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Autore: SusyCherry    20/01/2018    8 recensioni
"Non hai bisogno di nulla, ti è bastato un solo sguardo per riconoscere il suo dolore, è solo esattamente come te. Sicuramente ti ha visto anche lui, ma non ha fatto nulla per richiamarti o cacciarti, perciò ti limiti ad osservarlo a distanza per ore e ti chiedi, ti ritrovi sempre più spesso a domandarti, se siate ugualmente danneggiati."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve, questa è la prima storia che pubblico. È qualcosa di un po' diverso rispetto alla (poca) roba che ho scritto finora (e non ho ancora pubblicato). La canzone a cui mi sono ispirata e di cui ho riportato il testo è For The Damaged dei Blonde Redhead, se vi va ascoltatela perché è davvero molto bella e contribuisce a creare l'atmosfera che mi piacerebbe trasmettere con ciò che ho scritto. Vi lascio il link! https://www.youtube.com/watch?v=L5ozF8HuT4k
I personaggi ovviamente non mi appartengono, sono proprietà del duo malefico Mofftiss, di Arthur Conan Doyle o di non so chi. Miei purtroppo non sono, altrimenti la Johnlock sarebbe molto più che canon. Questa storia è stata scritta senza scopo di lucro.
Ora concludo questa nota che sta per diventare più lunga della storia stessa, spero davvero che la lettura sia di vostro gradimento!





 

Maybe again
He will be alone
Guess we're equally damaged
Find your name
Do it all the same equally
Signal when you can't breathe no more
 

 
Gli occhi appannati dalle lacrime non ti permettono di osservare nitidamente quelle lettere impresse nel marmo, ma alla fine che importa? Conosci ogni singola spigolatura, ogni piccola scalfittura che le intemperie hanno lasciato sulla loro superficie liscia. Il suo nome è impresso a fuoco nella tua mente, il nome dell’eroe che credevi immortale e che immortale non era, ora lo sai e lo hai scoperto nel modo peggiore. Sei piccolo, troppo piccolo per quella lapide imponente, ma devi farti grande perché adesso l’ombra di un enorme peso aleggia sulle tue spalle, sei uno scricciolo tremante che piange la morte del suo papà, che ha scoperto troppo presto e nel modo più crudele che nulla è per sempre, che i padri non sempre tornano a casa dalle loro famiglie, che le cose brutte accadono anche ai bimbi buoni. E ti senti solo perché in fondo lo sei, ti dondoli un altro po’ immaginandoti le sue grandi mani ruvide che ti accarezzavano con inaspettata dolcezza, le forti braccia che ti sollevavano e facevano volare più in alto delle nuvole. Allunghi una mano a sfiorare il freddo di quella lastra che ti ricorda che non ci sarà più nulla di tutto questo e senti il tuo cuore irrimediabilmente danneggiato. Sei sempre stato un bambino molto dolce, rispettoso con ogni singola forma di vita, gentile con gli adulti e generoso con i tuoi compagni. La tua innata affettuosità ti rende amabile agli occhi di tutti, perciò ti chiedi con l’ingenuità che caratterizza i tuoi pochi anni perché qualcuno abbia voluto farti questo, perché abbia voluto uccidere proprio il tuo papà. Resti il solito piccino premuroso, ma da quel giorno ti chiudi sempre più in te stesso.


 
Sei seduto su un manto d’erba, non un singolo fiore appare ai tuoi occhi. Quelli, per uno strano scherzo del destino, sono tutti raggruppati in quel piccolo cerchio delimitato dalle pietre che tuo fratello ti ha aiutato in rispettoso silenzio a piazzare per delimitare quel pezzo di giardino. Non riesci nemmeno a piangere e il groppo di lacrime e sentimenti che non trova via di fuga ti schiaccia lo sterno e non ti lascia respirare, credi non sarai più in grado di farlo normalmente per il resto dei tuoi giorni. Hai perso il tuo amico, il tuo unico amico e ora sei solo al mondo, nessuno ti aveva mai amato prima di lui e sai che nessuno lo farà mai più, della vita non conosci ancora molto, ma questa certezza ti rimbomba nella testa. Ti sforzi di non lasciarti sopraffare dalla tristezza, dovresti usare la fredda logica per processare tutto questo, ma l’unica cosa a cui riesci a pensare è che vorresti piangere fino a che anche l’ultima goccia non si sarà riversata su quella fredda terra che adesso avvolge il tuo cucciolo. Nessuno può capirti, nessuno può percepire il freddo che ti attanaglia dentro, nessuno può vedere la nera solitudine che ti inghiotte giorno per giorno. Ripensi al suo nome, a quando lo pronunciavi mentre correvi a perdifiato per i pendii del boschetto dietro casa, alle tue risate che riecheggiavano felici quando ti raggiungeva e rotolavate spensierati nell’erba, ripensi a quando ti leccava amorevole la faccia e finalmente delle calde lacrime iniziano a solcare le tue guance. Sai che non riuscirai più a fermarle e appoggi la testa sulle tue ginocchia, il groppo alla gola non accenna a sciogliersi e ti senti irrimediabilmente danneggiato.




 
Say you were me
Then you could see the view
You'll know we are equally damaged
Don't be a fool, make it easier
You'll learn to say when
Signal if you can't
Say, "no more"
 
 

Osservi quel bambino da giorni, lo vedi sostare di fronte a una sorta di sepolcro con un masso più grande nel centro, non entra mai al suo interno, si limita ad osservare per ore nello stesso punto senza proferire parola. Ma tu non hai bisogno di nulla, ti è bastato un solo sguardo per riconoscere il suo dolore, è solo esattamente come te. Sicuramente ti ha visto anche lui, ma non ha fatto nulla per richiamarti o cacciarti, perciò ti limiti ad osservarlo a distanza per ore e ti chiedi, ti ritrovi sempre più spesso a domandarti, se siate ugualmente danneggiati.
 


Ha nevicato per tutta la notte e il cielo non accenna a placarsi, ma lo sai che lui è lì, senti che ha bisogno di te perciò recuperi una coperta e indossato il giubbino più pesante sgattaioli di casa. In fondo non è difficile, nessuno bada mai a te, al bimbo che è dovuto crescere tanto in fretta, il suo ometto ti chiama la mamma. Lo raggiungi al vostro silenzioso appuntamento e questa volta ti siedi accanto a lui. Ha le labbra viola e fiocchi di neve nei corvini capelli, lo avvolgi con un lembo di coperta mentre riservi l’altro per te e lui ti lascia fare. Appoggia la testa sulla tua spalla senza proferire parola e restate così per ore, a farvi nevicare addosso.
Quando la coperta è ormai fradicia e i brividi vi scuotono entrambi fissa i suoi occhi cristallini nei tuoi blu mare e ti legge nell’anima.
«Tu sei come me quindi tu puoi vedere.»
Non hai bisogno di altre parole perché già sai, lo senti dolorosamente nel cuore e nello stomaco.
«In fondo è così semplice» gli rispondi abbassando lo sguardo, ma poi lo rialzi per immergerti in quegli occhi tristi. «Devi solo dirmi quando non potrai sopportare di più.»
Senti ancora freddo, dentro e fuori, ma almeno adesso sai che non sei solo a provare quelle cose.
 
 


 
Don't cross your finger
Sundays will never change
They keep on coming
You'll be a freak
And I'll keep you company
 
 

Sei un ragazzo malinconico, introverso e scontroso, trascorri la vita in un mondo tutto tuo dove gli altri non possono raggiungerti. A volte hai sperato, hai incrociato inutilmente le tue dita affinché le cose cambiassero, ma non lo fanno mai, i giorni passano tutti uguali. Loro continuano a ferirti, ti chiamano mostro, ti costringono a una vita che odi, una vita di insulti e dolore. Ma tutto questo in fondo non ti importa, perché qualcuno che può raggiungerti in quel mondo esiste, John ha promesso che non ti lascerà mai e tu vuoi credergli, vuoi credergli con tutto te stesso, perché ami perderti nei suoi occhi tristi e, come avete sempre fatto, nel dolore vi tenete compagnia.
 


Sei chiuso in casa, hai distrutto metà della roba nella tua stanza, ma quella rabbia non accenna a placarsi. Ti senti ingannato, amareggiato e tradito perché John, il tuo John sta per lasciarti. Vuole seguire le orme del padre, ha deciso che sarà un medico militare e presto partirà. E senti dentro di te l’illogica certezza che lo perderai, lo perderai come hai perso Barbarossa e ogni singola cosa a cui hai tenuto al mondo. Ha promesso che tornerà da te, te lo ha giurato con le lacrime agli occhi, ma ora non riesci a credergli, non riesci a non pensare con terrore che morirà in guerra esattamente come suo padre. Morirà lontano da te.
Scosti la pesante tenda che copre la finestra perché vuoi vederlo per un’ultima volta, sai che lui è lì, sotto la scrosciante pioggia, è lì a bagnarsi sotto il temporale e ti saluta lentamente con la mano. Lo saluti piangendo, non ti vergogni di farlo perché sai che stai dicendo addio al tuo cuore danneggiato.
 
 

Sei a terra, con la bocca sporca di sabbia e il sole che ti brucia gli occhi. Il dolore alla spalla è straziante e ti spezza il respiro. Morirai lì, lontano da casa, lontano da tutto ciò che è importante, lontano da lui. Morirai come è morto tuo padre. Cosa avrà pensato mentre il suo respiro si fermava e i suoi occhi si facevano spenti? Avrà pensato a te? A quel bambino che attendeva il ritorno del suo unico eroe? Avrà pensato alla mamma che lo amava con tutta se stessa? Di certo tu ora stai pensando al tuo unico amore, stai pensando a dei ricci scarmigliati e a degli zigomi taglienti, stai pensando alla promessa che non riuscirai a mantenere e a quegli occhi disperati che si riempiranno di lacrime. E preghi Dio perché non ti faccia morire da miserabile, infrangendo quell’unico giuramento che conta più della tua vita.
 
 

Sei davanti alla tomba del Capitano Watson, medico militare morto sul campo di battaglia, morto mentre cercava di salvare delle persone, morto esattamente come aveva vissuto la sua vita. Da eroe. Sei davanti alla tomba del Capitano Watson e stringi la mano al tuo unico amore, che è tornato dalla guerra con una cicatrice in più, ma vivo. E ringrazi anche suo padre perché sei convinto che ovunque egli sia non abbia smesso di proteggere il suo bambino, quello che gli si appendeva alle braccia e si faceva trasportare in uno scroscio di risate cristalline.
 


Siete davanti alla tomba di Barbarossa e gli racconti di come abbia mantenuto la promessa, di come sia tornato da te, di come non ti abbia deluso come ha sempre fatto il resto del mondo. Siete davanti alla tomba di Barbarossa e siete di nuovo quei due bambini spezzati dalla vita che non avevano nient’altro se non loro stessi. Ma poi vi siete incontrati e ognuno ha preso un po’ del dolore dell’altro, lo ha unito al suo e avete proseguito insieme scoprendo che quel peso che vi gravava sul cuore era meno opprimente se portato insieme a qualcun altro. Se portato insieme a lui. E siete di nuovo due bambini dall’anima lacerata, ma avete scoperto che due cuori danneggiati possono curarsi a vicenda. 
   
 
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