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Autore: Henya    21/01/2018    2 recensioni
Salve a tutti :) questo è il proseguimento della mia prima fanfiction "Never Lose Hope".
Anya , dopo essere partita con Rai per la Cina, ritorna a Tokyo dopo avere ricevuto alcune notizie dalla sua amica Hilary. Da qui ha inizio una lunga e ingarbugliata serie di eventi che, per chi già mi conosce, non saranno certo rose e fiori ^_^""
Spero possa piacervi :) Buona Lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hope Hiwatari. Mia figlia adesso si chiama veramente Hope Hiwatari? Stento ancora a crederci! E poi suona così, così… Andiamo, nome e cognome che iniziano entrambi per la medesima lettera H?
Sono a lavoro e mentre lucido i bicchieri appena lavati, penso e ripenso nella mia mente a tutta questa faccenda.
Hope Hiwatari. Ok, la h è una lettera che non ha un suono, è muta, quindi Hope e Hiwatari inizierebbero rispettivamente  per O e I?... Andiamo, suona così ridicolo.
“ Sarizawa”.
Ecco, Sarizawa suona proprio meglio. Beh, suonava meglio. Hope Sarizawa.
“ Anya! Mi ascolti!”.
E se avesse mantenuto anche il mio cognome? Hope Hiwatari Sarizawa. Magari suonerebbe meglio al contrario: Hope Sarizawa Hiwatari. Sì, suona decisamente meglio!...
Nah, sarebbe stato troppo lungo.
“ ANYA, CI SEI!!!” Grida qualcuno alle mie spalle, con voce seriamente inferocita, facendomi sobbalzare e voltare in sua direzione. Uh, è Dana!
“ C’è la tua amica che ti aspetta di là, vuole parlarti, quindi scendi dal mondo dei sogni!” spiega brevemente e minacciosamente, come a suo solito.
Una mia amica? Che sia Hilary?
Lascio immediatamente il bicchiere che stavo pulendo sul tavolo e mi dirigo in cucina quasi correndo. Ma arrivata a  destinazione, la mia si rivela una vana speranza. Oltre il bancone non c’è Hilary, come speravo, ma quella odiosa e velenosa serpe di nome Eva.
“ Eva…” esordisco forzando un sorriso che non sa se essere sorpreso o amareggiato, o entrambe le cose.
“ Anya! Come stai? Ti trovo bene!” domanda con una insolita allegria e cordialità nel tono.
“Sto bene, grazie! E tu? Ti trovo… beh… abbronzata!”.
Il suo colore di pelle è una sfumatura tra il marrone e l’arancione. Eppure Hiwatari mi è sembrato talmente bianchiccio. Sarà che pure i raggi solari evitano di colpire quell’essere immondo!
“ Oh, sono felice che si noti! Questo viaggio di nozze alle Hawaii è stato un toccasana. Era proprio quello che desideravo: mare, sole, spiaggia, frutti tropicali!” racconta con aria sognante.

Le Hawaii sembrano avere tutte le caratteristiche di un luogo che a Hiwatari non piacciono affatto. Lui sarebbe stato più un tipo da “Viaggeremo verso le fredde tundre dell’Alaska!”. Ad ogni modo, contenti loro…
“ A proposito!” esclama all’improvviso, tirando fuori da non so dove un sacchetto, porgendomelo con un sorriso a trentadue denti “ Un souvenir per te!”.
Un souvenir. Per me?
Sono sbigottita. E credo che la mia faccia lo stia dimostrando pienamente.
“Avanti, aprilo!” mi incita.
Ok…ehm. Afferro il sacchetto e tiro fuori un oggetto contenuto a sua volta in un’altra busta e avvolto poi in un foglio di carta di giornale. Cos’è? una matrioska? Credevo che quelle le vendessero in Russia! Ad ogni modo, scartato ogni possibile involucro dall’oggetto, riesco finalmente a trovarlo e…e… che diamine è??
Rimango un po’ perplessa alla vista di questo souvenir dalla forma bizzarra che tengo tra le mani. Eheh, mi viene quasi da ridere e fare una pessima battuta, ma decido di risparmiarmela. Resasi conto, evidentemente del mio punto interrogativo stampato in fronte, sua biondezza Hernandez decide di intervenire e dare delucidazioni in merito.
“ è una statuetta indigena delle Hawaii, è il dio della fertilità e dell’abbondanza! Ti piace??”.
Perché regalarmi una cosa del genere? Il dio della fertilità? A me sembra più che altro…
“ Sì, è un bel pensiero. Ti ringrazio!” rispondo cercando di mostrare un tono alquanto convincente.
“ Ah, sono felice!” esclama contenta, per poi cambiare improvvisamente tono. “Ho saputo, cioè… Kai mi ha raccontato quello che è successo…” esordisce con una certa discrezione nel tono. “ Che tu e Rai…insomma…non state più insieme!”.
Ah, ecco. Non ha perso tempo a chiederlo.
L’ultima cosa che volevo fare era affrontare questo discorso con Eva.
A queste parole mi irrigidisco, stringendo ancor più forte quel souvenir che, non so per quale diamine di motivo, mi ostino a tenere tra le mani.
“ Non… me lo sarei mai aspettata!”. Si mostra quasi dispiaciuta, ma so in realtà che dentro di sé starà godendo dalla felicità. Non riesco a dire nulla, a spiccicare una singola parola. Non ho più affrontato questo argomento dopo quel giorno. In realtà aspettavo di parlarne con Hilary, ma a quanto pare, è troppo offesa per vedermi e ascoltarmi. Tuttavia, davanti a lei devo mostrarmi forte.
“ A volte succede quel che meno ci aspettiamo” affermo, con una certa tristezza nel tono. “ Come ad esempio, nessuno si sarebbe aspettato che Hiwatari dicesse il famoso sì e giurato fedeltà eterna”. Sì, l’ho appena detto. In fondo è la verità.
Anche se si mostra nella sua compostezza e serenità, so che le mie parole l’hanno punta a dovere.
“ L’ironia della sorte ha voluto che il tuo matrimonio fallisse e che io Kai ci sposassimo. Non lo trovi bizzarro?” . Quasi scoppia a ridere. La detesto. È venuta qui per vantarsi della sua felicità?  Vorrei tanto prenderla a calci e colpi in testa con questo stesso souvenir che mi ha portato.
“Non lo trovo divertente!” puntualizzo con tono offeso, facendola tornare improvvisamente seria.
 “ Hai ragione, non è divertente! E mi auguro che tu ritrovi presto la tua strada, e spero vivamente che non si incroci con quella di un uomo già impegnato e per giunta sposato, con il quale hai una figlia!” conclude fissandomi minacciosa. “So dei soldi…” aggiunge poi, rincarando la dose.
“Non glieli ho chiesti io!” rispondo prontamente.
“ Lo so, ma spero che tu non interpreti in maniera sbagliata questo…chiamiamolo, gesto di carità da parte di Kai!”. Sapevo che non avrei dovuto accettare.
“ Infatti! È solo per nostra figlia!” spiego con tono secco.
“ Nostra?”. Trattiene una risata. “Ascolta, so che tu e lui avete una figlia, e purtroppo questo non si può cambiare, ma ti consiglio di rimanere nella tua posizione, ovvero fuori dalle nostre vite. Se Kai vuole darti dei soldi, beh che faccia pure, ma tu non sentirti troppo in debito nei suoi confronti. Non so se mi sono spiegata!”.
Sono confusa e sconvolta allo stesso tempo. Credo di avere capito a cosa voglia alludere e, e…assurdo quello che sta pensando. Crede che io possa fare qualcosa con Kai solo per sdebitarmi? Crede davvero questo? È, ripeto, assurdo.
“ Sei completamente fuori strada e non ti permetto di potere solo pensare una cosa del genere!” ribatto duramente. Mi sento sinceramente offesa. Io detesto il suo neo-marito, non vedo perché dovrei fare una cosa del genere. Non sono una sfascia famiglie come lui.
“ Può darsi, ma alcune esperienze passate mi costringono a non abbassare la guardia, neanche quando le cose sembrano andare per il verso giusto! Anzi, forse è in questi momenti che dovrei iniziare a preoccuparmi!” spiega, convinta della sua teoria.
Non ho il tempo di replicare, poiché proprio in questo preciso istante si apre la porta del locale e fa il suo ingresso Boris, per il suo solito caffè delle undici del mattino.
“ Aloa!” afferma il russo volgendo il suo sguardo alla bionda e sedendosi accanto a lei.
“ Huznestov! Allora sei vivo!” risponde lei, con tono pungente.
“ Proprio così. La cattiva erba non muore mai!” afferma sarcastico “ Vedo che il tuo corpo ha assorbito parecchi raggi solari!” aggiunge poi, squadrandola per bene.
“ Farebbe bene anche a te un po’ di sole! Con quella pelle bianco latte che ti ritrovi!” lo schernisce lei.
“ No grazie!  La mia pelle è molto delicata!” ribatte prontamente, assumendo un atteggiamento effemminato.
“ Sei proprio irrecuperabile, come Kai!” afferma infastidita. “ Ad ogni modo. Io devo andare! Ci si vede! Byee!”. Ecco che prende la sua borsetta, dileguandosi all’istante, non prima di avere lanciato uno strano sguardo alla sottoscritta.
A me sembra lei quella irrecuperabile…” commenta sottotono Boris, trovando nel mio sguardo conferma. Poi afferra delle patatine poste sul bancone;  si ferma a guardarmi perplesso. Sta fissando accigliato e confuso l'oggetto che tengo in mano.
 “ Anya…”. Ti prego non dirlo. “ perché hai un pene di legno in mano?”.
Ecco, l'ha detto! Lo sapevo.



***




“ Non l’hai più chiamata vero?”.
Yuri è appena rientrato in camera e si infila nel letto accanto a me. Tolgo stancamente gli occhiali da vista, sbuffando sonoramente. Basta, ho male agli occhi. Continuerò a leggere queste pratiche del tirocinio domani.
“ Non ancora…” rispondo con un fil di voce, mettendo da parte sul comodino tutto quello che avevo in mano.
“ Andiamo, per quanto ancora farai l’offesa? Quella ragazza sta morendo dalla voglia di parlarti!”.
“Non l’ha fatto prima e non vedo perché dovrebbe farlo adesso!”.
I suoi occhi sono severi su di me. “Lo so, sto esagerando! Il fatto è che in questo periodo non ho tempo. Dopo la nascita dei gemelli penserò a lei! Ormai ci siamo! Quanto manca secondo te?” concludo osservandolo col volto della disperazione.
“ Non lo so. Chiediamolo direttamente a loro!”. Ma che sta dicendo. È serio?
Improvvisamente avvicina il suo orecchio al pancione e mima il gesto di bussare. “ Toc, toc, gemelli Ivanov”. Ok è impazzito, ma ammetto che la cosa riesce a strapparmi una risata. “ Se avete intenzione di nascere tra una settimana, battete un colpo adesso!”. Gliel’ha chiesto veramente. Seguono alcuni secondi di silenzio, durante i quali attendiamo curiosi un qualche minimo movimento. Ma nulla. “ Allora nascerete tra due settimane?” chiede stavolta, imperterrito. Mi sono accorta che ride sotto i baffi.
“ Andiamo Yuri, non si m…”. Non ho il tempo di finire la frase perché un leggero colpetto ci avvisa che i due Ivanov sono svegli e pimpanti, quasi stessero davvero comunicando con noi.
“ Visto? Tra due settimane!” afferma divertito, accarezzando il pancione, per poi rimettersi comodo.
“ Vedremo!” rispondo non molto convinta. “ Aspetta, aspetta! Si muovono ancora, senti!”. Prendo la sua mano e la faccio poggiare proprio nel punto in cui uno dei due sta muovendosi. “Ascolta, stanno dicendo qualcosa: papà, papà Yuri!” inizio a dire imitando la loro vocina. Yuri mi fissa divertito. “ Papà!” continuo. “ Devi rispondergli!” spiego a Yuri,  stranito. “ Avanti!”. Lo incoraggio e lui porta gli occhi al cielo, decidendo, infine, di stare al gioco.
“ Sì, figlioli!” risponde in un finto e forzato tono solenne.
“ Papà, crediamo di avere voglia di qualcosa!”.
Yuri ha capito dove voglio arrivare. “ Voi avete voglia di qualcosa?” sussurra sottotono, mentre i suoi occhi poggiano con sospetto su di me.
“ Sì… abbiamo voglia di quel gelato che la mamma ha posato in frigo dopo cena, ne era rimasto un bel po’” spiego, imitando sempre quella tenera vocina.
“ Ah, vedo che oltre a sentire, ci vedete anche benissimo!”.
Lo ammetto, la sua faccia mi fa ridere in questo momento.
“ Dunque presumo che dovrei scendere e andare a prenderlo!” dice, facendo finta di rivolgersi ai piccoli ma fissando la sottoscritta.


***


Perché ho deciso di stare al gioco? Avrei dovuto immaginare che aveva uno scopo ben preciso: far alzare il sottoscritto per scendere in cucina.
“ Credo proprio di sì. Sai la mamma ha i piedi gonfi!”. Mi porto una mano in fronte: sta veramente parlando ancora con quella vocina? E guarda come se la ride adesso.
“E va bene, accontentiamo la mam… cioè, questi due teneri bambini!” dico, fingendo di correggermi. E così decido di alzarmi, indossare le pantofole e avviarmi al piano di sotto a soddisfare l’ennesima voglia di mia moglie. Avrei dovuto comprare un frigo bar da tenere in camera. Mi sarei risparmiato di scendere diecimila volte a notte, in questi lunghi nove mesi. La mia mano afferra la maniglia della porta, quando la vocina decide di aggiungere qualcos’altro alla lista dei suoi desideri: “ Ah, papà…già che ci sei, ci dovrebbero essere dei deliziosi biscottini nella dispensa!”.
Mi volto in sua direzione con le stesse movenze di un robot e mi fermo a fissarla cercando di non far tremare troppo l’occhio. Ha un sorriso angelico stampato in volto.
Ok, meglio sbrigarsi. Esco velocemente fuori dalla camera e scendo le scale, quando alle mie orecchie arriva la voce di Hilary, stavolta la sua vera voce : “E non dimenticare il cucchiaino!”.
Santa pazienza…





***



Indosso velocemente la giacca e prendo dal mobiletto posto all’ingresso tutto quello che mi serve: chiavi, portafogli e sigarette. Cazzo, l’accendino. L’ho di nuovo pers… ah no, è dentro la giacca. Posso andare, ma una voce alle mie spalle mi ferma. “ Dove stai andando?”.
Eva.
“ Sto uscendo” mi limito a dire seccato.
“ Questo lo vedo. La mia domanda era –dove stai andando, punto di domanda”. Questo l’avevo capito. Si crede spiritosa oggi. Ma che vuole?
“ Sto andando a prendere Hope!” spiego velocemente per poi afferrare la maniglia della porta.
“ Ah sì? E dove andate?”. Ecco, mi blocco di nuovo, imprecando mentalmente.
“ Al centro commerciale, credo…”. Quante domande. Cos’è tutta questa curiosità?
“ Posso venire con voi?” chiede con tono speranzoso. Cos’è questa novità?
“ Perché?”. Sì, la richiesta è alquanto bizzarra.
“ Perché mi annoio a stare a casa. Oggi è il mio giorno libero, lo sai! E poi volevo giusto andare al centro commerciale…” spiega, prendendo poi il suo cappottino bianco per indossarlo.
Oh no. Andare al centro commerciale con Eva vuol dire solo una cosa: esaurimento nervoso. E poi non le ho detto mica di sì. “ Forza, andiamo!”. Mi passa davanti, sorridendomi furbetta, uscendo per prima dalla porta che io tenevo aperta. Porto gli occhi al cielo. Sarà un lungo pomeriggio.


***



Sono in macchina a cercare di scattare un selfie in cui la mia immagine venga decente, ma niente! Cosa metto nel mio stato Whatsapp oggi?
Kai ha fatto presto a prendere la piccola in classe. Stanno per arrivare. Ecco che la portiera posteriore viene aperta e, dopo avere sistemato la piccola dietro, Kai rientra in auto.
“ Ciao piccola Hope!” saluto allegramente infilando la testa tra i sedili, per incrociare il suo sguardo.
“ Ciao!” Saluta agitando la manina.
“ Sei pronta per andare al centro commerciale?” le chiedo sorridente, notando su di me lo sguardo perplesso di Kai, intento ad allacciarsi la cintura. Lei annuisce, facendo scodinzolare le due codine ai capelli. “ Perfetto! Allora facciamoci un selfie! Sorridi!”. Apro la telecamera interna del mio cellulare e lo pongo in alto quanto basta a far venire anche il suo faccino. “ Kai, vieni anche tu!”.

“ Scordatelo!” risponde secco e deciso, senza esitazione, per poi mettere in moto l’auto.

Fatta!
È venuta semidecente. Direi che ho la foto per il mio nuovo stato da condividere “Shopping con piccola compagnia”. Sì, può andare!
Chissà se la vedrà Anya. Ahahahah





***



Shopping in piccola compagnia? Ma perché mia figlia è in foto con lei? E poi che diamine significa shopping in piccola compagnia?!
La detesto.
Anya sei una stupida. Adesso lei vedrà che tu hai visualizzato la storia! L’ennesima soddisfazione regalatale in una settimana.
Oh santo cielo…





***




“ Guarda! Non le sta un amore?” dice rivolgendosi al sottoscritto seduto su un puff del negozio, avvolto da un’aura nera e con l’espressione di uno che vorrebbe suicidarsi da un momento all’altro.
Per la millesima volta a rispondere è il mio sguardo omicida, che lei ignora, ovviamente.
Siamo al decimo negozio di questo centro commerciale. Ha scambiato mia figlia per un manichino a cui far provare vestiti e scarpe di ogni genere. A Hope non sembra dispiacere, anche se ha sbuffato più volte al sentirsi dire – prova questo e quello, e anche quello, e perché no? Anche questo!- Io mi sarei rotto i coglioni dopo il primo cambio. Anzi, a dire la verità mi sono rotto letteralmente i coglioni, strascinandoli da un negozio all’altro e poggiandoli su questi scomodi puff. Si sono frantumati.
“ Questo ti sta proprio bene! Lo compriamo, ti piace?”. La piccola annuisce. “E anche questa gonnellina!”.  Certo, tanto paga paparino. Eva mi osserva in cerca della mia approvazione e i miei occhi puntati al cielo le suggeriscono per l’ennesima volta sì.
Ma che cosa le prende? Cos’è questa improvvisa simpatia nei confronti di Hope? Fino a ieri mi rinfacciava il fatto che dovessi provvedere alle sue spese e che per colpa sua si sentiva esclusa dalla mia vita e oggi fa compere e quegli stupidi selfie insieme a lei? Non vorrei pensare male, ma qualcosa mi dice che non tutto è come sembra. Sarà perché la conosco fin troppo bene.
“ Mi dai la carta di credito?” .
“ Perché non usi la tua?” le suggerisco seccato.
“ Perché è tua figlia e devi badare tu alle sue spese, ricordi?” spiega con tono pungente mostrando un falso sorriso e porgendo la mano verso il sottoscritto.
Eccola. Lo sapevo. La vendicativa Eva Hernandez, pronta a rinfacciarti tutto alla prima occasione.
Le porgo la carta, che oggi ha già passato ben sei o sette volte.
“ Grazie!” afferma furbetta, per poi voltare i tacchi e dirigersi alle casse, seguita dal mio sguardo maligno.
“ Kai, ho fame!”. La bambina tira un lembo del mio cappotto. Si vede che è esausta. E lo sono anche io.
 


Abbiamo finito di girare i negozi finalmente e ci siamo seduti al bar per fare mangiare qualcosa a Hope, che era alquanto affamata. In realtà lo sono anche io, ed ho preso un pezzo di pizza, mentre Eva non ha voluto niente. Come al solito, è perennemente a dieta.
“ Sei sicura di non volere niente?” le domando per l’ennesima volta.
“ Sì”. Risponde prontamente e sempre con quel tono deciso. “ A casa mi farò la mia insalata di carote e mais”. E anche stasera dovrò guardare quello scempio che lei si ostina a chiamare cibo. È la terza sera di fila che si fa preparare da Reina questa insalata alquanto triste, che io mi rifiuto categoricamente di mangiare. Io e le verdure non andiamo molto d’accordo.
“ Mi chiedo come tu faccia a stare in piedi!” commento sottotono ma quanto basta a farlo arrivare alle sue orecchie.
“ Io non mangio quella roba piena di grassi!”. È sempre la stessa risposta. Mi arrendo. Questa ragazza ha dei problemi col cibo. Portarla a mangiare fuori è sempre stato un dilemma.

Bene. Hope ha finito e per miracolo non si è sporcata. Meglio così, chi la sente Anya sennò.
Ci alziamo e mentre io aiuto Hope a mettersi il suo giubbotto, ma…Che cazzo, ma come si chiude questo giubbotto. Merda.
La lampo si è bloccata e, sotto lo sguardo confuso di Hope, cerco a labbra serrate di far andare questa cerniera lampo verso su.
Eva se ne sta in disparte pronta ad andare via e non sembra di nessun aiuto. Ha completamente esaurito la sua dose di simpatia per oggi, dopo avere svuotato la mia carta di credito. Una pura coincidenza? Non credo proprio.
“ Potresti pensarci tu? Mi sto innervosendo, e devo fumare!” affermo con fare innervosito, rimettendomi in piedi e cercando le sigarette nel cappotto.
Eva porta gli occhi al cielo e si abbassa per sistemare il problema. Per fortuna ci riesce dopo qualche secondo. Devo andare a fumare, dobbiamo sbrigarci a uscire da questo centro commerciale. Sono chiuso qui dentro da tre ore, mi sento soffocare.
Ma ecco un altro problema in arrivo.
“ Kai, devo fare la pipì!”.
Oh cazzo!
“ La farai a casa!” mi limito a dire continuando a camminare, mentre Eva è già dieci passi più avanti di noi.
“ Ma io la devo fare ora!”. Ecco che si ferma, stringendo le gambe. No ti prego, non fartela addosso.
“ Ok!”. Porca puttana. Sono costretto a imprecare mentalmente.
Richiamo Eva, invitandola con un cenno a tornare indietro.
“ Che succede adesso?” chiede scocciata.
“ Accompagnala in bagno!” le ordino. Io devo andare a fumare. Subito.
“ Scordatelo!” asserisce categorica.
“ Per tua sfortuna non posso entrare nel bagno delle donne!”.  Mi sembra ovvio. Non credevo di doverle spiegare anche questo. “ Vi aspetto fuori”.



***


“ Guarda cosa mi tocca fare…” sussurro tra me e me, tenendo per mano la mocciosa, entrando in bagno.
“ Dimmi che la sai fare da sola!”. Le chiedo sperando in una risposta affermativa. Ho cercato di sopportarti abbastanza per oggi, ma adesso mi sono scocciata.
Per fortuna annuisce. Quindi, lei entra in bagno, mentre io aspetto dietro la porta, prendendo nel frattempo il mio cellulare. Uh guarda, Anya ha visualizzato la mia storia…

Dopo qualche minuto, arriva alle mie orecchie il suono dello sciacquone: segno che sta per uscire. Riposo il cellulare in borsa e ci dirigiamo fuori.
E adesso dov’è quell’idiota?


“ Potevi almeno degnarti di aspettarci fuori!” lamento entrando in macchina.
“ Ti ho detto che dovevo fumare! Hope metti la cintura!” raccomanda alla figlia seduta dietro.
“ Devi sempre fare come ti pare!” aggiungo infastidita.
Ecco che sceglie la via più semplice:  ignorarmi.
Mette in moto l’auto e parte.





***



Siamo arrivati. Tiro il freno a mano ed esco dall’auto per aiutare a far scendere Hope. Mi accorgo che anche Eva ha appena chiuso la portiera dell’auto.
“ Che cosa stai facendo?” domando stranito.
“ Sono scesa dall’auto, non lo vedi? Salgo con voi”.
 “ Puoi aspettare in macchina, faccio subito!” le spiego prontamente.
“ Beh, io voglio salire con te. Non posso forse?” domanda con tono sospetto.
Ok, mi arrendo. “ Fa come ti pare…”. Chiudo l’auto e ci avviamo al portone.



***



Mescolo lo stufato di verdure, aggiungendo un pizzico di sale. Improvvisamente il suono del campanello mi fa ricordare che devono essere loro: Kai ha portato Hope.
Mi avvio alla porta e dopo un respiro profondo, che mi prepara psicologicamente a vedere quella faccia da stronzo, apro con un colpo deciso la porta e…
O mio dio. Vedo Hope in braccio a Kai e a fianco di questi…Eva.
“ Ci…ao”. Lo so, un saluto non molto entusiasmate, ma sono alquanto sorpresa.
“ Ciao Anya, siamo tornati!” afferma con una certa allegria nel tono la bionda.
La piccola protende le braccia verso di me e la prendo. Lasciandola poi andare via a posare le sue cose.
“ Abbiamo fatto shopping!” esclama mostrando delle buste in mano.
Seh…ho visto la foto.
“ Prego entrate!”. Li invito a entrare come farebbe una buona padrona di casa, anche se l’idea non mi entusiasma molto.



***

Perfetto, ci invita pure a entrare.
“ Veramente abbiamo…”. Stavo per rifiutare l’invito, ma Eva è già entrata dentro.
Fretta.
Mi lascia qui sul ciglio della porta con Anya che vorrebbe capire le mie intenzioni. Esito per qualche secondo, ma poi decido di entrare, sbuffando mentalmente.


***



I perfidi coniugi Hiwatari hanno appena messo piede in casa mia. Che bello…
Chiudo la porta e li raggiungo. Eva stringe con entrambe le mani il manico della sua borsa, osservandosi curiosa in giro, mentre Hiwatari osserva distrattamente punti indefiniti del pavimento.
“ Carina” si limita a dire, riferendosi penso alla casa. “ Non l’avevo ancora vista! Immagino che Kai la conosca bene ormai!” conclude rivolgendo lo sguardo al marito che in tutta risposta la fulmina con un’espressione truce.
Cosa vorrebbe insinuare? Mi sono già pentita di averli fatti entrare.
“ Comunque, abbiamo comprato un sacco di vestiti nuovi per la piccola Hope! Guarda!”. Ecco che sotto il mio sguardo allibito  tira fuori da alcuni dei tanti sacchetti posti sul tavolo, alcuni vestitini.
“ Ti piacciono?” chiede poi tenendo sospesa tra le mani una gonnellina rossa.
“ Ehm…si è molto carina!” mi limito a dire, forzando un sorriso. Non so, mi sento come in imbarazzo.


***



Quando finirà questa tragedia? Sono messo in disparte nel vano tentativo di incontrare lo sguardo di Eva e suggerirle di andare via. Mi sembra una pagliacciata.
Ma niente. È troppo presa da quegli stupidi acquisti.
“ Ci siamo divertite un sacco, vero Hope?”.
Non può averlo detto veramente.
La piccola sembra annuire, forse costretta dalle circostanze.
“ La prossima volta potresti venire anche tu” dice rivolgendosi ad Anya, la quale non sa cosa rispondere.
“Ehm…chissà!” risponde in maniera vaga, probabilmente per non dire direttamente no.
Basta, mi sono scocciato.
“ Io avrei una certa fretta, andiamo?” . Decido di intervenire, non per niente dispiaciuto di avere interrotto questa meravigliosa conversazione.
“ Ok, sì. Si è fatto tardi!” afferma Eva, fingendo di guardare l’orologio al polso.



***



Bene, finalmente si tolgono dai piedi.
Decido di non intrattenerli, per ovvi motivi, e li accompagno alla porta.
“ Ah, noto che hai già trovato un posticino per il mio souvenir!” afferma Eva, notando l’oggetto posto sul mobile del corridoio.
Ehm veramente lo avevo solo poggiato lì per poi trovare una sistemazione più adatta, per esempio una scatola. Non posso tenere quell’oggetto in bella mostra: è veramente osceno.
Kai lo osserva accennando un’espressione schifata.
“ Ehm sì…” mi limito a dire raggiungendo a grandi passi la porta per farli andare via.


***



“ Le hai regalato veramente quel pene di legno?” le domando mentre scendiamo le scale dell’edificio
“ Quante volte ti devo spiegare che non è un pene di legno? È una statuetta sacra!” spiega per l’ennesima volta, seriamente convinta di quello che dice.
Ha comunque la forma di un cazzo, penso tra me e me, portando gli occhi al cielo.




“Sai, stavo pensando…”.
Ecco che ricomincia a parlare.
Per tutto il tragitto di ritorno a casa è stata in silenzio a guardare il suo telefono e appena messo piede in casa riattacca la spina.
Ha detto talmente tante cose oggi, cos'altro avrà da dire ancora?
“…Che la casa di Anya è un po’ piccola. Dovresti comprarle una piccola villetta, magari…qui in zona!”.
OK. Il suo era decisamente un tono ironico e il mio sguardo le sta comunicando di smetterla per oggi.
“ Che c’è?” dice con il suo solito sguardo da innocente.
“ Per oggi hai fatto abbastanza! Ho ricevuto il messaggio!”. Crede forse che non l’abbia capito?
“ Di cosa parli?”. Ecco che continua a fare la finta tonta. Hernandez, ti conosco.
“ Andiamo! Credi davvero che me la sia bevuta?”.
Adesso improvvisa un’espressione interrogativa.
“ Facciamo un selfie, facciamo shopping, guarda che…” inizio a dire, citando le frase più straordinarie che sono uscite oggi dalla sua bocca, imitando con pessimi risultati la sua voce e i suoi modi di fare.  “… e infine? Ci siamo divertite un sacco??” concludo, questa volta agitando le mani come a voler dire –wow- per infine aggiungere… “Davvero Eva? Davvero?”. Ti sembro stupido forse.
Si ferma a osservarmi minacciosa, con la faccia di una che si sente palesemente presa in giro.
“ Cosa vorresti insinuare?? Che io abbia finto per tutto il tempo?” domanda alterata.
La mia risposta si limita a un espressione, accompagnata da uno specifico gesto della mano che vuole solo dire una cosa: proprio così!
“ Tu credi veramente che io abbia solo interpretato una parte??”.
Ok, se il gesto non era chiaro sono costretto a comunicarlo tramite una parola per definita.
“ Esatto!” rivelo senza un minimo di esitazione, accomodandomi sul divano.
“ Ti sembro una persona falsa? È questo quello che pensi di tua moglie?”.
“ Anche se adesso sei mia moglie, resti sempre Eva Hernandez! Ed Eva Hernandez non fa la simpatica con mia figlia! Se Eva Hernandez fa una cosa del genere, vuol dire che c’è ben altro sotto!”. Forse adesso le sarà più chiaro.
“ Sembra quasi che tu stia descrivendo te stesso!” ribatte acidamente.
“ Non stiamo parlando di me, stiamo parlando di te! Non hai fatto altro che tirare in ballo questa faccenda, anche pochi secondi fa, appena entrati in casa! Cosa volevi dimostrarmi con questo comportamento? Che ho sbagliato a farle firmare quei documenti e a darle quei soldi??... Può darsi, ma sono affari miei!” affermo una volta per tutte.
“è proprio questo il tuo problema. Tu ragioni come se fossi solo, pensi sempre e solo a te stesso! Non pensi mai a cosa potrei pensarne io, perché il mio parere non ti è mai importato! Non mi coinvolgi mai nelle tue cose. Se oggi non ti avessi detto dove stai andando, tu non me lo avresti detto. Te ne saresti uscito senza dirmi niente, come fai sempre!”.
“ Non vedo il perché devo informarti di tutto quello che faccio!”.
“ Lo vedi? Lo vedi? Tu e io abbiamo dei grossi problemi di comunicazione!” asserisce puntandomi il dito contro.
“ Sì, anche io lo penso! Credo che tu voglia comunicare troppo!” affermo con sarcasmo.
“ Visto? Neanche mi prendi sul serio! Basta! Qui ci vuole una soluzione drastica!” conclude esaurita prendendo il telefono.
“ Che cosa stai facendo??”.
“ Chiamo il Dottor Takiromi!” spiega cercando il numero nella rubrica.
Il dottor Takiromi.
“ Chi cazzo è il dottor Tachiromi?” chiedo, non avendo la minima idea di chi sia.
“ è un terapista per coppie!” spiega brevemente, portando il cellulare all’orecchio e ignorando completamente il mio disappunto.
Che cazzo è un terapista di coppie? Uno strizzacervelli? Mi alzo improvvisamente.
Non ho il tempo di aprire bocca, perché Eva mi fa cenno di stare zitto, per poi iniziare la conversazione a telefono.
“ Sì buonasera, è lo studio del Dottor Takiromi?...Perfetto! Chiamo per prenotare una seduta!”. Una seduta? “Il più presto possibile grazie!”. Sta scherzando vero? “Venerdì, alle 4?”. Eccola che mi osserva facendo finta di cercare la mia approvazione,  nonostante io continui a muovere il capo in segno di no “Sì, mi sembra perfetto. Grazie. A presto!” decide di ignorarmi completamente. La chiamata termina e quello che è stampato sul suo viso è il sorriso della soddisfazione.
“ Tu stai scherzando, vero?” ripeto, sempre più incredulo.
“ Ti sembra la faccia di una che sta scherzando?”. Sembra proprio di no.
“ A cosa ci serve uno strizza cervelli?”.
“ Non è…uno strizza cervelli. È un terapista di coppia, ci aiuterà a capire qual è il nostro problema!”.
“ Io non racconto i miei cazzi a quel tizio. Io non ho intenzione di venirci. Puoi benissimo andarci da sola!” affermo categorico.
“ E’ una terapia di coppia, quindi si presume che dovremmo essere in due!” spiega.
“ Beh portaci qualcun’altro!”.
“ Visto che non ti frega niente di me?”. Eccola che riparte.
“ Non è questo! È che io da uno strizzacervelli non ci vado. Punto!”.
“ Invece ci verrai! Ho già preso un appuntamento. Quindi, tu venerdì alle quattro verrai lì con me. Punto!” conclude stavolta lei autoritaria, incenerendomi con i suoi occhi di fuoco per poi andarsene a passi pesanti verso il piano di sopra.
Ci mancava solo questa!





Venerdì, ore 16.00. Sala d’attesa. Studio Dtt. Takiromi.


È una situazione veramente ridicola.
“ Mi ricordi perché siamo qui?” domando con tono piatto alla mia coniuge seduta a fianco.
“ Per colpa tua!”.
Ma sul serio le persone vengono qui per consultare questo tizio? C’è già una coppia dentro, che non si decide più ad uscire, e un’altra è appena giunta. Probabilmente saranno dopo di noi.
Sbuffo sonoramente strofinandomi i palmi delle mani sugli jeans. Che nervi.
Ecco la porta si apre. La coppia va via e il dottore ci invita a entrare.
“ Perfetto, tocca a noi!” Eva prende la sua borsa e si alza avviandosi nel suo studio, mentre io sono ancora qui a pensare seriamente di scappare. “Forza!” mi incita battendo le mani.
Stringo i denti dentro le labbra serrate, poi, contro voglia decido di alzarmi e dirigermi molto lentamente e svogliatamente in sua direzione. “ E non battermi le mani, sai che lo odio!” mormoro a denti stretti, sottovoce.
“Lo so!” bisbiglia lei.

“ Prego, accomodatevi!” ci invita cortesemente, indicando le due poltrone poste davanti alla sua scrivania.  
Ci accomodiamo e attendiamo che lui finisca di compilare dei fogli.
“ Bene, benvenuti miei cari…ehm…”. Prende un foglio e legge i nostri nomi “Eva Hernandez…” dice indicando la bionda. “E…suppongo che lei sia Kai Hiwatari!”. La mia espressione gli comunica: Ma va?
Ecco che se la ride, coinvolgendo anche Eva.
Bene, ci mancava solo lo strizzacervelli spiritoso…
Sono passati pochi secondi e voglio già scapparmene.



***





Corro più velocemente che posso verso la caffetteria. Apro la porta e miei occhi cercano Anya.
“ Dov’è Anya?” domando a Dana, la quale con un dito mi indica la direzione dove guardare. Eccola, sta servendo a un tavolo. La richiamo.
“ Che succede, Boris?” domanda preoccupata.
“ Hilary è in ospedale, sta partorendo!” spiego tutto d’un fiato.
“ Cosa??”. Inizia ad agitarsi e guarda Dana nella speranza che questa la lasci andare. Lei, seppur controvoglia, annuisce. Quindi, lascia sul bancone quello che aveva in mano, toglie il grembiule, prende una borsa e mi fa cenno che possiamo andare.

“ Come l’hai saputo?” domanda, correndomi accanto.
“ Yuri mi ha mandato un messaggio, dicendomi di avvisarti e raggiungerli!” spiego, cercando di regolare il fiato.
Ecco siamo arrivati davanti all’officina, ci avviciniamo alla mia auto e una volta aperte le portiere…
“ No, aspetta!” esclamo all’istante.
“ Che c’è adesso?” domanda confusa lei, che stava già per entrare.
“ Io non posso guidare!” realizzo improvvisamente.
“ Cosa?!”.
“ Mi hanno ritirato la patente, ricordi?”. Già, proprio quella sera. Devo ancora sistemare questa faccenda. È da qualche settimana che mi sposto a piedi, lasciando qui la macchina nel garage dell’officina.
“ E cosa facciamo adesso?” chiede disperata. “ L’ospedale è lontanissimo, con i mezzi pubblici arriveremo domani!”.
Sì è vero.
“ Guido io!” propone all’improvviso, venendomi vicino per mettersi al posto guida.
“ Tu hai la patente?” chiedo sorpreso.
“ Sì, ho la patente! Forza entriamo!”.
Le consegno le chiavi e ci accomodiamo in macchina.
“ Non ti ho mai vista guidare! Non sapevo avessi la patente!” affermo confuso, mentre lei inserisce le chiavi.
“ L’ho presa a diciotto anni, ma diciamo che  non guido da un po’” confessa, osservando confusa il volante.
Inizio a preoccuparmi.
“ Se posso chiedere…da quanto tempo, per la precisione?” domando osservandola insospettito.
“ Da…tre anni credo!” rivela sorridendo nervosa, per poi accendere il motore.
“ Cosa? Tre anni? Ma ti ricordi almeno come si fa?”
“ Credo di sì!”.
Credo?
Sgrano gli occhi, iniziando ad avvertire una strana sensazione che mi suggerisce di allacciare per bene la cintura di sicurezza.
“ Ok, motore acceso…” mormora, forse parlando con se stessa. Stringe il volante con le mani, respira, ed io la osservo col volto della paura. Cosa sta facendo?
“ Devo solo premere l’acceleratore…”.
Acceleratore? No bella, devi prima…
“ mettere la pri…” ma.
Non faccio in tempo a dirglielo. La macchina si è ovviamente spenta.
Si volta in mia direzione con faccino innocente. “Scusa..” e sorride agitata. “ Guidare mi ha sempre messa in agitazione!” si giustifica, per poi girare di nuovo la chiave e mettere in moto.
“ Beh, stai mettendo in agitazione anche me! Hai pure dimenticato il freno a mano, guarda!” le faccio notare indicandole l’oggetto in questione.
“ Ah, ecco…”.
“ Ah, ecco!” ripeto nervosamente togliendolo con forza. “ Ascoltami bene! Chiedo tutta la tua attenzione!” inizio a dire con fare autoritario, mentre lei mi fissa tenendo le mani incollate al volante e due occhi che chiedono pietà. “ Piede destro sul freno, il sinistro sulla frizione, ingrana la prima, lascia lentamente la frizione e premi Lentamente l’acceleratore! Capito?!”. Più chiaro di così!
Lei annuisce, con espressione alquanto confusa, poi si guarda i piedi e inizia a mettere in pratica ciò che le ho appena detto.
“ Dunque, destro sul…freno, sinistro…frizione. Ok mi sembra di ricordare” ripete a bassa voce, stando attenta a quello che fa.
Ecco sta mettendo la prima e…la macchina avanza, anche se ci sta facendo shakerare parecchio. “ “Cazzo, lascia il freno, stai andando a due all’ora!” le faccio notare.
Riuciamo ad uscire dal garage e ci immettiamo in strada
“ Oddio, cosa devo fare adesso??” domande confusa, mentre le sue mani abbandonano il volante.
“ Premi la frizione di nuovo!”. Poi le prendo con forza le mani e gliele appiccico sul volante. Cazzo.
“ Fatto!” esclama e prontamente io ingrano la seconda.
“ Bene, ora concentrati, guarda la strada e attenta come sterzi il vola-a-a-ante!”. Mi sta facendo andare con la testa avanti e indietro come fossi sulle montagne russe.
“ Lascia quel cazzo di freno!” esclamo per l’ennesima volta, mentre lei continua ad agitarsi.
“ Scusa, è che ci devono prendere la mano dopo tanto tempo!”.
“ Oh porca miseria, speriamo di arrivare vivi…” commento fissando preoccupato la strada davanti a me.
Credo che per la prima volta in vita mia potrei iniziare a pregare.

***





“ Siete una coppia molto giovane!” commenta. Wow, come ha fatto a indovinare? Abbiamo qui capitan ovvio.
“ Sì. Ci siamo sposati lo scorso mese!” spiega Eva, mostrandogli l’anello al dito.
A questa rivelazione il tizio rimane sconcertato.
“ Vi siete sposati da poco meno di un mese e siete già in crisi?”.
“ Vede, noi conviviamo da parecchi anni e ci sono sempre stati dei momenti di crisi, alti e bassi, incomprensioni, ma adesso che siamo marito e moglie dobbiamo cercare di trovare dei punti di incontro. Ma ho a che fare con un testone di dimensioni stratosferiche, come può ben notare!” conclude indicando il sottoscritto, che il dottore inizia adesso a fissare annuendo in segno di intesa.
“ Lui mi nasconde le cose, esce senza dirmi niente…” continua a spiegare. Sta parlando solo lei, non capisco a cosa serva la mia presenza. Non che io abbia voglia di parlare, ma mi sto rompendo le scatole, e parecchio.
“ Mentre voi parlate, io andrei a fumarmi una sigaretta!” avviso, alzandomi.
“ Lo vede??” esclama, alzando il tono di voce. “ Lo vede qual è il problema? Fa quello che gli pare senza preoccuparsi di me!”.
Ci risiamo.
“ Kai, ti prego. Se sei venuto qui è perché vuoi impegnarti. Non ha senso andare a fumare. Ci sono cose più importanti!” spiega, invitandomi gentilmente a prendere di nuovo posto.
Dentro di me sbuffo, per l’ennesima volta oggi, e ritorno a sedermi.
“ Kai…”. Perché mi chiama per nome? Non mi pare di avergli dato questa confidenza. “Perché ti comporti così? Spiegaci…” domanda con aria professionale, giungendo le mani e osservandomi in segno di ascolto.
Ma non siamo mica in chiesa.
“ Su, Kai, spiegaci!” ripete Eva, calcando per bene le parole.
“ Perché a me dà fastidio essere controllato!” spiego con tono secco. È la verità.
“ In che senso?”.
È pure ottuso.
“ Se sto uscendo non mi va che mi venga chiesto dove sto andando, con chi sto andando e perché ci sto andando!”. Stavolta parlo direttamente con la diretta interessata.
“ Oh scusami se sono tua moglie e vorrei almeno sapere il minimo indispensabile!” risponde a tono.
“ La tua è ossessione!”.
“ Ossessione? Non fai altro che pensare a quella bambina!”.
“ Scusate! Quale bambina?” interviene curioso il dottore.
Oh, sì…dai. Raccontiamogli tutta la storia.
“ Ah, già. Perché lei non sa che il qui presente Kai, ha una figlia, frutto di un tradimento!”.
Io la strozzo.
“ Tradimento?” ripete sconvolto e sempre più curioso.
“ Esatto. Mi ha tradita spudoratamente con una…una…quella lì, e dopo essersene fregato per anni adesso ha deciso di fare il paparino perfetto, entrando sempre in contatto con la madre! Secondo lei non ho motivo di essere gelosa?”.
“ Lei pensa che la tradisca ancora?”.
“No. Ma conoscendo la madre, il rischio è molto alto!”.
Basta.
“ sì può sapere perché stiamo parlando di questo?? È una vecchia storia avvenuta anni fa! Io non ti tradisco. Sei solo una psicopatica!” dico quasi al limite di un esaurimento nervoso.
E a giudicare da come si tocca la fronte il dottore, anche lui sembra alquanto allibito da questa situazione.
“ Un momento, non perdiamo la calma!” interviene con tono pacificatorio. “ Calmatevi e respirate!”. Cos’è? Un corso di Yoga? “ è evidente che voi due avete un rapporto molto strano che non si basa sulla fiducia. State insieme da tanti anni e se avete deciso di sposarvi è perché tenete l’uno a l’altro, no?”. La sua espressione ci chiede conferma. “ Bene. Eva, tu dovresti dare più fiducia a Kai. Se continui a controllarlo, otterrai soltanto l’effetto contrario. Lui si sentirà oppresso e di conseguenza si allontanerà di più da te. E tu Kai…” adesso volge lo sguardo al sottoscritto “ Dovresti dedicare di più del tempo a tua moglie: uscite insieme, proponile di mangiare fuori, una vacanza o semplicemente chiedile come sta, chiamala anche solo per sapere come sta o se pranzerete insieme. La vita di coppia non deve essere perfetta. Ha i suoi alti e bassi. Si deve anche litigare ogni tanto, dire apertamente quello che va o che non va. Ma è fatta anche di momenti belli, intimi, che sono solo tuoi e di Eva…vostri. Quindi, lasciate perdere questi stupidi battibecchi e parlate, ascoltatevi, dedicate almeno uno o due pomeriggi o serate solo per voi e vedrete che inizierete a trovare un punto di incontro che gioverà al vostro rapporto di coppia!”.
Wow, davvero commovente.
Cala il silenzio più tombale, durante i quali sia io che Eva evitiamo di incrociare i nostri sguardi.
“ Ok…forse ultimamente sono stata troppo pesante..” confessa Eva con tono più calmo. “ Mi dispiace. Devo iniziare ad avere più fiducia in te…” aggiunge poi, osservandomi.
“ Brava, Eva! È importante capire i proprio errori ed ammetterli!” la incoraggia lui.
Suppongo sia il mio turno…bah. Cosa dovrei dire?
Entrambi sembrano pendere dalle mie labbra.
Espiro stancamente per poi ammettere che “… dovrei dedicarti più tempo, lo so. Cercherò di… insomma… quelle cose lì…uscire, andare a cena fuori ecc…”. Ok, forse  era un discorso abbozzato sul momento e non molto profondo, ma sembra essere bastato a giudicare dalle loro facce. Diamine, voglio andare via. Il cellulare all’interno della mia tasca vibra da un bel po’.




***




“ WO-wo- wo –wo frena!!”. Ecco che frena di colpo facendo arrivare la mia faccia quasi sul cruscotto. “ Quando ti dico frena, non significa che lo devi premere tutto di colpo!” le ripeto per l’ennesima volta.
“ Sì, lo so, scusa!”.
Sì, scusa di qua e scusa di là.
Siamo arrivati per fortuna e vivi!



Parcheggiata l’auto, siamo scesi di corsa ed entrati in ospedale a chiedere informazioni, una segretaria ci ha detto dove dirigerci.
Siamo in ascensore adesso.
“ Guido così male?” chiede timorosa.
“Diciamo che è stato un miracolo essere arrivati sani e salvi!” le confesso senza esitare.
Le porte si aprono.
“ Sei esagerato! Hey, guarda, laggiù c’è Yuri!”.
Ci affrettiamo a raggiungerlo.
“ Hey Yuri, come mai non sei dentro?” gli domanda stranita Anya.
“ Ragazzi, siete arrivati!”. Sembra parecchio nervoso.



***


Ci hanno messo un po’ ad arrivare. Boris mi sembra piuttosto pallido. Beh io non sarò di certo roseo in viso. Mia moglie è di là che sta partorendo e per la prima volta in vita mia l’emozione mi ha giocato un brutto scherzo, facendomi quasi svenire. Sono dovuto uscire perché Hilary ha confessato che l’avrei fatta solo innervosire.
“ Beh, sì. Ma sono troppo agitato e ho preferito uscire! Mi chiameranno al momento opportuno”.
“ Ma io posso entrare?” chiede Anya speranzosa.
“ Ci sono già sua madre e sua nonna, meglio non fare innervosire Hilary! Il travaglio è iniziato già da qualche ora!”. Sto sudando freddo.
Anya sembra esserci rimasta male, ma poi mi sorride cercando di darmi coraggio. “ Non preoccuparti. Hilary è forte. Ce la farà!”.
“ Wow, sono due. Deve fare parecchio male!”. Come al solito Boris dà voce ai suoi pensieri più profondi.
“ Direi proprio di sì!” rispondo quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.
Segue una sua espressione disgustata. Non voglio neanche sapere cosa stia immaginando.
Mi risiedo, facendo tremare nervosamente una gamba. Anche Anya si accomoda accanto a me. Mentre Boris opta per fare avanti e indietro, facendo un gran baccano con quei suoi scarponi di gomma che cigolano in maniera assordante e il tutto accompagnato dal campannellio delle chiavi appese alla sua cintura.
“ Vuoi stare fermo per favore? È parecchio stressante tutto questo rumore!” gli ordino al limite della pazienza.
Si ferma all’istante, aggrottando la fronte. “ Wow, il quasi paparino è parecchio nervoso!”.
“ Sì, e molto!” affermo categorico, ritornando poi a fissare il pavimento e riprendere il tremolio della gamba.
“ Ok, visto che non posso fare rumore, vado a prendere un caffè! Qualcuno vuole un caffè?” propone ai qui presenti. La mia faccia gli comunica esplicitamente – ti sembra la faccia di uno che in questo momento vuole caffè?- mentre Anya sembra accettare l’invito.
“ Ok, vengo io!”.
Si alza e si avviano insieme alle macchinette poste in fondo al corridoio.
Stupide scarpe di Boris, le sento fare eco per tutto il corridoio.



***







“ Non l’ho mai visto così nervoso!” afferma Boris, inserendo le monete nel distributore.
“ Sta per diventare padre, è normale! Tra qualche ora sarà l’uomo più felice del mondo!” dico osservandolo da lontano.
“ Già…”. Anche Boris ha uno sguardo sognante puntato su Yuri “ E io diventerò zio per la seconda volta!” aggiunge poi, estraendo il bicchiere e porgendomelo.
“ La seconda volta?” chiedo sorpresa.
“ Sono o non sono lo zio preferito di Hope?” mi ricorda giustamente.
Sì, in effetti.
“ Hai ragione!” confermo, sorridendo e mescolando questo caffè.
“ Sembra brodaglia!” esclama disgustato, dopo averne assaggiato un sorso.
“ Sì, fa parecchio schifo!” . Concordo pienamente.
“ Forse è molto meglio quello che mi prepara Dana! Quel pizzico di rabbia che ci mette lo rende più buono!” commenta beffardamente.
Che scemo.


D’improvviso le porte dell’ascensore si aprono, costringendoci a voltarci in quella direzione, proprio dietro di noi. Sono i coniugi Hiwatari.
“ Bene, siamo al completo!” commento a bassa voce, buttando il bicchiere in un cestino posto lì vicino.

Avanzano verso di noi.
“ Sarizawa! Abbiamo appena letto il messaggio di Yuri e ci siamo precipitati di corsa!” spiega Eva, salutando poi Boris.
Hiwatari si limita solo ad uno sguardo, che si posa soprattutto su Boris. Si reggono lo sguardo a vicenda, per interminabili secondi, senza dirsi nemmeno un semplice ciao.
“ Forza, raggiungiamo Yuri!” dice Eva, trascinandoselo.
Boris lo segue con occhi sospettosi, poi decide di guardare altrove, finendo il suo caffè.
“ Qualcosa non va?” chiedo preoccupata.
Lui indugia per qualche attimo, poi butta anche lui il bicchiere. “No niente. È solo che sua altezza Hiwatari sembra estremamente geloso di ciò che reputa essere suo!” spiega in termini molto vaghi.
Ma che diavolo vuol dire?
Resto con un punto interrogativo, che lui ignora per chissà quali oscuri motivi.
“ Vado in bagno” dice poi andandosene.
Ooook.

***



Siamo tutti seduti qui, in attesa della nascita dei gemelli. In realtà non so nemmeno io perché siamo venuti. Eva ha tanto insistito.
Yuri è messo in piedi vicino alla porta in attesa che lo chiamino. Io sono in piedi con una spalla appoggiata al muro, mentre Eva siede qui vicino, curiosando sul suo telefono. E quei due sono là, seduti nella panchine opposte, sempre insieme, a confabulare ogni tanto qualcosa.
Ho incrociato più di una volta lo sguardo di Boris, fisso e penetrante, quasi volesse comunicarmi qualcosa. Non ci siamo più visti dopo il giorno del mio matrimonio. E poco fa, dopo averlo visto, mi sono venute in mente tutte le cose che ci siamo detti.
I miei pensieri vengono interrotti dall’aprirsi della porta. “ Yuri, forza entra!” lo avvisa un’infermiera. Questi, senza farselo ripete due volte, entra immediatamente.
“ Ci siamo!” sento dire ad Anya rivolgendosi al platinato.




***




“ Sei stata bravissima” dice Yuri, baciandomi in fronte e andando poi a osservare i gemellini nella culla. Sto ancora piangendo dalla felicità.
“ Sono stupendi, vero?”.
“ Sì…sono stupendi!” afferma con aria sognante. Poi viene a sedersi sul letto accanto a me, per accarezzarmi il volto.
“ Devo essere un disastro in questo momento!” dico sorridendo e asciugando alcune lacrime.
“ No…” sussurra lui, spazzandone via una.
Mi sorride. Si vede che è emozionato, ha gli occhi lucidi. Forse, per la prima volta potrei vederlo piangere. Ma so che il suo orgoglio e il suo temperamento fermo non gli permetteranno di far uscire quelle lacrime.
Non importa. Lo amo proprio per questo.
“ E tu sei riuscito a tenerti questo segreto per tutto il tempo!” commenta mia madre rivolgendosi  Yuri, con finto tono ammonitore.
“ Ve lo avevo detto che sarebbe stata una bella sorpresa!”.
È vero. È stata una vera sorpresa. Non immaginavo una cosa del genere.
Yuri si alza di nuovo. Non riesce a staccare da loro gli occhi. Sono così teneri.
Ed io sono così felice che potrei piangere per ore.




***

“ Un maschio e una femmina! Ommioddio!” esclamo con cuore colmo di gioia, dopo che l’infermiera ci ha gentilmente annunciato il lieto evento.
Porto le mani alla bocca, sinceramente sorpresa. Poi osservo Boris, che non sembra così emozionato, ma quantomeno un po’ sorpreso.
Scuoto il suo braccio “ Voglio vederli!”.
“ Sì, ok. Ora ci fanno entrare…credo!” dice Boris, per farmi calmare.
“ Beh, sì. Prima o poi ci faranno entrare!” aggiunge Eva, impaziente.


Dopo qualche minuto, esce dalla stanza la madre di Hilary che ci avvisa di poter finalmente entrare.
Ho il cuore in gola.
Ecco Hilary, semisdraiata sul letto. Ha il viso stanco, ma si vede che è felice.
“ Ragazzi, siete tutti qui!”.
“ Ciao Hilary, complimenti!” . Eva la raggiunge a braccia aperte e la abbraccia, mentre io le sorrido, sperando che non sia ancora troppo arrabbiata. Ma il suo sorriso mi suggerisce di no.
Mi avvicino, abbracciandola.  Mi è mancata troppo.
“ Mi sei mancata Anya!” mi sussurra all’orecchio.
“ Anche tu! Complimenti, sono stupendi!” dico, ammirandoli da lontano.
Ecco che adesso mi avvicino. C’è Yuri lì. Boris poggia la mano sulla sua spalla “ Wow, Ivanov. Li hai fatti veramente tu?” domanda ironico, beccandosi una brutta occhiataccia dal rosso.
“ Sono bellissimi!”. Sono completamente uguali, tanto che non si riuscirebbe a distinguere chi è il maschio e chi la femmina se non fosse grazie alle copertine, rispettivamente azzurra e rosa.
Ecco che Yuri e Boris si allontanano e rimango qui a fissare queste due meraviglie. Mi accorgo con la coda dell’occhio la presenza di qualcuno a pochi centimetri da me. Mi volto in sua direzione sorridendo, ma poi la mia espressione cambia non appena mi rendo conto che si tratta di Kai.
“ Sono davvero minuscoli….” Commenta pensieroso.
Beh, non possono mica nascere enormi.
D’altronde non lo biasimo. Non ha mai visto dei neonati. Non sa neanche com’era sua figlia…
“ Beh, dovevi vedere Hope, era ancora più piccola…” inizio a dire, ricreando la sua piccola immagine nella mia mente. “ è nata prematura”.  Aggiungo attirando su di me il suo sguardo. “ Ma tu questo non puoi saperlo… perché non c’eri!” concludo osservandolo con amarezza e poi allontanarmi e raggiungere Hilary.
Ha cambiato il cognome di sua figlia, ma non sa proprio niente di lei.


***



“Stai pensando a tutti i soldi che dovrai spendere in pannolini? Io ti avevo avvertito!” commento ironico, cercando di punzecchiarlo.
Lui sciacqua il viso e si guarda allo specchio come intontito, non degnandomi di una risposta.
“ Che ti prende?” domando stavolta preoccupato. È piu pallido del solito.
Si alza, asciugandosi il viso con un fazzoletto. Tiene gli occhi bassi. Lo scruto con attenzione, sta evitando il mio sguardo.
Cazzo, lui sta…porca miseria…
“ stai piangendo?” dico, dando voce, forse troppo in fretta, al mio pensiero.
Hai gli occhi rossi e qualche lacrima a metà.
Sono sconvolto.
L’ho seguito in bagno, pensavo solo volesse rinfrescarsi un po’ e invece…
“ Yuri, tu stai piangendo?”.
“ No, ma che dici. È a causa dell’allergia…” si giustifica, mantenendo gli occhi bassi.
Sorrido stizzito. Andiamo, si vede a un miglio che quelle sono lacrime vere. È solo troppo orgoglioso per ammetterlo.
“ Hey…” gli sussurro posando una mia mano sulla sua spalla e invitandolo a guardarmi. “ Ti vergogni di me? Andiamo!”. Abbiamo sempre condiviso tutto.
“ E’ solo che…” finalmente incrocia con esitazione il mio sguardo e deglutisce guardando poi altrove.
Ok, basta così.
Mi avvicino a lui in un abbraccio fraterno, poggiando una mano sulla sua testa, che adagia sulla mia spalla. Scuoto i suoi capelli e do qualche colpetto alla schiena in segno di incoraggiamento, e dopo qualche attimo di esitazione, anche lui fa lo stesso.
Non ci siamo mai lasciati andare ai sentimentalismi. È una cosa che entrambi odiamo. E non mi sembra di averlo mai visto piangere.
Anche se a volte ti prendo in giro, sono felice per te.
Sei diventato padre ed hai creato la famiglia che hai sempre voluto, fratello.


















Ciao a tutti!
Fiù -.- “ è stata dura scrivere questo capitolo. Non mi sembra vero di essere finalmente arrivata a questo punto. Io immagino certe scene mesi prima, anche se il capitolo che le tratterà è ancora lontano ahahah per esempio, già medito su alcune scene che avverranno in un futuro spero non troppo lontano.
Or dunque, mie care lettrici, rullo di tamburi ****** tadààà. Ecco a voi i gemelli Ivanov! Me li immagino carini e coccolisi con i capelli rossicci e paffutelli ^3^.
Bando alle ciance. Non hanno ancora un nome. In realtà, non ci ho minimamente pensato ^-^”. Si accettano suggerimenti. Vorrei trovare un nome di origine russa per la bambina e uno di origine giapponese per il bambino. Via al televoto!
Ahahah
In questo lungo capitolo sono successe un bel po’ di cose che mi sono venute in mente così, mentre scrivevo giusto per spezzare la tensione da una scena all’altra. In realtà, rileggendolo, in questo capitolo, mi sembrano tutti un tantino alterati e nervosetti ( come me in questo periodo di esami! … ebbene sì, io aggiorno sempre in periodo esami! Ormai mi sono resa conto di questo ^_^”).

Kai è stato costretto quasi a forza ad andare da un terapista di coppia ahahhaha questa idea è stata imprevista. Mi divertiva troppo. Ditemi cosa ne pensate XD Eva è matta. Su questo non c’è ombra di dubbio ahahah
E Boris ha rischiato la vita in auto con Anya. Completamente negata a guidare. XD
Infine abbiamo assistito al pianto di Yuri. Secondo me era giusto uno sfogo da parte del russo. Ha preferito piangere sulla spalla dell’amico, piuttosto che farsi vedere dalla mogliettina. Il solito orgoglio dell’uomo che non deve! (cit. pubblicità profumo Hugo Boss). Non immaginatevi un pianto a cascate eh. Erano giusto due lacrimucce di gioia, preso dall’emozione del momento XD
Ma saranno ancora lacrime di gioia nei giorni a venire? Quando i due gemelli inizieranno a piangere per la puntuale poppata delle tre di notte?
Lo scopriremo nella prossima puntata!

Vi ringrazio per le vostre recensioni! E a voi che leggete!
Un bacione

Henya
   
 
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