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Autore: The Custodian ofthe Doors    14/01/2018    4 recensioni
[Spin-off di “Una pista che scotta”]
In casa Lightwood, si può star certi, raramente un segreto rimane tale. Maryse lo aveva imparato anni prima, quando conobbe un giovane Robert ed il suo miglior amico Michael.
Quando anni dopo si era resa conto che l'unico in grado di tenere un segreto per sé fosse Alec non si era minimamente stupita, anzi, aveva solo provato rammarico per quel suo povero figlio che, costantemente, era costretto a tappar la bocca ai fratelli. E che per altro ignorava quante volte era costretta lei a tapparla al marito.
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Il 25 Dicembre lei e Robert sono seduti nel salotto di casa loro a godersi un poco di tranquillità dopo gli ultimi eventi. Prima che il telefono cominciasse a vibrare ininterrottamente.
Robert è seduto vicino a lei sul divano e lì, abbracciati, la convince a seguire tutta la telecronaca fatta dai figli sulla festa di Natale a cui stanno partecipando.
[…]
Poi scuote la testa sconsolata, non sa a chi si stia riferendo quando il vocale di Izzy grida che “SI STANNO BACIANDO PA'! ODDIO! E CHE BACIO!”, e a dirla tutta -sorride- neanche lo vuole sapere.
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alec Lightwood, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Maryse Lightwood, Robert Lightwood
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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GossipLightwood








Trentacinque anni prima.

 

In casa Lightwood, si può star certi, raramente un segreto rimane tale.
Maryse lo aveva imparato anni prima, quando conobbe un giovane Robert ed il suo miglior amico Michael.
Gli erano parsi ragazzi normali, li vedeva spesso a scuola, quando passava per il cortile assieme ad Amatis per il pranzo. Li trovava quasi sempre poggiati al muretto dietro la palestra che chiacchieravano con le teste vicine, neanche si stessero scambiando chissà quale segreto di Stato. Reggevano quello che le pareva un giornale e più di una volta Ama, intercettando il suo sguardo, si era messa a ridere, dandole qualche colpo con il gomito e dicendole che anche Luke spesso leggeva quei giornaletti e che non si sarebbe poi dovuta stupire di tanto, scommetteva che anche Max ne leggeva.
Poi, con leggerezza, commentava che era ammirabile il modo in cui riuscissero a leggerle in pubblico senza “emozionarsi”.
Di solito Maryse la guardava scioccata e scuoteva la testa.
<< Ma quindi li conosci bene?>> le chiese una volta.
Amatis annuì. << Sono nella squadra di rugby con Lucian, non te ne sei mai accorta? Troppo impegnata a fissare Morgenstern?>> aveva sorriso prendendola sottobraccio per evitare che le desse un'altra gomitata.
Maryse l'aveva fulminata con lo sguardo. << Quando guardo una partita mi concentro sulle azioni, non sui giocatori. Ma cosa lo dico a fare a te, se non ci fosse Herondale sul campo neanche verresti a vederle.>>
L'amica era diventata paonazza e gli aveva dato una spintarella. Avevano cominciato a bisticciare e ridacchiare come le adolescenti che erano, ma Maryse non era riuscita a non gettare un'ultima occhiata a quei due.
<< Come hai detto che si chiamano?>>
<< Lightway.>> aveva risposto sicura lei.
<< Chi dei due?>>
<< Entrambi.>>
Maryse aveva aggrottato le sopracciglia. << Non sembrano parenti...>>
<< Perché non lo sono. Non sono imparentati neanche per acquisizione. Ma sono migliori amici dalla culla credo e sono così uniti che fai prima a chiamarli con un nome solo.>>
L'aveva guardata con un'espressione scocciata. << Smettila Ama, questa cosa di unire i nomi delle persone è ridicola. Come si chiamano davvero?>>
<< Secondo me è geniale.>> si era stretta nelle spalle lei. << E comunque il castano è Michael Wayland, l'ala esterna, quello che corre come se avesse dei propulsori ai piedi.>>
<< Lui è il nostro velocista?>> chiese sorpresa.
Annuì. << Si, proprio lui. Quindi capisci da te chi è l'altro.>>
<< Il difensore che blocca tutti quelli che provano a placcarlo vero? Si è portato dietro tre difensori avversari all'ultima partita.>>
<< Esatto. È Robert Lightwood!>>
Poi avevano visto i cugini Herondale e si erano perse in altri risolini stupidi.
Non si era minimamente accorta che il moro, quel Lightwood, l'aveva notata ogni singola volta che gli era passata di fronte.
Erano bastati due giorni, due precisi e perfetti e Robert Lightwood e Micheal Wayland avevano scoperto vita, morte e miracoli suoi, di suo fratello e della sua famiglia.
La settimana dopo Maryse e Amatis erano state invitate ad un'uscita con i ragazzi della squadra.
Era lì che aveva conosciuto Valentine, Jocelyn e Hodge, Andrew e Nerissa, l'allora ragazza del giovane Blackthorn.
Probabilmente Maryse non si sarebbe mai scordata di come, anche quella sera, i due amici fossero incollati ad una rivista su cui era ritratta una bella ragazza con un ambito un po' troppo succinto. Non si sarebbe mai scordata di come l'avessero inizialmente solo salutata per poi tornare a chiacchierare tra di loro.
Non li aveva capiti al tempo, in quel momento gli erano sembrati solo due sedicenni in piena crisi ormonale e la cosa l'aveva anche infastidita da morire.
Erano continuate così le loro serate, con Amatis che si avvicinava sempre di più a Stephen e Lucian che lanciava sempre più occhiatacce al biondo, ripreso spesso dall'amico, Valentine, che rideva di gusto e poi lo convinceva a lasciarli in pace.

La verità era che Maryse trovava quella loro pratica estremamente imbarazzante e di cattivo gusto. Aveva visto più di una volta gli altri ragazzi avvicinarsi e sbirciare oltre le pagine satinate. Ridacchiavano tutti e poi se ne andavano mentre i due continuavano a fissare avidi le immagini.
Le ci era voluto quanto? Più di due mesi per rendersi conto di qualcosa, precisamente quanto Michael era entrato di corsa in palestra sventolando il giornale incriminato e correndo da Robert urlandogli che “era esattamente come avevano detto loro”.
Oh, le risate che si era fatta in seguito, certo, prima era arrossita per tutti i cattivi pensieri che aveva fatto sulle cattive abitudini dei ragazzi, presa in giro da Ama che si era dovuta tappare la bocca quando l'amica le aveva ricordato che aveva pensato la stessa cosa anche lei.
Probabilmente il semplice fatto che sapessero sempre tutto di tutti avrebbe dovuto farle venire qualche dubbio, ma in quel periodo era solo una ragazzina che aveva una potenziale cotta per un altro ragazzino che preferiva tenere il naso infilato tra le pagine di Playboy che parlare con lei.
A distanza di anni si era anche chiesta come avesse potuto scambiare il più popolare giornale di gossip dell'epoca con quello a luci rosse più famoso del mondo.
L'inquietante propensione dei due a scambiarsi informazioni e a reperirle, soprattutto, metteva in ombra qualunque gruppo di ragazzini, matrone, comari o paparazzi che lei conoscesse.
Avevano cominciato ad uscire assieme quasi tre mesi dopo quella sensazionale rivelazione, solo allora aveva anche scoperto che Robert si era informato di tutto punto su di lei perché la trovava molto carina, ma che viste le occhiatacce che gli lanciava non c'aveva mai provato perché credeva che lo odiasse.
Le risate che si erano fatti quella sera, tra le confessioni dell'uno e dell'altra, erano state probabilmente la scintilla che aveva acceso quella fiamma che ancora bruciava in entrambi.

 

Quando anni dopo si era resa conto che l'unico in grado di tenere qualcosa per sé, fra i suoi figli, fosse Alec non si era minimamente stupita, anzi, aveva solo provato rammarico per quel suo povero figlio che, costantemente, era costretto a tappare la bocca ai fratelli. E che per altro ignorava quante volte era costretta lei a tapparla al marito.

 

 

 

Venti anni prima.

 

Isabelle ha appena tre anni eppure quando Maryse la vede correre da Robert sogghignante come una bambina di quell'età non dovrebbe esserlo, capisce subito che c'è qualcosa sotto e che a lei, o a qualcun altro, non piacerà per niente ciò che quelle piccole labbrette stanno per dire all'uomo.
Si sporge leggermente dalla cucina per sentire la voce della sua terzogenita strepitare con allegria.

<< Papino, papino!>> grida saltellando da un piede all'altro. Da quando ha imparato a giocare a campana non fa altro tutto il giorno.
<< Si Izzy?>> chiede tranquillo l'uomo piegando la rivista che stava leggendo e mettendola da parte. Maryse non vuole neanche sapere perché il marito le ha rubato il Vouge di quella settimana, davvero, non lo vuole sapere.
<< Sai che oggi ho visto la signora con i capelli rossi che viene sempre a lavoro da te? Quella con gli occhi verdi, verdi, verdi!>> gli spiega con ampi gesti mentre finisce di avvicinarsi e si lascia tirare su dal padre.
<< Si chiama Jocelyn tesoro, è la signora Fray.>> Le spiega.
Izzy annuisce. << Si, proprio lei! Oggi quando siamo tornati dal parco con nonna l'abbiamo vista.>> comincia a cantilenare alla fine della frase ed entrambi i suoi genitori sanno che si sta preparando per chiedere qualcosa e che quasi sicuramente Robert le dirà di si.
<< E…?>> la sprona infatti lui con quel suo mezzo sorriso storto così simile a quello del più grande dei loro figli.
<< E non puoi neanche immaginare papino! Aveva una cosa bellissimissimissima e la vorrei tanto anche io!>>
<< Cosa piccola ruffiana?>> Robert le fa il solletico e Izzy ride divertita, la frangia le copre gli occhi scuri e allegri, poi si rimette composta cercando di fermare la mano del padre.
<< Sono serissima papà!>> continua a ridere << Aveva un anello bello bello bellissimo, era tutto luminoso, secondo me era un da- dam- un diamante! Proprio come quello di mamma!>>
Maryse chiude gli occhi pregando che sua figlia non abbia detto quello che ha veramente detto e riesce ad immaginare benissimo il ghigno quasi sadico che si dipinge sul volto dell'uomo, ora molto più simile a Jace e alla stessa Isabelle che al dolce e tenero Alec.
Povero Luke.
<< Ma davvero tesoro? E dimmi, a che mano lo portava? La stessa della mamma?>>
<< Si, sono sicura! Lo sai che ho imparato qual'è la destra e quale la sinistra!>> gli ricorda eccitata. << Dici che quando divento grande me lo puoi regalare anche a me? Lo so che all'asilo non posso portare i gioielli, però magari me lo regali e io lo tengo a casa e me lo metto solo quando ci sono le feste. Come mamma con la collana che gli hai regalato tu!>>
Isabelle continua a parlare di gioielli e di come sarebbe stata brava e non se li sarebbe persi e non li avrebbe rotti, solo blandamente Robert le risponde che un anello così glielo regalerà un giorno il suo principe azzurro, ma lei si è già dimenticata di quell'anello e ora vuole una coroncina, quella gliela può prendere lui subito, no?

 

Il giorno dopo, al Dipartimento, Robert scivola via dal suo ufficio alla OCCB e scende al secondo piano, dove si trova la stradale.
Non gli è difficile individuare Lucian Garroway e all'uomo non è difficile scorgere in sorriso sornione con cui il vecchio amico lo fissa. E che è precisamente come non avrebbe mai voluto che Robert lo guardasse, non in quel momento, non in un luogo pubblico e pieno di testimoni che avrebbero potuto asserire che il Tenente aveva preso a pugni il Capitano.
Anche perché era sicuro che piuttosto di tenersi quella dannata boccaccia chiusa Robert si sarebbe fatto pestare a sangue, non si sarebbe minimamente spostato dal pugno che gli avrebbe sferrato in piena faccia.
Lo guarda di rimando e deglutisce, sudando freddo ripetendosi che non è possibile, che Robert è un segugio ma non un veggente, non può averlo capito, diamine, è successo solo il pomeriggio prima. Eppure Luke sa, sa perfettamente di cosa è in grado Robert Lightwood e gli chiede scusa a Michael, mentre pensa che per una volta sia un bene che i due non siano assieme o gli avrebbero fatto il cappotto e anche le scarpe.
Si lascia scappare un piccolo fremito all'angolo della bocca: era da un po' che Bobby non ficcanasava più come faceva con Mich. Certo però, doveva ricominciare proprio con lui?
Lo vede scostarsi dall'entrata della zona operativa e camminare ad agio verso di lui.
Ora gli avrebbe chiesto come glielo aveva chiesto, se lei gli aveva detto di si e cose del genere, così palesemente ovvie da far fare due più due a tutti i geni lì presenti.
Dannazione.
E invece Robert non fa nulla del genere, gli sorride solo, ancora con quel suo dannatissimo ghigno da chi la sa lunga.
<< Allora, avete già in mente quando?>> domanda tranquillo. E potrebbe essere una gita, una cena, una festa, il ringraziamento o anche il giorno in cui si sarebbero finalmente decisi a ridipingere la camera di Clary.
Lo guarda con sospetto e scuote piano la testa, balbettando che non lo sanno ancora.
Robert gli si avvicina, gli batte una mano sulla spalla e poi se ne va. << Maggio è un bel periodo.>> Dice senza fermarsi e Lucian tira un sospiro di sollievo, per quella volta si è salvato.
<< Anche se forse non è una buona idea, Jonathan è allergico al polline no? Non credo che Jocelyn vorrebbe passare il giorno del suo matrimonio a preoccuparsi di un possibile attacco d'asma del figlio. Magari vi conviene più l'estate. Sempre che a Jocelyn non dispiaccia uscire in foto con più lentiggini del solito.>>
Lucian lo guarda a bocca aperta, nel silenzio della sezione stradale, prima che tutto il piano scoppi in festeggiamenti, applausi e complimenti.
Neanche dieci minuti e tutto il dipartimento di polizia di New York City sapeva che il Capitano Garroway si sarebbe sposato.
Probabilmente in estate perché il figlio più grande della futura moglie era allergico al polline, ma non era sicuro, bisognava vedere se alla sposa importasse o meno che il sole le facesse uscire tutte quelle lentiggini.

La prima cosa che Maryse disse ai due, quando li vide, non furono certo le sue congratulazioni. Li fissò con l'aria di chi la sapeva lunga, ma completamente diversa da quella del marito, e semplicemente gli chiese scusa.
 

 

Nove anni prima.

Quando era stata fatta “la premonizione”, come la chiamavano tutti a casa, Jace aveva 15 anni, era un adolescente al pieno del suo splendore, quindi insopportabile, irritabile, arrogante e che ispirava tanta di quella voglia di picchiarlo che Maryse si domandava troppo spesso come fosse possibile che nessuno lo avesse ancora spedito al pronto soccorso.
La risposta se la dava subito dopo da sola: Jace era in grado di difendersi da solo, ma in ogni caso la presenza oscura ed inquietante di Alec che gli guardava le spalle era da sé un buon deterrente. Tra Jace ed Izzy se ne approfittavano sempre fin troppo. Persino Max sfruttava la famosa frase “guarda che chiamo mio fratello” e per quanto a tutti venisse in mente subito lo scontroso e spavaldo Jace o magari anche la forte ed esuberante Izzy, non appena si ricordavano di quel gigante che era il maggiore si facevano sempre qualche scrupolo.
Un sospiro, tre dei suoi figli erano -sono- degli opportunisti con i fiocchi ed il quarto veniva sempre sfruttato all'inverosimile. Almeno nessuno li avrebbe mai picchiati.

Fatto sta, chiusa parentesi, che quel giorno Maryse se lo ricordava bene.


Se ne stava seduta sul divano a leggere dei documenti, Robert di fianco a lei leggeva un libro e Alec faceva i compiti.
Jace era rientrato come una furia in casa, Isabelle dietro di lui era divisa tra il divertito ed il palesemente irritato, mai una buona combinazione perché di certo era divertita per qualcosa che era successa al fratello e ciò avrebbe sicuramente innescato una bella lite di quelle piene di urla che solo gli adolescenti riuscivano a fare così bene.
Aveva alzato un sopracciglio e li aveva fissati, gli altri uomini di casa neanche li avevano degnati di uno sguardo, ormai avvezzi ai solo battibecchi.
<< Tu pensa a quel nerd! Non ti toglieva gli occhi di dosso, non so se lo hai notato, io mi sentirei offeso se uno come lui ci provasse con me!>> ringhiò Jace.
<< Almeno sono stata io a dare picche a lui e non il contrario.>> gli rispose a tono la sorella.
Maryse alzò gli occhi al cielo, pronta a interromperli non appena avrebbero cominciato ad insultarsi.
<< Certo, perché tu non sei stata rimessa al tuo posto da una nana rossa, vero?>>
<< Lo hai detto, una nana, avrei potuto sbarazzarmene quando volevo!>>
<< E io lo stesso del nerd.>>
<< Bene!>>
<< Bene!>>
<< Appurato che tutti e due vi sareste potuti sbarazzare di chi vi ha messo così in imbarazzo, potete chiudere la bocca? A differenza vostra qui c'è qualcuno che studia invece di andarsene in giro il pomeriggio.>> borbottò Alec cancellando per l'ennesima volta l'espressione sul quaderno e ricominciando il calcolo.
I due lo guardarono male, pronti a rispondere uniti nel loro fastidio, quando il fratello alzò solo una mano. << No. Non vi voglio sentire. Andate a discutere lontano da qui.>>
<< Mamma! Ma lo senti?>> strepitò Isabelle.
Se lei e Jace erano i classici adolescenti rumorosi, Alec era di certo quello cupo e quasi spaventoso.
Maryse sospirò e diede solo un colpetto con il gomito al marito.
Robert capì al volo. << Dove li avete incontrati quei due?>> chiese gentile, senza però spostare gli occhi dalla pagina.
Jace sbuffò. << A Brooklin, dalle parti della Sant Xavier.>>
Maryse si animò di colpo. << E che ci facevate a Brooklin voi due?>> fece sospettosa. Un quindicenne ed una quattordicenne a piede libero per New York, solo quello le mancava.
<< Lo sapete che non potete andare in giro da soli fuori Manhattan e che dovete avvertire.>>
<< Ci saremmo dovuti andare con Alec, ma mr simpatia lì doveva studiare.>> Izzy roteò gli occhi sbuffando.
<< Scusa se domani devo essere interrogato in matematica.>> borbottò ancora con quel vocione che gli stava venendo su.
<< E come si chiamavano, lo sapete?>> s'intromise Robert.
Il semplice fatto che avesse lasciato stare il suo libro avrebbe dovuto far insospettire Maryse, ma in quel momento era troppo impegnata a prepararsi ad urlare per interrompere il probabile litigio che sarebbe nato a breve per prestare attenzione al marito.
<< Tipo Carly e Samuel… >> la buttò lì Jace, togliendosi lo zaino di spalla e lasciandosi cadere di peso sul divano libero.
Maryse lo guardò male e lui si mise seduto per bene.
<< Si, qualcosa di simile.>> confermò Izzy sedendosi con la stessa grazia del biondo.
<< Qualcosa tipo Simon e Clary?>> domandò l'uomo e tutti si voltarono verso di lui.
<< Lei piccola, rossa e riccia di capelli, occhi verdi e tante lentiggini. Lui castano, occhi marroni, occhiali, smilzo e con il naso appuntito?>>
I suoi figli lo fissarono allibiti, tranne Alec, lui era tornato a farsi gli affari suoi.
<< Wow pa, e tu come lo sai?>> gli chiese il ragazzo.
<< State parlando di Simon Lewis e Clarissa Fray, il primo è il figlio di Malcom Lewis, te lo ricordi Maryse? Era uno dei migliori tecnici informatici che avessimo, è morto d'infarto anni fa. E lei invece è la figlia di Jocelyn Fray e Valentine Morgenstern, la madre ora è sposata con Lucian Garroway, è la sua figlioccia. Non ve li ricordate? Siamo andati al loro matrimonio, ma forse voi eravate troppo piccoli. Alexander tu te li ricordi?>>
Alec grugnì qualcosa di indefinito e Maryse si ritrovò a sorridere al ricordo.
<< Clary si era presa una cotta per te, non ti ha lasciato per tutto il giorno. E suo fratello Jonathan anche, pareva diviso tra il volertisi contendere con la sorellina e volerti contendere lei. Izzy avevi tre anni tu, e Jace quattro.>>
Il biondo alzò un sopracciglio e si voltò verso il fratello maggiore. << Facevi strage di cuori già a cinque anni bro?>>
Un altro grugnito, un mezzo insulto ad un passaggio più complicato.
<< Se, me la ricordo vagamente. Una cosetta minuscola e rossa, con un vestito...verde? Giallo?>>
<< Verde, lo avevano scelto perché gli si abbinava agli occhi. Il fratello ne aveva uno azzurro perché si intonava bene ai capelli.>>
Isabelle guardò con approvazione il padre, quasi tentata di chiedergli che sfumature di colore fossero, quando l'uomo continuò a parlare.
<< Scommetto che li rivedrete ancora. E che diventerete pure amici.>> si fermò e sorrise al secondogenito. << Magari anche qualcosa di più.>>
 

Jace aveva guardato il padre senza capire, poi Izzy aveva detto qualcosa sul fatto che non avevano niente a che spartire con quei due e si era lanciata in un'accurata descrizione del loro incontro, supportata dal fratello che ricordava pezzi che lei saltava.
Maryse aveva sorriso ed era tornata a leggere i suoi documenti. Alec aveva continuato a litigare con le equazioni e Robert si era limitato a fissare i suoi figli con un sorriso per nulla rassicurante in volto, anche se tremendamente tranquillo.

Nel giro di un anno erano stati costretti a dargli ragione. Nel giro di tre Jace si era ingoiato tutto l'orgoglio che aveva e gli aveva dato ragione per la seconda volta.
Robert aveva gongolato come poche volte. In silenzio, ma aveva gongolato tremendamente.

 

 


Sette anni prima.

 

Era estate, era l'estate dei 18 anni di Alec. Quell'anno non era stato proprio il migliore che Maryse potesse ricordare. Soprattutto non era stato molto bello quel Natale.
Se doveva essere sincera non sapeva se gli bruciava più la rivelazione fattale dal figlio durante quella cena, il fatto che Robert se ne fosse accorto prima di lei, o il fatto che suo figlio, il suo bambino, non aveva avuto il coraggio di dirglielo prima. Forse un misto di tutte le cose.
Non si erano parlati per mesi, tutto Gennaio era scivolato nel silenzio ed ora, sentire la sua voce bassa e calda ridere assieme a quella acuta di Max le dava un senso di serenità di cui non credeva aver bisogno. Sentirlo ridere era come togliersi un peso dalle spalle, come arrivare alla fine di una giornata faticosa, sdraiarsi finalmente al letto e sentire tutti i muscoli rilassarsi.
Si era avvicinata alla porta-finestra che dava sul giardino sul retro ed aveva osservato il più grande dei suoi figli imbracciare un fucile ad acqua e rincorrere il più piccolo, i capelli bagnati e la maglia piena di macchie scure, sorrideva come il bambino che era, perché poteva avere anche diciotto anni ma rimaneva comunque tale per lei. Le pareva che non avesse preoccupazioni di sorta in quel momento, non era imbarazzato, non era sfuggente, non cercava di nascondersi al suo sguardo o a quello di chiunque altro, non fingeva l'indifferenza che gli aveva visto sfoggiare per tutta la sua adolescenza, il distacco che interponeva tra lui e la gente.
Era di nuovo il suo piccolo Alec che giocava con il fratellino.
Si sporse un po' di più, esponendosi ai caldi raggi del sole di inizio pomeriggio, così caldo da sciogliere il ghiaccio che galleggiava nelle bibite fresche e solo in quel momento si accorse di uno strano movimento al limitare del suo campo visivo.
Seduti sotto al porticato del patio, al riparo dalla luce ma comunque muniti entrambi di occhiali da sole, Jace ed Izzy se ne stavano con le teste vicine a confabulare. Per un attimo davanti ai suoi cocchi apparve l'immagine di due sedicenni, un moro ed un castano, che parlottavano nascosti dietro ad una rivista.
Sorrise con aria malinconica al ricordo di Michael e Robert adolescenti ma subito dopo una scossa le fece girare di colpo la testa verso i due fratelli.
Quei due assomigliavano fin troppo a Robert e ciò poteva solo significare che se se ne stavano lì al coperto invece di andare a giocare con gli altri avevano qualcosa in mente.
Che diamine stavano preparando? O meglio: di cosa diamine stavano spettegolando quelle due comari?
Isabelle teneva gli occhiali da sole tirati sulla testa, a fermare quella cascata di capelli neri che aveva ereditato da lei. Un bicchiere di cocacola con una cannuccia rosa la divideva da Jace, che teneva il suo bicchiere tra le mani, i gomiti poggiati sulle ginocchia piegate e gli occhiali sulla punta del naso, per permettergli di scrutare da sopra la montatura il suo obbiettivo e che era…
Seguì la direzione del suo sguardo e sospirò: Alec.
Dei passi attirarono la sua attenzione e quella dei mezzani, Robert era rientrato in casa e stava poggiando le chiavi sul mobile quando Izzy si lanciò un occhiata d'intesa con il fratello e alzò una mano per farsi vedere dal padre.
Robert si avvicinò ad agio, passando prima vicino a lei per darle un bacio e poi raggiungendo i figli, appropriandosi senza troppe cerimonie della bibita di Isabelle e sedendosi poi tra i due, alle loro spalle.
<< Non riesco proprio a capire come faccia a tenersi la maglia con questo caldo.>> la buttò lì Jace e già Maryse sapeva cosa sarebbe successo subito dopo.
L'uomo annuì. << Lo sai che tuo fratello è resistente. Con la pelle pallida che ha credono tutti che sia anche estremamente sensibile, invece ha la scorza dura.>> riconsegnò il bicchiere quasi dimezzato ad Izzy che si imbronciò.
<< Sarà, ma non se la toglie neanche se deve farsi il bagno. L'altro giorno siamo stati in piscina con Simon e Clary e lui si è presentato con una stupida maglia da surf. Ci si è fatto il bagno.>> disse come se fosse una cosa assurda.
<< Mi dicono che è ciò che si fa con una maglietta da surf, Isabelle.>> le disse tranquillo il padre senza staccare quegli occhi da falco dal maggiore.
Jace scosse la testa. << Non sta mai a petto nudo davanti a nessuno pa, non ti sembra strano?>>
<< Dopo quello che è successo a Natale?>> chiede lui con leggerezza e tutti si erano zittiti.
<< Ma prima lo faceva, non è mica che dopo che ce l'ha detto si è trasformato...>> borbottò Jace un poco a disagio per il dover parlare proprio dell'orientamento sessuale del fratello con suo padre.
Con suo padre dannazione!
Robert si strinse nelle spalle. << No, certo che no, ma magari c'è un altro motivo, non credi? Tu non hai nulla da voler nascondere?>>
Maryse non ne voleva sapere niente. Si allontanò cercando di non pensarci, non era stupida, sapeva perfettamente a cosa alludeva il marito così come lo avevano capito quei due impiccioni.
La verità era che temeva che Alexander volesse nascondere a tutti loro, a lei in particolare, qualche segno lasciato da qualche amico.
Non per la prima volta si domandò se Robert non lo avesse capito prima di lei per via di Michael o solo perché era una dannata pettegola nel corpo di un uomo alto un metro e ottanta, massiccio, barbuto e musone. La regina delle pettegole, era meglio specificare. La somma imperatrice del gossip. Ma forse era meglio che la smettesse di immaginarsi suo marito su un trono dorato, con una pelliccia da re ed una corona scintillante, che dava ordini a tutti i suoi sudditi di portargli informazioni al più presto.
Forse doveva anche smetterla di cercare di informarsi sul mondo gay di quell'epoca. Decisamente si.
Sospirò e andò di filato in cucina, le serviva una bella tazza di caffè, o forse qualche litro di tea.
Certo, pensò, non ne sarebbe uscito nulla di buono dalla conversazione di quei tre e lei non voleva saperne nulla, non voleva essere coinvolta. Anche se era sicurissima che entro breve avrebbe saputo perché Alec non si toglieva mai quella benedetta maglietta.

 

Robert già lo sapeva, o almeno lo sapeva in parte, dopotutto ce lo aveva accompagnato lui dal tatuatore quel Dicembre. E se da un lato e era convintissimo che il ragazzo ancora non se la sentisse di mostrare a tutti quel disegno e di dover spiegare cosa significava per lui, dall'altra era anche sicurissimo che non era l'unica motivazione per cui non voleva mostrarsi a petto nudo.
Per quella volta avrebbe fatto in modo e maniera che suo figlio tenesse il suo piccolo segreto, senza informare Jace e Izzy che sarebbero andati di filato a chiedergli tutto quello che Alec non voleva sentirsi chiedere.
Ma questo non gli avrebbe impedito di scoprire la seconda motivazione, no di certo.

 

 

Giugno.

Vedere il suo secondogenito correre tutto emozionato nello studio del padre le fa desiderare di darsela a gambe levate, ma lei è il Procuratore Trueblood Lightwood e non sarebbe scappata di fronte a niente.
Tanto meno a suo figlio con l'espressione di chi ha scoperto il segreto del secolo diretto verso il covo del sommo imperatore del gossip, alias Robert Lightwood.
Seguì con lo sguardo il ragazzo finché non lo vide sparire oltre le scale, poi prese il suo bel portatile e decise che chiudersi nella sala hobby nel seminterrato di casa sua era la cosa giusta da fare, lì non le sarebbe giunta neanche il più minimo dei suoni.
Ancora una volta, come sempre da quando aveva conosciuto Robert, Maryse non voleva sapere. No.

 

Jace aprì di colpo la porta dello studio del padre senza neanche bussare.
L'uomo se ne stava alla sua scrivania, a leggere e firmare scartoffie che si era portato dal lavoro e non aveva alzato la testa neanche quando aveva sentito i passi aggraziati del suo secondogenito pestare i gradini come solo un agente SWAT vestito di tutto punto e armati fino ai denti sapeva fare.
Si domandava se i vicini sentivano mai i suoi figli camminare per casa: tra Jace che sembrava saltare ad ogni passo, Izzy con quei dannati tacchi che faceva un baccano della malora e Max che strusciava i piedi come minimo si sarebbero beccati una denuncia per disturbo della quiete pubblica a settimana, se avessero abitato in un palazzo. Pensò che almeno Alec non lo si sentiva mai, ma forse il ragazzo si sarebbe beccato altri tipi di denunce, come di tentato omicidio per esser sbucato fuori dal buio senza far rumore e aver fatto prendere un infarto a qualcuno.
Si domandò anche perché almeno uno dei suoi ragazzi non fosse un comune giovane di diciassette barra venticinque anni come tutti gli altri.
Espirò, sarebbe rimasto un mistero quello.
<< Pa! Non puoi immaginare cos'è successo!>> eruppe Jace, come se non avesse fatto abbastanza rumore.
<< Dalla tua esuberanza potrei dire che i Giants hanno vinto la partita ma non è ancora sabato quindi no, non possono aver già giocato.>> rispose senza neanche alzare lo sguardo.
<< No, non è quello, ma non ci sono dubbi che vinceranno, andiamo, stiamo contro i Dallas!>> fece con fare ovvio il biondo sedendosi comodo su una delle poltroncine davanti al piano.
<< Anche i Dallas sono forti, non dimenticarlo.>>
<< Si, si, come vuoi, ma non è questo il punto!>> lo interruppe subito divertito.
Robert alzò finalmente lo sguardo da quelle carte e si rese conto che il figlio era… emozionato? Non lo vedeva così da quando aveva beccato l'ultimo ragazzo di Izzy a fare il filo ad una cameriera, e lui aveva passato settimane a dirle che quel tipo non gli piaceva. Si, aveva proprio la faccia da scoperta sensazionale.
O da guaio di dimensioni epiche, anche.
<< Cosa hai combinato sta volta Jace?>> domandò sospirando e poggiando la penna sul tavolo.
Jace arricciò il naso, proprio come faceva quando da bambino lo si beccava con le mani nel sacco o gli si diceva qualcosa che non gli piaceva. Non era minimamente cambiato in questo.
<< Perché devo sempre aver fatto qualcosa?>> ritorse con voce irritata.
<< Perché ogni volta che te o i tuoi fratelli vi presentate qui con quella faccia e quel tono esuberante o avete fatto qualcosa che ritenevate magnifico, e quasi mai lo è, o avete scoperto qualcosa che reputate magnifico e, ancora, quasi mai lo è. Se non hai fatto niente, cosa hai scoperto?>> gli spiegò con semplicità prima di intrecciare le mani e poggiarsi contro lo schienale imbottito della poltrona girevole.
Il sorriso di Jace si fece luminoso come solo il suo poteva essere, di quella sfumatura irritante, fastidiosa e incredibilmente affascinante che non riusciva a lasciarti indifferente.
A meno che tu non avessi anni e anni d'esperienza come i suoi genitori.
<< Lo sai che Alec ha quel caso sul ricettatore morto, no?>> cominciò come se gli stesse dando gli estremi di un racconto emozionante, partendo dalla prefazione.
<< Si.>> Gli disse comunque per invogliarlo a continuare, << Ma non so altro, se è questo che intendi.>>
Quella rivelazione parve la cosa più bella che potesse dirgli. Si sistemò meglio sulla poltroncina, sedendosi in pizzo e sporgendosi per poggiare le braccia sulla scrivania.
<< In pratica ha un solo sospettato al momento, un tipo che la OCCB sta cercando di catturare dagli anni di Cristo all'incirca, e che pare avere un alibi però, o per lo meno Alec crede che non sia lui l'assassino.
Beh, fatto sta che questo tipo ha delle prove che gli servirebbero ma con una scusa o con un'altra non gliele fa mai avare, le prove quanto delle informazioni. Sembra che sappia più di quanto non dica e ultimamente sta facendo impazzire Alec perché lo manda in giro per la città a seguire false piste. Secondo lui quel tipo lo sta solo facendo allontanare perché vuol indagare personalmente sulla morte dell'amico e farsi giustizia da solo. Così Alec si è rotto le palle e mi ha chiesto di andare al posto sul al locale del genio e di “mettergli pressione”.>> ammiccò e sorrise con quel suo bel ghignetto strafottente e impertinente che tanto piaceva alle ragazze. << Io sono andato lì ovviamente, se bro mi chiede una mano io gliela do, mi pare logico, e quando il tipo mi ha visto e ha capito che ero lì al posto di Alec, che lui chiamava “il mio bel detective”, >> ammiccò ancora, << è andato su tutte le furie e mi ha detto che non mi avrebbe dato la minima informazione, che voleva parlare con Alec e tutte quelle cose lì. Poi gli ho detto che allora non mi rimaneva da far altro che chiamarlo e digli che non aveva nuove informazioni per noi. Ho tirato fuori il telefono e non ho fatto neanche in tempo a sbloccarlo che me lo ha strappato di mano e ha chiamato Alec.
Insomma, ha provato a fare qualche battutina e a fingersi oltraggiato, sai, sembrava proprio un bambino a cui è stato tolto il suo gioco preferito, ma Alec deve avergli dato una rispostaccia delle sue perché il tipo è sbiancato e ha cercato di dire qualcosa senza riuscirci.
Alec gli ha attaccato il telefono in faccia pa, Alec! Dio, dovevi vederlo!>> concluse divertito.
Robert aveva ascoltato tutto il discorso con serena e pacifica tranquillità, ma dentro la sua testa gli ingranaggi lavoravano a tutto spiano.
Un indiziato che a quanto pare era il miglior amico della vittima, che Alec aveva anche scagionato, e che stava facendo impazzire suo figlio perché lo illudeva che gli avrebbe dato indizi ed informazioni che poi non gli dava, il tutto per depistarlo e farsi giustizia da solo.
Aveva detto che era ricercato dall'OCCB, che non riuscivano ad incastrarlo, ma chi era?
<< Com'era? Come si chiama?>> domandò solo.
A Jace dovette piacere molto come risposta perché si lasciò cadere contro lo schienale e buttò le braccia sui braccioli, una posa del tutto scanzonata e rilassata, pareva aver appena fatto all in.
<< Devo ammetterlo, è davvero un bel tipo.>> Robert alzò le sopracciglia sorpreso, senza fermarlo però, << Credo abbia almeno uno dei genitori asiatico, non direi cinese o giapponese eh, non ha la faccia piatta e poi ha la pelle abbronzata. Ha tutti i capelli sparati in direzioni diverse pa e credo abbia più brillantini in testa di quanti non se ne metteva Izzy a sedici anni. >> rabbrividirono entrambi, brutti ricordi. << Da come si veste direi che è palesemente gay. No, aspetta, aveva una sfilata di ragazze intorno che non ti dico e da come le guardava direi che non è decisamente immune al fascino femminile. Bisessuale sicuro. Però non puoi capire come diamine si veste, pare uscito da una sfilata di alta moda, quella roba assurda che guardano mamma e Iz, con quei vestiti che nessuno si metterebbe mai.>> Guardò il padre come aspettandosi una risposta ma l'uomo rimase in silenzio pensieroso.
<< Non mi hai detto come si chiama.>> gli fece notare.
Jace sbuffò, << Ha un nome strano tanto quanto lui. Magnus Bane. Andiamo, chi è il mostro così stronzo da chiamare suo figlio “Magnus”? Immagino che il padre si sia fatte grasse risate...>>
Lasciò la frase in sospeso e poi ricominciò a parlare di come si era comportato, di com'era il locale, di come fossero quelle ragazze e che, anche se si, le aveva guardate bene, questo non doveva necessariamente arrivare alle orecchie di nessuno no? Specie di Izzy e di Clary. Però erano davvero belle, forse erano prostitute?
Robert dal canto suo non lo ascoltava più. Il suo cervello si era bloccato su quel nome, su quel cognome in particolare.
Fin troppi ricordi erano esplosi nella sua mente. Frammenti di immagini provenienti da un passato ormai sbiadito per tanti versi ma per altri ancora terribilmente lucido e chiaro, vivido e vivo.
Risentiva parole, voci, profumi, vedeva colori, avvertiva sensazioni di una vita fa, una vita che non era sua, non lo era più o lo era stata solo per due anni. Due lunghissimi anni.
Rivide quell'uomo, la figura alta e longilinea, i lineamenti affascinanti e ben delineati ma comunque quasi dolci. Jace aveva ragione, era asiatico ma non proveniente da Cina o Giappone, no, era Indonesiano. Ricordava la sua voce vellutata e profonda e come tutto ciò che dicesse pareva così semplice, così giusto. Poi ricordò anche una donna, di bell'aspetto, gentile, a modo, con dei lunghi capelli neri, gli zigomi alti e gli occhi dal tagli allungato, tipico dei nativi d'America. Aveva una voce dolce e quando rideva pareva una campanella. Se la rivide davanti il primo giorno che entrò nel palazzo del capo, le era scivolato qualcosa di mano e Michael da bravo cavaliere qual'era si era sbrigato a recuperare l'oggetto, un tovagliolo forse?, e riconsegnarlo alla donna. Questa si era girata e aveva rivelato un gigantesco pancione, sicuramente da nono mese di gravidanza.
Magnus Bane.
Era il figlio di Adam Bane, conosciuto come Asmodeus, il Principe dei Demoni, uno dei più famosi, potenti e pericolosi criminali che la East Coast avesse mai avuto il piacere di conoscere.
Quindi, dopo tutto questo tempo, il caso Circle tornava ad affacciarsi nella sua vita? O meglio, si affacciava per la prima volta in quella di suo figlio?
Per un secondo fu tentato di dire a Jace di tenere quell'uomo lontano da Alec e poi di chiamare Alec stesso per dirgli chi era e che non doveva assolutamente aver nulla a che spartire con lui, ma si bloccò.
Tese l'orecchio al ciarlare divertito e concitato del biondo ed un piccolo sorriso gli piegò le labbra quando ricordò la voce allegra e al contempo tanto saggia di Michael dirgli di non pensar male della gente solo per il luogo da cui preveniva, per ciò che erano le sue origini. Glielo aveva detto a proposito di quella donna, si…
 

<< Non pensare che sia una persona cattiva solo perché sta con Asmodeus. Che ne sai? Magari lui con lei è la persona più docile del mondo, magari è un agnellino e la ama davvero. Sai Bobby, penso che le persone che amiamo ci cambino come noi cambiamo loro. L'hai vista, ha un sorriso dolcissimo, perché suo figlio non dovrebbe essere così? Non puoi credere che sarà un mostro solo perché lo è suo padre. Noi non siamo i nostri genitori, non eri tu a ripetermelo sempre?>>

 

Oh, si, era lui che glielo ripeteva sempre. Glielo ripeteva perché sia il proprio che il suo di padre non erano poi questo grande modello da seguire. E ne lui ne Mich volevano essere come i loro genitori.

 

<< Noi non siamo i nostri padri. Noi siamo migliori Mich.>>

 

Glielo aveva detto inginocchiato davanti a lui, nella penombra della rimessa dietro alla scuola, vicino al campo da football, mentre Michael cercava inutilmente di soffocare i singhiozzi che gli squarciavano il petto tanto quanto squarciavano il suo. Avevano fatto pace quel giorno, dopo settimane che non si parlavano.
Sorrise a Jace ed alzò una mano, fermando quel fiume di parole.
<< Quindi dici che è interessato al nostro Alec?>> domandò andando subito al punto.
Jace annuì con vigore. << Di certo non gli è indifferente! Certo, non dico che ci sia qualcosa che vada al di là del mero “uh quanto è figo”, insomma, Alec è mio fratello, deve essere figo per forza, ma secondo me ci prova gusto a rompergli le palle. Si, te l'ho detto, un bambino a cui hai tolto il gioco preferito.>> concluse soddisfatto di tutto il suo racconto, incrociando le braccia al petto.


Robert aveva sorriso ancora e gli aveva detto che si, doveva aver ragione.
Quando Jace se ne era andato aveva lanciato uno sguardo alla porta, sopra il cui infisso era attaccata una cornice di circa cinquanta centimetri per quaranta. Ritraeva due ragazzi, uno moro con l'espressione seria e un po' imbronciata, come se fosse infastidito da quella situazione, ma senza riuscire a trattenere un mezzo sorriso storto; di fianco a lui, con un braccio stretto alle sue spalle, c'era un ragazzo castano con dei bellissimi e vivaci occhi di un nocciola così caldo da sembrare aranciato. Aveva un sorriso luminoso come pochi Robert ne aveva visti, forse solo come quelli dei suoi figli, e fissava l'obiettivo felice.
Avevano diciannove anni e si erano appena iscritti all'accademia di polizia.
Sorrise ancora, malinconico, a quel pezzo di passato.

No, avrebbe concesso a quel ragazzo il beneficio del dubbio.
Noi non siamo i nostri genitori.

 

 

Luglio.

 

Robert fiutava qualcosa ancora prima che accadesse, Maryse lo sa bene e per questo non si sorprese più di tanto quando, dopo la visita di Jace il mese prima, suo marito aveva parlato spesso sia con lui che con Isabelle. In pratica aveva messo in moto i suoi “agenti”.
Attaccato costantemente al cellulare come i ragazzini di adesso, l'uomo si teneva informato di tutto ciò che succedeva, di ogni minimo avvenimento di rilievo o assolutamente inutile.
E ovviamente il soggetto d'interesse era l'unico non coinvolto neanche lontanamente nelle “indagini”.
Alias Alexander.
Persino Max era stato tirato in ballo, gli veniva chiesto se avesse sentito il fratello o cose simili ed inizialmente Maryse non voleva saperne niente, proprio come sempre; ma dopo che il detective aveva chiesto loro quelle informazioni sul caso Cirlce un po' di curiosità era nata in lei.
Insomma, suo figlio non le aveva detto niente, ermetico come un poliziotto dovrebbe essere e in un modo che avrebbe fatto la felicità del suo avvocato se ne avesse avuto uno. Purtroppo però anche Maryse era un avvocato a sua volta e non sapere, intuire solo che ci fosse sotto qualcosa, la irritava a tal punto da portarla a tendere un orecchio verso tutto ciò che il suo personale triunvirato riusciva a reperire.
Ed ultimamente le notizie non avevano tardato ad arrivare: Alec che riceveva un regalo apparentemente mandato da qualcuno di “privato” che poi si era rivelato essere Bane -si, proprio il figlio di quel bastardo che era costato la vita a suo fratello e tanti altri, ma lei e Robert avevano già discusso di questo e per una volta era stata costretta a dargli ragione-, poi Alec che andava direttamente da Bane per esaminare le prove. Simon che veniva tolto dal servizio standard per esser e assegnato al caso di Alec ma di nascosto a tutti. Alec che collaborava con Bane. Alec che portava Simon da Bane, lui che usava le suo fonti e le informazioni in suo possesso per aiutare Alec con il caso sino a portarlo a dei server nascosti. Alec che si fidava di Bane come si fidava di Simon. Bane che trovava qualcosa e andava ad indagare da solo e si beccava un proiettile per ché non aveva ascoltato Alec ed il ragazzo che si precipitava in ospedale, pallido come un cencio e incazzato in buona misura sia con il cecchino che con Bane che non lo aveva aspettato e con Simon che non lo aveva avvisato.
Roberto le aveva detto che le condizioni pietose in cui versava il figlio, un fascio di rabbia, incredulità, paura e autocommiserazione, erano tali da riuscire a trattenere persino la letale accoppiata di una Isabelle curiosa ed infastidita dalla situazione ed un Jace ironico, cinico e spietato come poteva esserlo solo suo figlio. Se i suoi mezzani non avevano fatto battute allora voleva dire che la situazione era seria. Per quanto ne aveva capito Jace non aveva infierito neanche su Simon, il che era tutto dire.
Da quella mattinata in ospedale non ne era uscito nulla di buono, Imogen Herondale l'aveva chiamata personalmente per informarla a grandi linee di ciò che stava succedendo e non le era piaciuto per niente.
Gettò un'occhiata a suo marito, seduto tra i cuscini ammassati sul divano, era una sua fissa quella, la donna lo sapeva fin troppo bene e Robert non faceva che rinfacciarle quanti dannatissimi guanciali erano sparsi per tutte le sedute di casa loro e come per questo lei non si dovesse lamentare della sua collezione di bottiglie di birra, tutte impilate con cura sopra gli scaffali della sala hobby e che lui stesso puliva sempre.
Robert aveva il cellulare in una mano e nell'altra il giornale, aperto sulla cronaca rosa per l'esattezza, ma ciò che stonava era il quarto dei loro figli, seduto a terra con la schiena contro il divano, vicino alle gambe del padre, che fissava accigliato il suo di telefono e ogni tanto tratteneva il fiato come quando voleva dire qualcosa ma veniva brutalmente interrotto dai suo fratelli. Non dubitava che stesse proprio chattando con loro.
Lo vide fare una faccia risoluta e digitare qualcosa.
Il suo cellulare cominciò poi a trillare con foga, poco dopo una vibrazione più bassa scosse il palmare del padre. Robert gli gettò un'occhiata senza neanche sbloccare lo schermo, leggendo solo l'anteprima del messaggio, poi tornò a leggere.
<< Max va con i tuoi fratelli sta sera.>> disse solo.
Max alzò la testa di scatto e lo guardò quasi ferito da un profondo tradimento.
<< Io non ci sto con quei due che progettano la fine del mondo. E non è neanche giusto che dicano a te di dirmi cosa devo fare.>> protestò.
<< Non progettano la fine del mondo, ma capisci bene che se non ci sarà un mediatore probabilmente questa sarà la loro ultima cena e oggi sarà la loro di fine.>> si accigliò e si avvicinò di più il giornale al volto, lo allontanò con quel suo ghigno fastidioso -identico a quello di Jace- e gettò un'altra occhiata al telefono.
<< E non permettere a quei due di portare qualcosa di più pesante della birra. Ne reputerò te responsabile, te li affido.>>
<< Papà, quei due hanno ventiquattro e ventitré anni, perché devo essere io ad occuparmi di loro?>> gli fece notare piccato, tirandosi gli occhiali sopra al naso.
<< Perché di norma se ne occupa tuo fratello ma credo che sarà del tutto propenso a defenestrarli. Sai cosa vogliono fare. E poi anche tu volevi passare una serata con Alec prima che parta no?>>
<< Non puoi ricattarmi con Alec che parte, è meschino.>>
<< Funziona però.>>
<< Ora so da chi ha ripreso Izzy.>>
<< Perché non hai mai sentito le minacce di tua madre.>>
Maryse alzò lo sguardo verso di loro ed incenerì il marito, lui le sorrise e poi tornò a prestar attenzione a Max.
<< Dai, sono sicuro che passerete una bella serata.>>
Il ragazzo lo guardò per un lungo istante come se stesse seriamente pensando a ciò che il padre gli aveva detto, poi sospirò.
<< Io ancora non capisco che diavolo centro in tutta sta' storia, sappilo.>>
Robert sorrise. << Non ce n'é bisogno. E poi sono sicuro che in fondo lo sai o in ogni caso lo capirai ben presto.>>

 

Quella sera, dopo cena, il telefono di Robert riprese a vibrare placidamente.
L'uomo sbloccò lo schermo facendo svanire la foto che ritraeva tutti e quattro i suoi figli e Maryse riuscì quasi a sentire la sua soddisfazione invadere l'aria come un profumo.
Lo guardò alzando solo un sopracciglio quando il marito si accorse del suo sguardo e glielo restituì.
<< Nessuno è morto.>> cominciò per rassicurarla, riuscendoci perfettamente tra l'altro. << Ma lascia che te lo dica Maryse.>> e questo già cominciava a non piacergli. << So già come andrà a finire questa storia.>> no, non le piaceva per niente. << Me lo sento.>> concluse soddisfatto e sicuro.

E questo invece non la rassicurava minimamente.

 

 

Dicembre.

 

Il caso Fell è chiuso e con esso, seppur solo in parte, lo è anche il caso Cirlce.
Robert non voleva pensare al perché, perché suo fratello e quattro cari amici erano morti, voleva solo andare avanti e lasciarli riposare in pace come era giusto che fosse e Maryse non sarebbe mai potuto essere più d'accordo con lui.
Certo, non si era illusa che con la morte di quel bastardo e con la cattura dell'altro tutto si sarebbe concluso, il semplice fatto che il diario del Circolo fosse tornato alla luce lasciava intendere che qualcuno, il suo Alexander per la precisione, avrebbe dovuto di nuovo ficcare le mani in quello schifo, prendere un bel respiro e magari immergercisi dentro, per riuscire a pescare tutte le bombe che Asmodeus aveva sparso per il mare. Ma per il momento tutto era in stasi, nessuno avrebbe intrapreso nessuna indagine come minimo fino a Febbraio. Non Alec che si era beccato due proiettili e che aveva fatto avanti indietro dalla sala operatoria come faceva sua sorella con i camerini dei suoi negozi preferiti.
Non voleva pensare neanche alla paura che l'aveva colpita quella notte e tutte quelle a venire, non voleva ricordare il volto di suo marito così simile a quello che aveva quando lo aveva visto ventotto anni prima uscire da quel vecchio magazzino con il corpo privo di vita di suo fratello tra le braccia.
Non voleva pensare al terrore puro che aveva letto negli occhi di suo figlio, del suo forte, coraggioso ed intrepido Jace. Non voleva ricordare le lacrime di Izzy o lo sguardo perso di Max che pareva esser svenuto senza rendersene neanche conto.
Non voleva pensare al volto esanime di Alec, a tutto quel sangue che colava dal suo corpo e alle parole del dottore che gli spiegava in quali condizioni estremamente delicate fosse.
Cinque mesi, gli erano serviti cinque mesi per svegliarsi, guarire seppur lentamente, ricominciare a respirare, a parlare, a muoversi e poi a camminare. Aveva lasciato le stampelle qualche settimana prima di Natale ed ora che finalmente le feste erano arrivate Maryse, davvero, non voleva pensare.
Soprattutto perché Natale era sempre una festa molto delicata quando si parlava di Alec.
Sospirò chiudendo gli occhi e godendo della comodità del divano, dell'abbraccio di suo marito e del silenzio che regnava in casa.
La festa di famiglia era stata la sera prima, la vigilia e Dio solo sapeva come l'avevano superata, ma ora tutti i ragazzi erano ad una festa a Brooklin, precisamente a casa di Magnus Bane, chi l'avrebbe mai detto.
Quell'uomo era riuscito a catturare tutti e quattro i suoi figli.
E non aveva la minima intenzione di ragionare su come avrebbe potuto catturare il primo di loro.
Poggiò la testa sulla spalla di Robert, temporeggiando per andar a preparare una cioccolata od un tea prima di lasciarsi andare ad una delle passioni segrete sue e di suo marito, quando il telefono dell'uomo cominciò a vibrare ininterrottamente.
Non osò aprire gli occhi, può immaginare Robert prendere il cellulare e guardare i messaggi, perché lei lo sa che sono tutti messaggi e tutti dai suoi figli, ma se tiene gli occhi chiusi può illudersi che non stia succedendo nulla, può ignorare tutto.
Almeno finché Robert non si esibisce in una delle sue solite risate trattenute, quello strano suono a metà tra uno sbuffo, un soffio ed un colpo di tosse che le fa capire che niente di buono può succedere. Le diede qualche colpetto con la mano sulla spalla costringendola a chiedergli cosa stesse succedendo.
<< Messaggi da Izzy e Jace.>> disse solo Robert, << Stanno facendo la telecronaca in diretta, vuoi partecipare?>>
<< Grazie dell'offerta Rob, ma per questa volta passo.>> tenne ostinatamente gli occhi chiusi.
<< Sta succedendo il finimondo a quanto riesco a capire. Quei due sono proprio degni figli tuoi, reggono benissimo l'alcol ma quando superano la loro soglia di resistenza perdono tutte le facoltà intellettive necessarie per comunicare in modo decente. Confidiamo in Max.>>
Il plurale di quella frase non le piacque per niente ma si disse che se non avesse protestato Robert non l'avrebbe più interpellata.
<< Pare che Simon abbia proposto il gioco della bottiglia, Jace dice che solo lui poteva tirar fuori un gioco così vecchio e palesemente da liceali. Iz è felicissima della proposta.>>
<< Mh.>> si lasciò scappare la donna. Era necessario che trovasse un modo per staccarlo dal telefono. << Vuoi il tea? Anzi, che ne dici della cioccolata con il rum?>> propose.
<< Ottimo dire, zucchero, cacao e alcol tengono svegli, qui si andrà avanti fino a tardi.>>
Marys aprì gli occhi solo per vederlo sogghignare come il maledetto bastardo che era. Sospirò e si alzò per andare in cucina a preparare la bevanda, magari per quando sarebbe tornata la telecronaca sarebbe finita.
O magari no.
Posò le tazze sul tavolinetto davanti al divano e Robert era ancora lì a leggere divertito.
<< Rob, perché non lasci quel telefono e facciamo altro? Non c'è neanche Max oggi, di certo non ci disturberà nessuno.>> propose sperando che almeno quello funzionasse, << Non hai detto che era da tanto che non passavamo una delle nostre serate?>>
Robert annuì e staccò lo sguardo dallo schermo per puntarlo in quello della moglie.
Lo vide palesemente combattuto, faceva saltare lo sguardo dal cellulare a lei.
Stava tentennando e Maryse era pur sempre uno squalo d'avvocato, il tentennamento era tutto ciò che gli serviva.
<< Posso andare a fare i popcorn, prendere tutti i dolci che abbiamo e poi cominciare la maratona che continuerà per tutta la notte. I ragazzi non torneranno qui tanto presto, scommetto che Alec si riporterà Max a casa o che andrà da Izzy. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo...>> fece con voce melliflua.

Forza, forza, cedi!

Robert sospirò e Maryse seppe che mancava davvero poco per convincerlo.
Poi il telefono suonò ancora e l'uomo fissò accigliato il proprio cellulare, premendo sullo schermo e facendo partire un vocale.

 

<< SI STANNO BACIANDO PA'! SI STANNO BACIANDO! IO LO SAPEVO!>> urlava la voce palesemente alterata dall'alcol di Isabelle, in sottofondo potevano sentire schiamazzi, musica e cori da stadio, tra cui spiccavano le voci di Simon e Jace e quella acuta di Clary.
<< ODDIO PA' NON POSSO CREDERCI! AVEVI RAGGIONE TU! DIO AVEVI RAGGIONE COME SEMPRE! SI STANNO BACIANDO- >> e poi la voce di Jace << E CHE CAZZO DI BACIO PA'!>> il vocale finì con una serie di fischi spacca-timpani, amplificati dal fono del telefono che rese tutto più assordante.
Maryse fissò allibita il cellulare, la schermata gli mostrava una chat di gruppo su WhatsApp chiamata “Gossip Lightwood” e di cui evidentemente Robert era l'amministratore e anche il capo visto che il suo nickname era stato rinominato “GossipBoss”.
Scosse sconsolata la testa, non aveva la più pallida idea di chi stesse parlando Izzy in quel vocale e a dirla tutta – si ritrovò a pensare sorridendo- non voleva neanche saperlo.

 

<< Si, penso che Carrie possa avere tutta la nostra attenzione questa sera. Che ne dici, rivediamo come vanno le cose nella vecchia mela?>> le chiese Robert silenziando il telefono e lanciandolo su una poltrona senza troppo riguardo.
Maryse alzò lo sguardo verso di lui e sorrise.
<< La nostra piccola passione segreta.>> disse con voce leggera.
Robert annuì stringendola e accese il televisore, già programmato sul primo episodio della serie.
<< Ogni coppia deve averne una, non credi? La nostra è solo un po' diversa da quella delle altre.>> disse semplicemente lui.
Maryse si sistemò meglio, piegando le gambe e allargando il plaid che li copriva.
<< Cos'era che diceva Carrie che ti piaceva tanto?>> gli chiese divertita.
Robert si voltò a guardarla e le sorrise come aveva fatto più di trent'anni prima, con la stessa luce nello sguardo che aveva quando era con Michael, quando spettegolavano come due comari o quando le mostrava qualcosa di cui andava fiero. Lo stesso sguardo che aveva quando incontrava il suo a lezione o per i corridoi, quando la vedeva in giro. Come l'aveva guardata su quell'altare e come aveva guardato i loro figli e li guardava tutt'ora.
Come guardava lei ancora, dopo tutto quel tempo.
<< “La gente entra nella tua vita e poi ne esce, ma è confortante sapere che coloro che ami rimangono per sempre impressi nel tuo cuore.”>> le sussurrò con fare dolce.
Si sporse per dargli un baco a fior di labbra. << Molto romantico Signor Lightwood.>> lo prese bonariamente in giro.
Lui ricambiò. << Grazie Signora Lightwood, mia moglie apprezza sempre.>>
Risero a quello stupido scambio di battute e poi la voce di Carrie Bradshaw irruppe dalla televisione.
Per quel giorno, quella notte al dire il vero, Maryse poteva dimenticarsi di tutto e non pensare a niente.

 

 

 

 

 

 

 

Un telefono vibrò e ci mise un poco a capire che era il suo.
Lo prese controvoglia e sbloccò la schermata, facendo partire accidentalmente la chiamata in arrivo.

<< MAAAAA! PAPA' NON RISPONDE AL TELEFONO! DIO SANTO! COME SI DIVIDE UNA COZZA DA UNO SCOGLIO? VOGLIO LE NUOVE ARMANI USCITE QUESTO MESE! AH! JACE MOLLA IL MIO TELEFONO- MAMMA!? SONO JACE, NON PUOI CAPIRE! ALEC STA- no, okay, forse non lo vuoi sapere. No, non lo vuoi decisamente sapere. Perché io e Iz abbiamo la cattiva nomina in famiglia e poi Alec è capace di fare queste cose? No, Izzy, ci sto parlando io, ti attacchi.- MAMMA! SONO DI NUOVO IO! -NON URLARE CAZZO!- IO NON URLO MA TU MOLLA IL MIO TELEFONO!- Mamma? Sono Max, si, ascolta lascia perdere, non li stare a sentire. Dicono un botto di cavolate, hanno bevuto...un bel po', Magnus li ha sfidati ad una gara a chi beveva di più e quei due deficienti non si sono resi conto che lui non stava bevendo perché non può...okay, forse Iz e Jaz avevano già bevuto prima. Comunque c'è Alec che guarda male tutti quelli che pensano anche solo di fare qualcosa di pericoloso...non di stupido, se vogliono fare qualcosa di stupido gli dice solo di aspettare perché così li riprende o gli fa le foto, ma è Natale anche per lui no? Comunque non preoccuparti, qui tutto apposto, ci siamo io, Alec e Magnus che siamo sobri...okay, io non proprio ma senti che sono ancora coordinato. Va beh, passate una buona serata, Alec sta requisendo i telefoni a tutti e- Max, piccolo pulcino, con chi stai parlando? No perché quella che sento in sottofondo è Miranda, ne sono più che sicuro. Chi si sta vedendo Sex and the City?- Non so di cosa tu stia parlando Mags… -Magnus, smettila di importunare Max. Jace, scendi dal tavolo, Iz se cadi da lì e ti fai male stai certa che prima riderò e poi ti darò il resto. Simon se ti mangi un altra caramella giuro che ti ficco un dito in gola e ti faccio vomitare a forza. Santiago solo perché non ti conosco da così tanto tempo non vuol dire che non lo farò anche con te. Clary, posa quel bicchiere, hai già bevuto troppo, no ti ho detto di posarlo... e Catarina? Potresti riprendere la vostra amica? Non voglio nessuno sul balcone, anzi, chiudi proprio le finestre. E Max, di a mamma e papà di passare un buon natale e lasciali in pace. A ME I TELEFONI, FORZA, NESSUNO CHIAMERA' ANCORA LA POLIZIA PER FARE GLI AUGURI IN CENTRALE. SI SIMON PARLO DI TE.>>

La chiamata si interruppe di colpo, sulle note della soave ed imperiosa voce amabilmente sobria di Alexander che come sempre faceva la sua parte da angelo custode. O forse era meglio dire baby sitter.
Maryse e Robert si scambiarono un lungo sguardo scioccato. L'uomo fece per aprire bocca ma lei alzò una mano e chiuse gli occhi, voltandosi come se volesse evitare qualcosa.
<< No! Non-una-parola. Non voglio sapere niente.>>

 

 






 

 


 

 

Questa è la terza OS legata alla serie "Una pista che scotta" e che probabilmente, più delle altre, necessita della sua lettura per essere compresa la meglio.
Qui ci sono, a grandi linee, l'origine del grande triunvirato Lightwood, del possibile esaurimento nervoso di Maryse e tante piccole “spiegazioni” di eventi citati nella storia principale.
Tutti gli eventi sono ovviamente dal punto di vista di Maryse, una spettatrice con un posto d'onore sulla vita dei ragazzi e anche di suo marito. E ora non venitemi a dire che un Robert veggente non vi piacerebbe, perché io gongolerei come pochi.
In ogni caso, questa è la famiglia Lightwood, nel bene, nel male e nel gossip.
La prossima verterà su tutt'altro, su camere d'ospedale, lacrime, pianti disperati e mani bianche come quelle dei fantasmi. Dopotutto, anche i più forti piangono.

 

   
 
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