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Autore: missiswolf03    25/01/2018    0 recensioni
"Attenta a ciò che desideri, Sol, perchè un giorno potrebbe avverarsi"
*
Sol ha diciassette anni, lunghi capelli color miele e unghie perfettamente curate. Vive a Milano, va a scuola, si diverte... forse. Perché quando sei la figlia del più grande imprenditore del millennio e di un'ereditiera brasiliana, non è che tu possa andare proprio dove vuoi, non è che tu possa fare proprio come vuoi... non è che la tua vita sia proprio in mano tua. Sol vuole scappare, vuole andarsene, lo ha sempre desiderato... Ma è davvero quello che vuole? Una notizia sconvolgente, una rivelazione scioccante, un viaggio verso la sua nuova esistenza. Riusciranno otto ragazzi a farle tornare il sole negli occhi e a placare il vento che le scombussola il cuore?
{Illuminati Crew}
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, Crack Pairing | Personaggi: Illuminati Crew, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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16 Settembre 2017

Stamattina alzarsi è stata un'impresa. Avevo una voglia pazzesca di chiudermi a chiave nella mia stanza e non uscire più, o di prendere e scappare, andare a casa di qualche amico e far perdere le mie tracce. Poi però mi sono ricordata che non ho mai avuto un vero e proprio amico, che non si avvicinasse a me solo per il mio nome e il mio patrimonio. O almeno, non dopo di lui. Se solo ripenso a quanto ho sofferto credendolo morto... Non so se riuscirò mai a perdonare questa “piccola bugia” a mio padre. Comunque, ciò che è fatto ormai è fatto, e ora sono io quella che ci rimette, sono io che sto per salire su questa maledettissima auto che mi porterà lontano da Milano, lontano dalla mia famiglia, tutto pur di tenermi lontana da lui e da quel segreto che avrebbe dovuto rivelarmi, ma che non è mai uscito fuori da quelle quattro mura della sua stanza. O così credevo. È... è tutto così confuso, la mia vita nell'ultimo anno... è tutto una grandissima puttanata. Sono uscita di casa velocemente, non ho preso che pochi oggetti personali; qualche foto, il mio quadernino, il portatile e dei vestiti, il resto me lo invieranno poi. Non ho nemmeno salutato mia madre, non ne ho avuto l'occasione, si è chiusa in camera sua a piangere da ieri. Anche per lei è dura doversi separare da me, ma non oserebbe mai andare contro il volere di mio padre. Prego con tutta me stessa che stia bene in mia assenza. È l'unica che mi è stata vicina in questo ultimo anno infernale, e ora io non potrò essere lì per lei... Questo non fa che far accrescere l'odio che provo nei confronti di mio padre, che non si meriterebbe di essere definito tale. Mi ha sempre fornito tutto ciò che una figlia potrebbe volere, eccetto la cosa più importante: il suo affetto. La prima volta che mi ha dato un bacio avevo dieci anni ed eravamo ad una cena di gala, la sera del mio debutto nella sua cerchia di “amici”. Lui mi stava presentando a tutti, ricordo che quella sera ha speso parole che non gli ho mai più sentito dire nei miei confronti, parole d'affetto, parole che avevo atteso per dieci lunghissimi anni. Ad un certo punto, una coppia di giovani signori si era avvicinata, ed aveva iniziato a farmi i complimenti. Io non sapevo come comportarmi, mi era stato detto di non aprire bocca, di stare ferma e sorridere. Parlava lui per me, io nemmeno ascoltavo. Dopo poco ho sentito che qualcuno aveva poggiato le sue labbra sulla mia fronte. Appena ho capito chi era, ho provato una sensazione di fastidio immensa, e mi sono scansata. Ero terrorizzata. Mi ha rivolto un'occhiata durissima, ma poi l'ha buttata sul ridere coi suoi amici, rimasti un po' sbalorditi. Non ho mai preso tante botte quante quella sera. Però in compenso non mi ha mai più neanche provato a dare un bacio. Scaccio dalla testa questi pensieri. Non voglio ripensare a lui. Non voglio saperne più nulla di lui. Guardo fuori dal finestrino, cercando di capire dove questo viaggio infinito mi stia portando. In lontananza riesco a scorgere un cartello dell'autostrada. Uscita per Roma. Ecco dov'è la mia prigione. Sposto lo sguardo sulle macchine che ci sfrecciano affianco. Non sono tante, il traffico scorre bene a quest'ora di mattina, o meglio di notte. Un auto rossa ci passa vicino. È una famiglia, coi bambini che dormono e i genitori che fissano la strada. Un particolare cattura la mia attenzione: lui guida e nel frattempo tiene una mano sulla coscia di lei, che giocherella con le sue dita. Deglutisco, mentre le lacrime premono per uscire. Anche lui lo faceva. Distolgo lo sguardo, e mi sforzo di concentrarmi sulle note della canzone che esce dalla radio. Un altro colpo al cuore. Stanno passando “D'improvviso”, di Lorenzo Fragola. E di nuovo tutto mi riporta a lui. È ovunque. Chiudo gli occhi, mi tappo le orecchie e mi porto le ginocchia al petto, tanto l'autista se ne frega altamente. Non voglio sentire, vedere o provare niente, non adesso. Piano piano sento le palpebre farsi sempre più pesanti, finché non c'è più niente che non sia il vuoto.


 

*


 

Apro gli occhi. La macchina è ferma davanti a una palazzina. Non sembra essere nel centro di Roma, forse è una periferia. Fuori dal finestrino riesco a vedere l'autista che conversa animatamente con un uomo che non riconosco. Che sia il mio carceriere? Dalle rughe leggere e i capelli leggermente brizzolati sembra aver passato la trentina ed essere vicino ai quaranta, a metà strada più o meno, forse ha trentacinque anni. Mi sforzo di collegare il suo viso a quello di qualcuno che conosco, ma non ho proprio la più pallida idea di chi sia, e il fatto che porti gli occhiali da sole non mi aiuta. Non riesco a sentire cosa si dicono, così mi limito a fissarli. L'uomo sembra molto arrabbiato, ha una vena che gli pulsa sulla fronte. L'autista è sempre calmo e contenuto, come suo solito, anche se vedo piccole macchie di sudore sul colletto della camicia, segno che proprio tranquillo tranquillo non è. Decido di scendere per vedere di capire che sta succedendo. Apro la portiera con delicatezza, e faccio per alzarmi e uscire dalla macchina, quando le mie ginocchia decidono di cedere. Sento che l'impatto con l'asfalto è vicino, eppure due braccia forti mi fermano prima che mi sfracelli le gambe. Alzo la testa e vedo due occhi azzurri che mi fissano. L'uomo mi appoggia con dolcezza a terra, e poi mi aiuta a rialzarmi. Vorrei sotterrarmi per la bellissima figura appena fatta. Faccio per scusarmi, quando vedo che l'uomo mi sta fissando incredulo. Sembra abbia visto un fantasma.

- Signore, si sente be...-, faccio per chiedere, ma lui mi interrompe.

- Soledad...-, sussurra.

Lo fisso, senza capire. Mi conosce? Se si, perché io non conosco lui?

- Scusi, ci conosciamo? Signore?

Sembra risvegliarsi improvvisamente.

- Oh, no, scusa, non mi sono presentato. Mi chiamo Mauricio Vieira, ma tutti mi chiamano Brazo. Non era mia intenzione fissarti, ma sei uguale a tua madre... Scusami, davvero.

Sorrido, sembra davvero simpatico.

- Non deve scusarsi, è tutto a posto, davvero.

- Ti prego, dammi del tu, mi sento vecchio altrimenti.

Sorridiamo entrambi. Se questi sono i presupposti, forse andarmene da quella casa grigia non è poi un gran male... Poi ripenso a mia madre, e un'ombra mi scivola sugli occhi. Cala uno strano silenzio, quasi imbarazzante. L'autista, che fino ad ora era rimasto in silenzio, si schiarisce la gola.

- Bene, io... Prenderei i bagagli, allora...

- Si, la aiuto...

Mauricio, anzi, Brazo, si dirige verso il bagagliaio.

- Sol, tu sali in casa intanto, c'è mia moglie, dille che sei un'ospite.

Annuisco, ed entro nella palazzina. Non c'è l'ascensore. Fantastico. Comincio a salire le scale, poi mi ricordo che non so a che piano è la casa. Così mi fermo al primo e inizio a scorrere i nomi sui campanelli. Fortunatamente lo trovo subito. Almeno le scale sono poche. Suono. Una giovane donna con i capelli neri e gli occhiali mi apre. Sento i suoi penetranti occhi azzurri che mi scrutano. Faccio per aprire bocca, ma lei mi precede.

- E tu saresti...?

- Sono Soledad Rossi, piacere, sono un' ospite di suo marito.

Riesco miracolosamente a non balbettare. Non so perché, ma improvvisamente mi sento a disagio.

-Ah. Non sapevo aspettassimo qualcuno...

“Nemmeno Brazo”, penso.

- Vabbè, ne parleremo poi. Vieni, entra, scusa per il disordine, ma Alice tende a lasciare i suoi giocattoli a giro..

Entro in casa, cercando di evitare i cavallini e le barbie lasciati per terra, e seguo la donna in quella che deduco sia la cucina. È così strano, questa casa è davvero piccola... eppure ci vive una famiglia di tre persone. Questo si che è ottimizzare lo spazio.

- Siediti, che ti preparo qualcosa. Avrai fame a quest'ora della mattina, se come penso arrivi da Milano.

Si mette ad armeggiare con i fornelli. Se prima ero a disagio ora lo sono ancora di più. Mi sta preparando la colazione.

- Non importa, davvero, sto bene...

Mi zittisce con un dito, e mi mette davanti una tovaglietta e una tazza di cappuccino.

- Intanto bevi questo, mentre i pancakes cuociono.

Rassegnata, bevo il cappuccino. Il liquido caldo mi entra nelle ossa, risvegliandomi da quel torpore dovuto al viaggio, e risvegliando, quindi, anche il mio stomaco, che comincia a brontolare. La donna si gira e mi guarda, mentre io vorrei sotterrarmi. Di nuovo una bellissima figura, yeah! Siamo già a due e sono qui da venti minuti. Iniziamo proprio col botto. Mi aspetterei che si voltasse anche lei, disgustata da quel rumore così poco fine e raffinato, invece scoppia a ridere. La osservo, basita, ma poi rido anch'io. Okay, lo ammetto, è divertente. Lei mette il cibo in un piatto, me lo sistema davanti e poi mi si siede di fronte. Osservo quei pancakes, sembrano deliziosi, così non mi faccio pregare due volte e gli do una forchettata. Lei mi guarda mangiare, con un sorriso. Avrà almeno trent' anni, forse di più, ma è comunque una bellissima donna. Ha un piccolo piercing al naso e un paio di tatuaggi. Sembra proprio il tipo di ragazza che sembra buona, ma in realtà è super tosta e testarda. Finisco di mangiare, e appoggio la forchetta nel piatto.

- Era tutto buonissimo, grazie mille...

Mi accorgo di non sapere il suo nome.

- Oh, scusa, non i sono nemmeno presentata, sono Valentina.

- Grazie, Valentina.

Sorridiamo. Sono stupita da come questa famiglia sia così disponibile verso di me, non sanno nemmeno chi sono, non ho fatto niente per loro... Valentina interrompe i miei pensieri.

- Allora, Soledad, cosa ti porta qui? Voglio dire, come ci sei finita in questa periferia?

Non so come rispondere, perché in realtà non so neanch'io come mai sono qui, perciò decido di raccontarle la verità, tutto, persino il fatto che papà mi ha spedito qui per tenermi lontano dalla persona più importante della mia vita, dopo avermi fatto credere che fosse morta... Senza fare nomi. Valentina mi ascolta, in silenzio. Quando finisco il mio racconto, sento che una lacrima sta scendendo lungo la mia guancia. Sembra essersene accorta anche lei, perché mi abbraccia di scatto. All'inizio non so cosa fare. Non la conosco nemmeno. Però poi mi sussurra all'orecchio queste semplici parole:

- Non dovrai più piangere, vedrai...

Me le disse anche mia madre, non appena mi dissero che lui era morto... Non resisto più, così scoppio in un pianto liberatorio, e la stringo forte. E lei non mi lascia, anzi, mi stringe più forte. Dopo un po' riesco a calmarmi, a placare i miei singhiozzi. Ci stacchiamo. Valentina mi sposta un ciuffo di capelli dalla faccia, e mi asciuga una delle ultime lacrime rimaste, sorridendo.

- Grazie, ne avevo davvero bisogno.-, le dico con la voce fioca di chi ha appena buttato fuori un dolore represso da troppo senza che qualcuno riuscisse ad alleviarlo.

- Tranquilla,-, mi sussurra – quando vuoi sfogarti io ci sono.

La abbraccio di nuovo, stavolta senza piangere.

- Su, vai a sciacquarti il viso, poi vedremo di sistemare le tue cose. Il bagno è nel corridoio dopo il salotto, la prima porta sulla sinistra. Io vado a vedere che fine ha fatto Brazo, e dove si è cacciata Alice, così te la faccio conoscere...

Annuisco e mi alzo. Riesco a trovare la porta facilmente. Dentro non è grandissimo; c'è un mobiletto con un lavandino sulla sinistra, un bidet lì affianco, un wc sulla destra e una vasca/ doccia in fondo alla stanza. In generale è carino, molto più intimo rispetto al mio enorme bagno personale con tanto di vasca idromassaggio e lettino per massaggi in un angolo. Mi piace. Vado verso il lavandino e guardo la mia immagine riflessa nel grande specchio rettangolare. Ho il mascara sbavato, gli occhi gonfi e rossi, la coda disordinata. Eppure, sto sorridendo, un sorriso sincero come forse non facevo da una vita. Forse, non andrà così male come pensavo...

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

 

Buondì (“mamma mamma, vorrei una colazione leggera, decisamente invitante, che...” lancia un meteorite) !!! Okay, tornando seri (più o meno), era una vita che non aggiornavo, ma il mio computer aveva deciso di farsi una vacanza e mannaggia a lui s'era impallato. Ma ora sono tornata, evviva (finge che tutti siano felicissimi di sto fatto) !! Ecco il primo youtuber di questa storia, Brazo. Cosa succederà? Come mai conosce la madre di Sol? Lo scopriremo solo vivendo!! Al prossimo capitolo! Kisskiss,

 

missiswolf03

   
 
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