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Autore: bella94    28/06/2009    9 recensioni
FLASH-FIC, Kristen Stewart & Robert Pattinson
cosa accade quando si cerca di nascondere i propri sentimenti?
Lentamente mi avvicinai alla parete, e scivolando sulla superficie fredda, mi sedetti sul pavimento.
“Non mi ama”, fiatai, con le lacrime che scorrevano copiose sulle mie guancie.
“Lui non mi ama,” singhiozzai, mentre la mente si lasciava andare a ricordi lontani.
Genere: Romantico, Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kristen Stewart, Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: "you said it"
Traduzione del titolo: "l'hai detto"
Protagonisti: Kristen Stewart, Robert Pattinson e Nikki Reed
Pov: Kristen Stewart
Raiting: Giallo
Tipo di fiction: flash-fic
Status: finita
Capitoli: uno
Copyright: (c) nadine
Note dell'autore: oddio, sono eccitata! okay, non è normale come cosa, ergo la devo piantare ù_ù bene, eccomi quì con una flash-fic, cioè un capitolo senza seguito. ho promesso a me stessa che avrei continuato a scrivere per voi. <3
comunque, spero che vi piaccia, di mezzo c'è quella troia di Nicoletta-la-stronzetta (se mi sta antipatica la Reed? mannò! è una tal brava ragazza. la odio :D). ma vabbè, c'est la vìe °-°
btw, ho cercato in tutti i modi di rendere l'immagine più Robsten che Bedward XD ma niente da fare ç_ç mi serviva una foto con loro due un po' arrabbiati ù-ù
love yaaa, girlz ;D

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a Claire e Meg.
grazie per avermi fatto conoscere quell'amore che è più forte di tutto

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you said it

Mi avviai alla porta, aprendola velocemente e girandomi verso di lui per congedarlo.
E invece Robert restava fermo davanti al letto della mia camera d’hotel, con un’espressione tutt’altro che rassegnata.
Sbuffai, e con un piede richiusi la porta.
“Non abbiano niente più da dirci.”
Lui sorrise, arrabbiato.
“E invece è qui che ti sbagli, Kristen.”
“Robert, smettila, mi dai ai nervi,” sbottai, esasperata.
“Kristen, io non ho ancora parlato, okay? Fino ad ora hai detto solo tu quel che avevi da dire, io sono rimasto zitto, ad ascoltarti, e ora, per favore permettimi di dire la mia.”
“Oh, prego.”
“E’ stato sesso.”
“Con me o con lei? Scusa, ma credo di essermi già persa.”
Lui sbuffo, sempre più adirato. “Con Nikki, Kristen. C-o-n N-i-k-k-i!”
“Ah, e perché dovrei crederti? In fin dei conti non ha fatto niente che potesse dimostrare che fosse così. Non ci hai pensato due volte prima di infilarti nel suo letto. Mi fai schifo. Lo capisci? Schifo. Ti repello. Mi disgusti. In che altro modo posso fartelo capire? Sei andato a letto con la mia migliore amica un giorno dopo aver fatto sesso con me. Dopo questo posso solo aspettarmi di peggio, da te.”
“No, Kristen. Come sempre non hai capito un cazzo!”, gridò, furioso.
“E allora rispiegami tutto!”, gridai a mia volta.
“Io…io…” balbettò, fissandomi negli occhi.
“Tu cosa?”, gli chiesi, stizzita. Non riesce a dirlo, pensai, con rabbia. non riesce a dirlo perché non lo pensa, perché non lo prova.
“Kristen, io…io….ero ubriaco,” butta lì.
“Ah! Ecco! Adesso sì che capisco! No, Robert, no! Che tu fossi fatto o meno non cambia le cose! Lo capisci? Perché diamine dovrei perdonarti? O mi dai un solo fottutissimo motivo per farlo, o esci da questa stanza,” gridai, delusa e ferita.
Lui mi guardò intensamente, non sembrava accennare ad andarsene, eppure un secondo dopo mi deviò agilmente e uscì dalla mia stanza, lasciando che la porta si richiudesse alle sue spalle con un tonfo sordo.
Lentamente mi avvicinai alla parete, e scivolando sulla superficie fredda, mi sedetti sul pavimento.
“Non mi ama”, fiatai, con le lacrime che scorrevano copiose sulle mie guancie.
“Lui non mi ama,” singhiozzai, mentre la mente si lasciava andare a ricordi lontani.
Meno di una settimana prima, io e Robert avevamo fatto l’amore, o almeno io credevo, visto che per lui era stato solo sesso, appagamento fisico, niente di più.
Mentre io, come sempre, mi ero illusa. Avevo frainteso tutto. Ogni suo gesto, ogni suo bacio, tutto ciò che c’era stato tra di noi.
Con gambe tremanti mi alzai da terra, e mi avviai verso il bagno.
Qualcuno bussò alla porta proprio mentre entravo nella vasca già quasi piena.
Lasciai correre. Non volevo vedere, sentire nessuno.
Ma quel qualcuno continuò a bussare alla porta, con più rabbia.
Svogliatamente indossai l’accappatoio e, dopo aver dato un’occhiata veloce allo specchio, e aver visto solo due occhi rossi quanto pomodori, uscii dal bagno e mi diressi alla porta.
Niente spioncino. Perfetto.
“Chi è?”, domandai, con voce flebile.
Nessuna risposta. Esitante aprii la porta, non poteva essere nessun’assassino o roba simile, l’albergo era sorvegliato, almeno credevo.
Velocemente Robert entrò nella mia stanza. Si fermò esattamente dov’era meno di un quarto d’ora prima.
“Da quanto tempo…”, commentai, acida, cercando di non permettergli di guardarmi in volto. Il rossore dei miei occhi mi avrebbe tradita.
“A cosa devo l’onore?”, domandai.
“Per una volta puoi stare semplicemente zitta e ascoltare quel che ho da dirti?”, mi domandò, ancora arrabbiato.
“Fai pure”, dissi accompagnando le parole con un gesto della mano.
“Bene,” fiatò.
Mi sedetti sulla poltrona davanti al mio letto e restai lì, con il capo chino, in attesa delle sue ennesime stupide scuse.
“Io ho da dirti tante, troppe cose,” cominciò.
“Primo, non sono il tipo che perde la testa. Non lo sono e non lo sono mai stato, almeno credevo. Hai presente quando si dice che c’è sempre una prima volta?”, mi domandò, più rilassato.
Scocciata, annuii con il capo. Sperando che quel gesto secco gli facesse capire che non avevo la benché minima intenzione di ascoltarlo blaterare cose sconnesse. Ma come sempre, non successe, lui continuò imperterrito: “bene. Dicevo…sì, c’è sempre una prima volta. Sì, e tu…Kristen…dio, è imbarazzante!”, si lamentò, passandosi una mano tra i capelli e ridendo senza entusiasmo.
“Be’ puoi anche evitare di fare questa cazzata di discorso. Sai, farebbe bene ad entrambi,” commentai, alzando involontariamente il capo per guardarlo negli occhi.
“Kristen, hai…hai pianto?”, mi domandò, notando i miei occhi rossi e sgranando leggermente i suoi.
“Anche se fosse la cosa non ti riguarda”, sentenzia, decisa.
Lui lentamente si avvicinò a me. Si inginocchiò davanti alla sedia sulla quale ero seduta e mi prese una mano. Non la ritirai, e non ricordo neanche il perché.
“Kristen, i discorsi lunghi abbiamo capito che non fanno per me…”
“Già.”
“Non mi interrompere, sennò non porto a termine neanche questo.”
“Okay.”
Sospirò. “Kristen,” feci una smorfia quando sentii per la quarantesima volta pronunciare il mio nome invano, “non so come si chiamano i tuoi genitori, ne’ se hai dei fratelli. Non so quel è il tuo colore preferito e cosa ti piace fare nel tempo libero. So solo che…che la luce della luna riflessa sulla tua pelle la fa sembrare ricoperta di argento, e che quando dico una cavolata arricci il naso, come se non potessi sopportare le mie battute. E so che…che quando ti vedo una luce strana illumina i miei occhi. E, cosa più importante di tutte, so che ho sbagliato, che non voglio perderti e che ti amo.”
Spalancai gli occhi al suono di quelle due dannate paroline.
“Cosa hai detto?”, balbettai.
“Che ti amo”, rispose lui, visibilmente agitato.
“Ri-ridillo”, lo pregai, mentre le mie labbra disegnavano un sorriso raggiante.
“Ti amo.”
“L’hai detto,” sussurrai, con voce roca.
“Già. L'ho detto.”
  
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