Hold me
“Everything
was fine, until you showed up.”.
Bussarono alla porta.
Donna non fece in tempo a sollevarsi
dal letto e a rispondere di aspettare un attimo, perché Sam
era già entrato.
“Come ti permetti?” si
incontrarono
in mezzo alla stanza. Lei, già fuori di sé prima
di iniziare ogni discorso, si
aggiustò gli shorts di cotone di un azzurro sbiadito,
abbassandoli di qualche
centimetro per coprire quel che poteva delle sue gambe.
Sam si accorse di quel gesto. “Li
hai abituati a vederti girare per l’isola
così?”
Donna abbassò il capo per guardare
cosa non andasse. Il primo bottone della camicetta era slacciato, ma
non si
vedeva niente di più del bordo del reggiseno. Doveva avere
una bella
immaginazione, per scorgere indecenza nel suo abbigliamento. Ma, anche
se a
Donna in fondo non importava di quello che lui pensava di lei, non
riuscì a non
sentirsi leggermente in imbarazzo. Non per via dei suoi abiti leggeri:
d’altronde era estate, le ragazze dell’isola
giravano in costume da bagno, con
ben più pelle esposta – non che sentisse il
bisogno di fare lo stesso, per ogni
età c’è un limite –, e
chiunque la vedesse così non si era mai lamentato.
Perché, se l’avesse fatto, avrebbe dovuto
confrontarsi con la sua rigida presa
di posizione (e con l’eventuale perdita del posto di lavoro).
Per un attimo si
ritrovò a chiedersi se davvero la vedevano come una donna
così crudele. Non
avrebbe mai voluto arrivare a perdere la sua umanità, non
era mai stato tra gli
obiettivi, o almeno non in mezzo a quelli di realizzare il sogno di Sam
e di
prendersi cura degli abitanti dell’isola.
Persa in pensieri troppo complicati
per poter essere affrontati di fronte a lui, Donna chiuse un bottoncino
della
camicia, rendendosi conto troppo tardi che fu come dargli ragione.
Aveva sempre
desistito dall’essere d’accordo con lui, dal
rispondergli affermativamente, dal
concedergli qualunque cosa. E quel dannato bottone l’aveva
tradita.
Ma era stanca. Anche se non era una
valida giustificazione. Forse da sola con lui era diverso, forse
l’essere così
dura proveniva da una reazione di difesa quando si trovava in mezzo
agli altri,
che non avrebbero dovuto vedere, sapere, ipotizzare nulla riguardo a
loro. Ma,
in verità, erano solo le chiacchiere della gente. Era ovvio
scorgere un po’ di
malizia in un battibecco tra due persone che erano state innamorate. Quanto ovvio?
Donna smosse i capelli umidi, che
avrebbe dovuto asciugare prima di decidere di entrare in contemplazione
del
soffitto sopra il letto. Stava giusto per addormentarsi, se
l’uomo non avesse deciso
di piombare nella sua stanza proprio in quel momento.
“Come
hai trovato la mia camera?” domandò
distrattamente.
“Ho bussato a tutte le stanze che
non avessero il numerino sulla porta.”
Donna corrugò la fronte in
un’espressione di stizza. Ce la stava mettendo tutta, per
intavolare una
conversazione neutrale. Tuttavia, un'altra parola e Sam avrebbe
peggiorato
ancora di più la sua posizione.
“Scherzo, me l’ha detto
Sophie”
rimediò.
Perfetto, con lei avrebbe parlato
più tardi. “Cosa vuoi?”
“Sapere come stai, il nostro
incontro è stato un po’ improvviso.”
“E inaspettato, aggiungerei.”
“Non ti ha fatto piacere
rivedermi.”
“È una domanda?”
chiese spiegazioni
lei, desiderosa di evitare l’argomento.
“Non lo so, dipende dalla
risposta”
nonostante tutto, il tono di Sam rimaneva pacato.
Donna sospirò, e decise di volgere
l’attenzione a qualcosa di meno compromettente, come la
ricerca del phon.
L’ultima volta l’aveva visto nel mobiletto del
bagno, ma non c’era. Nell’armadio?
Nel cassettone? Dove tiene la gente un phon? Era scivolato sotto il
letto?
Tornò in bagno, aprendo per la
seconda volta tutte le ante, senza successo. Quando uscì,
trovò Sam sulla
porta, a bloccarle l’accesso. Ridacchiò.
“Non sei cambiata per niente.”
Aveva un gomito appoggiato allo
stipite, perciò Donna cercò di passare
dall’altra parte, ma Sam fu più rapido
di lei, e fermò la sua corsa trattenendola con il braccio
libero, circondandole
la vita. Finì stringendola contro di lui, la schiena di lei
contro il suo
petto.
“Perché tu sì
invece?” ribatté lei,
non scomponendosi. Ma il tessuto della camicia era sottile, la mano di
Sam mano
risaliva verso i seni, e i respiri di Donna si facevano sempre
più corti.
Spostandole i capelli bagnati, si
abbassò
sulla sua spalla, lasciandole una traccia umida dove la
baciò.
Merda, ma come faceva? Ad accarezzarla così, tracciando il
solco tra i seni,
mentre la sua bocca le stuzzicava l’orecchio.
Andava tutto
così bene, finché non sei ricomparso.
Avevo ritrovato un equilibro, io, Sophie e il mio lavoro. Le notti in
cui ti
sognavo erano un po’ meno del solito, avevo smesso di
piangere pensandoti,
perché l’unica cosa a cui associavo il tuo nome
era delusione. Quella di averti
conosciuto, di essermi fidata di te. Sono delusa da me stessa, anzi, mi
odio,
per essermi innamorata di un ragazzino come te. E lo faccio ancora,
perché non
riesco a essere indifferente quando sto con te. E quando fai
così. Ma anche
quando non lo fai.
“Lasciami andare” era
l’unica
alternativa. Tanto sarebbe finita presto, da lì a un giorno
appena, e Donna
avrebbe dovuto riaffrontare la routine delle sue giornate. Solo che
aveva
rivisto Sam. Solo che l’aveva avuto più vicino che
mai. Solo che non avrebbe
più smesso di pensarci.
“Guarda che te ne puoi andare quando
vuoi.”
Donna abbassò lo sguardo e non vide
più le sue braccia avvolte a sé, le sue mani a
scorrere sul suo corpo. E non se
n’era neanche accorta.
Eppure ne sentiva ancora il calore,
la sensazione di possessività, e si chiese se non si potesse
tornare indietro,
di un minuto e mezzo esatto, per goderne un istante in più
senza quegli stupidi
pensieri che le avevano occupato la mente e distolto
l’attenzione. Sam non si
mosse da dietro di lei, l’unico loro contatto erano le
camicie che si strusciavano
appena, e il calore che emanavano i loro corpi.
Donna chiuse gli occhi, mentre Sam
prese la parola l’ultima volta. “Non lo vuoi
neanche tu, vero?”