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Autore: Napee    30/01/2018    1 recensioni
**ispirata alla strip 195**
Sedeva sulla scrivania, incurante di tutto, con una sigaretta fra le labbra e le mani sporche di sangue.
Dove cazzo è Mo?
Le sue urla scuotevano le pareti e la rabbia divampava inesorabile quando suo fratello gli rivolgeva uno sguardo di sufficienza.
Nostro padre ha deciso che era di troppo.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: He Tian, Mo Guan Shan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'A little more'
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Nightmare

 


He Tian si svegliò di soprassalto per la quinta volta in quella settimana.
Il sudore gli imperlava il collo e la fronte, i capelli fradici gli si erano attaccati all’epidermide, mentre un groviglio informe di coperte pareva volerlo soffocare.
Inspirò a fondo cercando di calmarsi.

Quell’incubo sembrava così vero…

In un secondo calciò via le coperte e si issò seduto sul letto.
Raccolse le ginocchia, ci poggiò i gomiti e si prese la testa fra le mani, mentre un brivido freddo gli correva per tutta la lunghezza della schiena.
Le immagini del suo incubo si susseguivano veloci nella sua testa e le lacrime già minacciavano di rompere gli argini con un intenso pizzicore.

Si rivedeva chiaramente, mentre varcava la soglia della camera di Mo e ci trovava invece suo fratello.
Sedeva sulla scrivania, incurante di tutto, con una sigaretta fra le labbra e le mani sporche di sangue.

Dove cazzo è Mo?

Le sue urla scuotevano le pareti e la rabbia divampava inesorabile quando suo fratello gli rivolgeva uno sguardo di sufficienza.

Nostro padre ha deciso che era di troppo.

E una voragine si apriva nel suo petto dopo che quelle parole lo avevano raggiunto.
L’immobilità gli paralizzava le membra ed il respiro pareva esaurirglisi nei polmoni.
Un dolore così forte, così intenso, che lo aveva fatto svegliare frastornato, come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco.

Prese il telefono e compose quel numero che ormai sapeva a memoria.

Uno squillo.

Due squilli.

Tre squilli.

Segreteria telefonica.

La mano iniziò a tremargli paurosamente, mentre la paura prendeva velocemente il sopravvento su di lui.

Dov’era?

Perché non rispondeva?

Perché non lo insultava come mille altre volte aveva fatto?

Era solo un sogno… vero?

Schizzò in piedi ed iniziò a girovagare per tutta la stanza, mentre un senso d’angoscia gli andava comprimendo lo stomaco.
Senza accorgersene, iniziò ad avere il fiato corto e tutte le orribili sensazioni dell’incubo tornarono prepotenti a torturarlo.
Ricompose il numero.

Uno squillo.

Due squilli.

Tre squilli.

Segreteria telefonica.

E stavolta non riuscì a trattenersi.
Lanciò il telefono contro il muro, guardandolo con lacrime rabbiose mentre cadeva a terra in mille pezzi.
Si infilò le scarpe, prese la giacca e le chiavi e si diresse a grandi falcate verso la porta.
Il cuore pompava furiosamente nel suo petto e l’angoscia gli tormentava l’animo.

Era un sogno… era solo un cazzo di sogno!

Continuava a ripetersi quelle parole, continuava a volerci credere, ma ogni secondo in più che passava era come un’altra coltellata nell’addome.
Aprì la porta e quasi gli si mozzò il fiato in gola quando si ritrovò davanti Mo incazzato nero, con un pugno alzato per bussare.
“Dove vai a quest’ora? Sei rincretinito?” Chiese irritato oltre ogni dire, prima di spintonarlo all’interno di malagrazia.
He Tian si lasciò spostare con facilità, seguendo con gli occhi sgranati il compagno di scuola che girovagava per il suo appartamento urlando e sbraitando di quanto gli avrebbe rotto il culo se lo avesse richiamato per l’ennesima volta quella notte.
E senza accorgersene, He Tian si spostò dietro di lui, cingendolo da dietro.
Una mano stretta sulla giacca e l’altra ad abbracciargli il fianco per non farlo andare via.
 E vi tuffò il naso fra il collo e la felpa, inspirando il suo odore come se ne fosse dipendente.
Come un drogato farebbe con la cocaina.
“Sei… vivo…” esalò infine, quasi in un sospiro sollevato, ignorando gli insulti e le minacce che il rosso andava urlandogli ancora dietro.
Le gambe iniziarono a tremargli minacciandolo di non reggerlo oltre, mentre calde lacrime iniziarono a premere dai suoi occhi scuri per uscire fuori.
Mo si voltò a guardarlo stupito per quella reazione esagerata. Aveva solo attraversato la città di notte dopotutto, come mille altre volte, perché tanta apprensione?
“E levati di dosso, cazzo!” Grugnì Mo scrollandoselo di dosso con una gomitata ben assestata fra le costole.
He Tian si ripiegò su sé stesso tossendo convulsamente per il colpo, ma un sorriso involontariamente sollevato gli stendeva le labbra.
Il rosso lo scrutò attentamente, chiedendosi il perché di quell’abbraccio ed il perché di quel sorriso raggiante che gli illuminava il viso.
“Che ci fai qui, piccolo Mo?” Chiese He Tian massaggiandosi pigramente le costole ingiuriate.
Il colpo di Mo lo aveva preso alla sprovvista, ma non gli aveva fatto poi così male. Preferiva quel dolore fisico all’angoscia che lo aveva tormentato per buona parte della notte.
“Mi hai rotto il cazzo tutta la settimana, ho pensato di restituirti il piacere.” Rispose tranquillo, alzando le spalle e sviando lo sguardo.
Ignorando volutamente quella vaga sensazione di apprensione che non gli aveva fatto chiudere occhio e lo aveva spinto più volte a porsi domande su domande su He Tian.

Stanotte dormirà bene?

Perché ha tutti questi incubi?

Cosa lo tormenta a tal punto?

Si sfilò la giacca come se fosse a casa sua e la lanciò sul divano, dirigendosi tranquillo verso la cucina.
“E non chiamarmi in quel modo rivoltante!” Specificò infine, ma solo dopo che fu abbastanza lontano.
He Tian lo seguì in silenzio. Uno sguardo curioso ed un sorriso divertito ad adornargli il viso.
Vedere Mo che si aggirava con così tanta naturalezza fra le quattro mura della sua casa, gli regalava un peculiare calore localizzato al petto.
Si sfilò la giacca anche lui e la abbandonò su una sedia, sedendosi al bancone dietro Mo ed osservandolo mentre acciuffava utensili e ciotole con naturalezza, come se quella fosse davvero la cucina di casa sua.
“Ti piace la cioccolata calda?” Chiese Mo, voltandosi a guardarlo da sopra la spalla.
“Non l’ho mai assaggiata a dire il vero.” Rispose He Tian sorridendo, accomodandosi con i gomiti poggiati al bancone della cucina per osservarlo.
Mo grugnì qualcosa scorbutico, iniziando ad armeggiare con il cacao ed il latte e cercando di accantonare quel ricordo della sua infanzia, quando da piccolo gli incubi lo svegliavano e sua madre gli preparava la cioccolata per farlo calmare.
Accese il fornello, verso il cacao nel latte ed iniziò a mescolare per non far formare i grumi.
“A cosa devo questa gentilezza?”
“Non è una gentilezza, tanto meno se nei tuoi confronti.”
“Allora perché sei qui?” Chiese He Tian, ammorbidendo la voce e poggiando la schiena contro la sedia.
“Avevo voglia di cioccolata e ricordavo di aver visto qui del cacao.”
“La cioccolata è un regalo che si fanno gli innamorati, sai?”
Mo si morse il labbro inferiore ed ingoiò qualche migliaio di insulti e minacce.
“Devo forse intuire che mi stai confessando i tuoi sentimenti?” Continuò He Tian, gongolando tronfio con quel sorrisetto malizioso stampato sulle labbra.
“Vaffanculo!” Rispose infine Mo, voltandosi completamente solo per potergli mostrare il suo dito medio.
He Tian rise divertito in risposta e l’angoscia parve scomparire del tutto dal suo animo.
L’incubo di quella notte era ormai un ricordo.

  
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