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Autore: InsertACasualUsernameHere    01/02/2018    1 recensioni
"Rey Doe, tristezza blu dalla nascita, si smarrì in iridi di cieli privi di stelle e vi trovò una strada, rischiarando ombre oscure creò una via nella notte più profonda.
Kylo Ren, tristezza rossa tramutatasi nel tempo, si perse in iridi di deserti caldi e vi trovò rifugio, guidato da una luce intensa che sporcò trascinandosi dietro tenebre che segnarono percorsi pericolosi.
Preda e predatore, lui in missione, lei la missione.
Sullo sfondo di fili sottili della tela d'un ragno invisibile, pronto a divorare il mondo, e dei ronzii d'ali di libellule, determinate a sfuggirvi e distruggerne l'operato, due anime opposte e simili s'incontrano e scontrano, generando scintille di sofferta passione che ha il sapore d'un gioco pericoloso dal retrogusto agrodolce di purezza sporcata e menzogne sanguinanti sincerità"
[Modern!AU][Criminal!AU][Ovviamente Reylo][Utilizzo creativo di terminologie canon][C'è quasi tutto il canon, in chiave tempi moderni][Il triangolo non l'avevo considerato][Finn & Poe!Friendship][Hux & Kylo!Kind Of Friendship][Finn/Rose][Leia/Han][Futura variazione del raiting][Tutti concordi sul fatto che questi tag sono troppi?]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Generale Hux, Kylo Ren, Leader Supremo Snoke, Poe Dameron, Rey
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: Tematiche delicate
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[ what a wicked game to play, to make me feel this way
what a wicked thing to do, to let me dream of you
what a wicked thing to say, you never felt this way
what a wicked thing to do, to make me dream of you
and i don't wanna fall in love
no, i don't wanna fall in love
whit you ]
 
Prologo 

 
La vita ha strani modi di sorprendere e sovvertire tutte le abitudine e le certezze, stravolgendo la quotidianità in un battito di ciglia confuse; Rey Doe lo sa bene.

Camminava spensierata, la tracolla malconcia della borsa color panna sporca pendeva dalle minute spalle, oscillandole agli stretti fianchi, seguendone i movimenti placidi della pigra camminata, occhi nocciola rivolti al cielo sereno che splendeva sopra di lei e rendeva quasi più sopportabile la vista della distesa di case instabili, giardini affollati di rottami, cancelli arrugginiti, pareti screpolate, marce di muffa, del South Side; fischiettava in mezzo a quel deserto inospitale.

Del resto, dalla vita, Rey non s’aspettava più nulla.

Abbandonata nel quartiere peggiore di Chicago, lasciata a Jakku,  casa famiglia inospitale, una catapecchia dalle pareti giallastre, letti a baldacchino, presi in prestito da qualche prigione, infissi alle finestre e la porta della cucina perennemente chiusa, scorte di cibo razionate e scarse, appena sufficienti a sopravvivere; un campo d’addestramento per futuri criminali, imparavi a contrabbandare merce ancor prima di saper fare di conto.

Cresciuta nella cieca, testarda, convinzione che, prima o poi, i genitori sarebbero tornati a prenderla e salvarla dall’incubo in cui l’avevano costretta a vivere, Rey la crudeltà della vita, la delicata arte dell’adattamento, l’apprese sin dalla tenera età e, dal destino, scelse di non aspettarsi nulla d’eccezionale; mai commettere due volte l’errore d’illudersi troppo.

Se nasci nessuno, muori nessuno; ma al fato piace sorprendere.

E così, quella mattina, mentre camminava serena, Rey s’imbatté o, per meglio dire, scontrò letteralmente contro un giovane, suo coetaneo probabilmente o forse poco più grande, che pareva fuggire dal diavolo in persona, fasciato in un giacchetto marroncino, la pelle scura ed il fiato corto, i capelli rasati, neri come la pece, del medesimo colore degli occhi, strabuzzati e terrorizzati, s’aggrappò a Rey come se fosse la sua unica ancora di salvezza e la giovane, abituata alla vista di pattuglie rincorrere vandali e criminali spiccioli, s’immaginò che quel poveretto fosse seguito da qualche poliziotto troppo rigido al dovere e non se la sentì di lasciarlo lì; se lo trascinò dietro armeggiando con i cavi di una macchina qualsiasi, un catorcio lasciato a prender polvere al ciglio della strada.

Fuggirono insieme, Rey ebbe giusto il tempo d’intravedere, salendo frettolosamente in macchina, un furgone nero opacizzato, sin troppo pulito per esser d’una banda di quartiere, fermarsi a qualche metro di distanza, e sagome dalle parvenze militari, ma vestite interamente di bianco, decisamente appariscenti e stonanti con l’imperfezione del South Side, discendere dal mezzo ed indugiare all’incrocio; chiedendosi probabilmente in quale via il veicolo inseguito si fosse infilato.

Il passeggero al suo financo, ancora tremante, s’agitò nervoso durante tutto il tragitto, guardando lo specchietto retrovisore, inspirando faticosamente, in preda ad una paura incomprensibile, Rey non gli chiese neppure da chi o per quale motivo stesse fuggendo, sospettando già che, qualsiasi risposta, non le sarebbe piaciuta, si limitò ad ospitarlo in quella che, senza troppo orgoglio, chiamò casa.

Finn, questo il nome che il fuggiasco gli disse d’avere, riuscì a parlarle solamente dopo aver ingollato un’intera bottiglia d’acqua, gettandosi al divano, tra molle sporgenti e stoffa bucherellata, in un sospiro di sollievo che precedette un fiume di parole che Rey seguì a stento ed ebbe il sospetto, per tutta la durata del confusionario resoconto, che Finn avesse volutamente omesso dettagli vagamente importanti; tuttavia non le importò poi molto.

Quel che le bastò sapere fu che il ragazzo scappava da una sottospecie di mafia estremamente organizzata e che aveva bisogno di un posto in cui rifugiarsi, che come lei non aveva nessuno, né genitori, né amici, né parenti, solamente la propria ombria a seguirlo ovunque.

Quello fu il giorno in cui la vita di Rey Doe cambiò, irrimediabilmente ed imprevedibilmente.

Non accadde subito, fu un processo lento, insidioso, un susseguirsi d’eventi caotici, verità sconvolgenti e volti nuovi, diversi dalle solite facce del South Side; fu come vedere il mondo mutare forma pur restando uguale.

E di tutte le svolte che la vita poteva prendere, di tutti i futuri che il destino poteva offrirle, questo rientrava sicuramente, di merito, tra i peggiori, i più sconvolgenti, confusi e dolorosamente piacevoli possibili; ma se erano solamente ostacoli quelli che il fato voleva offrirle allora Rey Doe li avrebbe superati tutti.
 

 
 
••••••••••••••••••••
 
[ the world was on fire, no one could save me but you
it's strange what desire will make foolish people do
i'd never dreamed that i'd love somebody like you
and i'd never dreamed that i'd lose somebody like you
no, i don't wanna fall in love
no, i don't wanna fall in love
with you ]


La vita ha i suoi metodi, strani modi di fare, per ricordarti quel è il posto in cui sia più giusto tu debba stare e farti ritrovare una via smarrita da anni; Kylo Ren lo sa bene.

Fissava il monitor del computer portatile, quella mattina estiva, afosa come soltanto le giornate noiosamente lente della San Francisco affollata, invasa da auto, mezzi di trasporto vari e smog, con l’asfalto che ribolle per il sole ed il fumo dei tubi di scarico, sa offrire e Kylo se ne stava comodamente piazzato alla scrivania, sotto il getto intenso del condizionatore, a rinfrescarsi e bearsi l’arietta piacevole, ricontrollando minuziosamente i dati, le informazioni, le coordinate raccolte nel corso delle ultime indagini.

L’unico fastidio presente, un ronzio insopportabile, un insetto che non poteva schiacciare, erano le chiacchiere di Hux, i continui rimandi alla missione appena attuata, immobile e rigido, poggiato al bordo dell’ampia finestra a guardare le auto sfrecciare sotto di sé, dall’alto del decimo piano, urlava impaziente ordini ed ammonimenti ad uno squadrone di stormtrooper, impegnati nella facile ricerca di due soggetti, negli squallidi sobborghi di Chicago.

A dirgli di calmarsi, sedersi in silenzio e fumarsi una sigaretta, rilassandosi alla certezza che, presto o tardi, l’esercito paramilitare finanziato dall’Ordine sarebbe tornato, Kylo non impiegò molto ed Hux lo fulminò con quelle iridi di smeraldi ostili, aggiungendo altro fastidio al fastidio già presente.

Che la missione fosse facile, Ren, non ne aveva dubbi, l’aveva personalmente studiata ed era giunto alla conclusione che, se avesse agito singolarmente, sarebbe stato decisamente più semplice e così aveva fatto.

Giorni prima aveva preso un volo, un plotone di stormtrooper, il Comandante Phasma in prima linea, ed era atterrato in Egitto, s’era addentrato tra le dune desertiche ed aveva scovato l’eremita nascosto tra i tuareg, Tekka l’accolse con quel fare d’anziano saggio, rivolgendoglisi in un tono che Kylo non apprezzò, rimarcandone sin troppe volte e con sin troppa speranza le radici che, negli anni, si era personalmente estirpato; l’errore gli costò la vita prima ancora che le mappe venissero recuperate.

Senza troppa difficoltà Kylo riconobbe il nuovo custode delle preziose informazioni, ordinò la cattura di Poe Dameron, pedina della Resistenza, aviatore esperto, lingua sin troppo lunga ed atteggiamento da sbruffone che gli valsero la reclusione in una cella, provvisoriamente allestita in un edificio che pareva fatto di sabbia stessa, per giorni d’estenuante interrogatorio che non portano a nulla; di certo i pedoni della Resistenza sanno cos’è la lealtà. 

Quando s’era convinto che, forse, non valeva neppure più la pena tenerlo in vita un uomo tanto cocciuto da invocare la morte, piuttosto che tradire i valori di ribellione al sistema, questi scomparve; svanendo nel nulla.

E Kylo risalì su un jet privato che lo riportò nei, più confortevoli, Stati Uniti d’America con la fastidiosa consapevolezza che uno dei soldatini, fedelissimi uomini robotici, di Hux s’era rivelato un traditore ed aveva salvato l’aviatore tenuto in ostaggio, svanendo con esso, dando inizio ad una caccia senza sosta che portò squadroni di stormtrooper ed ingenti quantità di tempo sprecate a scandagliare l’intera nazione; prima di trovarlo a vagare in Illinois.

La missione di recupero dati, per Hux, fu questione d’orgoglio ed inviò il migliore gruppo d’uomini, plasmati per essere macchine prive di libero arbitrio, ed eccone i risultati, fissare insistentemente una finestra; come se 2.131 miglia possano essere percorribili in meno di trent’ore, quattro o cinque a voler usare mezzi di trasporto aerei.

Le telecamere, che l’ossessione compulsiva per il controllo di Armitage installò tempo addietro in ogni casco degli stormtrooper, riportavano immagini direttamente sotto lo sguardo vigile di Kylo ed accade in quel momento, mentre se ne sta placidamente disteso, a rinfrescarsi e gustarsi l’inseguimento, che la vede; un folletto castano, gracile e rapido, aiutare il traditore in fuga.

La missione passò in secondo piano automaticamente, la schiena si drizzò e le scure iridi indugiarono al fermo immagine, ingrandendo la figura femminile, schiarendo la nitidezza dei pixel, gli parve di riconoscerlo, un viso simile tra i ricordi impolverati dell’infanzia forzatamente dimenticata, un viso mai del tutto rimosso, una ragazzina lasciata nel passato; l’ironia della vita lo colpì in pieno, schiaffeggiandolo beffardamente.

Poco importò, poi, quanto elevate le urla di Hux suonassero, gridate al cellulare di qualche soldatino sfortunato, accusato a nome dell’intero plotone e dell’Ordine tutto, d’aver fallito la semplicissima missione, costretto a tornare alla Starkiller a mani vuote.

E non ne volle sapere Kylo dei, sicuramente estremi e decisamente funzionali, piani secondari e terziari escogitati dalla mente stratega di Armitage, in quell’esatto momento, in quei pixel ancora un po’ sgranati, non si poteva parlare di morte ed omicidi; il controllo passò direttamente nelle mani di Ren.

Degli avvertimenti di Hux non sentì neppure una singola parola, che fosse diventata improvvisamente una questione personale solamente a Kylo era dato saperlo, a chiunque altro disse trattarsi d’una tattica meno invasiva, ma sicuramente più funzionale, Snoke non oppose resistenza, ciecamente sicuro delle potenzialità e capacità del migliore dei sudditi, ne assecondò la richiesta, gli offrì l’apporto necessario, e lo lasciò partire settimane dopo; con la promessa di recuperare ogni singola informazione necessaria ad estirpare l’unica minaccia rimasta, l’unico ostacolo allo conquista del controllo totale del mondo.

Quello fu il giorno in cui la vita, senza neppure concedergli modo d’accorgersene, riaccese i lampioni d’una strada che Kylo aveva scelto di lasciare divorare dalle ombre.

Non accadde subito, fu un processo lento, insidioso, un susseguirsi d’eventi fuori controllo, reminiscenze indesiderate e vecchi volti, creduti ormai smarriti in qualche anfratto dimenticato della mente; fu come rivedere il mondo per la prima volta dopo anni di cecità e ritrovarlo uguale nella diversità.

E di tutte le strade che la vita poteva riaprirgli, di tutti i futuri che s’aspettava d’avere, questo rientrava sicuramente, di merito, tra i peggiori, i più sconvolgenti, confusi e dolorosamente piacevoli possibili; ma se era nuovamente la luce della speranza che la vita voleva fargli vedere allora Kylo Ren l’avrebbe spenta ancora una volta.


[ this world is only gonna break your heart
nobody loves no one ]
 
Salve, 
primissima storia in questo fandom, la ship è stata più potente di me, ancora una volta, ed eccomi qui a sperare che qualcuno possa interessarsi, anche soltanto un pochino, al racconto. 
Magari qualcuno l'ha intuito, magari altri no, questo primo (non) capitolo è una revisione dell'altra storia che avevo già provato a postare, ma che non mi convinceva; così mi sono detta "riprovo" ed eccomi di nuovo qui.

Doverosa precisazione : 

Il cogome di Rey è Doe, appellativo che si suole dare a chi non è possibile identificare, non avendo lei parenti certi ho pensato fosse più adatto così. 

Detto questo spero di poter ricevere commenti e critiche, sempre accette. 
Mi auguro a qualcuno possa interessare un pochino, grazie a chiunque leggerà. 

Pace & Amore

ps: la canzone che fa da tema all'intera storia e le da il titolo, per chiunque fosse interessato, é la seguente : https://youtu.be/8-2hUmoaPfU
  
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