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Autore: LaMicheCoria    18/01/2018    0 recensioni
“Come puoi non vedere?” lo canzona il suo doppio “Come puoi, oh Dio degli Inganni, non accorgerti del tranello di cui sei vittima e carnefice?”
[1.Battlefield][2. Tony Stark - Gemma Dell'Anima] [3. Doctor Strange - Gemma Del Potere] [Loki - Gemma Della Realtà]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Cause Nobody Wants To Be The Last One There :.'
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3.    One Last Perfect Verse
Doctor Strange – Gemma Del Potere

 

Si era guardato le mani congestionate dal freddo e le aveva strette contro il petto, soffiando  un poco di fiato sulla pelle screpolata.
Non era servito.
Il respiro si era fatto livido al pari del suo corpo.Era pieno di spifferi e cigolava come cigolava il legno pieno di spifferi investito dal vento, lì, in quella cupoletta macilenta in cui l’Antico lo aveva costretto e in cui sarebbe dovuto rimanere fino a quando non fosse riuscito ad accendere il fuoco.
Viveva a Kamar  Taj da alcuni mesi, ormai, era sicuro di aver imparato a comprendere tutte le sfumature e i non-detti contenuti nelle richieste e nei compiti che l’Antico gli affidava, per quanto semplici sembrassero in apparenza.
Dovette ammettere con sommo scorno che, ancora una volta, l’Antico gliela aveva fatta 1e i suoi pensieri e le sue intenzioni erano ancora e di nuovo ineffabili come quando aveva solcato per la prima volta la soglia del Tempio.
E come allora la cosa era stata molto, molto irritante.
Con il viso affondato nella polvere e la Cappa della Levitazione chiusa a proteggerlo dai colpi inferti da Thanos, Strange si scoprì di nuovo afferrato dalla medesima impressione d’inutilità che lo aveva colto nel gelo della catapecchia, anni e anni prima, quando doveva accendere un fuoco e non aveva legna da ardere e le sue mani si erano rattrappite al punto da non riuscire a compiere il più elementari dei gesti.
Era rimasto ore a fissare il pavimento di terra battuta, stringendosi nelle spalle per disperdere meno calore possibile. Non c’erano vetri alle finestre e il vento ruggiva contro di lui, drizzava il pelo innevato e gli rovesciava contro odio e rancore. Non c’erano luci e il cielo era talmente gonfio di ghiaccio e putredine da impedire il passaggio del più piccolo bagliore.
Allora non aveva capito. Come poteva accendere un fuoco senza niente che potesse fare combustione e con le mani martoriate dal freddo? Aveva cominciato ad ingiuriare l’Antico, alzando la voce per sovrastare la risata sardonica del vento, urlando e gridando fino a farsi sanguinare la gola, fino a schiacciare i polmoni contro lo sterno, fino a perdere coscienza di sé come corpo fisico e non essere nulla di più di un ululato volgare e osceno.
Lo Stregone Supremo rotolò di lato e un boato squassò il terreno sotto le sue dita. La presa si fece malferma, schiacciò il viso nella polvere per soffocare il gemito scagliato attraverso l’apparato nervoso,. Avvertì le fiamme appiccarsi alla pelle, artigliare la carne e fondere le ossa, liquefarle, scioglierle in un pastone appiccicoso e lustro di sangue.
Rivide con l’occhio della memoria il sorriso effimero dell’Antico, soffuso di quel suo divertimento sottile e curioso. Il suo sguardo si era colmato di interesse, forse persino di soddisfazione nel vedere l’espressione scomposta dalla rabbia e dall’insulto stupire in un istante.
“Prego.” Gli aveva detto “Continua pure.”
Lui aveva invece continuato a fissare l’Antico fra l’istupidito ed il rabbioso. La voce era mancata d’improvviso e allora, solo allora l’Antico aveva schiuso le labbra ad un sospiro sconfitto.
“Da cosa viene così tanta veemenza?” lo canzonò con affetto quasi materno, scostando le pieghe dell’abito color zafferano e accomodandosi lì accanto, le belle braccia nude tese ad appoggiare le mani sulle ginocchia “Persino la neve ha smesso di cadere, sconvolta da tanta ira.”
Una punta di vergogna, che aveva reso la sua voce piccata.
“Cosa ti aspettavi? Mi hai chiesto di accendere il fuoco in questo posto dimenticato da Dio! Senza legna o delle dannate pietre focaie!”
Aveva sorriso, l’Antico, col sorriso accondiscendente di una madre eterna contro l’impertinenza infantile di eterni bambini.
“Tu sei insieme legna e pietra focaia.”
“Io sono soltanto uno stupido assiderato.”
“Che sciocchezze.” Fu il commento sbrigativo dell’Antico “Ti rimangono almeno due ore prima di essere preda dell’assideramento.” Voltò il viso candido verso di lui, lo sguardo consapevole puntato nei suoi “Ritengo sia meglio per te trovare una soluzione. In fretta, ti consiglio.”
Più feroce della neve e del freddo fu la rabbia che montò fiammeggiando nelle viscere di Strange.
“Come credi che possa fare?” abbaiò, la voce irrancidita dallo sprezzo, dalla furia e dalla disillusione. Alzò le braccia e le mostrò le dita livide, gonfie, sanguinanti “Come posso scaldarmi, come posso fare qualcosa ridotto così?”
Un sorriso divertito sollevò la bocca affettuosa dell’Antico.
“Ah, signor Strange...!” esclamò “Ancora convinto che tutto si riduca ad una danza insensata di mani e di dita? Ad un gioco di prestigio? Il Potere non si concede a chiunque, signor Strange, il Potere non si corteggia, né si accarezza a punta di dita. Va chiamato. Invocato.”
“E come?”
“Con la stessa veemenza e convinzione con cui hai invocato e chiamato me soltanto pochi minuti fa.”
Una fitta di vergogna allo stomaco, uno stringersi convulso dell’intestino.
“Devo soltanto chiamare il fuoco?”
“Soltanto? Non esiste niente di più difficile.”
Strange  pressò le labbra e puntò gli occhi sulla terra battuta che faceva da pavimento alla casupola. Chiamare il fuoco. Non pareva una cosa tanto complicata, nonostante le parole dell’Antico, soprattutto se era qualcosa che non coinvolgeva l’uso delle mani.
“Fuoco!” esclamò, osservando poi indispettito il niente che era scaturito alla sua voce “Fuoco!” ritentò “Fuoco! Fiamma! Falò!”
Nulla. Il terreno brullo lo derideva col suo essere ancora spoglio e vuoto. Persino il silenzio dell’Antico aveva assunto i contorni di una risata canzonatoria, di un dito puntato al suo ennesimo fallimento, al suo essere ancora troppo ancorato alla razionalità del mondo esterno per lasciarsi cadere e assorbire dal grembo mistico a tratti grottesco di Kamar Taj. Il Potere lo aveva guardato ancora una volta con sdegno e ancora e di nuovo lo aveva superato, si era mostrato e ritratto, riottoso e superbo.
“La parola non è nulla se non c’è la comprensione.” L’Antico, paziente, gli fece cenno di riprovare “Non è nulla più di una concatenazione di suoni, vuoti movimenti della lingua e contrazioni della glottide. Devi comprendere la Paola e il Verbo e il Verso, perché si facciano nella tua carne, perché si mutino nel tuo sangue. Se vuoi il fuoco, sii fuoco.”
Sii fuoco. Stephen guardò dapprima l’Antico, quindi le mani, le falangi, le unghie nere di terra. Sii fuoco. Cos’era il fuoco? Calore. Calore, sì. Un calore scarlatto, un cuore palpitante, un nucleo liquido che tremava e vibrava, danzava, si spandeva, si contraeva e rilasciava lampi bollenti e schiocchi che si alzavano verso il cielo, mani di fiamme tese tese tese fino a dissolversi in fumo e ghironde e girandole ancora calde di cenere.
Dapprima furono le ramificazioni delle vene. Poteva sentire distintamente qualcosa, una sorta di filo, come un rivolo di lava, cominciare il proprio percorso dalle arterie fino ai capillari; un bagliore attorno ai polsi ed ecco, il rivolo si apriva e si spandeva entro il dorso e scendeva a riempire il palmo, si sollevava, spumeggiava contro gli anelli delle falangi e sfondavano la diga delle ossa e si rovesciavano all’interno dei polpastrelli e si gonfiavano fin oltre le unghie.
Bruciava. Sì. Bruciava, bruciava ogni nervo, ogni muscolo, ogni articolazione, ogni pensiero.
“Ecco.” Fu il sorriso dell’Antico, la cui ombra danzava contro le pareti, abbaglianti per il fuoco che ruggiva nella casupola “Questa è comprensione. Questo è Potere.”
Bruciava anche ora. Di un fuoco che agguantava la carne e la pelle, che sbranava ogni nervo e pensiero. Uno schiocco di Bande Cremisi ad afferrare e stringere i polsi, a tirare e tirare e tirare oltre il limite della carne, oltre gli agganci delle ossa che ora scricchiolavano senza posa e gemevano e piangevano senza sosta. Poi le Fiamme. Le Fiamme Delle Faltine che salivano a lambire le gambe, il torace, le spalle, il collo, la testa. Salivano e abbaiavano, scavavano nelle guance, nelle sterno, succhiavano il midollo dalla spina dorsale e vomitavano nella cavità vuota un rigurgito di lava e di magma.
Strange aprì la bocca per gridare ed invocare aiuto, per chiamare a sé un incantesimo, ma il fuoco gli si rovesciò nella gola e lo riempì di cenere liquida, tanto spessa da incatramargli la trachea e i polmoni, il cuore. Sollevò gli occhi illividiti dalla mancanza di ossigeno e incontrò lo sguardo irridente del Titano, le sue labbra storte a disegnare un sorriso terribile e derisorio, illuminato dal bagliore perverso della Gemma.
“Questo, Dottore, questo è il vero Potere.”

Ringrazio Mardy Paranoica  per la splendida recensione!

   
 
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