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Autore: lady lina 77    15/01/2018    0 recensioni
E se nella scorsa fanfiction mi riagganciavo al finale della S2, ora mi aggancio a quello della S3. Tutto comincia in quella spiaggia dove Demelza, col cuore a pezzi, si concede a Hugh Armitage. E dopo? Se non fosse tornata a casa, cosa sarebbe successo?
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Ross Poldark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eleanor ci aveva messo più di due settimane per riprendersi completamente dal morbillo e Ross aveva aspettato che guarisse completamente per prendere un nuovo appuntamento da Pascoe per la cessione dei terreni.

Si era fatto marzo, nel frattempo, e le giornate si erano impercettibilmente allungate e riscaldate, con un pallido sole che ogni tanto faceva capolino fra una pioggia e l'altra. Si annunciava una primavera piovosa, ma il giorno scelto per l'atto notarile era sereno e con un cielo di un azzurro intenso.

Avevano deciso di trovarsi a Truro, di portarsi dietro tutti e tre i bimbi e di passare poi la giornata nel parco a fare un pic-nic con loro.

Demelza era serena e si sentiva leggera quel giorno, mentre si incamminava verso Truro con la piccola Eleanor che le saltellava a fianco.

La bimba sembrava cresciuta di colpo dopo la febbre, ed era tornata vivace e chiacchierona come sempre. Diventava ogni giorno sempre più bella, i capelli biondi le rilucevano sotto i raggi del sole e a giorni avrebbe compiuto due anni. Sembrava più grande e sveglia della sua età, era socievole, divertente e buffa e anche il rapporto con Ross, dopo la notte passata assieme, era cambiato. Non ne aveva più timore ma anzi, spesso, gli chiedeva di lui nei giorni in cui non lo vedeva.

Era inseparabile dal tricorno che lui le aveva regalato e anche quel giorno aveva voluto portarselo dietro. Era grande per lei, gli cadeva continuamente sul viso coprendole gli occhi ma, ostinatamente, non aveva voluto levarselo. Le aveva proposto un cappellino di lana fatto da lei, ma la piccola aveva detto un sonoro no! E si era dovuta arrendere...

Appena arrivate a Truro, Demelza vide suo marito e i bambini che la aspettavano davanti alla locanda concordata per l'appuntamento. Clowance e Jeremy le corsero incontro mentre Eleanor, con la manina, salutò Ross.

Suo marito le si avvicinò, sorridendole. "Bene, oggi nessun bambino malato! La giornata volge al meglio!".

Rispose al suo sorriso. "Beh, entro sera sarai più povero e con meno terra".

"In fondo non ci serve, non è grave" – rispose lui, strizzando l'occhio ai figli.

Eleanor gli tirò la redingote, per attirare la sua attenzione. "Ross".

"Dimmi".

La piccola gli prese la mano, stringendola nella sua. "Vojo tare con te".

"Vuoi che ti tenga per mano?".

"Sì".

Demelza scosse la testa. Non era gelosia la sua, ma non voleva che Eleanor si legasse troppo a Ross e divenisse per lui un obbligo. "No Ellie, vieni, dalla a me la mano".

"No" – protestò la bimba.

Ross sospirò, forse capendo il perché della sua riluttanza. "Non c'è problema, so come si tiene una bambina per mano. E i nostri figli non vogliono più darmela, dicono di essere grandi per queste cose".

Jeremy annuì. "Certo, ho sette anni!".

"E io quattro" – aggiunse Clowance. "Ellie invece ne ha uno".

"Due!" - la corresse la piccola.

Ross si accigliò, guardando Demelza. "Da quando ne ha due?".

"Li compirà il ventuno di questo mese, il primo giorno di primavera".

Ross osservò la bimba che teneva per mano. "Perché non me l'hai detto?".

Demelza alzò le spalle. "Avrei dovuto?".

Lui parve pensarci sopra un attimo, al significato di quella domanda. Poi, sospirando, strinse la manina di Ellie. "Beh, uno o due non fa differenza, sono comunque pochi. Tienimi la mano e andiamo da Pascoe. E voi due" – disse, rivolto ai figli – "State vicini alla mamma".

Ellie, felice, saltellò al suo fianco. Ross la spinse vicino a lui, osservando quanto fosse tornata ad essere allegra e vivace, dopo il morbillo. "Sei guarita, è?".

"No!" - ribatté la bimba, seria.

"Come no?".

Ellie gli lasciò la mano e, prima che lui e Demelza potessero fermarla, si tirò su il vestitino, scoprendosi la pancia. In mezzo alla strada e a tanta gente che li guardava attonita. "Guadda!" - ordinò a Ross, mostrandogli un puntino rosso che resisteva accanto al suo ombelico.

Ross arrossì fino alla punta dei capelli. "Nooo! Eleanor, non si fa! Non ci si alza il vestitino in mezzo alla strada, facendosi vedere mezza nuda da tutti".

"Pecché?".

"Perché no! Le bambine brave ed educate non lo fanno!". Cercò con lo sguardo Demelza per farsi aiutare in quella missione educativa, ma sua moglie e gli altri due bambini se la ridevano della grossa. Santo cielo, possibile che fosse l'unico ad avere senno in quella famiglia? "Demelza?" - sbottò – "Dille qualcosa!".

Sua moglie, ridacchiando, strinse a se i figli. "Che dovrei dirle, scusa?".

Ross la guardò storto. "Santo cielo, sto cercando di preservare la rispettabilità di tua figlia. Devi insegnarle che queste cose non si fanno".

Demelza osservò Ellie che, attonita, non ci stava capendo niente. "Ross, non ha ancora due anni e dubito che conosca il concetto di pudore. Non lo fa con malizia, è una bambina".

Ross sbuffò. "Lo so che non lo fa con malizia. Ma...". Guardò la piccola, riprendendola per mano e sistemandole il vestitino. "Ellie, non dar retta a tua madre! E non farlo più".

"Pecché? Io volevo fatti vedere il puntino".

Lui scosse la testa, esasperato. "Me lo farai vedere a casa".

"Sì".

"Solo a me, mamma, Clowance e Jeremy. Capito?".

"E Dwight?" - chiese la bimba.

Ross alzò gli occhi al cielo. "Sì, a lui sì! E ora andiamo da Pascoe o penserà che lo abbiamo nuovamente bidonato. Ricordate, cosa dovete fare?" - chiese ai figli.

Clowance, tutta seria, si mise le mani sui fianchi. "Sì, zitti, seduti, in silenzio e senza toccare niente".

Demelza sentì di aver voglia di ridere nuovamente. "Sembrano ordini da militare".

"Ero un militare!" - la corresse Ross.

Lo guardò, era talmente serio da apparirle quasi buffo. "Agli ordini, capitano" – gli disse, quasi provocandolo. Se ne accorse solo in quel momento, che stava pericolosamente flirtando con lui.

Forse se ne accorse pure Ross, perché per un breve istante la guardò intensamente. Poi, richiamato dal chiasso della piccola del gruppo, si chinò e la prese in braccio. "Ti tengo io, almeno non combinerai guai".

Era strano, era da tanto che non uscivano tutti insieme e Demelza si sentiva leggera. Non stavano facendo nulla di strano, una normale passeggiata di famiglia, ma per loro che il concetto di normalità l'avevano perso da tanto, essere insieme, ridere insieme e stare bene insieme, aveva dello straordinario.

Quando andarono da Pascoe, i bimbi furono bravissimi. Si sedettero su una grossa poltrona e passarono il tempo sfogliando un libro mentre Demelza e Ross si intrattenevano col notaio.

Demelza si sentiva strana. Stavano facendo una cosa di 'coppia', un qualcosa come marito e moglie ed era una sensazione che risvegliava in lei nostalgia, tenerezza e tristezza.

Pascoe aveva osservato i bimbi col suo solito fare bonario, senza fare domande imbarazzanti, dimostrandosi come sempre un buon amico e una persona intelligente e cordiale. A Demelza ricordava Henshawe ed era felice che Ross lo avesse come amico. E sperava che pure con Dwight, prima o poi, le cose si risolvessero.

Firmarono l'atto e poi, liberi da ogni impegno, uscirono coi bambini, diretti al bosco vicino a Truro.

Demelza osservò i negozi, quei negozi dove spesso si era recata con Ross in passato, fin dai tempi in cui era la sua sguattera.

Era un salto nel tempo, quella passeggiata... Solo la piccola Eleanor, che dopo essere usciti dal notaio era voluta venirle in braccio, le ricordava che tutto era cambiato.

Clowance e Jeremy, avanti a loro di alcuni passi, giocherellavano e chiacchieravano per strada mentre Ross pareva tranquillo, rilassato e a proprio agio.

"Ora che succede, coi terreni?" - gli chiese, incuriosita da cosa potesse avvenire dopo le loro firme.

"In realtà, niente. Son già dei miei minatori che ci vivono, semplicemente abbiamo legittimato la cessione e l'abbiamo resa ufficiale".

Demelza fece per rispondere quando si bloccò, diventando di ghiaccio. Da una merceria, vestita con abiti eleganti, raffinati e alla moda, uscì la figura eterea e perfetta di Elizabeth Warleggan. Non era sola, c'erano George e il figlio con lei.

Vide Ross irrigidirsi e lei fece altrettanto. Non la vedeva da anni e non aveva mai incontrato il piccolo Valentine...

Quel bimbo coi suoi boccoli neri e l'espressione famigliare, risvegliò in lei tutte le sue paure più profonde. Si trovò a tremare, impercettibilmente, mentre la dolcezza di quella giornata si trasformava in fiele.

Eccola, la donna amata da Ross... Per alcuni brevi istanti, in quel giorno, si era come dimenticata della sua esistenza fra loro, da sempre...

E si sentì di troppo, come se fosse stata un'estranea in quella situazione. In quel momento pensò di avere un qualcosa in comune con George, erano entrambi degli intrusi in quell'amore forte e segreto.

"Demelza" – la chiamò Ross, notando che era impallidita.

Lei si morse il labbro, non sapendo che rispondere. E in quel momento le mancò il fiato quando vide George Warleggan venire verso di loro, trascinandosi dietro il bambino e una riluttante Elizabeth, evidentemente in imbarazzo quando lei.

"Ross Poldark, vi si vede anche quì! Piccolo il mondo" – disse George, col solito modo di fare altezzoso e provocatorio.

Ross rispose a tono, sprezzante. "Purtroppo per me, sì".

George incassò senza ribattere, annuendo infastidito. Poi si rivolse a Demelza, con un sorriso falso sul viso. "Signora Poldark, erano anni che non vi si vedeva in giro. Si sussurrava che foste fuggita all'estero con un minatore. O con qualche ipotetico amante...". Osservò la piccola Ellie che, di sbieco, guardava in cagnesco i nuovi arrivati. "Bella bambina! Incredibile come voi donne del popolo rimaniate incinta con tanta facilità. Ma dopo tutto, accanto a uomini senza morale come quelli che lavorano o gestiscono le miniere...".

Demelza fece per rispondere a tono, odiava George e odiava il suo modo di fare. Ma suo marito le sfiorò il polso, bloccandola. E forse era meglio così, forse era meglio stare zitta, finire in fretta e andarsene lontano da tutto quello e dallo sguardo indagatore e insistente di Elizabeth su di lei.

Ross guardò George negli occhi, viso a viso. "La facilità con cui le donne del popolo rimangono incinta da uomini che appartengono al mondo delle miniere è proporzionale alla difficoltà con cui invece le donne aristocratiche devono convivere per avere figli da uomini ricchi".

Demelza trattenne il fiato, Elizabeth divenne rosso fuoco e George assunse un'espressione furente e il suo viso parve sul punto di esplodere dalla rabbia, a quelle parole.

Demelza guardò Ross, a bocca aperta, chiedendosi a cosa si riferisse con quella frase. Stava cercando di difendere lei ed Ellie? O stava irritando volutamente George, facendogli intendere che forse quel bimbo che era con lui non era un prodotto del suo mondo dorato ma di un uomo che arrivava dal mondo delle miniere?

Ross stava giocando sull'ambiguità e questo la feriva. Sospirò, allontanandosi da lui, da loro, da tutta quella conversazione surreale. Chiamò a se Jeremy e Clowance e coi bambini, a passo spedito e mentre gli occhi le bruciavano, si avviò verso il bosco. Forse Ross la chiamò per fermarla, ma ignorò la cosa e proseguì.

Non si voltò a vedere come fosse finita fra Ross e i Warleggan, non le interessava. Era solo irritata verso se stessa per quel dolore che sentiva dentro... Vedere Elizabeth aveva riaperto mille ferite e le aveva ricordato perché se ne fosse andata da Nampara e perché non doveva farsi illusioni. Ross apparteneva ad Elizabeth. Lei era bella, elegante e la madre di uno dei suoi figli... Come poteva competere? Con tanta bellezza, perfezione e classe, non aveva mai avuto mezza chances dall'inizio.

"Mamma, cosa c'è?" - gli chiese Jeremy, preoccupato, appena furono nel primo spiazzo del bosco. "E papà?".

"Papà arriva subito, siamo andati solo avanti per vedere dove pranzare" – gli rispose, frettolosa. Voleva rimanere sola un attimo, riprendere fiato e possesso di se stessa e delle sue emozioni, non poteva permettere che i bimbi la vedessero in quello stato. Mise a terra Ellie che la guardava preoccupata, affidandola ai due figli più grandi. "Su, andate a perlustrare e poi venite qui a dirmi dove volete mangiare".

"Dove vogliamo?" - chiese Clowance.

"Certo amore, dove più vi piacerà. La in fondo c'è un ruscello, andate a vedere se vi piace e se c'è posto per un pic-nic".

I bimbi annuirono, anche se poco convinti. Si erano accorti che qualcosa non andava e doveva tornare quanto prima a sorridere e a essere serena per loro.

Quando si furono allontanati, si appoggiò al tronco di un albero, cercando in quella pace una sua pace. Si rimproverò di star tanto male, aveva giurato a se stessa che Ross ed Elizabeth non sarebbero stati più un suo problema ed invece... Ed invece era una povera stupida che in fondo, dentro di se, ci sperava ancora! Eppure la verità era davanti ai suoi occhi, nella bellezza di Elizabeth, nei capelli neri del piccolo Valentine e nell'atteggiamento di Ross per cui tutto passava in secondo piano, quando il suo primo amore era accanto a lui.

Pensava che suo marito si fosse attardato con i Warleggan, ma improvvisamente, col fiatone, se lo trovò a fianco, che la guardava con nervosismo. "Che diavolo ti è preso?" - le chiese, adirato.

Rimase di stucco, non si era accorta che l'avesse seguita. "Mi sentivo di troppo" – disse, freddamente.

Ross la guardò con aria di rimprovero. "Dove sono i bambini?" - chiese, con voce fredda.

"Al torrente, stanno cercando un posto dove fare il pic-nic".

Lui le prese il polso, attirandola a sé. "Demelza, perché sei scappata così? George è da sempre sgradevole ma non ti sei mai comportata in questo modo".

Lo guardò negli occhi, furente. "Credi sia andata via per George? Avanti Ross, non fare l'ingenuo".

L'uomo sospirò. "Elizabeth? E' per lei, è lei il tuo problema? Ancora?".

Sorrise tristemente, come poteva non capire...? "Elizabeth... Valentine... Ti somiglia tanto, sai? Era vero quello che ho sentito dire in giro, di lui".

"Non ha importanza, non è mio figlio! Porta il cognome Warleggan".

Demelza cercò, inutilmente, di liberarsi dalla stretta. "Il suo cognome non ha importanza, è chiaramente tuo!".

Ross ci pensò un attimo prima di rispondere, poi con modi più gentili, le accarezzò una guancia, cercando di tranquillizzarla. "Senti, ricordi il bel discorsetto che mi hai fatto a Natale su Eleanor e Hugh e sul fatto che generare un figlio non significhi esserne genitore?".

"Sì".

"Beh, se vale per te, perché non dovrebbe valere per me? Io non conosco Valentine, è la seconda volta che lo vedo e non provo niente per lui! NIENTE! Potrai pensare che è orribile ma non posso amare un perfetto sconosciuto. Quando parlavi di Hugh ed Ellie, ho capito che avevi ragione, che lui non poteva essere il padre di quella bimba per gli stessi motivi per cui io non posso essere il padre di Valentine".

Per un attimo, Demelza rimase senza parole. In fondo, come poteva controbattere? Era vero, se Ross non frequentava Valentine, per lui valeva lo stesso discorso di Hugh verso Ellie. Però, Elizabeth... "E quello che hai detto sulla gravidanza? Non era un messaggio nascosto – o forse non molto nascosto – verso Elizabeth, George e la paternità del bambino?".

Ross spalancò gli occhi, mentre sul suo viso comparve un timido senso di colpa. "Non è come pensi, non l'ho detto per questo!".

"E allora perché?".

Suo marito chinò il capo, come alla disperata ricerca delle parole giuste. "Quel mio incontro al cimitero con Elizabeth... Quando poi te ne sei andata... Lo ricordi?".

Demelza sorrise amaramente. "Certo".

"Le chiesi scusa per il mio comportamento e le dissi addio. E' vero, l'ho baciata quella volta ma non erano baci d'amore fra due amanti. So che non mi credi e so che forse non ho nemmeno il diritto di essere creduto, ma era così! Lei era molto giù quel giorno, disse che George dubitava della paternità del bambino e, conoscendo il mostro che ha sposato, immagino quanto ne fosse angosciata. E così le ho consigliato di avere un altro figlio e di fare in modo che il parto sembrasse prematuro come quello di Valentine. Si, insomma, fare un po' di confusione con le date, voi donne sapete come fare, no?".

A quell'ammissione, Demelza spalancò gli occhi. Santo cielo, lo avrebbe ucciso! "Ross, come hai potuto suggerirle una cosa così idiota?".

"E' l'unica strada che ha per uscirne!" - si schernì lui, come a giustificarsi.

Demelza scosse la testa, esasperata. "Santo cielo...".

Lui proseguì nella sua spiegazione. "E visto che son passati tre anni e ancora lei non è incinta, mi è uscita quella battuta. Ma non mi riferivo a Valentine".

Per qualche strano motivo gli credette. Beh si, era forse da Ross dare un suggerimento così cretino e quindi non stava mentendo. Però... "Scusa, non volevo perdere le staffe. Avevo giurato a me stessa di star fuori dalla tua storia con Elizabeth ma vederla...".

Ross sospirò, prendendola per la vita. "Io non ho una storia con Elizabeth, testona!".

"La ami?".

"No. Non nel senso del vero amore. E' un affetto del passato, questo sì. Ma non è amore. Un giorno mi crederai?".

Già, un giorno avrebbe trovato il coraggio di credergli? "Non lo so, ci vuole forza per farlo".

"E tu sei sempre stata la più forte fra noi. Mentre ora tremi...".

Demelza sorrise amaramente, non si era accorta di tremare. "C'è voluto coraggio per andarmene da Nampara quel giorno, e ce ne vorrebbe ancora di più per credere possibile un mio ritorno. Ci abbiamo già provato a ricominciare ma non ha funzionato e io so che non ho più la forza di altre delusioni. Mi ucciderebbe, Ross. E non posso permetterlo".

Lo sguardo di Ross parve disperato. "Perché non dovrebbe funzionare?".

"Perché lei è bella, elegante, raffinata. Il tuo primo amore... E' sempre stata fra noi e io non posso competere con lei. So che mi hai amato, ma so anche che il tuo cuore non mi è mai appartenuto interamente e che era per lo più suo. Come potresti amarmi, dimenticando lei? Soprattutto ora, che c'è Eleanor fra noi...".

Ross la guardò negli occhi con quel suo sguardo penetrante. C'era ardore nel suo sguardo, desiderio, frustrazione e disperazione. Sembrava sentirsi in trappola quanto lei... "C'è un modo, sai, per farti capire che è te che voglio".

Avrebbe voluto chiedergli quale, ma Ross non gliene diede il tempo. Si chinò su di lei, bloccandola fra il suo corpo e la pianta, baciandola sulle labbra con una passione tale che lei non riuscì a reagire. Le loro labbra si ritrovarono come per incanto, come se non fossero passati anni dall'ultima volta in cui si erano toccate. Ross sembrava volerla fondere in se, il suo bacio era passione e disperazione, desiderio e possesso. Quando si staccò, col fiato corto, la guardò negli occhi. "Credi che ti bacerei così, se stessi pensando ad Elizabeth?".

Rimase attonita, rimproverandosi per non averlo respinto. Si sentiva ancora le labbra calde, formicolanti... Solo Ross sapeva farla sentire così... Avrebbe dovuto arrabbiarsi, respingerlo, ma in lei avvertiva lo stesso desiderio che aveva sentito in lui. Dannazione, lo voleva e doveva allontanarlo! Era giusto così, non poteva funzionare! "Non avresti dovuto farlo" – sussurrò.

"Ma non mi hai cacciato" – ribatté lui.

Demelza guardò verso il torrente, dove giocavano i loro figli. "Ci sono anche i bambini, accidenti!".

"Non ci hanno visto!". Le prese la mano, stringendola. "Demelza, un giorno, riuscirai a ritrovare il coraggio di credere in noi?".

"Non lo so, mi spiace. E' tutto troppo diverso, ora...".

Ross abbassò il capo. "E riuscirai a credere almeno che ti amo? E che non amo Elizabeth?".

Suo malgrado, gli sorrise. "Credo che ti darò il beneficio del dubbio".

Lui sospirò. "Sei arrabbiata?".

"Per cosa?".

"Per il bacio".

Demelza ci pensò su. "Vorrei esserlo" – rispose, vaga. In realtà non lo era... E per questo si rimproverava! Avrebbe voluto essere baciata ancora e si chiese per quanto si sarebbero resistiti. Ma coraggiosamente, riacquistando padronanza di se, si tenne quei pensieri per se stessa. "Andiamo dai bimbi?".

"Sì". Ross la seguì e nel suo sguardo, Demelza lesse le stesse domande che si agitavano in quel momento nel suo animo.

Per quanto si sarebbero resistiti, ancora? E a cosa avrebbe portato tutto questo?



  
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