Ringraziamenti: Ringrazio tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn, per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio capitolo...
Buona lettura.
Capitolo VII
I nove
compagni camminarono per un lungo tratto immersi nel silenzio della
perdita di Gandalf, finché non giunsero alle sponde di un
fiume.
“L’Argentaroggia: siamo vicini a Lothlorien. Mi
voglio bagnare i piedi: si dice che questo fiume abbia
proprietà curative” spiegò
Legolas, e assieme a Indil si avvicinò all’acqua
immergendo i piedi e guardando con
ammirazione i boschi attorno a sé.
Era contento di essere tornato finalmente all'aria aperta, tutto il buio di Moria gli
aveva fatto perdere energie; si voltò verso
Aragorn e il resto della compagna che li guardavano a bocca aperta.
“Potete
farlo anche voi” spiegò con un sorriso.
“Le acque non vi mangiano mica.”
“Le acque no. Ma chi dimora fra queste fronde sicuramente
è pericoloso. C’è una strega, potente e
tremenda. Dicono quelli della mia specie che potrebbe essere una strega
assai malvagia, magari un’alleata di Saruman.”
Prima che Legolas e Indil potessero
protestare contro le
parole di Gimli, comparvero degli elfi con gli archi tesi contro la
compagnia.
Aragorn
portò la mano alla spada e lo stesso fece Boromir, ma non
Indil e Legolas che ben conoscevano
gli elfi apparentemente ostili.
“Tutti voi respirate così forte che abbiamo potuto udirvi da molto
lontano” fece un elfo che non
aveva armi con sé, “in particolar modo il
nano” aggiunse guardando male Gimli che ebbe la buona grazia
di arrossire.
Poi il suo sguardo si posò su Legolas e Indil e sorrise
loro. “Legolas e Indil figli di Thranduil, cosa vi porta da
codeste parti in così cattiva compagnia?”
domandò.
“Haldir di Lorien, è un vero piacere per noi
incontrarti.” Legolas tolse i piedi dal fiume e
andò ad abbracciare e baciare il suo vecchio amico.
“Sfortunatamente non possiamo raccontarti tutto.” A
parlare in elfico era stato Aragorn e l’elfo lo
guardò sorpreso.
“Aragorn dei Dunedain, che onore per noi averti
qui” disse l’elfo facendo un piccolo cenno con la
testa, che Aragorn ricambiò.
“Abbiamo viaggiato tanto, Haldir, e siamo stanchi e affamati.
Ci puoi aiutare?” domandò l’uomo
parlando accoratamente.
Haldir annuì. “Certo, siete vicino a Lorien, e se
le vostre intenzioni sono buone potrete entrare.” Il suo
sguardo si posò per un attimo su Boromir, prima di
continuare spiegando loro in idioma corrente: “A una
condizione però: che il nano prosegua con gli occhi
coperti.”
Gimli sbottò, arrabbiato: “Non mi farò
bendare di certo da un orecchie a punta. Non sono un nemico. Posso
almeno chiedere che anche a Legolas e a Indil vengano riservate le
stesse premure?”
Legolas rispose risentito: “Non voglio fare il prigioniero
nella mia terra, Gimli. Non voglio esser bendato. Dannata
caparbietà dei nani.”
Gimli serrò le braccia e batté i piedi,
protestando che lui non si sarebbe mosso da lì se non
fossero stati bendati anche i due elfi.
Aragorn intervenne: “E se vi proponessi di bendare tutti noi?
Ci guiderete piano e senza farci cadere.”
“No, Aragorn non l’accetto” disse Legolas
sbuffando, “voi dovete vedere la beltà e
l’armonia di Lothlorien” spiegò,
trattenendosi dal dire ‘tu’. Sapeva che Aragorn
aveva già visitato quei posti, ma erano sempre piacevoli da
vedere e l’idea di non poterlo fare lo faceva impazzire.
“Va bene Gimli” concesse infine l'elfo,
accomodante. “Sei d'accordo se mi bendo solo io? Mia sorella
merita di vedere l’arrivo a Lothlorien, ché non vi
è mai stata” spiegò Legolas e Gimli,
benché ancora offeso, annuì.
Legolas sospirò, prese la pezza dalle mani di Haldir - che
si scusò per un attimo con lo sguardo - e si
bendò sotto gli occhi di tutta la compagnia; invece a Gimli
pensò Haldir stesso.
Quando fu sicuro che non poteva vedere niente fu lo stesso elfo di
Lorien a mettersi alle spalle di Gimli e a guidarlo cercando di non
farlo ruzzolare.
Aragorn si occupò di Legolas. Mantenne la voce tranquilla
per tutto il percorso, ma in realtà dentro di sé
tremava in quanto la vita di quello splendido elfo era nelle sue mani.
Mentre gli hobbit commentavano l’accaduto fra di loro,
Boromir si sporse verso Indil a chiederle in un sussurro: “Da
dove proviene l’inimicizia fra Nani ed Elfi?”.
“Si dice che quando l’alto elfo Thingol si
impossessò di uno dei Silmaril volle farne una collana,
allora chiamò dei nani affinché lo
incastonassero” iniziò a raccontare l'elfa.
“Essi esaudirono il volere dell'elfo e ne fecero un magnifico
gioiello. Quando Thingol tornò per riscuoterlo i nani
però non glielo permisero e, con una scusa, tentarono di
impadronirsene” continuò Indil. “-Per
quale diritto il Re degli Elfi reclama la Nauglamìr, la
quale è stata costruita dai nostri padri per Finrod Felagund
che è morto? Se è giunta fino a lui, è
soltanto per mano di Húrin, l'Uomo del Dor-lómin
che l'ha cavata ladrescamente dalle tenebre di Nargothrond- dissero
aspri i nani, e allora Thingol rispose loro:-Come osate voi,
membri di una razza deforme, esigere qualcosa da me, Elu Thingol,
Signore del Beleriand, la cui vita si è iniziata presso le
acque di Cuiviénen innumerevoli anni prima che i padri del
popolo rachitico si destassero?-. Udite
quelle parole, i nani lo attaccarono e lo uccisero. La notizia della
morte di Thingol si sparse in giro per la Terra di Mezzo e vi furono
diversi altri episodi di battaglia. Solo due dei nani uccisori di
Thingol sopravvissero e si rifugiarono tra i Monti Azzurri:
riferirono in parte l'accaduto, soggiungendo che i nani erano stati
uccisi per ordine del Re degli Elfi, che così intendeva
sottrarsi al pagamento del compenso loro dovuto. Questo fatto
segnò l'inizio del tanto famoso odio tra Elfi e
Nani*” concluse il racconto Indil con un sorriso di tristezza.
“Purtroppo possiamo ritenere colpevoli entrambe le razze: i
nani per aver ceduto all’avarizia, e gli elfi per aver
attaccato senza un apparente motivo.” L'elfa
sospirò e Boromir si trovò d’accordo
con la principessa.
“Però noto che siete in pochi ad affermare
ciò” ragionò l’uomo di Gondor.
“Così il male si diffonde, messer
Boromir” fu la risposta accorta di Indil.
“Guardate, siamo arrivati” aggiunse subito dopo
fermandosi ad ammirare il paesaggio, l’uomo accanto a lei che
fissava incantato tutto quello che c’era da vedere.
Era qualcosa di unico:
ampi flet, costruzioni molto grandi ma leggere come foglie, dimoravano
sulle alte sequoie e la luce della luna rendeva il tutto più
magico alla vista, facendoli brillare come gemme.
“Posso togliere la benda a Legolas adesso, Haldir?”
domandò Aragorn e l’elfo annuì
apprestandosi a fare lo stesso con il nano, che rimase incantato
davanti alla meraviglia delle splendide costruzioni elfiche.
“Presto. La dama e il sire vi vogliono incontrare”
aggiunse Haldir e Aragorn annuì. In silenzio si apprestarono
ad andare incontro alla dama e al signore di quelle terre.
La
radura nella quale si radunarono i nove membri della compagnia
dell’anello era splendida alla vista: si affacciava su un
tratto del fiume Anduin che calmo scendeva verso le lontane cascate di
Rauros, e tutto era perfetto.
Il sire e la dama, poi, erano bellissimi, leggiadri e splendenti come
non mai. Erano tanto giovani quanto vecchi e la loro unione era
visibile nelle mani intrecciate con affetto.
Parlò sire Celeborn: “Nove sono giunti qui, eppure
in dieci sono partiti, dov’è Gandalf il
Grigio?” domandò, mentre la moglie sondava le
menti della compagnia.
Guardò con i suoi occhi grandi e blu come il mare
l’uomo di Gondor e così parlò nella sua
mente: “Non temere
Boromir di Gondor, presto arriverà il tuo momento e il
destino si compirà. Minas Tirith non cadrà, e in
molti saranno a gioire nel vederti tornare.” Con
queste parole fece piangere il buon guerriero che era più
debole di quanto pensasse.
Lo sguardo di Galadriel si posò sul nano e, all'improvviso,
comprese. “Gandalf il Grigio è morto. È
caduto nell’ombra. È perito
nell’incontro con un Balrog a Moria” disse la dama
e il sire emise un gemito.
“Perché mai è andato a Moria sapendo
che c’era un Balrog ad attenderlo?”
domandò l’elfo.
“Mai sono stati vani i passi di Gandalf” fu la
risposta di Galadriel che mise a tacere il marito. “Non
temere mastro nano, troverai la tua pace” aggiunse parlando
nella mente di Gimli.
Poi il suo sguardo intercettò quello di Aragorn e
così gli disse: “Lei
ti ha lasciato, Aragorn figlio di Arathorn, e so cosa dimora nel tuo
cuore: presto troverai qualcuno che ti ama e impugnerai
la spada che fu spezzata verso la vittoria.”L’uomo
chiuse gli occhi per un istante ricordandosi delle parole della
profezia e si chiese se dovesse donare il suo cuore a Legolas.
Gli occhi dell’elfa si posarono su Legolas e Indil e li
salutò come se fossero stati suoi parenti. Poi il suo
sguardo, azzurro e dolce, indugiò su Indil. “E
tu bambina mia, salverai qualcuno molto importante per te.”
Subito lo sguardo della principessa corse al fratello e la dama rise, sapendo ma
non rivelando i segreti che custodiva.
Poi
guardò Sam, Merry e Pipino e a loro parlò della
Contea, della loro bella terra e del fatto che c’era ancora
speranza.
Infine, i suoi occhi azzurri
cercarono quelli del portatore e, quando li trovò,
parlò in modo criptico nella mente dello hobbit: “Frodo,
desidero parlarti. Presto, molto presto. Desideri vedere nello
specchio?”.
Il mezz’uomo non capì quello che l’alta
elfa gli stava sussurrando, ma ormai era incuriosito.
L’avrebbe seguita, anche quella sera stessa se glielo avesse
chiesto.
“Potete rimanere, non vi saranno pericoli, questa
è una terra magnifica e ben protetta.”
Così parlò dama Galadriel, e tutti furono
immediatamente più sollevati.
NOTE
Come potete vedere mi sono divertita a scrivere di Lorien (e di dama Galadriel in particolare, con il suo potere di leggere la mente), spero a questo proposito di non aver scritto fesserie, e se così fosse perdonatemi, ma questa storia è pur sempre una mia creatura. Spero di ricevere recensioni: vi posso assicurare che con il prossimo capitolo entreremmo nel vivo della vicenda.