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Autore: Ronnie the Fox    15/01/2018    1 recensioni
Nel mondo perfetto voluto dal Sybil, la felicità è appannaggio di pochi e Choe più di chiunque altro, ne è dolorosamente consapevole.
[ChoeMaki]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Choe Gu-Sung, Shogo Makishima
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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"La felicità non è fare tutto ciò che si vuole, ma volere tutto ciò che si fa"
-Nietzsche


Choe Gu-Sung è seduto sul materasso, con la schiena appoggiata alla testata del letto in maniera non propriamente comoda, le gambe incrociate e il suo fidato computer portatile appoggiato su di esse. La luce artificiale proveniente dal monitor si riflette nei suoi occhi altrettanto artificiali.
E' stato uno sforzo indicibile quello che ha dovuto compiere nelle ultime settimane per reprimere l'agitazione e impedirsi di compiere anche un singolo passo falso che, per quanto piccolo, avrebbe potuto rivelarsi fatale. Non che abbia mai avuto difficoltà a celare i propri pensieri o le proprie intenzioni dietro un sorriso serafico e un tono di voce amichevole, ma l'inesorabile avvicinarsi di quella che fino a poco tempo prima aveva considerato nulla più che un'utopia è troppo anche per lui. Il brivido dell'anticipazione lo segue ovunque vada e diventa a stento sopportabile ogni volta che il suo sguardo si posa su un drone di sorveglianza o su uno scanner, ricordandogli che tra poco sarà tutto finito.  Niente più Pubblica Sicurezza, niente più coefficiente di criminalità, il Sybil System sarà soltanto un brutto ricordo nella mente dei sopravvissuti. 

"Il Sybil System, grazie all'uso tecnologie all'avanguardia, è stato grado di elaborare un sistema che tiene conto della propensione e delle aspirazioni personali di ciascuno dei suoi cittadini tale da permettere a chiunque di vivere una vita privata serena, ottenere una posizione lavorativa soddisfacente e, cosa più importante, raggiungere la felicità."

Una smorfia sarcastica prende possesso del suo volto nel rievocare lo slogan che così spesso ha sentito trasmettere a tutto volume dagli altoparlanti sparsi ovunque per la città. Incredibile quanta gente sia disposta ad affidarsi anima e corpo all'oracolo elettronico in cambio di una promessa che forse non sarà mai mantenuta. Molti di loro ottengono quella che della felicità è una pallida imitazione, una copia artificiale come, del resto, la realtà nella quale hanno accettato di vivere. Nel mondo perfetto voluto dal Sybil, la felicità è appannaggio di pochi e Choe, più di chiunque altro, ne è dolorosamente consapevole.

Mentre le sue dita si muovono rapide sulla tastiera, ripetendo gli stessi gesti che hanno ormai imparato ad eseguire quasi autonomamente, nel tentativo di distrarsi dai cupi pensieri che hanno cominciato ad impadronirsi di lui comincia a interrogarsi su che cosa possa mai essere, dopotutto, la felicità. 
La conclusione a cui giunge quasi immediatamente è che di certo non può esistere una risposta univoca; se a un centinaio di persone venisse chiesto di dare una definizione di tale parola, la probabilità che anche soltanto due di loro dessero la stessa risposta sarebbe minima. A quel punto stabilisce che avrebbe molto più senso domandarsi a che cosa corrisponda /per lui/ il concetto di felicità, impresa che si rivela presto essere ben più ardua di quanto avesse immaginato. 
Sempre in fuga, da un paese devastato dalla guerra prima e da una società straniera che lo ha marchiato come "criminale latente" poi, Choe non può dire di aver avuto esperienza di molte sensazioni positive. A dire il vero, per gran parte della sua vita è stato più in confidenza con la rabbia e con la paura. Soprattutto la paura, che talvolta torna ancora a fargli visita sotto forma di quel terrore cieco che gli opprime lo stomaco e gli blocca il respiro in gola ogni volta che si sveglia di soprassalto, nel mezzo della notte, e intorno a sè vede soltanto l'oscurità. Ha sempre bisogno di qualche minuto per riuscire a calmarsi e a ricordare che per tornare a vedere gli basta accendere la luce, adesso.

Forse la felicità è quella che ha provato nel momento in cui i suoi occhi hanno messo a fuoco le forme e i colori per la prima volta, dopo un'eternità vissuta nel buio. La sensazione che lo aveva travolto allora era stata talmente intensa da portarlo sul punto di mettersi a piangere. E si era ripresentata con la stessa forza nell'istante in cui aveva potuto finalmente guardare Makishima dritto in faccia e dare un volto al suono di quella voce che aveva già imparato ad associare ad un piacevole senso di calore che non tardava mai a diffonderglisi nel petto.
Adesso il ricordo ha un retrogusto dolceamaro. A quel tempo non sapeva ancora che l'avanzata tecnologia della sua nuova patria gli aveva restituito la vista ma al contempo gli aveva sottratto la libertà. Era stato felice, sì, ma per un periodo troppo breve perchè ora possa ricordarlo con autentica nostalgia. 

Magari la sua felicità è fatta di cose più semplici e ordinarie (poeti e scrittori di ogni epoca non hanno forse speso tante parole per elogiare la bellezza delle piccole cose?), come la soddisfazione di vedere un programma perfettamente funzionante prendere vita dai codici che ha appena digitato sulla tastiera del computer, o come il sapore dei takoyaki acquistato alla bancarella appena fuori dal suo appartamento, da quella signora anziana che gli sorride sempre e lo chiama "figliolo" soltanto perchè non può leggere la tonalità del suo psycho-pass.

O ancora, forse è qualcosa di più profondo e viscerale. Se così fosse, allora la sua felicità è senza dubbio Makishima che gli sussurra citazioni letterarie all'orecchio come in una sorta di bizzarro rituale di seduzione, mentre le sue mani vagano sul suo corpo lasciandogli pregustare quanto più dolce sarà il loro tocco una volta che non ci saranno più strati su strati di indumenti a ostacolarlo. E' il modo in cui lo guarda di sottecchi, fingendosi immerso nella lettura di uno dei suoi romanzi preferiti, e sebbene Choe si accorga sempre di essere osservato, si costringe a tenere gli occhi bassi sullo schermo del computer o a rivolgere lo sguardo da un'altra parte, facendo del proprio meglio per dissimulare il brivido che gli corre appena sotto la pelle. Anche se finisce sempre per essere lui quello che fa la prima mossa.
Ricorda come una volta, con le labbra dannatamente vicine ma allo stesso tempo troppo lontane dal suo collo, Makishima si sia preso gioco della sua impazienza citando un drammaturgo tedesco di cui Choe ha già dimenticato il nome.
"L'attesa del piacere non è forse essa stessa il piacere?"
La felicita sono forse anche un po' le mattine in cui entrambi vengono svegliati dai loro incubi quando è ancora troppo presto per alzarsi, e allora Makishima gli lascia appoggiare la testa sulla sua spalla, gli passa lentamente le dita tra i capelli, e comincia a parlargli di libero arbitrio e di che cosa significa veramente essere umani e del mondo che nascerà dalle ceneri del Sybil System una volta che la loro missione sarà compiuta. E, già che c'è, può aggiungere che se anche quello che prova quando sente Makishima scandire il suo nome con una cadenza particolare non fosse propriamente la felicità, quantomeno ci si avvicinerebbe molto.

Da quando sono diventato uno schifoso romantico? si domanda scuotendo la testa e sorride divertito alla propria immagine riflessa sullo schermo del computer. 
Retorica o meno che sia la domanda che si è appena posto, non ha tempo di pensare a una soluzione al suo dilemma perchè, quasi come se fosse stata evocata dalle sue riflessioni, la voce di Makishima lo raggiunge dalla stanza adiacente. 
"Choe?" lo sente chiamare. "E' tutto pronto? E' quasi ora di andare."

"Sì, arrivo." risponde automaticamente, lasciando scorrere per un'ultima volta lo sguardo sulle stringhe di codici che ha appena finito di revisionare prima di chiudere il portatile e scendere dal letto. Mentre infila il computer nello zaino e se lo carica in spalla, non può fare a meno di meravigliarsi della calma che ha udito nella voce di Makishima, come se il motivo per cui stanno per uscire di casa fosse fare una passeggiata per i quartieri di Tokyo e non segnare l'inizio di una nuova era. Sembra assurdo che sia lui il primo a desiderare l'avvento di un mondo ordinario, in cui tutto tornerà ad essere fatto in modo normale, quando di lui si potrebbe dire tutto tranne che sia una persona, appunto, "normale". 

Choe è già sulla porta quando, con la coda dell'occhio, nota il libro che già da qualche giorno giace dimenticato sul comodino accanto al letto. Un libro vero, di carta e inchiostro, non l'impersonale rettangolo di plastica di un e-book, sulla cui copertina campeggia l'illustrazione in primo piano di una pecora insieme al titolo e al nome dell'autore, un certo Philip K. Dick. Si sente quasi in colpa per non aver ancora cominciato a leggerlo, anche se la sua scelta di procrastinare in favore della mole di lavoro di cui si è sobbarcato per ultimare preparativi per quella notte è pienamente giustificata.
Poco male, si dice, sarà la prima lettura che si concederà una volta che lui e Makishima saranno tornati a casa vittoriosi.
Non sa ancora che non riuscirà mai a leggerne nemmeno le prime pagine, nè quelle di qualsiasi altro libro. E' per questo che si può permettere di sorridere ancora una volta tra sè e sè, mentre si chiude la porta alle spalle.





Note dell'autrice: Hello, there!
Eccomi qui con il mio debutto nella sezione di Psycho-Pass! Che dire, ho finito di vedere la prima stagione dell'anime circa una settimana fa e la voglia di mettermi a scrivere qualcosa su una delle coppie che mi hanno ridotto il cuore in piccolissimi pezzettini è stata troppo forte. Ha perfino superato quella di studiare per gli esami anche se, francamente, non penso ci volesse molto.
In ogni caso, grazie a tutti quelli che si sono fermati a leggere questa one-shot e un doppio grazie in anticipo a chiunque avrà voglia di spendere due parole con una recensione. 
Solo il tempo e l'ispirazione sapranno dire se tornerò o meno a scrivere qualcosa per questo fandom (e su 'sti due bastardi a cui, nonostante tutto, voglio troppo bene). Fino ad allora, vi saluto! Alla prossima ~

-Ronnie
  
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