Della serie "Di crossover non
ne abbiamo mai abbastanza!" e "Toh, questa ancora non l'avevamo provata!".xD
Niente Gggionas, this time. Solo la mia Coco
e Mike.
Mike, alias Michael J. Allen, è di proprietà della 4, alias Ice_Bubble. Che me l'ha
gentilmente concesso per questo esperimento!*ridacchia*
Dedicata proprio a Chiara. Perchè, se lei
non avesse creato Mike, tutto questo non avrebbe visto la luce e poi per il
brutto momento che sta passando. Sperando di stapparle un sorriso.x3
Perchè, lo sai 4 preferita, che io ci
sono sempre.<3 *abbraccia*
Spero ti piaccia (e VI piaccia) quanto piace a
me!x3 Enjoy.
Ti Scatterò Una Foto
Come fa male cercare, trovarti poco dopo.
E nell' ansia che ti perdo, ti scatterò una foto…
Coco
si affrettò lungo la via lastricata, stringendosi nella giacchetta di pelle
chiara.
Il
rumore dei suoi passi concitati rimbombava contro i muri della via, ancora umidi di notte.
Dublino
era una città eclettica, colorata.
Ma,
illuminata dai primi, pallidi bagliori dell'alba, conservava ancora degli
angoli cupi. Le faceva un po' paura, come uno sconosciuto gentile ma troppo,
troppo riservato.
Dublino non era Parigi.
No.
Strinse
la busta bianca fra le dita sottili e leggermente arrossate, cercando di
scorgere, oltre la cortina di foschia mattutina, le ombre nelle vetrine ancora
buie delle botteghe.
Il
piccolo studio di Mike era letteralmente incastrato tra un pub fumoso e un
vecchio negozio di cornici. L'ingresso segnato solamente da un portoncino di
legno colorato come tanti altri.
O,
forse, peggio di tanti altri. Con il
colore leggermente sbeccato agli angoli e un enorme graffito quasi al centro.
Il retro dava su una vietta ancor più microscopica,
che si tuffava verso l'interno del quartiere con una stretta scala di pietra.
Un
posto strano, si sarebbe detto, per un fotografo ricercato come lui.
Eppure
Gabrielle non avrebbe potuto immaginarlo lavorare altrove. Aveva imparato a
conoscerlo, fin troppo,
quell'incredibile ventenne irlandese.
Nei
suoi interminabili silenzi.
Nel
fumo delle sue sigarette, per quanto lei lo avesse implorato di smettere.
Nella
precisione impeccabile con cui le sue mani, grandi e affusolate, si muovevano
sulla splendida Nikon D200 a rullini che usava per lavorare.
Mike
era... Mike. Non c'era altro modo per
definirlo.
Cinque
mesi che lavorava con lui e ormai, non si stupiva più del fatto che rimanesse
delle notti intere in camera oscura a sviluppare e risviluppare
le stesse fotografie, fino a quando il
risultato non fosse stato esattamente quello che cercava.
O
che dimenticasse costantemente le buste dei provini sparpagliate ovunque.
La
sera prima, una era finita per sbaglio nella borsa di lei... Avrebbe dato di
matto, il suo cavaliere, se non li avesse
trovati in giro, al suo risveglio.
Perchè
quel servizio per Vogue sarebbe
dovuto andare in stampa, nel giro di una settimana.
Attraversò
il minuscolo cortiletto interno e giunse all'ingresso dell'interno numero 7.
Quello
che,un tempo, doveva essere un magazzino di stoccaggio per chissà quali strane
merci... Michael l'aveva completamente trasformato, l'aveva fatto suo.
A
sua immagine e somiglianza, letteralmente.
Sorrise,
sfilando dalla tasca dei pantaloni una piccola chiave d'ottone.
La
vecchia serratura scattò cedevole, sotto il suo tocco leggero e in un attimo,
si trovò immersa nella familiare semioscurità del grande loft.
-
Buongiornooo... - Salutò allegramente, richiudendosi
con delicatezza la porta alle spalle.
Armeggiò
con la zip della giacca, in attesa di una risposta che, però, non arrivò. La
sua voce sottile si perse nel silenzio ovattato della stanza, echeggiando
appena contro il soffitto.
-
Mike...! - Chiamò, cercando a tastoni l'interruttore della luce sulla parete
alle sue spalle. Barcollò verso l'angolo in cui sapeva esserci un grosso tavolo
di legno, ingombro di pellicole e supporti per diapositive.
Magari,
con le mani libere sarebbe stato tutto più semplice.
-
Ehi...? - Riprovò, piegandosi per appoggiare la busta in bilico sul bordo, in
modo che i due bicchieri di caffè in essa contenuti rimanessero miracolosamente
in piedi. - Mike? -
Un
rumore quasi impercettibile, come il soffio di qualcosa, attirò improvvisamente
la sua attenzione. Coco si voltò bruscamente, trattenendo il fiato con tanto
impeto da bruciarsi la gola.
-
Non fare scherzi...! - Balbettò, leggermente allertata.
Di
nuovo quella specie di sospiro. Arpionò il bordo del piano, strizzandolo
convulsamente.
-
Ma ci sei o n- -
La
luce si accese improvvisamente, con un clic piuttosto secco, nell'angolo
opposto al suo.
La
piccola lampadina bianca dondolava stancamente, appesa al suo filo di gomma,
illuminando la camicia di Michael, decisamente molto stropicciata e sbottonata.
I
capelli scuri appena arruffati, come i drappi di velluto che avevano costituito
l'ultimo set della giornata precedente e che, ora, giacevano inelegantemente
accatastati sul pavimento.
Gabrielle
fissò la mano sottile della ragazza bionda accarezzare la pelle tesa di lui e
poi allontanarsi, tentando inutilmente di coprire il seno inequivocabilmente
nudo.
Carrie. Caroline. Catherine...
Non
capiva nemmeno perchè si stesse sforzando di
ricordarne il nome. Era la modella di quel
set. Questo doveva bastarle.
Gli
occhi grigi di lui si spalancarono, posandosi sulla figura minuta, immobile a
pochi metri di distanza.
-
Ops...! - Squittì la biondina, nascondendoglisi
appena dietro. - Beccati! -
Ma
Mike nemmeno l'aveva sentita.
Continuava
a guardare Coco in silenzio, come se la sua presenza avesse cancellato
qualunque altra cosa in quella stanza.
-
Scusa... Scusami. - Balbettò lei, sbloccandosi e ritrovando la forza di mettere
una parola dietro l'altra. - Erano rimasti dei provini tra la mia roba. - Un
dolore sordo, all'altezza dello sterno, le impediva di prendere fiato nel modo
giusto.
Chinò
il capo, incapace di sostenere il suo sguardo e prese a frugare febbrilmente
nella borsa.
-
Gabrielle... - Soffiò Michael, continuando ad ignorare la ragazza alle sue
spalle.
Coco
agitò appena il capo, facendogli segno che non importava. Che andava bene così.
-
Ecco. - Mormorò, con voce tremante, appoggiando la busta di negativi sul
tavolo. - Ti... Ti avevo portato la colazione, ma... Mangiatela voi. Scusami...
Scusami ancora. -
E,
in un attimo, fu di nuovo in strada. Mentre le nuvole giocavano a rincorrersi,
sui tetti delle case.
Mike
osservò la macchia di caffè freddo allargarsi sulle piastrelle grigie, proprio
nel punto in cui il sacchetto, malamente urtato, si era rovesciato.
Con
un verso simile ad un ringhio rabbioso, si lascio cadere a peso morto sul
pavimento.
-
Merda...! - Sibilò, fissando il
soffitto scuro.
***
Osservò
il nome scritto sulla targa della via e lo confrontò con lo scarabocchio che Rain aveva impresso sul foglietto spiegazzato, stretto tra
le sue mani.
Sì.
Se quella era una "o" e, con un po' di immaginazione, l'altra fosse
stata una "r", poteva essere nel posto giusto. Gabrielle viveva lì.
All'ultimo
piano di un vecchio palazzo in stile vittoriano, affacciato sul fiume. Molto...
parigino.
Si
lasciò sfuggire un mezzo sorriso, mentre oltrepassava il portone a vetri. Era
da lei.
Decisamente da lei.
Ignorò
il vecchio ascensore scricchiolante e cominciò a salire i gradini due per
volta, spinto da una fretta che nemmeno lui sapeva spiegarsi bene. Rapidamente,
spingendosi con la mano contro il ruvido muro intonacato.
Arrivò
col fiato leggermente corto, ma non si fermò.
Sull'ultimo
pianerottolo si affacciavano soltanto due porte. Esattamente identiche l'una
all'altra. Dopo un primo momento di panico, scelse quella di sinistra, di
istinto, e provò a suonare il campanello.
Niente.
-
Lavori con lei da mesi e non sai nemmeno dove abita. Quanto sei coglione, Michael J. Allen... - Si
disse, odiandosi profondamente. - Uno stronzo coglione...! Ecco co- -
-
Mike...! - Alzò lo sguardo di scatto, incrociando due pozze azzurre decisamente
familiari.
Nemmeno
se ne era accorto.
Gabrielle
era in piedi davanti a lui e lo fissava, leggermente stranita. La osservò,
fissandosi, da bravo fotografo, su tutta una serie di inutili dettagli. La coulisse leggermente lenta dei pantaloni, la
tazza di ceramica turchese stretta tra le dita sottili, la forma morbida delle
labbra...
Gli occhi.
Lucidi e arrossati come quelli di chi aveva pianto. E l'aveva fatto a lungo.
-
Posso...? - Soffiò, passandosi una mano dietro il collo.
-
Vieni. - Annuì lei, lentamente, facendosi da parte per farlo passare.
L'appartamento
era piccolo, poco più che un monolocale.
Sulla
parete davanti a lui, fra le mille, vecchie foto di Parigi, si aprivano una
grossa finestra con un balconcino e poco più in là, un'altra più piccola,
davanti alla quale stava posizionata una splendida D300, montata sul suo
elegante cavalletto nero.
Coco
appoggiò la tazza nel lavandino, facendo scorrere un goccio d'acqua e lo
scroscio risuonò nell'aria silenziosa e immobile come il rombo di una cascata.
Mike
si fermò al centro esatto della stanza, dando le spalle al divano letto ed alla
grossa libreria, addossata all'unico muro divisorio. La guardò, accarezzando il
suo profilo affusolato con occhi indagatori.
Era
bella, Gabrielle.
E
non che non se ne fosse mai accorto. Solo, la luce del giorno le disegnava
addosso riflessi che, nella penombra dello studio, nemmeno avrebbe potuto
immaginare.
-
Stamattina... - Cominciò.
-
No. - Lo bloccò, immediatamente. - Non dire niente. Va... Va bene così,
davvero. -
Prese
a torturarsi un lungo ciuffo di capelli, all'attaccatura del collo.
-
In fondo, Mike, tu non devi rendermi conto di nulla. Puoi fare quello che vuoi.
-
-
Sì. Ma... non così. - Ribattè, frugando nelle tasche della giacca alla ricerca
delle sue Wiston Blue. - Non lì. -
Aprì
il pacchetto, sistemandosene una fra le labbra sottili. Prima che potesse
accenderla, lei allungò la mano e gliela portò via.
-
Lo sai che non mi va che lo fai... - Soffiò, stringendola tra le dita. L'odore
di tabacco si sprigionò immediatamente, intenso e aromatico, senza il velo del
fumo.
Michael
annuì, con un sorrisino sghembo.
-
Scusa, principessa. Hai ragione. -
Coco
sussultò impercettibilmente, alzando lo sguardo su di lui. Un velo di imbarazzo
le imporporò le guance pallide.
Mike
se ne accorse immediatamente e si avvicinò, osservandola con aria furba.
- Di ciò che faccio in studio... sì, devo
renderne conto a te. - Cominciò, nel tono di chi sa benissimo dove vuole
arrivare.
-
Perchè...? - Sussurrò lei, voltandosi per scappare
alla malia magnetica di quegli occhi color tempesta.
-
Perchè, quando ti ho presa a lavorare con me, ho
precisato che sarebbe stato alla pari.
- Si spostò, tornando a fronteggiarla.
-
Quello... Quello è per le questioni di lavoro...! -
Girò
attorno al tavolo. cercando di mettere qualcosa di solido e impenetrabile tra
loro.
Inutilmente.
Perchè Mike si mosse nella direzione opposta,
raggiungendola immediatamente.
-
E portarsi a letto una modella non riguarda, forse, il lavoro...? - Bisbigliò, chinandosi leggermente per farsi sentire
meglio. - Farlo sul set... Il nostro
set. Il nostro posto. -
Gabrielle
avvampò, trattenendo bruscamente il fiato. Si strinse nelle spalle, come a
schermarsi dallo sguardo che pareva averle letto dentro, fino in fondo.
-
I-io non... - Abbozzò, incapace di andare oltre.
Sospirò,
nascondendosi di nuovo. Lasciando vagare lo sguardo oltre la finestra, senza
nemmeno vedere veramente. Sfiorò
distrattamente la macchina fotografica, facendo correre le dita sulla familiare
scanalatura delle ghiere di messa a fuoco.
Le
labbra calde di Mike si posarono sulla sua tempia, quasi a tradimento. Si era
mosso talmente piano, che nemmeno se ne era resa conto.
-
Ti giuro che non succederà mai più. -
La
voce era salda, morbida. Ogni traccia di malizia era scomparsa, per lasciare
posto a una dolce, pacata fermezza. L'odore inconfondibile del liquido per lo
sviluppo la avvolse come un caldo abbraccio.
Era
rimasto, di nuovo, in camera oscura per tutto il giorno.
Non
si era concesso un solo scatto, senza di lei.
Gli
sorrise timidamente, concedendosi un piccolo sospiro soddisfatto. Senza nemmeno
capire bene perchè provasse un sollievo tanto
intenso.
E
perchè il fatto che Michael ancora non si fosse
allontanato, le provocava tutt'altro che fastidio.
-
Cosa volevi fotografare? - Soffiò lui, allungandosi verso la nikon.
Senza
rendersene quasi conto, Coco si ritrovò letteralmente incastrata fra Mike e il
davanzale della finestra. Col cavalletto che le impediva quasi qualunque
movimento.
-
Cercavo di ritrarre una donna. Passa sempre di qui. - Soffiò, arrendendosi e appoggiandosi
allo stipite di legno scuro. Il suo sguardo attento segui il riflesso del sole
sul fiume, fino a perdersi tra la folla. - Alla stessa ora... -
Si
voltò. Senza fretta.
Perfettamente
consapevole, nel suo inconscio, che le si era avvicinato ben oltre la linea immaginaria che
delimitava il suo spazio vitale.
-
... tutti i giorni. - Bisbigliò, socchiudendo gli occhi.
Michael
poggiò la mano al muro, muovendosi con calcolata lentezza, premurandosi di
sfiorarle la spalla con la punta delle dita.
E
sorrise, nel sentire la sua leggera pelle d'oca.
-
L'obbiettivo non è... adatto. - Mormorò compunto. Per quanto, in quel momento,
la professionalità gli interessasse relativamente... meno di zero.
Si
chinò su di lei, ma la mano di Coco lo trattenne, spingendo delicatamente
contro il suo petto.
-
Mike... Sono una delle tante...? -
Pigolò, scrutandolo con quei suoi incredibili occhi azzurri.
-
Dio, no...! - Replicò lui, sorridendo. - Assolutamente no. -
Chiudere
quella distanza ormai minima e toccare le sue labbra morbide fu come lasciar
scoppiare un incendio. Improvviso, caldo e imprevedibilmente intenso.
Fece
scivolare la mano libera lungo la sua schiena e la allontanò dalla parete,
spingendola delicatamente in avanti. Raddrizzandosi, mentre le braccia minute
di Gabrielle si stringevano attorno alle sue spalle e il corpo di lei si
inarcava, seguendo arrendevolmente ogni suo movimento.
-
Sei maledettamente alto, lo sai...? -
Sorrise sulla sua bocca, riprendendo fiato.
Senza
parlare, Mike le diede un leggero strattone, sollevandola e spingendola ad
allacciare le gambe sottili appena sotto i suoi fianchi, prima di riprendere a
baciarla.
Coco
tuffò le mani nei lisci capelli scuri di lui, scompigliandoglieli teneramente. Scendendo,
poi, con le sue timide carezze, alle guance arrossate.
-
Risolviamo definitivamente il
problema, vuoi? - Sogghignò Mike, senza staccarsi.
Mosse
qualche rapido passo all'indietro, stringendosela protettivamente
contro per evitare ogni rischio di farla cadere. Soffocò un brivido, quando la
stoffa leggera della sua canottiera si arricciò attorno alla vita, scoprendole
uno scampolo di pelle tiepida.
-
Che...? - Le flebili proteste di lei furono soffocate sul nascere.
Michael
prese ad accarezzarle le labbra con la lingua, strappandole un mugolio
soddisfatto, appena prima di lasciare la presa sui suoi fianchi.
-
Ah...! - Esclamò Gabrielle, piombando morbidamente sul materasso del divano-letto.
Con
uno dei suoi sorrisi sghembi, lui si sfilo la giacca e la lasciò cadere alla
cieca sul pavimento, prima di raggiungerla con un piccolo salto. Coco arrossì
vistosamente, nel sentire una gamba di Mike insinuarsi fra le sue, mentre le si
sdraiava praticamente addosso.
-
Michael...! - Esalò, trattenendo
bruscamente il respiro.
Non
lo chiamava mai così. Non se non era una questione dannatamente seria.
Si
fermò, sfiorando dolcemente il suo profilo con la punta del naso. Scese lungo
la guancia, fino all'attaccatura del collo e non riuscì a mascherare un minimo
di soddisfazione, quando la sentì tendersi come una corda di violino, sotto le
sue mani.
-
Non farò niente... - Sussurrò, sfiorandole la pelle con le labbra. - ... che tu
non voglia, principessa. -
-
Smettila di chiamarmi così...! - Sorrise lei, riprendendo ad accarezzargli i
capelli. - Non vale...! -
-
Vale eccome...! - Replicò. caparbio. - Ma se non vuoi farlo, chiedimi di
fermarmi e ti giuro che sarò fuori da quella porta nel giro di cinque minuti. -
-
No. - Arrossì Gabrielle, sfiorandogli le labbra. - Non andartene, Michael. E non smettere. - Mormorò timidamente. -
Non smettere fino a che non avrai finito... -
Lui
annuì e, immediatamente, le sue mani affamate si insinuarono oltre l'orlo della
maglia di lei, sollevandola con uno scatto deciso. Le solleticò l'ombelico,
arrivando fin quasi sotto al seno.
Sospirando,
Coco fece scattare le mani verso l'alto, raggiungendo i microscopici bottoncini
della camicia di Mike e prese a slacciarli velocemente, uno dopo l'altro.
Quando
arrivò all'ultimo, la stoffa leggera si sposto appena di lato, ondeggiando e
rivelando un abbondante spicchio di pelle candida.
E
Gabrielle avvampò vistosamente, senza riuscire ad impedirsi di realizzare che,
fin da quando aveva osservato la mano di quella modella accarezzarlo
languidamente e, forse, anche da prima ancora, aveva continuato a domandarsi se
fosse veramente così... Così. Come
sembrava.
Allungò
le dita e gli sfiorò il petto, esitando appena un poco prima di poggiarci il
palmo. La sua pelle era calda, liscia e maledettamente invitante, proprio come l'aveva immaginata.
-
Ehi...! - Ridacchiò Michael, smettendo per un attimo la sua dolce tortura.
Staccò le labbra dal suo collo, strappandole un piccolo mugolo risentito e si
sollevò a guardarla negli occhi. - Quant'è che volevi provare a farlo? -
Mormorò, col suo solito sorrisino sghembo.
Prese
ad accarezzarle delicatamente la fronte, scostando una lunga ciocca scura.
-
Tanto... - Ammise lei, in un soffio.
- Sicuramente da più di quanto lo aspettavi tu. -
Colpo basso.
Mike sapeva di meritarselo tutto.
Abbassò
lo sguardo, scendendo con le dita alla guancia arrossata, appena sotto le
ciglia.
-
Ti ha fatta star male, vedermi con Carrie...? -
Sussurrò.
Coco
annuì, piano.
-
E con Lilith. E Jane... Rose e tutte le altre. - Replicò. - Anche se, allora,
non lo sapevo. -
Gli
prese il viso fra le mani, spingendolo a guardarla di nuovo.
-
Cosa...? - Domandò, socchiudendo gli occhi grigi.
-
Che sei mio, Mike. - Rispose,
tornando bramosamente a cercare le sue labbra sottili. - Mio e basta.-
Lui
si lasciò docilmente attirare verso il basso, tuffandosi fra le braccia sottili
e rispose al bacio, premendo sulla sua bocca fino a farla socchiudere.
Assaporò
fino in fondo il suono ovattato e concitato del respiro di Gabrielle, il ritmo
sussultorio con cui le sfuggiva, mescolato ai sensuali mugolii.
Era
affascinato da lei, Mike.
Come
da una fotografia, rivelatasi inaspettatamente più bella di tutte le altre.
Irresistibilmente
attratto, innamorato.
Sì.
Decisamente, inequivocabilmente...
Suo.
***
Si
stropicciò gli occhi ancora assonnati, rotolando su un fianco.
E
sorrise, osservando Coco dormire profondamente, lì accanto. Il lenzuolo era
scivolato via, arricciandosi intorno alla vita sottile, permettendo ai pallidi raggi
che filtravano nella stanza di lambirle la schiena nuda.
Allungò
una mano, solleticando con le dita il solco alla sua base, prima di risalire
lentamente lungo la spina dorsale. Interrompendo quel contatto così fastidiosamente
esclusivo.
Su
e poi ancora giù di nuovo, in una lenta, morbida spirale.
Non
poteva certo permettere che soltanto il sole si godesse quello spettacolo meraviglioso.
Che,
per altro, era unicamente di sua proprietà.
Si
rilassò contro il materasso soffice, prendendo a fissare il soffitto con aria
pensosa, mentre le sue dita affusolate indugiavano sul braccio di lei.
E,
poco dopo, istintivamente inclinò il capo a poggiarle un bacio sulla spalla. Soffermandosi
per un attimo con le labbra contro la pelle fresca, prima di alzarsi.
Cercò
a tastoni i suoi Jeans, sul pavimento e se li infilò, domandandosi se fosse
anche troppo clichè,
voler fumare una sigaretta... dopo.
Ridacchiò,
scuotendo appena il capo, prima di sfilare l'ultima dal pacchetto stropicciato.
La appoggiò fra le labbra sottili, prima di estrarre dalla tasca il suo
accendino di metallo.
Fece
scattare il meccanismo, ma, al momento di accostarlo alla sua Wiston Blue, parve ripensarci.
Richiuse lo zippo con un gesto deciso e, rivolgendo un sorriso sghembo alla sua
bella addormentata, rimise tutto al
suo posto.
-
No, lo so. - Mormorò, senza smettere di guardarla. - Non ti va che io lo faccia.
-
Di
nuovo, si ritrovò incatenato a lei.
Gli
occhi fissi sul suo corpo, completamente indifeso
e rilassato, nell'abbraccio delle lenzuola.
Così
come lo era stato nel suo.
Il
profilo sinuoso si perdeva fra le pieghe di lino, candido accanto ai boccoli
scuri. Disordinati sul cuscino.
E
li sentiva ancora scorrere contro la pelle, lisci e setosi... flettendo appena
le dita della mano.
Il
viso seminascosto fra le braccia, la bocca tesa in una piccola smorfia.
Perfetta.
Perfetta
nella sua imperfezione.
Non
c'era altro modo per dirlo.
Senza
smettere di sorridere, Michael si accostò alla finestra e, dopo aver sganciato
la nikon dal treppiede, fece la sola cosa possibile.
Veloce
e silenzioso come solo lui sapeva essere.
Inquadrare. Mettere a fuoco.
Trattenere il fiato.
Per
sempre così, per sempre sua.
...
Le scattò una fotografia.
Ti scatterò una foto.
(Ti Scatterò una Foto - Tiziano
Ferro)