva la scatola ricoperta da una carta lucida blu, «Ah.» commenta.
«E poi non dire che penso solo a Cam.» esclamo e fisso papà che culla Amanda. Sono così carini! 
Greg non replica e scarta il regalo, «Oh, grazie.» dice fissando la cintura di pelle e un portafoto d'argento da tenere in ufficio. Io l'ho preso perché lo tenga in ufficio, poi può metterlo dove vuole.
«Vuoi vedere la sorellina?» domanda Brenda a Cam.
«No.» risponde i bambino, «Lasciala qui.» mormora stringendosi a lei.
«Cameron!» esclama Greg, «Non dire così!» lo rimprovera.
«Da qualcuno ha preso.» commenta mamma.
«Non da me.» replica mio fratello.
«La sera in cui siamo tornati a casa dall'ospedale con Lindsay, abbiamo ordinato la pizza.» dice papà, «E tu hai chiesto al fattorino “Vuoi mia sorella? È appena nata, te la regalo.”» continua papà in falsetto.
Cosa?
«Hai cercato di regalarmi al fattorino della pizza?» sbotto, «Greg!»
«Io... ehm...» lui si fa aria con la mano, «Ero piccolo!» dice.
«Avevi un anno abbondante più di Cameron.» ride papà. «E hai cercato di regalare tua sorella anche al fattorino del fiorista, al corriere, alla vicina di casa, a Julian, quello che curava la pubblicità del nostro locale dell'epoca...» continua, «Avrò sicuramente dimenticato qualcuno.»
«Ma Greg.» sospiro, «Sei stato cattivo.» dico.
Lui mi abbraccia, «Ero piccolo.» si giustifica.
«Anche Cam è piccolo.» gli faccio notare.
«Ehm... sì.» mormora lui e si allontana.
«Cam, se guardi Amanda poi ti do una cosa.» esclamo.
«Linds!» sbotta Greg e io gli sorrido. Oh, lui ha cercato di regalarmi quando ero neonata e io non posso fare un piccolo ricatto?
Cam si siede sul letto, «Cosa?» mi chiede.
«Prima saluta la sorellina, poi te lo do.» rispondo.
Il piccolo è riluttante, ma alla fine guarda Amanda che è fra le braccia di Greg e le tocca piano una guancia. Oh, ma sono così carini! Recupero il cellulare e scatto un paio di foto, prima che Cam scosti la piccola Amanda e scenda dal letto.
«Il mio regalo, zia.» dice fissandomi.
«Regalo?!» esclama Greg, «Lindsay!»
Lo ignoro, «Cam, vai a sederti lì.» mi rivolgo a mio nipote e gli indico la sedia. Lui obbedisce e si siede composto, così prendo l'ultimo pacchetto e glielo porgo.
Lui strappa la carta con foga, lanciandola  terra, «Oh, macchinine!» dice. Non è una macchina radiocomandata, sono due.
Ma sono nella stessa scatola, quindi è un regalo solo.
«Giochiamo, zia!»
«Dopo, tesoro.» esclamo, «Qui non si può.» spiego. Lui fa il broncio, ma non piange.
Restiamo ancora un po' con loro, scatto alcune foto ad Amanda da mandare a Ryan e Svetlana, poi io, mamma, papà e Cam torniamo a casa per pranzo.
E cam si è dimenticato del muffin.
Mentre siamo in auto apro la galleria delle foto del cellulare, ne selezione uno, la ritaglio, lasciando solo il mio indice sinistro stretto nella manina di Amanda e la condivido su Instagram.
“Sono di nuovo zia! Benvenuta piccola Amanda ♥" scrivo.
Oh, devo dire a Svetlana della mia foto sulla rivista! Ieri non l'ho fatto, ero troppo stanca.

***

«Che pagina è?» domanda.
«Non ricordo.» rispondo, «Più o meno a metà.» butto lì.
«Uhm, okay.» dice lei e sento il rumore delle pagine che vengono sfogliate velocemente. «Trovata!» esulta.
«Hai letto?» gongolo.
«Sì.» sospira lei, «Oh, sei su una rivista.» dice, «Accanto alle Kardashian !» squittisce, «Voglio esserci anche io!»
«Magari un giorno ci finirai.» le dico, «Con Liam.»
«Oh, sarebbe fantastico!» sospira. «Non vedo l'ora che sia il ventinove.» esclama. «Rivedrò il mio ciccino!»
«Lo so.» dico e osservo Cam che si avvicina al divano sul quale sono seduta.
«Giochiamo?» esclama il bambino, «Zia, lo hai promesso!» cantilena.
«Subito, tesoro.» gli dico, «Devo andare, stella.» mi rivolgo a Svetlana, «Ci sentiamo domani.»
«Okay.» fa lei, «A domani, e salutami tutti!» trilla.
Mi assicuro che la chiamata sia terminata e poso il cellulare sul divano e vado a prendere le macchinine radiocomandata.
Spiego a Cam come funziona il telecomando. «E non andare a sbattere contro gli oggetti, va bene?»
Lui stringe il telecomando e annuisce, «Sì, zia.» risponde.
Giochiamo per un po' e Cam è veramente bravo, non va a sbattere contro nessun mobile o parete.
Smettiamo quando è l'ora della merenda. Poi andremo di nuovo da Brenda e Greg tornerà a casa con noi. Lei uscirà dalla clinica dopo domani, e noi ripartiremo quel pomeriggio.
«Zia, il muffin.»
Guardo Cam mentre sistemo le macchine nella scatola. «Ehm... non c'è.» dico.
«Ma me l'avevi promesso.» mormora lui, il labbro inferiore che trema.
«Io... io...» deglutisco, «Mi sono dimenticata.» esclamo.
«Ma io lo voglio!» Cam sbatte i piedi per terra, «Lo voglio.»
«Non piangere, Cam.» pigolo e mi inginocchio davanti a lui, «Lo prendiamo, giuro.» dico e gli accarezzo i capelli.
Lui mi fissa, «Zia...» inizia a piagnucolare.
Non piangere, per favore!
«Che succede?» chiede mamma.
«Quando eravamo alla clinica gli ho promesso che se avesse fatto il bravo gli avrei preso un muffin.» spiego.
«Al cioccolato.» specifica Cam.
«Solo che ce ne siamo dimenticati.» continuo.
Mamma mi fissa come se fossi stupida, «Possiamo andare là un po' prima.» dice, «Così Cam avrà il suo muffin al cioccolato.» aggiunge prendendo in braccio il bambino.
Cam sorride e batte le mani, «Sì!» esclama, allegro. Ma non stava per piangere? 
I bambini non li capisco!
«Vai a cambiarti.» mamma posa a terra Cam, «Vado a dire al nonno di prepararsi.» aggiunge.
«Sì, nonna.» esclama Cam, poi si avvicina a me, «Andiamo!» ordina prendendomi la mano.
Piccolo despota!
Prima è a un passo dallo scoppiare a piangere, adesso mi dà ordini. Saliamo al piano di sopra ed entriamo nella sua cameretta, lo aiuto a cambiarsi, anche se ci riesce da solo, lo so.
Riesco giusto a lavargli velocemente le mani prima che corra di sotto, tutto eccitato. Non so se è il caso di dargli altri zuccheri.
«Andiamo? Andiamo? Andiamo?» ripete Cam saltellando da una parte all'altra.
«Un momento.» esclama papà.
«Andiamo?» ripete Cam, «Voglio il muffin!» strilla a pieni polmoni.
Inspiro a fondo e mi avvicino, «Adesso andiamo.» gli dico, «Devi metterti le scarpe.» indico i suoi piedi avvolti dalle calze azzurre. Lui se li fissa, poi corre alla porta di ingresso, si siede sulla panca e infila le scarpe, poi mi chiama per aiutarlo a stringere i lacci di velcro.

Quando siamo in auto il mio telefono squilla.
È Ryan! «Ehi, ciao.» esclamo rispondendo alla chiamata.
«Trentacinque foto?» ride lui, «Ciao, Linds.»
«Scusa.» ridacchio, «Mi sono lasciata prendere la mano.» ammetto. 
«Un po' troppo.» commenta, «Come va? Cam fa il bravo?»
«Tutto bene.» rispondo, «Cam è... Cam.» dico.
«Con chi parli?» domanda il mio nipotino.
«Con Ryan.» rispondo, «Vuoi salutarlo?» domando e lui annuisce, così allungo il braccio verso di lui, vicino al suo orecchio sinistro.
«Ciao Ryan.» trilla Cam, «No, è brutta.»
Chi è brutta? Non io, spero!
«La zia mi ha regalato le macchinine.» continua lui, e io mi chino per cercare di sentire cosa dice Ryan. «La zia non sa giocare.»
Io non so fare cosa?
«Adesso mangio il muffin al cioccolato.» esclama Cam, «Poi vado dalla mamma.» aggiunge. «Ciao.» esclama e mi scosta il braccio.
«Chi è brutta?» domando riportando il cellulare all'orecchio.
«Amanda.» ride Ryan.
«È geloso.» esclamo mentre papà si ferma a un semaforo. «Credo sia normale.» aggiungo.
Ryan ride, «Lo è.» dice. «E ha detto che non sai giocare.» ride ancora.
Sbuffo, «Solo perché non volevo che andasse a sbattere contro i mobili.» borbotto ignorando le sue risate, «Uh, sai che sono finita su Fashion Magazine?» gongolo, «Dicono che ho un bellissimo stile nel vestirmi.»
«Tu cosa?» gracchia lui, «Sei finita su una rivista? Da sola?»
«Sì.» rispondo, orgogliosa. «E i miei vestiti piacciono.» gongolo.
«Sono orgoglioso di te.» mormora lui, la voce dolce.
«Ah, davvero?» pigolo. Mi manca tanto, la mi bella pecorella.
«Sì, tesorino.» dice. «È arrivato Liam.» esclama.
«Vi deprimerete insieme?» ridacchio.
«No.» risponde, «Io non mi deprimo.» dice, «Basta lui per entrambi.»
«Uhm, giusto.» esclamo. «Quindi non ti manco?» domando a bassa voce, mentre Cam canta una canzoncina che deve aver imparato a scuola.
«No, no, mi manchi.» risponde lui, «E anche tanto.» dice.
«Anche tu.» soffio.
«Ci sentiamo dopo.» esclama.
«A dopo.» dico. 
Mi manca tantissimo e non sono neppure ventiquattr'ore che siamo lontani!



Per prima cosa mi scuso per l'enorme ritardo ma ho avuto un blocco. Adesso dovrei essermi sbloccata.
Vi ricordo che nella mia bio potete trovare il link al mio profilo wattpad. Seguitemi anche lì!
Grazie!

   
 
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