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Autore: Ciulla    27/01/2018    4 recensioni
Prima classificata al contest Un amico è così indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP.
La distruzione imperversava intorno a loro, ma la sera, contando i caduti dopo una battaglia, Roy lo trovava, vivo, e la rabbia, la paura, il dolore si acquietavano, placati da uno sguardo stanco e una pacca sulla spalla.
'Anche oggi è fatta', pensavano guardandosi negli occhi, e si raggiungevano in un conforto silenzioso ed un sorriso esausto; perché anche in mezzo alla distruzione Hughes era capace di farlo sorridere come solo un amico sa fare, era in grado di fargli credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio, che ogni peccato che avevano commesso, l’avrebbero espiato insieme.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Glacier Hughes, Maes Hughes, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UN UOMO SOLO


Quando un uomo buono va in guerra perde un pezzo di sé.
Roy non l’aveva mai saputo, almeno fin quando non era arrivato il primo giorno della sua nuova vita. Da ambizioso alchimista era diventato un’arma nelle mani dell’esercito, una pedina in un gioco troppo enorme per poter essere compreso. Disgustato da quella realtà, sopraffatto da ordini troppo crudeli, era arrivato a non vedere altro che sangue e cadaveri, a non odorare più nulla se non quel fastidioso puzzo di carne bruciata. Sacrificando uomini dallo sguardo disperato per il bene della sua patria, il disprezzo e l’odio che sentiva verso quel mondo erano cresciuti, inarrestabili, ardendo dentro di lui in un fuoco che ogni giorno veniva alimentato da nuovi orrori.
Ogni vita che spezzava, ogni anima che strappava, Roy implorava perdono. Contava le sue vittime, una per una, ripetendo il loro numero ogni sera, chiedendo scusa in silenzio, cercando di non addormentarsi per non rivivere di nuovo in sogno tutti quegli inutili omicidi.
Quando i morti erano diventati troppi, Roy aveva perso il conto; solo allora aveva capito di aver perso se stesso.
Vivere non aveva più senso, non se l’ideale in cui aveva riposto ogni fiducia e sforzo si era rivelato una mera, gloriosa facciata per una realtà molto più infima e dolorosa. Roy, disgustato dalla sua stessa esistenza, aveva iniziato a guardare con altro occhio le morti degli Ishbariani, troppo confuso anche solo per capire se ciò che provava fosse ormai assuefazione all’odore del sangue o semplice desiderio di condividere la loro stessa fine.
Fu in quel piccolo inferno in terra che un giorno Roy conobbe l’amicizia.
Era accaduto all’improvviso. Fra polvere, guerra e dolore era arrivato un sorriso, un conforto, un uomo che nella sua eccessiva bontà era riuscito ad ammansire il fuoco che ardeva dentro di lui e inaridiva la sua anima.
La distruzione imperversava intorno a loro, ma la sera, contando i caduti dopo una battaglia, Roy lo trovava, vivo, e la rabbia, la paura, il dolore si acquietavano, placati da uno sguardo stanco e una pacca sulla spalla.
Anche oggi è fatta, pensavano guardandosi negli occhi, e si raggiungevano in un conforto silenzioso ed un sorriso esausto; perché anche in mezzo alla distruzione Hughes era capace di farlo sorridere come solo un amico sa fare, era in grado di fargli credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio, che ogni peccato che avevano commesso, l’avrebbero espiato insieme.
Se gli avessero chiesto allora cosa fosse l’amicizia, Roy avrebbe risposto che l’amicizia era lo sguardo sognante di un uomo che dopo aver rischiato la morte si siede accanto a te e ti racconta la vita.

 
*  *  *
 
Quando l’incubo finì e Hughes si costruì la sua tanto attesa famiglia, Roy capì che non avrebbe mai avuto la forza di mettere realmente a tacere il fuoco dentro di sé e sistemarsi fra le braccia di una donna. Aveva accettato gli orrori della guerra e aveva deciso che macchiarsi l’anima era un prezzo necessario da pagare per arrivare a cambiare le cose; ma come avrebbe mai potuto sposarsi, sfiorare la pelle candida di una tenera moglie con quelle mani ancora insanguinate? Le mani di Hughes non erano sudicie come le sue; per lui c’era ancora speranza di salvezza, di redenzione. Per Roy era tardi, ormai: cambiava donna ogni sera, convinto che le avrebbe sporcate se fosse rimasto con loro troppo a lungo; tutto ciò che poteva fare era addentrarsi sempre di più in quel mondo corrotto, puntare alla vetta e sperare che lassù le cose sarebbero andate meglio.
Hughes non riusciva a capirlo. Per lui, la risposta ad ogni dolore era sempre la stessa: Glacier. Con lei riusciva a soffocare anche le angosce più pressanti e mettere a tacere gli incubi più spaventosi: guardandola negli occhi, non aveva dubbi nell’affermare che il matrimonio fosse la miglior sorte possibile per un soldato che, tornato dalla guerra, vuole ricavarsi un piccolo spiraglio di pace. Hughes sapeva che, iniziando quella scalata maledetta, il suo migliore amico si sarebbe privato della possibilità di essere felice, ma se questa era la sua scelta sapeva anche di doverla rispettare. Le loro ambizioni e i loro sogni erano ormai diversi, ma le loro anime erano ancora legate da un patto silenzioso stretto sul sangue degli Ishbariani.
Ovunque il destino l’avesse portato, Roy sapeva che Hughes sarebbe stato con lui. E allora, a che gli serviva il conforto di un abbraccio femminile? L’amicizia era sufficiente; era l’unica distrazione che potesse concedersi.
Hughes, d’altro canto, non gli lasciava mai troppo tempo per rimpiangere le sue scelte. Lo metteva a parte di ogni singolo dettaglio delle sue giornate e le sue parole che si riversavano a fiumi incessanti dalla cornetta del telefono erano più che sufficienti a fargli venire a noia mogli, figli, e vita coniugale.

“Ieri è stato il compleanno della mia Elicya!”
“Ma non mi dire”.
“Sì! Non sai quanti amichetti ha! Le vogliono tutti bene! Ma nessuno quanto il suo papà!”
“Sicuro”.
“Ha ricevuto un sacco di regali bellissimi! Avrebbe voluto anche una borsetta nuova, ma non ha avuto fortuna…”
“Davvero…”
“Te la immagini? Sarebbe carinissima con una borsetta rosa! Penso che gliela regalerò fra qualche settimana, giusto per farle una sorpresa e renderla felice! Non vedo l’ora!”
“Ah-Ah…”


Se gli avessero chiesto allora cosa fosse l’amicizia, Hughes avrebbe risposto con un sorriso divertito che l’amicizia era avere qualcuno che ti ascolta parlare per ore di quello che ami, anche se i tuoi discorsi lo stufano a morte.

 
*  *  *
 
Giorno dopo giorno, Roy si rendeva sempre più conto di come Hughes fosse il sostegno che gli permetteva di rimanere ancorato alla realtà senza farsi trascinare via dallo sconforto, la pioggia che leniva il dolore delle sue ferite. Le sue parole erano una boccata d’aria fresca, il suo sorriso era una gradita fuga dalle fiamme di una quotidianità che peggiorava instancabile, precipitando in un infernale gioco di potere. La sua risata gli ricordava che qualcosa di buono, nel mondo, c’era ancora. Persino i suoi monotoni soliloqui, in fondo, erano ben accetti: erano la prova che Hughes ci sarebbe sempre stato, che anche se Roy si fosse sentito solo in mezzo a forze troppo più grandi di lui, avrebbe comunque avuto un amico al suo fianco. Anche quando era troppo annoiato per ascoltare realmente le sue parole, la sua voce entusiasta non faceva che ricordargli quanto fosse bello avere qualcuno su cui poter contare.
Roy si ricordava bene il giorno in cui il fuoco dentro di lui aveva ripreso a divampare incontrollato, il giorno in cui l’acqua che leniva la sua forza era diventata sangue scarlatto sparso sui vetri di una cabina telefonica. All’interno della cabina, il suo migliore amico giaceva per terra, immobile e scomposto, lo spirito combattivo che non aveva mai abbandonato i suoi occhi ormai spento.
Roy aveva contemplato a lungo l’atroce scena, cercando di accettare quello che significava, cercando di capire perché fosse dovuto morire proprio l’uomo che se lo meritava di meno, l’amorevole padre di una famiglia ormai spezzata. Le sue mani avevano iniziato ad ardere, desiderose di sangue, di vendetta, di morte; poteva sentire chiaramente le fiamme dell’odio divorargli le membra dall’interno, consumando ogni controllo che pensava di avere su se stesso e sul mondo che lo circondava, ma il dolore che provava era anche peggio, perché un fuoco di tale forza e intensità non era comunque stato in grado di asciugare le sue lacrime prima che tradissero un’angoscia che non avrebbe mai creduto di poter provare.
“Non ci voleva. Sta iniziando a piovere”.
La sua fedele Riza, accanto a lui, lo osservava impotente e confusa.
“Non mi pare, colonnello. Non sta affatto piovendo”.
Roy alzò piano la testa, lasciando che le lacrime gli rigassero le guance imberbi. Riza avrebbe capito… Era l’unica che poteva capirlo, ormai.
“Sì, sta piovendo”.
La donna non poté che assentire, spettatrice di una scena straziante. Se le avessero chiesto allora cosa fosse l’amicizia, avrebbe risposto che l’amicizia era un soldato distrutto, in piedi sotto la pioggia.


*  *  *
 
“Come state?”
Elicya, esausta, sedeva addormentata sulle ginocchia di Roy. L’uomo era in casa loro da ore, ormai, ma prima, davanti agli occhi delusi di una bambina che avrebbe atteso per sempre il ritorno del padre, non aveva osato chiederlo.
“Stiamo bene. Andiamo avanti”.
Roy annuì, accarezzando con una mano i capelli di Elicya mentre la adagiava piano sul divano.
“Se vi servisse qualcosa, qualunque cosa… Chiamatemi”.
Glacier sorrise, annuendo. Roy si alzò, pronto a congedarsi, quando lo sguardo gli cadde sul sacchetto che giaceva ai suoi piedi. Se ne era completamente dimenticato. Estrasse il contenuto, guardandolo imbarazzato.
“Oh, già. Avevo comprato questa per Elicya…”
Rimase fermo, sentendosi stupido, e la sensazione peggiorò quando alzò lo sguardo per posarlo sulla donna di fronte a lui.
Glacier, silenziosamente, aveva iniziato a piangere.
Se le avessero chiesto allora cosa fosse l’amicizia, avrebbe risposto fra le lacrime che l’amicizia era un uomo solo, con una borsetta rosa in mano.


*  *  *
 
“Come sta la mia Elicya?”
Roy sorrise piano, senza osare voltarsi verso un’illusione che sapeva sarebbe svanita al minimo sguardo.
“Sta bene. Sono andato a trovarla giusto ieri… Le manchi molto”.
“E la mia bellissima Glacier? Lei come sta?”
“Bene anche lei. Vanno avanti. Non sono sole… Non le lascerò mai sole”.
“Sei un vero amico, Roy”.

Allungando una mano verso la sua destra, dove Hughes si era seduto durante tante loro chiacchierate passate, Roy afferrò il vuoto e il suo pugno chiuso precipitò verso il basso con più veemenza di quanto il semplice gesto avrebbe comportato.
Se gli avessero chiesto allora cosa fosse l’amicizia, non avrebbe saputo rispondere.

   
 
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