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Autore: Robin2700    26/01/2018    0 recensioni
Stony.
Dal testo ------> ''Era finito nella sua stessa trappola, si rispose, aveva dato tutto ed era stato lasciato, ecco dov'era finito Tony Stark''.
Una fanfiction in cui Tony è distrutto dopo la CW e Peter (dell'Homecoming, sia chiaro. Adoro A. Garfield e non giudico T. Maguire ma come Spiderman Holland rimarrà sempre il migliore) cerca di consolarlo.
Ho una visione di Peter come un figlio molto legato a Tony, forse non si era capito... ma dopo Homecoming è impossibile non vederli come padre e figlio.
Detto questo, vi auguro una buona lettura e sarei felice di sapere cosa ne pensate tramite una recensione.
Robin.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Peter Parker/Spider-Man, Tony Stark/Iron Man
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si era immaginato uno Stark diverso, il magnate di ferro, acciaio e sarcasmo, quello che nessuno avrebbe saputo scalfire, infrangibile come Iron man, l'uomo che ammirava da sempre, l'uomo che sognava di diventare.
Invece adesso lo vedeva lì, chinato sopra il proprio letto, a piangere per un amante che se n'era andato.
Dov'era finito il Tony Stark playboy? Si chiedeva, Peter, dov'era finito il Tony Stark che si prendeva ciò che voleva e poi ti lasciava lì, come un qualsiasi corpo usa e getta? Era finito nella sua stessa trappola, si rispose, aveva dato tutto ed era stato lasciato, ecco dov'era finito Tony Stark.
Captain America se n'era andato e così anche Tony, pezzo per pezzo, con la stessa lentezza e il dolore delle lacrime che gli rigavano il volto.
La voce incrinata, gocciolante di sofferenza, sogni infranti e parole non dette, risuonava in tutta la camera da letto, e Peter, da dietro la porta, poteva sentire il nome di Steve sepolto da qualche parte sotto ogni rantolo.
Si chiedeva se amare fosse davvero così doloroso e per un attimo il panico lo attanagliò, ma l'uomo davanti a lui doveva aver vissuto davvero dei bei momenti per rimpiangerli in quel modo, venendone straziato singhiozzo dopo singhiozzo. Immaginarlo tra le braccia di Captain America, tra le sue labbra, non era una visione del suo eroe che gli dispiaceva, vederlo realizzato, forse, condividere la sua stessa felicità, ora che poteva vantarsi di esserglisi avvicinato così tanto da accoglierlo nella squadra, nella sua casa, nel suo dolore, magari.
Ma come poteva, dall'alto dei suoi quindici anni, affievolire quella ferita così sanguinante nel cuore di Iron man? Non poteva, questa era la realtà. Non si guarisce da certe pene del cuore, gli bastava guardare zia May, quando a volte, la sera, piangeva per Ben.
Ma Steve non era morto giurando amore eterno, Steve era scappato chissà dove, con il suo migliore amico stretto al petto, ancorato all'ultimo appiglio del suo passato rimastogli. Aveva scelto e Tony non era stato quella decisione.
Non era certo, Peter, di odiare o disprezzare il ragazzo d'oro d'America, non avrebbe saputo descrivere il suo stato d'animo in quel momento, sentiva soltanto un gigantesco bisogno di artigliarsi al muro dietro la sua schiena, cercando di mandar via le lacrime. Se lo avesse saputo, non avrebbe combattuto contro Steve, per il timore anche solo di 'graffiare' un cimelio tanto prezioso per Stark. Se lo avesse saputo, avrebbe sicuramente capito ogni sguardo, ogni sospiro, ogni mossa che si erano consumati in quell'aereoporto.
E adesso, quando nelle sue orecchie le grida del suo mentore annegavano come un impetuoso mare in tempesta, riuscì a prendere un po' di coraggio e oltrepassare quella porta. Con timore di infrangere un delicato pezzo di cristallo, gli accarezzò timidamente la spalla libera, agguantata al materasso, mentre come uno straccio piegato su se stesso, l'uomo si abbandonava alla sua mano, voltandosi a guardarlo.
Il suo volto era cosparso di ombre di lividi e tagli ancora aperti, ustionato da tutte le scie di lava cristallina che aveva pianto nelle ultime ore, piegato in smorfie difficili da mantenere, tentativi vani di trattenere grida e lacrime.
Da quando fu riportato indietro dalla Siberia, non aveva lasciato la sua stanza. Erano passati tre giorni. Tre giorni e le lacrime non sembravano intenzionate ad esaurirsi. Gli altri Avengers avevano cercato di portarlo fuori, farlo mangiare, magari alternando una doccia ad una visita in ospedale. Ma fu tutto inutile. Si era accasciato al lato di quel letto spettatore di infinite sussurrate promesse e dolci notti, probabilmente con l'incessante convinzione che se avesse continuato a chiudere gli occhi, tutto si sarebbe sistemato e il suo più grande amore lo avrebbe raccolto e messo a riposare.
Ma anche questo fu tutto inutile.
Davanti a lui, mentre se lo stringeva fra le braccia, Iron man si distrusse pezzo per pezzo.
  
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