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Autore: Anya_tara    14/01/2018    0 recensioni
Uno spaccato - come sempre, esperimento- della vita di Shura di Capricorn, attraverso alcuni dei compleanni più importanti. Istantanee più o meno felici, pietre su una strada in ascesa, impervia e solitaria come per ogni capricorno che si rispetti.
Buon compleanno, Shura
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Leo Aiolia, Nuovo Personaggio, Pisces Aphrodite
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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<< ¡Es un chico! >>. L’anziana Pilar ha aiutato centinaia, forse migliaia di bambini a venire alla luce. E ogni volta ch’è nata una creatura viva, sana, perfetta anche se minuscola non ha saputo trattenere la gioia.
Ma questa volta è diverso. Con la saggezza che gli dei a volte accordano a coloro che hanno ormai raggiunto la soglia della vecchiaia, ha intuito immediatamente che questo bambino non è come tutti gli altri che ha tirato fuori dal ventre della madre.
E’ speciale. Appena l’ha toccato, afferrando con cautela la testolina per estrarlo, ha avvertito un potere straordinario in quel piccolo grumo impastato di sangue.
Esto niño es un milagro, pensa, recidendo il cordone ombelicale. Mentre lo ripulisce lo soppesa, ammirando i folti capelli neri, le manine dalle dita delicatissime, con le piccole unghie già formate. Sorride, il suo volto rugoso incorniciato di capelli argentei: appena sotto le labbruzze aperte in uno strillo vivido, assordante, s’intravede una piccola fossetta, il segno di cui si narra sia opera del dito di un angelo.
Ma la giovane madre non pare ansiosa di vederlo, di stringerlo tra le braccia, quel fagottino urlante.
<< ¿Niña, que es? >>. Sembra quasi infastidita. Ora che ha smesso di lamentarsi, di fare tutto ciò che poteva per espellerlo da sé, dal suo corpo, paradossalmente invece che iniziare ad occuparsi di lui, sembra che voglia dire che ha finito, che ha chiuso. << ¿Mira tu chico, eh? >>.
Uno sbuffo, di rabbia mal rattenuta. E il tono di Pilar si fa duro.
<< Niña, Tienes tu hijo. Es male, esto >>.
La ragazza si volta, guarda in faccia la levatrice. In quegli occhi neri, imperscrutabili arde un gelo ineffabile; Pilar rabbrividisce, tanto sono vacui.
Lei sa perché. Ha visto quella ragazza arrivare nel villaggio, da sola, sette mesi prima; l’ha vista nascondersi dal mondo, dagli altri, e provando a celare la pancia sempre più gonfia sotto i vestiti. Non conosce la sua storia; ma immagina che le sia accaduto qualcosa di brutto. E’ stata la figlia del droghiere a mandarla a chiamare: era andata a portarle la spesa, dacché lei non poteva uscire. Quando è arrivata l’ha trovata in preda alle doglie, in una pozza di sangue e acqua.
Sa come si chiama solo perché gliel’ha detto Flora. Lei non ha detto una parola; oltre i gemiti, le urla del parto non ha emesso altro suono. Dubiterebbe persino che parli spagnolo, se non gliel’avesse assicurato la giovane che l’ha soccorsa.  
Qualsiasi cosa sia avvenuta, tuttavia, il bimbo è innocente. Non ha chiesto di nascere, ma adesso è qui, e ha bisogno di sua madre.
Senza dire altro, porta il bambino alla bacinella per lavarlo. Lo asciuga, e lo fascia con una coperta pulita che ha chiesto a Flora di trovare nel cassettone. Cerca di avere pazienza: è bambina anche lei, ancora. Non avrà più di diciassette anni. E’ esausta, forse anche traumatizzata. E sola.
<< ¿Donde es el padre? >>, chiede piano, temendo di nuocere alla causa di quella creatura appena nata.
<< Es muerto >>. Così dicendo si gira goffamente su un fianco, voltandole le spalle.
<< Lo siento. Pero, hija … tu niño es vivo. Non puede hacer asi >>. Glielo avvicina, è impossibile che il suo cuore, le sue viscere di madre non si commuovano, davanti al suo bambino. << Miralo. Él es hermoso como un ángel >>. Un lieve sospiro abbandona le labbra asciutte di Ana. Forse è riuscita a far breccia nell’anima di quella povera ragazza. << ¿Como quieres llamarlo? >>, le chiede in tono dolce, affabile.
Ana sospira ancora. Si allunga piano, lasciando tra le braccia prima chiuse il posto per quell’esserino fragile e indifeso. Pilar glielo posa accanto con delicatezza, liberandolo dalle sue mani solo quando si accerta che la ragazza è in grado di tenerlo.
Quelle iridi nere come l’ossidiana si rischiarano per un istante. Stira persino un lieve sorriso, scosta un ciuffo di capelli corvini dalla fronte del neonato. Sfiora con la punta dell’indice la fossetta sul mento.
Forse immagina, forse ricorda. Forse sta ritrovando nel bimbo ciò che ha perduto del padre. E questo glielo rende meno estraneo, meno nemico.
<< Gabriel >>, dice infine.
Pilar annuisce, il sorriso si fa visibile sulla sua bocca raggrinzita agli angoli.
<< Bueno. Llamo a Padre Carlos para el bautismo >>. 
   
 
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