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Autore: Minako_86    26/06/2009    3 recensioni
[...] Era bella, Gabrielle.
E non che non se ne fosse mai accorto. Solo, la luce del giorno le disegnava addosso riflessi che, nella penombra dello studio, nemmeno avrebbe potuto immaginare.[...]
Coco e Mike. Dedicata alla mia 4 preferita.<3
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Della serie "Di crossover non ne abbiamo mai abbastanza!" e "Toh, questa ancora non l'avevamo provata!".xD

 

Niente Gggionas, this time. Solo la mia Coco e Mike.

 

Mike, alias Michael J. Allen, è di proprietà della 4, alias Ice_Bubble. Che me l'ha gentilmente concesso per questo esperimento!*ridacchia*

 

Dedicata proprio a Chiara. Perchè, se lei non avesse creato Mike, tutto questo non avrebbe visto la luce e poi per il brutto momento che sta passando. Sperando di stapparle un sorriso.x3

 

Perchè, lo sai 4 preferita, che io ci sono sempre.<3 *abbraccia*

 

Spero ti piaccia (e VI piaccia) quanto piace a me!x3 Enjoy.

 

 

 

 

Ti Scatterò Una Foto

 

 
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Come fa male cercare, trovarti poco dopo.
E nell' ansia che ti perdo, ti scatterò una foto…

 

 

Coco si affrettò lungo la via lastricata, stringendosi nella giacchetta di pelle chiara.

 

Il rumore dei suoi passi concitati rimbombava contro i muri della via, ancora umidi di notte.

 

Dublino era una città eclettica, colorata.

Ma, illuminata dai primi, pallidi bagliori dell'alba, conservava ancora degli angoli cupi. Le faceva un po' paura, come uno sconosciuto gentile ma troppo, troppo riservato.

 

Dublino non era Parigi. No.

 

Strinse la busta bianca fra le dita sottili e leggermente arrossate, cercando di scorgere, oltre la cortina di foschia mattutina, le ombre nelle vetrine ancora buie delle botteghe.

 

Il piccolo studio di Mike era letteralmente incastrato tra un pub fumoso e un vecchio negozio di cornici. L'ingresso segnato solamente da un portoncino di legno colorato come tanti altri.

O, forse, peggio di tanti altri. Con il colore leggermente sbeccato agli angoli e un enorme graffito quasi al centro. Il retro dava su una vietta ancor più microscopica, che si tuffava verso l'interno del quartiere con una stretta scala di pietra.

 

Un posto strano, si sarebbe detto, per un fotografo ricercato come lui.

Eppure Gabrielle non avrebbe potuto immaginarlo lavorare altrove. Aveva imparato a conoscerlo, fin troppo, quell'incredibile ventenne irlandese.

 

Nei suoi interminabili silenzi.

Nel fumo delle sue sigarette, per quanto lei lo avesse implorato di smettere.

Nella precisione impeccabile con cui le sue mani, grandi e affusolate, si muovevano sulla splendida Nikon D200 a rullini che usava per lavorare.

 

Mike era... Mike. Non c'era altro modo per definirlo.

Cinque mesi che lavorava con lui e ormai, non si stupiva più del fatto che rimanesse delle notti intere in camera oscura a sviluppare e risviluppare le stesse fotografie, fino a quando il risultato non fosse stato esattamente quello che cercava.

 

O che dimenticasse costantemente le buste dei provini sparpagliate ovunque.

La sera prima, una era finita per sbaglio nella borsa di lei... Avrebbe dato di matto, il suo cavaliere, se non li avesse trovati in giro, al suo risveglio.

Perchè quel servizio per Vogue sarebbe dovuto andare in stampa, nel giro di una settimana. 

 

Attraversò il minuscolo cortiletto interno e giunse all'ingresso dell'interno numero 7.

Quello che,un tempo, doveva essere un magazzino di stoccaggio per chissà quali strane merci... Michael l'aveva completamente trasformato, l'aveva fatto suo.

 

A sua immagine e somiglianza, letteralmente.

 

Sorrise, sfilando dalla tasca dei pantaloni una piccola chiave d'ottone.

La vecchia serratura scattò cedevole, sotto il suo tocco leggero e in un attimo, si trovò immersa nella familiare semioscurità del grande loft.

 

- Buongiornooo... - Salutò allegramente, richiudendosi con delicatezza la porta alle spalle.

 

Armeggiò con la zip della giacca, in attesa di una risposta che, però, non arrivò. La sua voce sottile si perse nel silenzio ovattato della stanza, echeggiando appena contro il soffitto.

 

- Mike...! - Chiamò, cercando a tastoni l'interruttore della luce sulla parete alle sue spalle. Barcollò verso l'angolo in cui sapeva esserci un grosso tavolo di legno, ingombro di pellicole e supporti per diapositive.

 

Magari, con le mani libere sarebbe stato tutto più semplice.

 

- Ehi...? - Riprovò, piegandosi per appoggiare la busta in bilico sul bordo, in modo che i due bicchieri di caffè in essa contenuti rimanessero miracolosamente in piedi. - Mike? -

 

Un rumore quasi impercettibile, come il soffio di qualcosa, attirò improvvisamente la sua attenzione. Coco si voltò bruscamente, trattenendo il fiato con tanto impeto da bruciarsi la gola.

 

- Non fare scherzi...! - Balbettò, leggermente allertata.

 

Di nuovo quella specie di sospiro. Arpionò il bordo del piano, strizzandolo convulsamente.

 

- Ma ci sei o n- -

 

La luce si accese improvvisamente, con un clic piuttosto secco, nell'angolo opposto al suo.

 

La piccola lampadina bianca dondolava stancamente, appesa al suo filo di gomma, illuminando la camicia di Michael, decisamente molto stropicciata e sbottonata.

I capelli scuri appena arruffati, come i drappi di velluto che avevano costituito l'ultimo set della giornata precedente e che, ora, giacevano inelegantemente accatastati sul pavimento.

 

Gabrielle fissò la mano sottile della ragazza bionda accarezzare la pelle tesa di lui e poi allontanarsi, tentando inutilmente di coprire il seno inequivocabilmente nudo.

 

Carrie. Caroline. Catherine...

Non capiva nemmeno perchè si stesse sforzando di ricordarne il nome. Era la modella di quel set. Questo doveva bastarle.

 

Gli occhi grigi di lui si spalancarono, posandosi sulla figura minuta, immobile a pochi metri di distanza.

 

- Ops...! - Squittì la biondina, nascondendoglisi appena dietro. - Beccati! -

 

Ma Mike nemmeno l'aveva sentita.

Continuava a guardare Coco in silenzio, come se la sua presenza avesse cancellato qualunque altra cosa in quella stanza.

 

- Scusa... Scusami. - Balbettò lei, sbloccandosi e ritrovando la forza di mettere una parola dietro l'altra. - Erano rimasti dei provini tra la mia roba. - Un dolore sordo, all'altezza dello sterno, le impediva di prendere fiato nel modo giusto.

 

Chinò il capo, incapace di sostenere il suo sguardo e prese a frugare febbrilmente nella borsa.

 

- Gabrielle... - Soffiò Michael, continuando ad ignorare la ragazza alle sue spalle.

 

Coco agitò appena il capo, facendogli segno che non importava. Che andava bene così.

 

- Ecco. - Mormorò, con voce tremante, appoggiando la busta di negativi sul tavolo. - Ti... Ti avevo portato la colazione, ma... Mangiatela voi. Scusami... Scusami ancora. -

 

E, in un attimo, fu di nuovo in strada. Mentre le nuvole giocavano a rincorrersi, sui tetti delle case.

 

Mike osservò la macchia di caffè freddo allargarsi sulle piastrelle grigie, proprio nel punto in cui il sacchetto, malamente urtato, si era rovesciato.

 

Con un verso simile ad un ringhio rabbioso, si lascio cadere a peso morto sul pavimento.

 

- Merda...! - Sibilò, fissando il soffitto scuro.

 

 

***

 

 

Osservò il nome scritto sulla targa della via e lo confrontò con lo scarabocchio che Rain aveva impresso sul foglietto spiegazzato, stretto tra le sue mani.

 

. Se quella era una "o" e, con un po' di immaginazione, l'altra fosse stata una "r", poteva essere nel posto giusto. Gabrielle viveva lì.

 

All'ultimo piano di un vecchio palazzo in stile vittoriano, affacciato sul fiume. Molto... parigino.

 

Si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, mentre oltrepassava il portone a vetri. Era da lei.

 

Decisamente da lei.

 

Ignorò il vecchio ascensore scricchiolante e cominciò a salire i gradini due per volta, spinto da una fretta che nemmeno lui sapeva spiegarsi bene. Rapidamente, spingendosi con la mano contro il ruvido muro intonacato.

 

Arrivò col fiato leggermente corto, ma non si fermò.

 

Sull'ultimo pianerottolo si affacciavano soltanto due porte. Esattamente identiche l'una all'altra. Dopo un primo momento di panico, scelse quella di sinistra, di istinto, e provò a suonare il campanello.

 

Niente.

 

- Lavori con lei da mesi e non sai nemmeno dove abita. Quanto sei coglione, Michael J. Allen... - Si disse, odiandosi profondamente. - Uno stronzo coglione...! Ecco co- -

 

- Mike...! - Alzò lo sguardo di scatto, incrociando due pozze azzurre decisamente familiari.

 

Nemmeno se ne era accorto.

 

Gabrielle era in piedi davanti a lui e lo fissava, leggermente stranita. La osservò, fissandosi, da bravo fotografo, su tutta una serie di inutili dettagli. La coulisse leggermente lenta dei pantaloni, la tazza di ceramica turchese stretta tra le dita sottili, la forma morbida delle labbra...

 

Gli occhi. Lucidi e arrossati come quelli di chi aveva pianto. E l'aveva fatto a lungo.

 

- Posso...? - Soffiò, passandosi una mano dietro il collo.

 

- Vieni. - Annuì lei, lentamente, facendosi da parte per farlo passare.

 

L'appartamento era piccolo, poco più che un monolocale.

 

Sulla parete davanti a lui, fra le mille, vecchie foto di Parigi, si aprivano una grossa finestra con un balconcino e poco più in là, un'altra più piccola, davanti alla quale stava posizionata una splendida D300, montata sul suo elegante cavalletto nero.

 

Coco appoggiò la tazza nel lavandino, facendo scorrere un goccio d'acqua e lo scroscio risuonò nell'aria silenziosa e immobile come il rombo di una cascata.

Mike si fermò al centro esatto della stanza, dando le spalle al divano letto ed alla grossa libreria, addossata all'unico muro divisorio. La guardò, accarezzando il suo profilo affusolato con occhi indagatori.

 

Era bella, Gabrielle.

E non che non se ne fosse mai accorto. Solo, la luce del giorno le disegnava addosso riflessi che, nella penombra dello studio, nemmeno avrebbe potuto immaginare.  

 

- Stamattina... - Cominciò.

 

- No. - Lo bloccò, immediatamente. - Non dire niente. Va... Va bene così, davvero. -

 

Prese a torturarsi un lungo ciuffo di capelli, all'attaccatura del collo.

 

- In fondo, Mike, tu non devi rendermi conto di nulla. Puoi fare quello che vuoi. -

 

- Sì. Ma... non così. - Ribattè, frugando nelle tasche della giacca alla ricerca delle sue Wiston Blue. - Non lì. -

 

Aprì il pacchetto, sistemandosene una fra le labbra sottili. Prima che potesse accenderla, lei allungò la mano e gliela portò via.

 

- Lo sai che non mi va che lo fai... - Soffiò, stringendola tra le dita. L'odore di tabacco si sprigionò immediatamente, intenso e aromatico, senza il velo del fumo.

 

Michael annuì, con un sorrisino sghembo.

 

- Scusa, principessa. Hai ragione. -

 

Coco sussultò impercettibilmente, alzando lo sguardo su di lui. Un velo di imbarazzo le imporporò le guance pallide.

 

Mike se ne accorse immediatamente e si avvicinò, osservandola con aria furba.


- Di ciò che faccio in studio... , devo renderne conto a te. - Cominciò, nel tono di chi sa benissimo dove vuole arrivare.

 

- Perchè...? - Sussurrò lei, voltandosi per scappare alla malia magnetica di quegli occhi color tempesta.

 

- Perchè, quando ti ho presa a lavorare con me, ho precisato che sarebbe stato alla pari. - Si spostò, tornando a fronteggiarla.

 

- Quello... Quello è per le questioni di lavoro...! -

 

Girò attorno al tavolo. cercando di mettere qualcosa di solido e impenetrabile tra loro.

Inutilmente. Perchè Mike si mosse nella direzione opposta, raggiungendola immediatamente.

 

- E portarsi a letto una modella non riguarda, forse, il lavoro...? - Bisbigliò, chinandosi leggermente per farsi sentire meglio. - Farlo sul set... Il nostro set. Il nostro posto. -

 

Gabrielle avvampò, trattenendo bruscamente il fiato. Si strinse nelle spalle, come a schermarsi dallo sguardo che pareva averle letto dentro, fino in fondo.

 

- I-io non... - Abbozzò, incapace di andare oltre.

 

Sospirò, nascondendosi di nuovo. Lasciando vagare lo sguardo oltre la finestra, senza nemmeno vedere veramente. Sfiorò distrattamente la macchina fotografica, facendo correre le dita sulla familiare scanalatura delle ghiere di messa a fuoco.

 

Le labbra calde di Mike si posarono sulla sua tempia, quasi a tradimento. Si era mosso talmente piano, che nemmeno se ne era resa conto.

 

- Ti giuro che non succederà mai più. -

 

La voce era salda, morbida. Ogni traccia di malizia era scomparsa, per lasciare posto a una dolce, pacata fermezza. L'odore inconfondibile del liquido per lo sviluppo la avvolse come un caldo abbraccio.

Era rimasto, di nuovo, in camera oscura per tutto il giorno.

Non si era concesso un solo scatto, senza di lei.

 

Gli sorrise timidamente, concedendosi un piccolo sospiro soddisfatto. Senza nemmeno capire bene perchè provasse un sollievo tanto intenso.

 

E perchè il fatto che Michael ancora non si fosse allontanato, le provocava tutt'altro che fastidio.

 

- Cosa volevi fotografare? - Soffiò lui, allungandosi verso la nikon.

 

Senza rendersene quasi conto, Coco si ritrovò letteralmente incastrata fra Mike e il davanzale della finestra. Col cavalletto che le impediva quasi qualunque movimento.

 

- Cercavo di ritrarre una donna. Passa sempre di qui. - Soffiò, arrendendosi e appoggiandosi allo stipite di legno scuro. Il suo sguardo attento segui il riflesso del sole sul fiume, fino a perdersi tra la folla. - Alla stessa ora... -

 

Si voltò. Senza fretta.

Perfettamente consapevole, nel suo inconscio, che le si era avvicinato ben oltre la linea immaginaria che delimitava il suo spazio vitale.

 

- ... tutti i giorni. - Bisbigliò, socchiudendo gli occhi.

 

Michael poggiò la mano al muro, muovendosi con calcolata lentezza, premurandosi di sfiorarle la spalla con la punta delle dita.

E sorrise, nel sentire la sua leggera pelle d'oca.

 

- L'obbiettivo non è... adatto. - Mormorò compunto. Per quanto, in quel momento, la professionalità gli interessasse relativamente... meno di zero.

 

Si chinò su di lei, ma la mano di Coco lo trattenne, spingendo delicatamente contro il suo petto.

 

- Mike... Sono una delle tante...? - Pigolò, scrutandolo con quei suoi incredibili occhi azzurri.

 

- Dio, no...! - Replicò lui, sorridendo. - Assolutamente no. -

 

Chiudere quella distanza ormai minima e toccare le sue labbra morbide fu come lasciar scoppiare un incendio. Improvviso, caldo e imprevedibilmente intenso.

 

Fece scivolare la mano libera lungo la sua schiena e la allontanò dalla parete, spingendola delicatamente in avanti. Raddrizzandosi, mentre le braccia minute di Gabrielle si stringevano attorno alle sue spalle e il corpo di lei si inarcava, seguendo arrendevolmente ogni suo movimento.

 

- Sei maledettamente alto, lo sai...? - Sorrise sulla sua bocca, riprendendo fiato.

 

Senza parlare, Mike le diede un leggero strattone, sollevandola e spingendola ad allacciare le gambe sottili appena sotto i suoi fianchi, prima di riprendere a baciarla.

 

Coco tuffò le mani nei lisci capelli scuri di lui, scompigliandoglieli teneramente. Scendendo, poi, con le sue timide carezze, alle guance arrossate.

 

- Risolviamo definitivamente il problema, vuoi? - Sogghignò Mike, senza staccarsi.

 

Mosse qualche rapido passo all'indietro, stringendosela protettivamente contro per evitare ogni rischio di farla cadere. Soffocò un brivido, quando la stoffa leggera della sua canottiera si arricciò attorno alla vita, scoprendole uno scampolo di pelle tiepida. 

 

- Che...? - Le flebili proteste di lei furono soffocate sul nascere.

 

Michael prese ad accarezzarle le labbra con la lingua, strappandole un mugolio soddisfatto, appena prima di lasciare la presa sui suoi fianchi.

 

- Ah...! - Esclamò Gabrielle, piombando morbidamente sul materasso del divano-letto.

 

Con uno dei suoi sorrisi sghembi, lui si sfilo la giacca e la lasciò cadere alla cieca sul pavimento, prima di raggiungerla con un piccolo salto. Coco arrossì vistosamente, nel sentire una gamba di Mike insinuarsi fra le sue, mentre le si sdraiava praticamente addosso.

 

- Michael...! - Esalò, trattenendo bruscamente il respiro.

 

Non lo chiamava mai così. Non se non era una questione dannatamente seria.

Si fermò, sfiorando dolcemente il suo profilo con la punta del naso. Scese lungo la guancia, fino all'attaccatura del collo e non riuscì a mascherare un minimo di soddisfazione, quando la sentì tendersi come una corda di violino, sotto le sue mani.

 

- Non farò niente... - Sussurrò, sfiorandole la pelle con le labbra. - ... che tu non voglia, principessa. -

 

- Smettila di chiamarmi così...! - Sorrise lei, riprendendo ad accarezzargli i capelli. - Non vale...! -

 

- Vale eccome...! - Replicò. caparbio. - Ma se non vuoi farlo, chiedimi di fermarmi e ti giuro che sarò fuori da quella porta nel giro di cinque minuti. -

 

- No. - Arrossì Gabrielle, sfiorandogli le labbra. - Non andartene, Michael. E non smettere. - Mormorò timidamente. - Non smettere fino a che non avrai finito... -

 

Lui annuì e, immediatamente, le sue mani affamate si insinuarono oltre l'orlo della maglia di lei, sollevandola con uno scatto deciso. Le solleticò l'ombelico, arrivando fin quasi sotto al seno.

 

Sospirando, Coco fece scattare le mani verso l'alto, raggiungendo i microscopici bottoncini della camicia di Mike e prese a slacciarli velocemente, uno dopo l'altro.

Quando arrivò all'ultimo, la stoffa leggera si sposto appena di lato, ondeggiando e rivelando un abbondante spicchio di pelle candida.

 

E Gabrielle avvampò vistosamente, senza riuscire ad impedirsi di realizzare che, fin da quando aveva osservato la mano di quella modella accarezzarlo languidamente e, forse, anche da prima ancora, aveva continuato a domandarsi se fosse veramente così... Così. Come sembrava.  

 

Allungò le dita e gli sfiorò il petto, esitando appena un poco prima di poggiarci il palmo. La sua pelle era calda, liscia e maledettamente invitante, proprio come l'aveva immaginata.

 

- Ehi...! - Ridacchiò Michael, smettendo per un attimo la sua dolce tortura. Staccò le labbra dal suo collo, strappandole un piccolo mugolo risentito e si sollevò a guardarla negli occhi. - Quant'è che volevi provare a farlo? - Mormorò, col suo solito sorrisino sghembo.

 

Prese ad accarezzarle delicatamente la fronte, scostando una lunga ciocca scura.

 

- Tanto... - Ammise lei, in un soffio. - Sicuramente da più di quanto lo aspettavi tu. -

 

Colpo basso. Mike sapeva di meritarselo tutto.

Abbassò lo sguardo, scendendo con le dita alla guancia arrossata, appena sotto le ciglia.

 

- Ti ha fatta star male, vedermi con Carrie...? - Sussurrò.

 

Coco annuì, piano.

  

- E con Lilith. E Jane... Rose e tutte le altre. - Replicò. - Anche se, allora, non lo sapevo. -

 

Gli prese il viso fra le mani, spingendolo a guardarla di nuovo.

 

- Cosa...? - Domandò, socchiudendo gli occhi grigi.

 

- Che sei mio, Mike. - Rispose, tornando bramosamente a cercare le sue labbra sottili. - Mio e basta.-

Lui si lasciò docilmente attirare verso il basso, tuffandosi fra le braccia sottili e rispose al bacio, premendo sulla sua bocca fino a farla socchiudere.

Assaporò fino in fondo il suono ovattato e concitato del respiro di Gabrielle, il ritmo sussultorio con cui le sfuggiva, mescolato ai sensuali mugolii.

 

Era affascinato da lei, Mike.

Come da una fotografia, rivelatasi inaspettatamente più bella di tutte le altre.

Irresistibilmente attratto, innamorato.  

 

Sì.

 

Decisamente, inequivocabilmente... Suo.

 

 

***

 

 

Si stropicciò gli occhi ancora assonnati, rotolando su un fianco.

 

E sorrise, osservando Coco dormire profondamente, lì accanto. Il lenzuolo era scivolato via, arricciandosi intorno alla vita sottile, permettendo ai pallidi raggi che filtravano nella stanza di lambirle la schiena nuda.

 

Allungò una mano, solleticando con le dita il solco alla sua base, prima di risalire lentamente lungo la spina dorsale. Interrompendo quel contatto così fastidiosamente esclusivo.

Su e poi ancora giù di nuovo, in una lenta, morbida spirale.

 

Non poteva certo permettere che soltanto il sole si godesse quello spettacolo meraviglioso.

Che, per altro, era unicamente di sua proprietà.

 

Si rilassò contro il materasso soffice, prendendo a fissare il soffitto con aria pensosa, mentre le sue dita affusolate indugiavano sul braccio di lei.

E, poco dopo, istintivamente inclinò il capo a poggiarle un bacio sulla spalla. Soffermandosi per un attimo con le labbra contro la pelle fresca, prima di alzarsi.  

 

Cercò a tastoni i suoi Jeans, sul pavimento e se li infilò, domandandosi se fosse anche troppo clichè, voler fumare una sigaretta... dopo.

 

Ridacchiò, scuotendo appena il capo, prima di sfilare l'ultima dal pacchetto stropicciato. La appoggiò fra le labbra sottili, prima di estrarre dalla tasca il suo accendino di metallo.

 

Fece scattare il meccanismo, ma, al momento di accostarlo alla sua Wiston Blue, parve ripensarci. Richiuse lo zippo con un gesto deciso e, rivolgendo un sorriso sghembo alla sua bella addormentata, rimise tutto al suo posto.

 

- No, lo so. - Mormorò, senza smettere di guardarla. - Non ti va che io lo faccia. -

 

Di nuovo, si ritrovò incatenato a lei.

Gli occhi fissi sul suo corpo, completamente indifeso e rilassato, nell'abbraccio delle lenzuola.

Così come lo era stato nel suo.

 

Il profilo sinuoso si perdeva fra le pieghe di lino, candido accanto ai boccoli scuri. Disordinati sul cuscino.

E li sentiva ancora scorrere contro la pelle, lisci e setosi... flettendo appena le dita della mano.

 

Il viso seminascosto fra le braccia, la bocca tesa in una piccola smorfia.

 

Perfetta.

 

Perfetta nella sua imperfezione.

Non c'era altro modo per dirlo.

 

Senza smettere di sorridere, Michael si accostò alla finestra e, dopo aver sganciato la nikon dal treppiede, fece la sola cosa possibile.

 

Veloce e silenzioso come solo lui sapeva essere.

 

Inquadrare. Mettere a fuoco. Trattenere il fiato.

 

Per sempre così, per sempre sua.

 

... Le scattò una fotografia.

 

 

Ti scatterò una foto.

(Ti Scatterò una Foto - Tiziano Ferro)

  
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