Salve. A tradimento sono ritornata su HSM. Spero comunque che vi piacerà, perché è stata scritta
col cuore. Mi permetto di dedicarla a tutti coloro che
rischiano, in qualsiasi campo…
Ci sono rischi che
non vorremmo mai affrontare, strade che non vorremmo
percorrere, oppure che intraprenderemmo se non fossimo soli. Ma come sappiamo
la vita non si fa con i se e con i ma.
Il nostro timore è quello di venire spazzati via, distrutti da una forza che
riteniamo più grande di noi, incomprensibile probabilmente.
È questa la mia più
grande paura in questo momento, qui sotto questo porticato, in questa sera.
Scuoto la testa, è
assurdo sono proprio io ad aver insistito perché tu mi dessi spiegazioni, mentre
ora non vorrei essere qui. Mi basterebbe qualsiasi altro posto, ma altrove.
Lontano da te, da Troy Bolton. Ma è impossibile, ora
sono qui e devo assumermi la responsabilità delle mie azioni. Perché nessuno mi
ha costretta, nessuno mi ha ordinato di incasinarmi
con te in una cosa più grande di noi. E parlo al plurale, come se un noi fosse
mai esistito…
È esistito? Che
domanda stupida, non ha più senso ormai e prima non avrei avuto il coraggio di
portela.
Ora sono qui per
affrontare questo momento, questo addio o arrivederci
che sia, perché entrambi sapevamo che questo momento sarebbe arrivato; è
l’unico modo per provare ad andare avanti, per superare l’estate…
“Voglio dirti una
cosa prima che tu mi dia le dovute spiegazioni, o chiarimenti, o precisazioni.
Sarei pentita di non aver rischiato, di non aver vissuto… quello che ho vissuto, di non aver sperato che qualcosa potesse cambiare.
Lo so che erano illusioni, non guardarmi così”
E tu prendi a
spiegare fregandotene altamente di tutto quello che sto provando, del tormento
interno che mi provochi…
Dopo
un fievole sorriso “Sai che neanche io sono pentito, ma ora è venuto il momento
di smettere, di dare un taglio netto a questa… cosa. Passerò l’estate con Sharpay
come sai, questa è la fine, e non può essere cambiata”
Come se non lo
sapessi. “Lo so” ti dico, ma fa male, comunque, nonostante mi convinca che non
è vero, che non sento niente, forse questo è vero…
Colpa anche un po’
dell’egoismo che non riesco a reprimere, esattamente come la voglia di te.
Non sai quante
volte mi dia della stupida, ma non serve a niente…
“dai stai su
piccola”
No, non dovevi
farmelo, non quella, qualsiasi altra parola ma non quella, lo sai che quando
sento quella parola vibrare sulle tue labbra muoio. Lo so che lo fai apposta.
Assaporo quel suono prima di accorgermi che una lacrima impertinente solca il
mio profilo, e che un’altra la sta seguendo, ingenua quanto la prima.
So che queste
lacrime non servono a niente.
E mi tuffo, mi tuffo sulle tue labbra, per un’ultima volta, per ricordarne
il sapore, per non dimenticare la sensazione di quel contatto. Gusto il tuo
sapore e ricordo un’altra delle mie paure.
Non voglio
dimenticare. Niente di niente. Il dolore che ho provato, i sorrisi, il tuo
profumo, il tuo sapore, il tuo sguardo, il suono della tua voce, i tuoi
messaggi, il tempo speso insieme a te, le canzoni, le
conversazioni, le mail, i regali, le feste, le notti spese a pensare, le ferite
che mi hai inferto, i pomeriggi passati insieme…
Forse un disperato,
forse stupido e patetico, tentativo di non affondare nelle lacrime che stanno emergendo,
di sciogliere la stretta che mi attanaglia il cuore, almeno momentaneamente,
perché già so che tornerà questo magone, nel piccolo
della mia camera bianca, fra le mie lenzuola rosse.
Che senso ha dire
che mi mancherai?? Nessuno.
Non serve dirti che
sei uno stronzo. Sai perché? Perché nemmeno mi respingi, stai lì, rispondi al
mio bacio che tuttavia rimane casto. Forse l’unica cosa casta nel – cosa siamo, o meglio, cosa stiamo stati? Non lo so –
nostro… rapporto.
Che tristezza
pensandoci, tutta era nato per gioco ed ora sono qui a
piangere come una bambina a cui è stato strappato il suo giocattolo preferito.
Dimmi che senso ha avuto tutto questo.
Ma come posso chiedertelo? So già che la
risposta non sarebbe quella che vorrei, come posso chiederlo ad
una persona a cui non interessa niente neanche di se stessa?
Non so come
definirti Troy Bolton. Uno stronzo? Allora io, Gabriella Montez,
ho perso la testa per uno stronzo. Un bastardo? Sai di esserlo, ma non ti importa. Non ti tocca, non c’è gusto nell’insultarti. Un
altruista? Nemmeno per sogno. Allora un egoista? No, non sei nemmeno questo.
Che cavolo sei? Dimmelo, dammi un motivo per odiarti
che non sia l’amore.
Ma stai zitto, ecco il tuo modo di risolvere i
problemi che non vuoi affrontare. Anzi, mi accompagni, mi spingi fuori anche
dalla tua vita con un breve contatto.
Ho capito è giunto
il momento di andare, di salutare. È finita.
Oh si, è finita perché anche se non ce ne siamo accorti, anche
non volendolo è iniziata da qualche parte. E non ci credo che ti vorrei ancora.
Nonostante tutto quello che è successo, nonostante io sia ora amica di Sharpay.
Ho messo in gioco
tanto, ma non è bastato a fare andare le cose come avrei voluto, ammesso che
sapessi come avrebbero dovuto andare per starmi bene.
Ringraziarti l’ho
già fatto in molti modi, ti ho già detto grazie per tutto. E non starò qui ad elencare.
Non rimane che una
parola.
Ma quale?
Qual’ è quella adatta per noi?
Ciao? Arrivederci?
Addio? Alla prossima? Ci vediamo?
Ti guardo e taci.
Stronzo. Come molte altre volte lasci a me il compito più arduo. Forse perché
non te ne frega niente.
Mio caro bastardo.
Un giorno troverai qualcuno di cui ti importerà
veramente…
“Allora..” lascio la frase in sospeso prima di concludere, sperando
che così si concluda anche quella tortura. “Ciao” .
“Ciao” mi dici prima di voltarmi le spalle.
Si, sei proprio uno stronzo. Anche se non te
ne importa niente.
2 anni e mezzo dopo
Non ci credo. Non
posso essere arrivata a tanto. Eppure l’avrei dovuto sapere.
Non posso credere
che sto percorrendo di nuovo questa strada. Non è possibile. Stringo le mani
finchè le mie nocche sul volante della macchina diventano bianche. Ma non serve. È inutile.
Ti voglio, ti ho
sempre voluto. Non posso farne a meno. So che è una cazzata,
ma è la nostra cazzata.
Taylor aveva
ragione, sono ricaduta nello stesso affascinante peccato. Vedo già nella mia
mente il suo sorriso quando le dirò ciò che ho ri-fatto.
Salgo le scale dopo
aver trovato la porta già aperta ed essermela richiusa alle spalle in un gesto quasi
automatico. Sorrido quando questo pensiero si affaccia nella mia mente.
Salgo l’ultimo
gradino e mi dirigo a passo sicuro verso la tua camera. Tu sei lì, esattamente
come ti ricordavo. I cambiamenti erano stati minimi.
“hai visto, non è
cambiato niente” mi dici. No, non sei cambiato per niente. E i miei ricordi non
sono sfumati. Sei ancora lo stesso stronzo.
“questo lo dici tu”
affermo. Se tu non sei cambiato, io si. Ora non
piangerei davanti a te. Il mio orgoglio me lo impedisce. E nemmeno saprai mai
che in questi due anni c’è stanno un altro a scaldare le mie lenzuola. Sorrido.
Seduto sul tuo
letto mi guardi “Vedremo” dici beffardo.
Mi avvicino e tu mi
baci. Niente di casto, come solito. Tranne quell’unica eccezione.
“mi mancavi”
sussurri. “bugiardo” ribatto io, so benissimo che non è vero, non ti sono
mancata, sicuramente non era stato molto tempo solo in questi due anni.” Ma non
mi importa” aggiungo. Questa volta è a me che non
importa.
Posi le tue labbra
sul mio collo prima che ti alzi il mento e varchi di nuovo la soglia della tua
bocca.
Sento le tue mani
muoversi sicure sul mio corpo. Ti sento percorrere i miei fianchi per poi
infilare una mano sotto la mia maglia.
Presto quella
maglia si ritrovò sul pavimento della tua stanza. Non molto tempo dopo la tua
maglia seguì il suo stesso destino, e altri indumenti fecero la stessa fine.
No, non era finita quando
aveva deciso lui. Ma quando aveva deciso lei. Quello
fu il loro ultimo incontro. Per volere di lei.
Nove mesi dopo Gabriella Montez diede alla luce un bambino. Nessuno seppe mai se
appartenesse a Troy Bolton o a quell’uomo con cui stava e che ella felicemente sposò…
Quel bambino crebbe sano e
forte, la sua passione era il basket, tutto era “normale”. Solo una cosa alcuni avevano notato, non ultimo suo figlio. Una
volta ogni due anni, ogni 22 maggio, il giorno del suo compleanno, due coetanei
dei suoi genitori si presentavano alla loro porta per prendere parte ai
festeggiamenti…
- Sperare vuol dire rischiare la delusione. Ma il rischio va affrontato perché il massimo rischio nella
vita è di non rischiare mai. Soltanto chi rischia è libero. –
Elli
Alla fine di questa
storia che spero avrete apprezzato, vorrei fare una
postilla.
Spero di aver regalato a Hypnotic Poison ciò che
desiderava e di aver dato una forma decente a quello che ho scritto. Spero sia
tutto accettabile…
Fatemi tutti
sapere cosa ne pensate, insomma recensite, recensite, recensite!
Grazie a tutti coloro che già hanno letto qualcosa di mio o che l’hanno
appena fatto, grazie a quelli che hanno recensito le mie precedenti shot e che recensiranno questa, infine, ma non per
importanza, a coloro che hanno inserito questa storia, o addirittura me, tra i
preferiti.
Un abbraccio