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Autore: Mikirise    22/01/2018    0 recensioni
Tony ha incontrato Steve a 17 anni. Quando si sono sposati, aveva 21 anni. Adesso ha 24 anni e nessuno dei due vorrebbe davvero divorziare.
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Thor, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prima


Tony batte le punte delle scarpe sotto il tavolo, prima di poggiare il mento sulla mano a coppa e alza lo sguardo su Steve, che poggia le due tazze di caffè sul tavolo e si siede di fronte a lui, mentre lancia occhiate nervose al cellulare del ragazzo, che è posato con lo schermo verso il piano di legno del bar. “Hai sentito tuo zio?” chiede con cautela, afferrando una bustina di zucchero e aprendola distrattamente.

Tony alza le spalle e si porta la tazza di caffè lungo direttamente alle labbra, probabilmente in astinenza dalla sostanza da veramente troppo tempo. Steve lo osserva con un sorriso tenero, felice, quasi. Con Tony sono amici da qualche mese e sente che non potrebbe tornare indietro neanche se volesse. E non lo vuole. Questi momenti, in cui sono rinchiusi in una bolla, solo loro due, sono i momenti per il quale si è reso conto di voler vivere. Vivere per davvero. Senza il fantasma di suo padre alle spalle, senza il pensiero di sua madre, senza il pensiero del debito scolastico, o di qualunque altra cosa che lo attanaglia. Quando sta con Tony Steve è solo Steve. E Tony è quell'isola di arte e caos che ha sempre adorato. Ma non saprebbe descrivere questi sentimenti. Non a parole. Quando Tony allontana la tazza dalle labbra e sembra averla svuotata, Steve sta ancora girando il cucchiaino nel caffè. “Vorrebbe che tornassi a disegnare armi per la SI, come facevo prima con la supervisione di papà. Dice che quest'idea di Jarvis di farmi godere la fine della mia adolescenza sia una perdita di tempo e di talento” risponde e si gratta nervosamente la testa, prima di riprendere in mano la tazza e finire in un sorso il liquido marrone e amaro che questa conteneva. “Non so se mi vorrebbe come socio o come impiegato, però.”

“E tu vorresti essere socio, o impiegato?” chiede ancora Steve, sistemando la bustina vuota di zucchero e schiacciandola contro il tavolo con gesti meticolosi.

Tony sospira. “Non lo so” mormora, guardando fuori dalla finestra. “C'è qualcosa che non va nell'azienda di papà. Solo che non capisco che cosa. Ho la sensazione che lui abbia fatto qualcosa d'importante. A dirla tutta, non è stato un gran padre, ma era un gran uomo d'affari. Non so se voglio diventare un gran uomo d'affari ma non una gran persona. Non so nemmeno se sono pronto a seguire i suoi passi. Ma mi t'immagini? Io? CEO delle Stark Industries? Nah. Non vorrei nemmeno essere come -sai quel ragazzo della Rand? Danny Rand? Eh. Non vorrei essere soltanto il viso dell’azienda e poi averci a che fare poco o niente. Io il mondo lo voglio -mio padre, zia Peggy dice che anche mio padre lo voleva fare. Rivoluzionarlo. Magari è stata l'azienda a fermarlo.”

“Magari ha rivoluzionato il mondo in modi che tu non vuoi vedere.”

“Oh, sicuramente Howard ha rivoluzionato il mondo. Solo che non sono sicuro lo abbia fatto per il meglio.”

“Magari la Stark Industries è un semplice scendere a patti con la società. Un modo di crescere.”

Tony abbassa lo sguardo e, con la mano libera, prende a tracciare cerchi sull'orlo della tazza di caffè vuota. “Io non voglio crescere così. Mi sembrerebbe di rinunciare a me stesso” mormora e poi tira un sospiro. “Comunque non sono obbligato a farlo adesso, quindi.”

“E c'è un modo in cui vorresti crescere?” chiede divertito Steve, portandosi la tazza alle labbra e bevendo un sorso caldo. Guarda Tony sorridergli di lato attraverso le ciglia e scuotere la testa.

“Non ho intenzione di crescere.”

“Non mi sembra un buon piano.”

“Perché tu hai un piano?”

Steve poggia la tazza sul tavolo e finge di pensare alla risposta da dare. La verità è che non ne può dare una. Perché lui, al contrario di Tony, è già dovuto crescere. “Beh,” inizia teatralmente, “visto che secondo alcune persone io avrei la morale di un cittadino americano degli anni Quaranta, direi che ho più o meno novant'anni e che sono tecnicamente cresciuto” risponde leggermente e vede le labbra di Tony dividersi in una risata.

“Non ci posso credere che stai usando quella carta con me” esclama tirando giù la mano che sosteneva il mento. “È come se -uau, non ci posso credere che stai usando quella carta con me.”

“Tu hai usato la carta del ragazzo ricco che non sa che cosa fare della sua vita, quale altra carta avrei dovuto usare?”

“Quella del ragazzo di Brooklyn! Dai, lo sai che la carta del semplice ragazzo di Brooklyn sarebbe stata meglio del sono un vecchio dentro!”

Steve scuote la testa e sorride. “Sono abbastanza sicuro che non avrebbe funzionato neanche quella.” Beve un altro sorso. “E poi come avrei potuto collegare quella con la questione dell'età?”

“Non lo so. Cose come noi ragazzi di Brooklyn dobbiamo maturare prima. Avrei preferito avessi usato quella carta, invece che una battuta, una Steve, fatta mesi fa. Una volta, Steve.”

“Una volta?” Steve sbatte le palpebre e alza le sopracciglia. “Allora, c'è stata la volta che ti ho visto bere e tu mi hai chiesto se avevo problemi con cose del genere visto che avevo la morale di un novantenne. Poi quella volta in cui siamo stati arrestati e tu, mentre eravamo in galera Tony, mi hai chiesto se avevo problemi visto che ero nato nei Quaranta. E quella volta che siamo andati a vedere una gara illegale di corsa e tu hai gridato a tutti di non andare troppo veloce, altrimenti il vecchietto che stava con te, cioè io, sarebbe morto per un infarto.”

“Devi dire che da quando sono entrato nella tua vita hai fatto un sacco di cose illegali.” Tony arriccia le labbra in un sorriso, mentre si gratta la tempia. “Forse dovresti ripensarci sulla storia dell'arruolarti. Magari dovresti diventare, non lo so, professore di Storia dell'Arte.”

“E poi perdere il titolo di Capitan America? Mai.”

Tony scuote la testa sempre con quel sorriso sereno, che presto si sfuma, mentre il ragazzo prende a guardare verso il basso. “Beh, Capitan America è un gran bel nome” riprende dopo qualche istante. “E staresti bene in calzamaglia. Forse è una buona occasione per dirti che ti ho visto nudo.”

“Ci siamo visti nudi.” Steve aggrotta le sopracciglia. “Voglio dire, anche io ho visto te nudo.”

“Lo so, voglio solo che ti sia chiaro. Sai, visto che hai la memoria di un novantenne.”

“Siamo arrivati a quattro volte. Poi non dirmi che non posso usare questa carta contro di te.”

“Ne è valsa la pena.” Tony sorride e lancia uno sguardo al cellulare, che ha ancora lo schermo puntato verso il basso. Sembra volersi allungare e prenderlo in mano, ma combatte per non doverlo fare. Si gratta ancora una volta nervosamente la nuca.

“Stai aspettando un'altra chiamata da tuo zio?” chiede Steve col tono di qualcuno che la risposta già la sa, ma fa la domanda per farti parlare. Tony inclina la testa e deglutisce, ma non risponde. Steve sospira. Conosce Tony da qualche mese ma sente di sapere come si comporta normalmente. Crede di aver capito anche la maggior parte dei motivi che lo portano a comportarsi in un modo o in un altro. Lo conosce da pochi mesi, è vero, e gli piace. Steve sa che Tony gli piace. Forse più del previsto. Sa che è intelligente, sa che riesce a cambiare argomenti velocemente quando non vuole parlare di qualcosa che gli sta troppo a cuore. Sa che ride facilmente. Sa che non piange poi così facilmente. Sa che per qualche strana ragione lo considera suo amico e che Jarvis non si è ancora pronunciato su questa loro amicizia. E sa anche che questa non potrà mai essere più di un'amicizia. Perché. “Stai aspettando una chiamata da Ty?”

Tony sospira e guarda verso il basso. Poi sorride debolmente e alza una spalla. “Patetico, vero?”chiede.

E se Tony in quel momento è patetico, beh, Steve lo è un po' di più.









 

III consulenza individuale

Steven si gratta l'attaccatura dei capelli e prende un respiro profondo. Sembra chiedere con gli occhi se quello che Thor gli ha chiesto di fare è proprio necessario e, davanti al suo assenso, sospira, grattandosi dietro un orecchio. “Quando ci siamo incontrati io e Tony, avevo diciannove anni ed ero riuscito ad entrare al college, posto in cui ho incontrato per la prima volta Sharon. E poi Janet. Loro sono state il mio ponte per arrivare prima a Peggy Carter, un mito immagino per tutti, e poi a Tony stesso” ripete le frasi come se fossero il riassunto di una missione a cui ha partecipato. Thor annuisce lentamente, incitandolo a continuare a parlare, nonostante siano cose che poco prima ha detto ad alta voce, incalzato dalle domande continue.

“Ai tempi avevo provato un qualche sentimento per Sharon, che però è andato mitigandosi col tempo e soprattutto con la conoscenza di Tony, che mi ha offerto un'amicizia incondizionata. Sono state le nostre parole, devo dire. E dopo qualche tempo che i miei sentimenti per Sharon erano completamente svaniti, sono comparsi quelli per Tony, che in un primo momento non erano poi così evidenti, solo per poi diventare sempre più forti, tanto da essere impossibile da evitare il riconoscimento di questi e poi la mia accettazione. Infatti, penso che sarebbe stato difficile non innamorarsi di Tony. Non quando eravamo così vicini emotivamente. E comunque, se si ha intenzione di innamorarsi, lui è la persona ideale per il suo carattere. Quando mi sono reso conto di essere innamorato di lui, era già tardi.

“Allo stesso tempo non pensavo che Tony potesse mai ricambiarmi, e quindi penso che la seconda parte della nostra amicizia ero io che gridavo in silenzio ogni volta che lui nominava questo ragazzo di nome Tiberius.” Si sistema sul divano e prende un respiro profondo, chiudendoli per mezzo secondo. Quando li riapre cerca conferma da parte di Thor per continuare a parlare. Sembra che prendere distanza emotiva dal racconto gli dia un falso senso di sicurezza, che a volte perde, quando alcuni sentimenti abbastanza forti tornano a bussare violentemente. Steven si concentra per continuare a parlare. “Ty.

“Ty era una costante nei pensieri di Tony. E per quanto lo fossero forse in ugual misura anche Rhodey, Jarvis e Janet, l'ossessione per quel che riguardava Ty, la sua preoccupazione e il suo modo di comportarsi era ovviamente quello di qualcuno infatuato di un amico. Secondo le parole di Janet, Ty era un ragazzo talentuoso e affascinante. Lei non lo ha detto, ma dal suo modo di parlarne avevo capito che non sarebbe stato quel tipo di ragazzo che Tony avrebbe dimenticato per me. Nonostante Rhodey odiasse con ogni sua parte di essere questo Tiberius.” Si schiarisce la gola e prende un altro respiro profondo. “Devo dire che comunque io non avrei mai avuto il coraggio di chiedere nulla a Tony. Non più di quello che già avevamo. Mi andavano bene i caffè tra un impegno e un altro, dei messaggi sul cellulare che sembravano essere rubati a qualche altro periodo storico e quelle sporadiche passeggiate, con lui e i suoi occhiali da sole e il suo cappuccio.

“Tutti abbiamo un amore platonico e idealizzato. Quel tipo di persona di cui ti innamori e per il quale rimarrai innamorato per tutta la vita. Per Tony sarebbe potuto essere Ty. Per me sarebbe potuto essere Tony.

“Ricordo che il soggetto più ricorrente nei miei quadri di quel tempo, di quelli che mi chiedevano come compiti, era lui. Ricordo di averlo anche infilato tra alcuni paesaggi, mentre guarda verso il basso, o verso l'alto, con il suo sorriso curioso e i suoi occhi che non hanno mai fatto altro che studiare il funzionamento delle cose intorno a lui.

“Non era un buon periodo per me.” Si blocca e guarda verso il basso, in un chiaro comportamento di colpa. Si vede costretto a continuare a parlare. Lo fa per dovere, non perché si senta molto meglio nel farlo. Thor infila anche questo nei suoi appunti. “Mio padre era morto poco tempo prima e invece di sentirmi triste o in colpa o in qualche altro modo che ho visto negli occhi di Tony quando l'ho incontrato per la prima volta, nel funerale di Howard Stark, mi sentivo sollevato, nonostante mia madre si fosse gettata sul lavoro, mettendosi in testa di volermi pagare il college, per poi rendermi libero di non pagare un debito scolastico così alto. Non la vedevo molto, in quel periodo. Pensavo che anche lei si sarebbe sentita sollevata al non avere più mio padre intorno, invece era consumata da un lutto che non capivo. Non per un uomo così... non per un uomo così.

“In più, mi ero risvegliato all'età di diciannove anni riscoprendomi essenzialmente solo.” Si gratta la testa in un gesto imbarazzato. “Il mio unico amico James Barnes era partito per un periodo prolungato, abbandonando temporaneamente studi e carriera militare per aiutare la sua famiglia che, coinvolta in un affare non molto chiaro, si era dovuta spostare in un luogo non specificato. Bucky è tornato qualche anno dopo, quando Tony mi aveva trovato un posto tra Janet e Hank, e mi ero riscoperto capace di instaurare amicizie, anche intime, senza un faro a guidarmi. Ma ai tempi in cui stavo scoprendo di amare Tony non avevo nessuno con cui parlarne. Non c'era nessuno per parlare di nulla, a dirla tutta.

“Molto spesso mi chiedo se Tony sappia quanto mi ha aiutato. Non credo. Non credo sappia che, in un modo tutto suo, col suo esserci, anche se per poche volte, anche se non sempre, mi ha dato una -grazie a lui ho avuto di nuovo una casa, nella quale mi sono potuto rifugiare quando mia madre si è ammalata.” Abbassa lo sguardo e scuote lentamente la testa. “E non so nemmeno se lui queste cose le sa.”

“Potresti dirgliele” consiglia Thor.

Steven alza le sopracciglia. “Okay” risponde, asciugandosi le mani sui pantaloni. “Nessuno dei due ha preso veramente il coraggio per decidere di stare insieme. È solo successo.” Sorride. “E la cosa che ricordo di aver pensato era che anche se in quel momento quello che aveva nella testa e nel cuore Tony era Ty, quel ragazzo misterioso, alto, affascinante, ricco, intelligente, che lo ha spronato a dare il meglio, che lo ha sfidato e io ero probabilmente niente in confronto e per me andava bene. E per me andava bene. Non sono mai stato una persona che decide di avere ogni cosa per sé e Tony non penso sia una persona che possa essere imprigionata in nessuna relazione. Lui poteva essere il mio grande amore non veramente corrisposto. In un certo senso mi ero preparato ad essere abbandonato. Finché non ho capito che non sarei riuscito a fare a meno di lui. Che non avrei trovato un altro motivo per adattarmi alla vita al di fuori dell'esercito se non lui. Mi ha riportato alla vita più volte di quello che crede.

“Mi hanno sempre detto che sono una persona melodrammatica, ma penso sia una reazione abbastanza ragionevole ricadere in uno stato di torpore, se non ci fosse lui.” Sorride a una battuta che Thor non coglie, e poi alza le spalle. “È per questo che gli ho chiesto di sposarmi. E lui ha detto sì.”

“Vorrei che tu mi raccontassi del momento in cui ti sei reso conto che...” Fa un gesto ampio della mano. “Il momento in cui hai capito quanto lui fosse indispensabile per te.”

Steve sbatte lentamente le palpebre e prende un altro respiro profondo. Sembra essere un modo per prendere il coraggio di parlare di alcune cose. Soprattutto quando queste cose lo fanno sembrare ai suoi occhi un uomo egoista. “Gli Stark possiedono alcune terre non coltivate, sulle quali non hanno costruito niente e c'era un terreno che Jarvis ha voluto che Tony andasse a vedere, non per venderla e nemmeno per fare niente che fosse legato ad un guadagno economico. Sembra che suo padre avesse in mente un progetto per quelle terre, ma che non aveva avuto il tempo di pensarlo nei dettagli. Sembra volesse costruirci sopra una casa di famiglia, un'idea un po' strana, forse datata, secondo la quale tutti i discendenti Stark avrebbero potuto trovare in quel posto la propria casa.

“Tony non è mai stato troppo sicuro di voler coltivare lo stesso progetto e stava lì, in mezzo a tutto quel verde con i suoi occhiali da sole e le mani nelle tasche. Mi aveva chiesto di accompagnarlo perché non importa quanto tempo passi, non sembra essere così sicuro sul suo passato, come invece lo è sul suo futuro. Soprattutto quando viene nominato Howard Stark.

“Avevo deciso che la cosa migliore fosse guardare verso il verde, l'erba e la terra che si estendevano per chilometri e la presenza calda e rassicurante di Tony accanto a me. Mi ricordo di avergli chiesto che cosa avrebbe voluto costruire lì. Lui mi ha risposto facendomi la stessa domanda e io mi ricordo di aver guardato tutta quella terra e aver risposto che avrei creato una casa con le mura di vetro, ma che non avrei mai rinunciato al porticato, perché sono quei posti in cui ti devi trovare a una certa età, per parlare male dei giovani e spettegolare con gli amici. Tony è scoppiato a ridere. Ha puntato un qualche lato del campo e ha detto che il porticato lo avrebbe orientato da quella parte, così avremmo potuto giocare a scacchi, come se fossimo il capitano Kirk e il signor Spock e avremmo guardato il tramonto e parlato di quanto fosse migliore il futuro che noi avevamo sognato, piuttosto che come si è rivelato.

“È stata la prima volta che mi sono azzardato a vedere un futuro con lui. Uno vero. Uno lontano. Tra l'addestramento e mia mamma, sono sempre stato ancorato al presente. E se non al presente al passato. Quando lui ha detto quelle parole, ho sentito di non riuscire più a respirare. Non sono più riuscito a tornare indietro.

“Mi sono girato verso di lui e gli ho detto sposiamoci. Lui ha riso e ha detto che avremmo potuto costruire una casa lì per la nostra famiglia anche se io non avessi preso il cognome Stark, e quindi non dovevo affrettarmi. E devo dire che lì ho sudato freddo io. Perché era stato un istinto che non ero riuscito a fermare, un impulso del momento, non qualcosa di ragionato. Forse in quel momento Tony era già andato avanti per quello che riguardava Ty, ma c'erano miliardi di persone là fuori, che non dovevano essere assenti per i tre quarti dell'anno per un addestramento e che si potevano permettere un anello, e un'educazione degna di stare al fianco di una mente brillante come quella di Tony. E Tony non è mai stato un tipo da matrimonio. Non per come si è sempre presentato.

“Ma mi ha guardato negli occhi.” Steven ha lo sguardo puntato verso un punto lontano, probabilmente riguardando attraverso la memoria il viso di Anthony. “Si è tolto gli occhiali da sole e mi ha guardato per un lungo attimo in cui ho avuto paura che mi dicesse di smetterla di scherzare. Invece mi ha sorriso e ha detto va bene. E ha detto non c'è altra cosa al mondo che vivere questo con te. E penso che in quel momento, in quel preciso istante, sono stato l'uomo più felice di tutta la terra.”

Thor annuisce lentamente e lancia uno sguardo sul genogramma tra le sue mani. Poi torna a guardare negli occhi Steven, che si guarda intorno disorientato. “Mi ha molto colpito la tua descrizione del rapporto tra tua madre e tuo padre” commenta lentamente. “Sembra che tu non riesca a comprendere la loro relazione.”

Steven aggrotta le sopracciglia, congiungendo le mani in un gesto pacato. “Mio padre era la feccia della peggior specie” dice lentamente, scandendo bene ogni parola. “Mia madre è una delle donne più forti e buone che io abbia mai conosciuto. Come poteva un mostro come lui tenere legata una donna come lei? Come può farlo anche adesso? Anche dopo la morte?” Scuote la testa e sembra volersi scrollare di dosso tanti pensieri inutili, tante parole piene di rancore. “Non è qualcosa che mi voglio spiegare.”

Thor annuisce per rispondere alle sue parole e sistema la schiena contro la poltrona. “Pensi sia stato a causa del matrimonio?” chiede pacatamente. “Che il matrimonio abbia unito due anime così diverse, per sempre? Che abbia creato un legame che, nonostante il dolore inflitto da Joseph, li ha tenuti insieme. Nel bene e nel male.” Perde il tono di domanda volutamente a metà discorso, per osservare una reazione da parte dell’altro, che stringe semplicemente i pugni.

Steven si tira in avanti col busto, con le sopracciglia aggrottate. “Io non sono come mio padre” dichiara a voce più alta di quanto la conversazione richieda. Appena se ne rende conto abbassa lo sguardo e si tira indietro. Chiede scusa per la sua rabbia attraverso la comunicazione non verbale.

“Non ho mai voluto presumere il contrario” risponde Thor.

“Io non voglio fare del male a Tony” continua Steven, mantenendo le sopracciglia aggrottate e le mani congiunte, quasi stesse pregando.

“Di questo siamo consapevoli entrambi.”

La stanza cade in un silenzio teso, che sembra ricadere sulle spalle di Steven. Si curva su se stesso, ingobbito di un senso di colpa che non dovrebbe appartenere a lui. Deglutisce una, due, tre volte, prima di sentire di poter avere di nuovo il controllo su di sé. “Ma...” La voce roca lo tradisce e si ritrova a doverla schiarire. “A volte mi chiedo se non ho già fatto male a Tony” confessa con un fil di voce. “Legandolo a me in questo modo, infilandomi nella sua vita, prendendo un posto che forse non è neanche mio, chiamandolo casa mia, chiedendogli di sposarmi, a volte mi chiedo se -se sia giusto che si debba trascinare un peso morto come me. Se mai si riuscirà a liberare da un peso come me, a questo punto.” Scuote violentemente la testa e chiude gli occhi. “A volte, quando mi sveglio mi chiedo se riuscirà mai a perdonarmi per questo.”

Thor scuote impercettibilmente la testa e scrive ancora sui suoi appunti.









 

Dopo

Tony lo guarda con fare circospetto. Inclina la testa da una parte, poi da un'altra e si siede accanto a lui in un silenzio imbarazzato. Sembra voler dire qualcosa. Anche Steve vorrebbe tanto dire qualcosa, ma sente di non potere.

Ha imparato con gli anni che quando parli di cose che vorresti dire ma che non hai detto per tanto tempo, insieme a quelle parole escono tante altre, buone, cattive, nascoste da anni e anni, e c'è così tanta oscurità in lui, così tanta, che non potrebbe mai rigettare su Tony, che è rimasto così pieno di luce, così pieno di vita.

Tony allunga dubbiosamente la mano su di lui, fino ad arrivare alla sua famosa ferita di guerra che gli ha portato una medaglia al valore e gli è costata la carriera militare. La mano di Tony viaggia con delicatezza sul suo ginocchio e i suoi occhi cadono sugli occhi di Steve, prima che si chiudano e prima che poggi la testa sulla sua spalla. “Lo capisci che non posso perdere anche te?” chiede a bassa voce, contro la maglietta di Steve.

“Lo capisci che per me è la stessa cosa?” gli risponde, posando le labbra sui suoi capelli e rimangono ancora in silenzio. Sente le lacrime di Tony, perché lui è così, è dannatamente emotivo e se ne vergogna come se fosse ancora un bambino a cui il padre grida di smetterla di piangere.

Ma con Steve può farlo. Porta una mano sulla sua testa e gli accarezza i capelli con dolcezza. Con lui Tony può piangere. È il minimo, dopo tutto quello che ha fatto per Steve. È l’unica cosa che si ritrova capace di fare, nonostante tutto l’amore che prova per Tony.







 
  
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