LA MEMORIA DELLA LUNA
di DINO FERRARO
La storia siamo noi ,siamo noi questo tozzo di pane, questa strada che ci porta lontano oltre ogni muro, oltre ogni sogno. Siamo noi che viviamo ed amiamo che cerchiamo d’essere migliori , siamo noi che ridiamo e speriamo che un domani possa essere diverso da oggi. Un giorno qualunque quando la notte s’era dissolta con le prime luci dell’alba ,sorgendo glorioso ad illuminare la vita puella che brama l’amore ed ingorda , assale se stessa , mite sulle mille triste vicende della quotidiana esistenza , un uomo dall’aspetto assai gentile dal passato quasi sconosciuto ,andava per la sua strada, attraverso i pensieri di mille e mille genti di ogni razza , di ogni religione al suo risveglio, improvvisamente s’accorse di aver perso la memoria ,non si ricordava più chi fosse, da dove veniva ,quale era il suo nome . Incredulo in quello stato confusionale si mise a cercare la sua memoria ,la sua triste storia d’uomo qualunque ,uguale a Vincenzo ed Andrea ma ovunque andasse, vagando romito , incapace d’intendere chiedeva esausto a chiunque incontrasse, persone o cose chi egli fosse . Il quel suo stato di confusione , appicciato, appiccicato con dio ed altri idoli l’uomo provò perfino, stanco di vagabondare , per molti continenti senza trovar risposta alcuna di chiedere alla luna che luminosa , stava là nel cielo fosco ignuda s’affacciava in quel misterioso universo, beata nel cielo a sera trapunto di stelle, pallida e pura splendida nel buio sopra la terra ,la luna l’ammirava muta e suadente .
Sai dirmi vegliarda luna , tu regina della notte chi sono io?
La luna sbattendo delicatamente i cigli degli occhi con voce soave e dolce, colta di sorpresa in quel momento non sapendo effettivamente , cosa rispondere a quella domanda gli disse:
Vorrei aiutarti ma vedi son tanto vecchia, così tanto da non ricordare neppure io chi sono , ne tanto meno rammento , confesso del mio passato.
Il tempo ahimè ha ingannato anche me , mi ha lasciata sola per lungo tempo è passato cosi velocemente che nell’oscurità in cui sono immersa non ho potuto vedere cosa ti è accaduto per poterti oggi aiutarti .
Troppe cose oscure non mi hanno permesso di vedere cosa veramente , accadesse sulla terra impedendo che la mia fioca luce illuminasse quelle disgrazie che colpiscono ogni essere vivente nell’ore funeste.
Poveretto che sono.
Non disperare.
Ed io piango per nulla?
Per nulla ? Sei Vivo tanto basta.
Vorrei essere un astro anch’io.
Sai che barba.
Sei propria bella.
Grazie.
Mi rifiuto di credere.
Non ridere allora.
Non sono cosi cretino.
Non seguire l’ira.
Mi bevo un caffè.
Forse è Meglio.
Ti ringrazio comunque proverò con qualcun altro disse l’uomo amareggiato e prosegui per la sua strada recandosi lesto da una stella assai luminosa .
E tu Stellina che brilli lassù nel cielo sapresti dirmi quale è il mio nome, chi sono io ?
Bella domanda rispose la stellina , vorrei tanto aiutarti ma credo di non essere in grado di farlo .
Perché mai?
Perché, perché, quanti perché.
Scusa.
Ecco non volevo.
Va bene non grattarti il capo.
Non sono io che mi gratto.
Allora chi dici d’essere.
Non lo so . Ti prego aiutami.
Beh con i baffi staresti meglio.
Io con i baffi mi prendi in giro.
No , sarebbe una prova di coraggio.
Ma io non ho paura, ma fuggo davanti al fuoco.
Prendi l’acqua dal pozzo.
Non ho sete.
Di conoscenza vive la nostra esistenza.
Ma sono figlio di nessuno.
Credi di essere l’unico a non capire.
Credo non vedo, non provo dolore.
Sei proprio un bel tipo.
Forse sono quello che sono.
Ecco hai trovato un indizio.
Veramente grato bella stellina.
Vedi di non smarrire la strada intrapresa.
Va bene stella ti saluto , non voglio farti perdere altro tempo prezioso. Così il povero uomo assai goffo di presenza s’incamminò di nuovo per la sua strada , facendo ritornò su i suoi passi , andò a bussare ogni porta che incontrasse , ogni pubblico ufficio , palazzo civile , ogni luogo di culto che gli fosse utile per ritrovare quella sua memoria perduta. Ma purtroppo la sua ricerca fu assai vana e in quella frenetica ricerca passarono giorni , mesi , anni . Con il passare del tempo , guardarsi allo specchio divenne sempre più faticoso , continuare a non sapere chi sei , per il misero uomo diventò un gran problema. Quasi un castigo ,una colpa non sapere chi fosse stato in quella sua antecedente esistenza, trascorsa , chi sà in che modo.
Essendo solo , senza parenti , decise dopo tante peregrinazioni
di far ritorno a casa sua l’unico luogo che egli conosceva e di starsene finalmente in pace , con se stesso nella sua casa comodamente seduto nella bella poltrona appartenuta un tempo a suo nonno ed aspettare che qualcosa tutto ad un tratto avvenisse. Aspettò un giorno, due , un mese ed un anno e forse più , attese tanto che l’uomo divenne tanto vecchio ,decrepito e debole. Il mondo s’era dimenticato di lui e lui del mondo che gli aveva dato una vita difficile e ignara ,anonima a tal punto da perdere il ricordo di chi fosse , una vita fatta di piaceri e piccole sciagure ,dignitosa intrisa di soddisfazioni che lui con coraggio aveva affrontato ,una vita che gli aveva dato un nome che non ricordava un amore ameno , immagini vaghe d’un tempo trascorso nel bene e nel male .
La memoria è un bene prezioso storia di un individuo che è parte d’un popolo e noi siamo prodotto di quel passato , di quella storia a volte meravigliosa, malvagia , ingannevole che ci guida attraverso una multietnica realtà , verso un singolare destino.
Nel passato soltanto ,nelle opere compiute con senso ,l’umanità acquista nozione e consapevolezza di se stessa ,di quel che è dei suoi valori dei suoi errori ,la fiducia nei suoi ideali e l’avversione,
verso l’orrore delle cose negative e demoniache che la insidiano che spesso continuamente si persegue ignari lungo il corso naturale delle sue cose . Non bisogna mai dimenticare il proprio passato ciò che fummo , saremo , soli ma attraverso l’amore potremmo ritornare così a credere in noi stessi e nel rispetto verso il prossimo , nel confronto con qualsiasi colore della pelle che veste il nostro essere saremo liberi del nostro peccato. Il vecchio così s’addormentò , con quelle riflessioni provò a sognare ciò che un giorno era stato ed in quel dormiveglia rivide per un istante la sua misera vita, lo scorrere di ella , attimo dopo attimo , nel ridere , soffrire , amare , sognare, credere ,rivide quelle intime emozioni che lo resero felice nel viaggio intrapreso. Incominciò così a correre ad abbracciare quelle persone care, scomparse per sempre ,ma intanto che correva prese ad avvicinarsi sempre più alla tetra signora della morte . Ed un vecchio come lui gli andò incontro affondando i piedi nella neve insieme ad altri suoi compagni di sventura, spinto da una mano crudele verso neri forni infernali ove danzavano le fiamme del purgatorio, dalle terribili fauci dai denti aguzzi e gli occhi umidi di pianto che continuavano a bruciare ossa e carne ed emanare un forte lezzo, senza tempo che diveniva nera cenere , fumo intenso , nube oscura sul capo di chi attendeva il suo turno.
Si sentì chiamare nel dormiveglia :
Compagno vienimi ad aiutare, questa pietra è troppo pesante .
Non c’è la faccio ad alzarla.
Vengo aspetta.
Presto ,corri son quasi allo stremo.
Vengo con ali di angelo.
Vieni con lacrime chiare.
Non lasciarmi solo compagno.
Vengo non arrenderti .
Lasso son perduto.
Muoio nei miei sogni.
Funesto destino.
Finestra che s’apre.
Angelo vieni.
Chiamatemi santo.
Son solo con la mia pietra.
Avanti compagno.
Non cadere di nuovo.
Ma là , su una oscura scala come una maledizione un soldato si avvicinò e lo colpì con un bastone , ripetutamente con violenza imprecando contro il cielo.
Il povero vecchio crollò a terra distrutto e l’aguzzino gli disse :
Vedrai signor nessuno di massi ne porterai non uno , ma due.
Ed il vecchio sofferente , rispose con un filo di voce :
Ne porterò due ed anche tre , signore non ho paura , son forte
e dopo sé non sei codardo t’ imbatterai con me fino alla morte.
Ma quando giunse il suo turno trascinandosi in lacrime
verso il varco il vecchio chiese alla morte .
Signora la prego mi dica chi sono io?
La signora in quel momento , angusto , sorrise ed in poco tempo
si tramutò in un angelo di luce e così gli rispose :
Povero caro , non piangere più , figlio mio e l’abbracciò
baciandolo sulla sua rugosa fronte.
Il vecchio ritornò così ad essere di nuovo un bambino , un pargolo roseo nell’innocenza riconquistata gli ritornò alla mente il suo passato, la sua esistenza trascorsa, riemerse in lui come l’onda dal mare e con quei ricordi egli chiusi gli occhi dolcemente addormentandosi per sempre tra le braccia d’un angelo immenso che lo condusse in cielo cantando il cantico dei cantici.
di DINO FERRARO
La storia siamo noi ,siamo noi questo tozzo di pane, questa strada che ci porta lontano oltre ogni muro, oltre ogni sogno. Siamo noi che viviamo ed amiamo che cerchiamo d’essere migliori , siamo noi che ridiamo e speriamo che un domani possa essere diverso da oggi. Un giorno qualunque quando la notte s’era dissolta con le prime luci dell’alba ,sorgendo glorioso ad illuminare la vita puella che brama l’amore ed ingorda , assale se stessa , mite sulle mille triste vicende della quotidiana esistenza , un uomo dall’aspetto assai gentile dal passato quasi sconosciuto ,andava per la sua strada, attraverso i pensieri di mille e mille genti di ogni razza , di ogni religione al suo risveglio, improvvisamente s’accorse di aver perso la memoria ,non si ricordava più chi fosse, da dove veniva ,quale era il suo nome . Incredulo in quello stato confusionale si mise a cercare la sua memoria ,la sua triste storia d’uomo qualunque ,uguale a Vincenzo ed Andrea ma ovunque andasse, vagando romito , incapace d’intendere chiedeva esausto a chiunque incontrasse, persone o cose chi egli fosse . Il quel suo stato di confusione , appicciato, appiccicato con dio ed altri idoli l’uomo provò perfino, stanco di vagabondare , per molti continenti senza trovar risposta alcuna di chiedere alla luna che luminosa , stava là nel cielo fosco ignuda s’affacciava in quel misterioso universo, beata nel cielo a sera trapunto di stelle, pallida e pura splendida nel buio sopra la terra ,la luna l’ammirava muta e suadente .
Sai dirmi vegliarda luna , tu regina della notte chi sono io?
La luna sbattendo delicatamente i cigli degli occhi con voce soave e dolce, colta di sorpresa in quel momento non sapendo effettivamente , cosa rispondere a quella domanda gli disse:
Vorrei aiutarti ma vedi son tanto vecchia, così tanto da non ricordare neppure io chi sono , ne tanto meno rammento , confesso del mio passato.
Il tempo ahimè ha ingannato anche me , mi ha lasciata sola per lungo tempo è passato cosi velocemente che nell’oscurità in cui sono immersa non ho potuto vedere cosa ti è accaduto per poterti oggi aiutarti .
Troppe cose oscure non mi hanno permesso di vedere cosa veramente , accadesse sulla terra impedendo che la mia fioca luce illuminasse quelle disgrazie che colpiscono ogni essere vivente nell’ore funeste.
Poveretto che sono.
Non disperare.
Ed io piango per nulla?
Per nulla ? Sei Vivo tanto basta.
Vorrei essere un astro anch’io.
Sai che barba.
Sei propria bella.
Grazie.
Mi rifiuto di credere.
Non ridere allora.
Non sono cosi cretino.
Non seguire l’ira.
Mi bevo un caffè.
Forse è Meglio.
Ti ringrazio comunque proverò con qualcun altro disse l’uomo amareggiato e prosegui per la sua strada recandosi lesto da una stella assai luminosa .
E tu Stellina che brilli lassù nel cielo sapresti dirmi quale è il mio nome, chi sono io ?
Bella domanda rispose la stellina , vorrei tanto aiutarti ma credo di non essere in grado di farlo .
Perché mai?
Perché, perché, quanti perché.
Scusa.
Ecco non volevo.
Va bene non grattarti il capo.
Non sono io che mi gratto.
Allora chi dici d’essere.
Non lo so . Ti prego aiutami.
Beh con i baffi staresti meglio.
Io con i baffi mi prendi in giro.
No , sarebbe una prova di coraggio.
Ma io non ho paura, ma fuggo davanti al fuoco.
Prendi l’acqua dal pozzo.
Non ho sete.
Di conoscenza vive la nostra esistenza.
Ma sono figlio di nessuno.
Credi di essere l’unico a non capire.
Credo non vedo, non provo dolore.
Sei proprio un bel tipo.
Forse sono quello che sono.
Ecco hai trovato un indizio.
Veramente grato bella stellina.
Vedi di non smarrire la strada intrapresa.
Va bene stella ti saluto , non voglio farti perdere altro tempo prezioso. Così il povero uomo assai goffo di presenza s’incamminò di nuovo per la sua strada , facendo ritornò su i suoi passi , andò a bussare ogni porta che incontrasse , ogni pubblico ufficio , palazzo civile , ogni luogo di culto che gli fosse utile per ritrovare quella sua memoria perduta. Ma purtroppo la sua ricerca fu assai vana e in quella frenetica ricerca passarono giorni , mesi , anni . Con il passare del tempo , guardarsi allo specchio divenne sempre più faticoso , continuare a non sapere chi sei , per il misero uomo diventò un gran problema. Quasi un castigo ,una colpa non sapere chi fosse stato in quella sua antecedente esistenza, trascorsa , chi sà in che modo.
Essendo solo , senza parenti , decise dopo tante peregrinazioni
di far ritorno a casa sua l’unico luogo che egli conosceva e di starsene finalmente in pace , con se stesso nella sua casa comodamente seduto nella bella poltrona appartenuta un tempo a suo nonno ed aspettare che qualcosa tutto ad un tratto avvenisse. Aspettò un giorno, due , un mese ed un anno e forse più , attese tanto che l’uomo divenne tanto vecchio ,decrepito e debole. Il mondo s’era dimenticato di lui e lui del mondo che gli aveva dato una vita difficile e ignara ,anonima a tal punto da perdere il ricordo di chi fosse , una vita fatta di piaceri e piccole sciagure ,dignitosa intrisa di soddisfazioni che lui con coraggio aveva affrontato ,una vita che gli aveva dato un nome che non ricordava un amore ameno , immagini vaghe d’un tempo trascorso nel bene e nel male .
La memoria è un bene prezioso storia di un individuo che è parte d’un popolo e noi siamo prodotto di quel passato , di quella storia a volte meravigliosa, malvagia , ingannevole che ci guida attraverso una multietnica realtà , verso un singolare destino.
Nel passato soltanto ,nelle opere compiute con senso ,l’umanità acquista nozione e consapevolezza di se stessa ,di quel che è dei suoi valori dei suoi errori ,la fiducia nei suoi ideali e l’avversione,
verso l’orrore delle cose negative e demoniache che la insidiano che spesso continuamente si persegue ignari lungo il corso naturale delle sue cose . Non bisogna mai dimenticare il proprio passato ciò che fummo , saremo , soli ma attraverso l’amore potremmo ritornare così a credere in noi stessi e nel rispetto verso il prossimo , nel confronto con qualsiasi colore della pelle che veste il nostro essere saremo liberi del nostro peccato. Il vecchio così s’addormentò , con quelle riflessioni provò a sognare ciò che un giorno era stato ed in quel dormiveglia rivide per un istante la sua misera vita, lo scorrere di ella , attimo dopo attimo , nel ridere , soffrire , amare , sognare, credere ,rivide quelle intime emozioni che lo resero felice nel viaggio intrapreso. Incominciò così a correre ad abbracciare quelle persone care, scomparse per sempre ,ma intanto che correva prese ad avvicinarsi sempre più alla tetra signora della morte . Ed un vecchio come lui gli andò incontro affondando i piedi nella neve insieme ad altri suoi compagni di sventura, spinto da una mano crudele verso neri forni infernali ove danzavano le fiamme del purgatorio, dalle terribili fauci dai denti aguzzi e gli occhi umidi di pianto che continuavano a bruciare ossa e carne ed emanare un forte lezzo, senza tempo che diveniva nera cenere , fumo intenso , nube oscura sul capo di chi attendeva il suo turno.
Si sentì chiamare nel dormiveglia :
Compagno vienimi ad aiutare, questa pietra è troppo pesante .
Non c’è la faccio ad alzarla.
Vengo aspetta.
Presto ,corri son quasi allo stremo.
Vengo con ali di angelo.
Vieni con lacrime chiare.
Non lasciarmi solo compagno.
Vengo non arrenderti .
Lasso son perduto.
Muoio nei miei sogni.
Funesto destino.
Finestra che s’apre.
Angelo vieni.
Chiamatemi santo.
Son solo con la mia pietra.
Avanti compagno.
Non cadere di nuovo.
Ma là , su una oscura scala come una maledizione un soldato si avvicinò e lo colpì con un bastone , ripetutamente con violenza imprecando contro il cielo.
Il povero vecchio crollò a terra distrutto e l’aguzzino gli disse :
Vedrai signor nessuno di massi ne porterai non uno , ma due.
Ed il vecchio sofferente , rispose con un filo di voce :
Ne porterò due ed anche tre , signore non ho paura , son forte
e dopo sé non sei codardo t’ imbatterai con me fino alla morte.
Ma quando giunse il suo turno trascinandosi in lacrime
verso il varco il vecchio chiese alla morte .
Signora la prego mi dica chi sono io?
La signora in quel momento , angusto , sorrise ed in poco tempo
si tramutò in un angelo di luce e così gli rispose :
Povero caro , non piangere più , figlio mio e l’abbracciò
baciandolo sulla sua rugosa fronte.
Il vecchio ritornò così ad essere di nuovo un bambino , un pargolo roseo nell’innocenza riconquistata gli ritornò alla mente il suo passato, la sua esistenza trascorsa, riemerse in lui come l’onda dal mare e con quei ricordi egli chiusi gli occhi dolcemente addormentandosi per sempre tra le braccia d’un angelo immenso che lo condusse in cielo cantando il cantico dei cantici.