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Autore: Dicorno_saddd    02/02/2018    1 recensioni
Minhyuk ha costruito la sua vita su un cumulo di menzogne.
Jooheon sarà l'unico a non credergli e a chiamarlo "bugiardo".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'idea peggiore che Minhyuk avesse potuto avere quel giorno era proprio uscire di casa. Da quanto tempo non metteva piede sull'asfalto sconnesso e pieno di buche della stradina di casa sua? Qualche mese almeno... Da quando sua nonna era morta. Lei che era l'unica tutrice che si era presa cura di lui da quando - ancora bambino - i suoi genitori erano venuti a mancare. Quella donna era stata il pilastro che aveva tenuto insieme la sua vita, era le fondamenta sulla quale aveva costruito la sua esistenza e ora, non averla più accanto lo stava lentamente uccidendo.
Non aveva davvero nessuno ormai. Le uniche relazioni umane che aveva preso abitudine di intraprendere era con gente conosciuta casualmente online, rapporti edificati nelle menzogne. Ciò che da bambino lo aveva reso debole, insicuro ed immaturo, adesso stava avendo i suoi effetti. Aveva bisogno di affetto continuo, attenzioni, pretendeva compassione, voleva ottenere pietà dal mondo esterno, come se davvero non riuscisse a sorreggersi da solo in quel tunnel buio dove era precipitato ormai. Dipendeva dagli altri. Nella sua vita era stato abbandonato, deriso, deluso, così tante volte che ormai non aveva più nemmeno idea di cosa significasse intraprendere un sano rapporto di amicizia con qualcuno. Sentiva solo di voler essere una vittima, gli bastava qualche parola di conforto riguardo argomenti che magari nemmeno lo sfioravano, gli bastava essere al centro dell'attenzione, anche se per poco. E quando chi c'era dall'altra parte arrivava al limite e smetteva di prestargli attenzione, ignorava le sue recite e lo allontanava... allora lui cambiava soggetto da imbottire di menzogne.
Non era stata colpa sua essere giunto a questi livelli, sapeva che se in un modo o nell'altro avesse potuto dimenticare il suo passato avrebbe continuato a vivere serenamente... e soprattutto, magari, senza paure. In fondo era stata la paura ad averlo indotto tanto in là, ad averlo costretto a fingere di essere qualcuno che in realtà non era, era stato il terrore di restare solo, ancora una volta.

Quel giorno faceva particolarmente freddo. Minhyuk si stringeva nel suo cappotto nero cercando di tenere lontano dalle sue orecchie la risata del suo ex migliore amico, che scherzava con quello che ormai era il suo fidanzato da forse un anno, più precisamente da quando Hoseok aveva preferito il suo nuovo ragazzo al suo migliore amico, e aveva deciso di non voler sopportare più tutto il peso di avere un amico come Minhyuk sulle sue spalle. Lo aveva abbandonato anche lui, stanco forse di sentirsi raccontare tanti problemi che ormai potevano sembrare surreali alle sue orecchie. Era vero in fondo, molte cose il minore le aveva estremamente ingigantite, fino ad esasperare situazioni che sarebbero potute essere, invece, affrontate insieme. Lui però aveva paura di affrontarle, temeva il confronto con ciò che riguardava il suo passato, ne era terrorizzato al punto di distorcerlo tramite le sue bugie. Bugie a cui aveva finito col credere anche lui, intrappolandosi senza via di scampo in una rete di menzogne fitta quanto la tela di un ragno. Menzogne velenose, che in verità lo ferivano più di quanto non lo ferisse la realtà dei fatti, ma in fondo c'era così abituato che neppure se ne rendeva più conto.
Quell'amicizia l'aveva sgretolata lui, ne era consapevole, coprendo il maggiore dell'incarico di risollevarlo da drammi che neppure gli appartenevano, forzandolo alla tortura psicologica di assimilare contenuti molto più forti di quelli che le persone "normali" sono abituate ad affrontare. Lo stesso Hoseok aveva promesso che non si sarebbe stancato mai di lui, che lo avrebbe aiutato a superare i fantasmi del suo passato e presente. Il maggiore gli aveva tenuto la mano quando al liceo i ragazzi finivano col distruggerlo emotivamente focalizzando l'attenzione sul fatto che fosse orfano, "malato", solo e abbandonato a se stesso. Quel ragazzo che era stata la sua salvezza, ora, era la salvezza di qualcun altro. Probabilmente il maggiore nemmeno si era accorto di Minhyuk, a causa del cappuccio calato sugli occhi, o forse l'aveva anche notato ma la sua presenza era diventata talmente irrilevante da non sconvolgerlo minimamente. Faceva male pensare che un'amicizia come la loro si fosse dissolta così nel nulla, chiusa lentamente, senza dirselo davvero che ormai non c'era più nulla da recuperare nella triste sorte di quel rapporto. Tuttavia se Minhyuk provava a riflettere davvero sulle sue azioni, rimuovendo quelle sporche bugie che contorcevano ormai i suoi ricordi... se ci provava davvero si rendeva conto che la loro amicizia era a senso unico, fondamentalmente basata sui problemi del minore. Era sempre solo Hoseok a curarsi di lui, a chiedergli come stesse, ad ascoltarlo placidamente, a indicargli metodi efficaci con i quali sfogarsi, a cercare di farlo discostare dagli orribili modi con cui trattava il suo corpo, a tentare di distoglierlo dalle sue paure e convinzioni, a consigliargli qualcosa che rimediasse parzialmente al suo dolore. Eppure anche lui alla fine aveva finito col perdere le speranze. Minhyuk stesso le aveva già perse in precedenza: lui non poteva più essere salvato.
Osservava da lontano quanto fosse ancora contagioso e solare il sorriso del suo hyung, e il ragazzo alto e spropositatamente magro al suo fianco lo ascoltava guardandolo come si guarda una torta al cioccolato dopo un anno di dieta ipocalorica. Il minore non poteva dire di essere invidioso, ma quei vecchi momenti gli mancavano davvero tanto, e vederlo dal vivo, felice, dopo quasi un anno per la prima volta lo faceva sentire ancora più solo e dimenticato. In quel gelido pomeriggio di gennaio, in uno dei quartieri meno popolosi di Gwangju, lui aspettava che aprisse il negozio del fioriere, e il suo migliore amico stringeva un frappé tra le mani mentre parlava col suo fidanzato accanto al bancone di un bar.
 
Minhyuk stringeva il piccolo mazzetto di orchidee nella mano destra, nascondendo metà del viso nel collo del cappotto per non rischiare di congelarsi il naso. Aveva ormai raggiunto il cimitero, e il solo varcare il cancello di quel luogo gli metteva tristezza, per tutte le volte che lui stesso aveva tentato di raggiungerlo quel traguardo. Perché la morte in fondo è l'unica cosa certa nella vita, e forse è da vedere proprio come l'obiettivo di ognuno. Ma, al contrario di quanto ci si potesse aspettare, lui aveva paura anche della morte; avrebbe raccontato bugie anche a lei se avesse potuto.
Cercò di ricordare invano quale fosse la strada per raggiungere la tomba di sua nonna, ma quel posto sembrava ripetersi con un unico motivo all'infinito. Ogni nuova strada che imboccava sembrava identica alla precedente, e tutto ciò che contraddistingueva una lapide dall'altra era semplicemente il nome del defunto incisovi sopra. Aveva ancora una vaga idea di dove si trovasse almeno, quindi con qualche piccolo sforzo dopo una buona mezz'ora riuscì a trovare il luogo in cui era sepolto ciò che restava dell'unica donna che lo aveva amato nella vita, anche se il suo amore avrebbe fatto poca differenza, anche se il suo amore a Minhyuk non era affatto bastato, perché l'affetto che necessitava andava oltre, ciò di cui aveva bisogno per superare i suoi drammi e le sue paure, nessuno poteva darglielo, perché quella mancanza era troppo vecchia e distorta per essere colmata. E anche se la voragine di vuoto si era allargata nel suo petto, la realtà sarebbe stata sempre chiusa a chiave in fondo al suo cuore, tutto il resto era un dolore superfluo e sempre più spesso falso. Nessuno poteva placare ciò che davvero lo tormentava, perché neppure lui sapeva più cosa fosse.
Lasciò cadere le orchidee sul marmo un po' scolorito dalle intemperie, e qualche petalo lilla si staccò spargendosi intorno alla fredda tomba della donna.
Lacrime salate solcarono lentamente e in silenzio le guance del ragazzo, il quale non si preoccupò neppure di coprirsi.
Faceva così freddo... Fuori e dentro di lui.
 
«Piangere non li riporterà indietro...» sussurrò una voce calda alle sue spalle e qualcuno gli poggiò confortevolmente una mano sulla spalla.
Ma io non sto piangendo per lei... sono troppo egoista per farlo.
Lui piangeva per se stesso.
   
 
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