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Autore: LoZioGill    04/02/2018    0 recensioni
[Force Of Will]
[Force Of Will]Salve a tutti, Sovrani Base che non siete altro!
Vi è piaciuto il personaggio di Valentina fin da SKL? L'avete seguita di corpo in corpo fino alla fine del Blocco Lapis? Anche a voi non è piaciuto come l'abbiano liquidata nella lore, dandole poca importanza? Ebbene, oggi vi presento la mia versione della dipartita della nostra monarca preferita, sperando di aver reso degno omaggio al personaggio che avrebbe dovuto incarnare.
Sorrise, Valentina, a ripercorrere quegli istanti, quasi riassaporando la soddisfazione che aveva provato nell’ingannare quegli stolti, nell’essersi dimostrata un passo avanti a loro, nell’aver visto, per una volta, la situazione più in grande. “… per una volta?”
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“[ ]!” Qualcuno la stava chiamando. “[ ]!” Di nuovo. Le sembrava una voce familiare. “[ ]!” Non riusciva a ricordare dove l’avesse già sentita. La ragazza aprì gli occhi, tentando di guardarsi attorno. “Dove…?” Ciò che vide fu uno spazio privo di qualsivoglia logica: un istante appariva amorfo, per poi assumere forma di parallelepipedo, mancava di colore, presentando al tempo stesso una miriade di cangianti sfumature. Cercando di ignorare l’illogicità di quell’onirico luogo, Valentina si concentrò sul proprio corpo. Una sensazione di vuoto e pesantezza la assalì. Non riusciva a muovere un muscolo, sentiva le proprie membra pesanti ed un torpore la permeava da capo a piedi. Sembrava come fluttuare in quello strano nulla. Appellandosi ai propri ricordi, l’ex abitante di Attoractia cercò di richiamare a sé gli ultimi istanti di cui aveva memoria. “Lapis…” Sì, aveva accettato di collaborare con il Primogenitore per raggiungere- “Una donna…” Sì, stava combattendo contro una donna dalle fattezze angeliche, ma non era lei ciò che stava cercando. “Alice!” Esatto, era la Vagabonda della Terra l’oggetto del suo desiderio. Ed era stata proprio quest’ultima ad intrappolarla dov’era ora. Eppure c’era qualcosa di strano nell’immagine che le si era formata nella mente: era un’Alice corrotta da qualche potere oscuro, emanava un miasma mortifero e trasudava una follia che sembrava poter contagiare con la sola vicinanza. “È rivoltante.” Fu quello l’unico commento che l’ultima sovrana di Shangri-La riuscì a formulare, mentre una distorta rabbia le montava nel petto. Giurò di far soffrire chiunque fosse stato a ridurre Alice -la SUA Alice- in quello stato, gli avrebbe fatto desiderare la morte, fin poi a togliergli la possibilità stessa di implorarla. Nessuno aveva mai osato mettersi tra lei ed un suo tesoro e non avrebbe permesso una simile empietà proprio ora. Prima, però, avrebbe dovuto tornare nel mondo al di fuori di quel confinamento. La mente della Vagabonda tornò quindi a cercare un modo per liberarsi da quell’insensata prigione. Fu allora che si accorse di un fenomeno ancor più strano dello spazio stesso in cui stava fluttuando: ogni volta che provava a formulare un pensiero, esso si manifestava con immagini e suoni che sembravano esistere sia di fronte a lei, che nella sua testa. Erano concreti, ma al contempo solo frutto dei suoi ragionamenti. Focalizzandosi sulla sua precedente dimora, ecco che il Paradiso sull’Oceano prese forma ed un brulichio di mercanti si rese operoso nel commerciare i prodotti più disparati, per poi lasciar posto al nulla cosmico che l’aveva inizialmente circondata. Vagando coi ricordi al concilio dei Sette Re organizzato proprio da Alice, subito le figure dei monarchi si manifestarono e gli avvenimenti di quel fatidico giorno si ripeterono inesorabili sotto il suo sguardo. Sorrise, Valentina, a ripercorrere quegli istanti, quasi riassaporando la soddisfazione che aveva provato nell’ingannare quegli stolti, nell’essersi dimostrata un passo avanti a loro, nell’aver visto, per una volta, la situazione più in grande. “… per una volta?” È vero, forse il successo non era stato dalla sua parte fin dalla tenera età, ma già dalla prima volta in cui capì di avere dei poteri unici e speciali le fu chiaro che avrebbe solamente continuato ad arricchirsi, a raggiungere nuovi obiettivi, ad ascendere. Ma lo aveva veramente fatto? Aveva scalato rapidamente la gerarchia di Shangri-La, fino ad instaurare una monarchia che la vedeva al vertice della società. Aveva continuato ad accumulare nuovi oggetti di suo gusto, ad ottenere contratti sempre più favorevoli dai regni con cui era in rapporti commerciali, a guadagnare ulteriori ricchezze ed ora era addirittura arrivata ad essere una Vagabonda: un essere che può viaggiare di dimensione in dimensione e che può continuare a migliorarsi apprendendo dai vari mondi che ha la possibilità di visitare e conquistare. La sua evoluzione era solo all’inizio e non avrebbe permesso ad un semplice costrutto di intrappolarla in una scatola magica.

“Ma è davvero così?”

Sentì la sua stessa voce provenire da ogni e nessun punto di quel nauseante spazio e porle questa domanda. “Certamente.” Ovvio che fosse così, aveva continuato a raggiungere un obiettivo dopo l’altro, accrescendo sempre più la propria egemonia, tanto da rendere la sola Attoractia insufficiente a contenerla. Quasi come a voler dimostrare una propria volontà, il nulla in cui galleggiava generò sagome e parole che Valentina non aveva richiamato alla mente. L’esile figura di una ragazza dalla voce angelica, accompagnata dal suo inseparabile strumento musicale, si manifestò sospesa a poche decine di centimetri sopra di lei. “Shion.” La Vagabonda fissò la sua più diretta sottoposta negli occhi, osservando quasi uno specchio dato il corpo in cui stava ora dimorando. “Valentina…” disse la cantrice. “Davvero credi di essere sempre stata vittoriosa? Di non aver mai fallito? Pur considerando che io, nulla più di una misera cantrice, sono riuscita a rivolgerti contro il tuo stesso popolo?” Una smorfia canzonatoria si dipinse sul volto della sovrana. “Ci sei riuscita? Ora non sei tu quella che si sta sopravvalutando, Shion? Dopotutto il tuo patetico tentativo di rivolta è arrivato quando avevo già deciso di abbandonare non solo Shangri-La, ma Attoractia stessa. Ed inoltre” La smorfia si tramutò in un ghigno di scherno. “Le tue azioni non ti hanno forse portato alla morte per mia mano? Sei stata nulla più che un fallimento!” L’ora sottoposta di Lapis chiuse gli occhi, ridacchiando. “Persino il tuo cadavere si è rivelato più utile di te per i miei piani.” “Piano? Pricia pensa che non si possa definire ‘un piano’ farsi scacciare malamente dal corpo di Pricia.” Valentina aprì gli occhi di scatto. La donzella la cui voce le aveva allietato innumerevoli giornate aveva ora lasciato il posto ad un’ancor più minuta ragazzina: Pricia. La regina di Sissei inclinò la testa di lato, fissando la Dodici Apostoli come a volerla scrutare nel profondo. “Quando Pricia ti ha ucciso con l’aiuto di Mary e Shion non hai forse perso? Dici che non te ne importa, ma abbandonare la nostra casa è solo una scusa!” Il tono infantile della Regina delle Bestie tradì la serietà con cui proferì tali parole. “Hai lasciato Attoractia da perdente! Sei solo fuggita da un enorme pasticcio che avevi combinato definendolo una tua volontà!” Lo scherno aveva lasciato posto allo sdegno e all’ira, che ora corrugavano il bel volto che un tempo fu della cantrice, ma prima che la Signora Suprema potesse controbattere, una nuova voce la anticipò. “Ahahahah! La bestiola ha ragione, Valentina, ti sei lasciata abbindolare da tutti!” La voce di Alice Oscura la sorprese e inquietò al tempo stesso. Sentì la sua presenza a poca distanza dietro di lei, ma per quanto si sforzasse, Valentina non riusciva a muoversi di un millimetro. “Pensaci: come sei riuscita ad ingannare gli altri sovrani di Attoractia? Non hai forse seguito alla lettera il mio piano? E come hai fatto a fuggire da quel mondo? Accettando di diventare un apostolo, un burattino di Lapis, non è così?” Stavolta era la controparte oscura dell’oggetto che tanto bramava ad avere un tono canzonatorio. “La tua volontà non ha mai contato nulla, sei sempre stata schiava di chi aveva una brama più forte della tua senza nemmeno rendertene conto.” L’ennesima voce proveniva nuovamente da davanti a lei. Un giovane dallo sgargiante abito a tinte violacee e dai bianchi capelli arruffati si stagliava fluttuante sopra la Vagabonda, sfoggiando il migliore dei suoi ghigni. “Lapis!” sibilò Valentina a denti stretti. “È opera tua, non è vero?!” Ignorando completamente la domanda rivoltagli, Gill Lapis si avvicinò alla fanciulla, sollevandole appena il mento con due dita, così che essa potesse ammirare al meglio la distorta espressione di scherno che adornava il volto del Primogenitore. “Sei sempre e solo stata una pedina nelle mani di tutti coloro che hai incontrato. Tu credi che la tua scalata al potere a Shangri-La sia stata opera tua, ma riflettici: quando hai cominciato ad avere quel desiderio? E soprattutto, chi ne parlava proprio a te prima che le rubassi il corpo?” Il Conquistatore di Attoractia proruppe in una risata sguaiata, mentre si distanziava dall’oggetto delle sue derisioni, per poi scomparire nel nulla.

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Quanto tempo era rimasta a fluttuare inerme nel vuoto? Pochi istanti? Minuti? Ore? Non lo sapeva. L’unica sicurezza che aveva era che le parole di tutti coloro che l’avevano fatta danzare sul palmo delle loro mani erano state veritiere. Era un dubbio- no, una verità che la attanagliava da tempo, ma che non aveva mai avuto il coraggio di ammettere per paura di perdere anche l’ultima stilla di se stessa che ancora possedeva. Come a voler materializzare le parole del Primogenitore in ritardo, intorno a lei si ricreò nuovamente Shangri-La e la prigione onirica in cui era rinchiusa le riportò alla mente una conversazione che la sovrana aveva voluto dimenticare. “[ ]!” Qualcuno la stava chiamando. “[ ]!” Di nuovo. Le sembrava una voce familiare. “[ ]!” Finalmente si ricordò a chi appartenesse tale voce. Per la prima volta durante il suo confinamento, la Vagabonda riuscì a voltarsi, per vedere una ragazza che conosceva bene. Alta, di bell’aspetto, dalla fluente chioma aurea e vestita con un candido abito bianco. La fanciulla parlò ancora una volta. “[ ], i miei affari stanno andando a gonfie vele! Vedrai, un giorno riuscirò ad accumulare una fortuna tale da permettermi l’intera Shangri-La!” La giovane spalancò le braccia ed alzò lo sguardo sognante al cielo, come ad immaginarsi un’enorme palazzo degno di un monarca. “No.” La interruppe la sua interlocutrice. “Non ce la farai.” Lei lo sapeva, dopotutto lo aveva vissuto. “O almeno, non sarai tu a fa-“ Le parole le si smorzarono in gola. Poteva davvero affermarlo, dopo tutto ciò a cui era stata messa di fronte? Poteva ancora fingere che i meriti delle sue imprese fossero suoi e non di qualcuno più astuto o di una volontà residua nel suo corpo? In segno di sconfitta, la prigioniera abbassò la testa. “Hai ragione.” Disse alla ragazza che aveva di fronte. “Sono certa che ci riuscirai.” Sollevò nuovamente il capo e per un attimo un ciuffo rosso invase il suo campo visivo. Portandosi istintivamente una mano ai capelli e distendendone una ciocca, la sovrana constatò di essere tuttavia ancora nel corpo di Shion. “Che scherzo orribile.” La sensazione di aver avuto per un solo attimo quel corpo ed averlo sentito come estraneo le portò un amaro sorriso ed un’espressione affranta. Aveva appena rinnegato la se stessa originale, cos’altro era rimato di lei? Cosa caratterizzava ancora quell’entità che sentì ormai di non esser più? Una figura le attraverso la mente. Niente più di bagliore, un’immagine effimera, ma tanto bastò alla Vagabonda per riaffermare la propria individualità. “Alice.” Il desiderio di possesso verso la ragazza del Paese delle Meraviglie era suo. Era qualcosa per cui lei si era mossa, a cui lei anelava e che lei e lei soltanto sentiva. La bellezza era da sempre qualcosa che avrebbe voluto possedere, che si trattasse di un corpo, di un’altra persona, di un oggetto o di un animale, la morbosa ossessione per tutto ciò che rispecchiasse i suoi canoni estetici era stata un -se non il- tratto distintivo della ex monarca. “Alice.” La terrestre le si materializzò a pochi metri di distanza, sorridente. “Alice.” Valentina mosse un piede in avanti, poi l’altro, fece un passo, poi un altro, si ritrovò a correre sospesa nel nulla, cercando di raggiungere la sagoma che si rispecchiava nei suoi occhi. “Ali-“ Uno strattone la bloccò. Avvertì una morsa paralizzarle le gambe, come se avesse improvvisamente un macigno a tenerla ancorata. “Alice!” La Vagabonda tese una mano dinanzi a lei, tentando in ogni modo di avanzare. “Alice!” Cominciò a sentire i tendini strapparsi, i muscoli lacerarsi, le fibre stesse del suo corpo frantumarsi dall’interno. “Alice!” Continuò ad arrancare, tentando disperatamente di stringere fra le sue mani colei che tanto bramava. “Alice!”

Crack

Un dolore lancinante attraversò tutto il suo essere. Ciò che fino ad un attimo prima le aveva fatto da contenitore era riverso dietro di lei, privo di vita e non più integro. Come per i suoi ricordi, anche quel guscio vuoto cominciò a sfaldarsi inesorabilmente. “Alice! Alice! Alice!” Una forza magica proruppe all’interno della prigione onirica creata da Schröedinger, ma Valentina non la notò nemmeno, tanto era concentrata sull’illusione di Alice che si parava dinanzi a lei. Solo dopo aver mosso qualche altro passo si accorse che il suo corpo era cambiato: la mano tesa verso la Vagabonda della Terra era ora paffuta, con dita affusolate e storte ed il suo campo visivo fu nuovamente invaso da ribelli ciuffi rossi. “Ahah… ah…” Lacrime solcarono le gote della sovrana di Shangri-La, incapace di processare quel fenomeno ed accettare nuovamente quel corpo. “Shion, devo riprender-“ Non fece in tempo a terminare la frase che vide ciò che rimaneva del corpo della cantrice venir trascinato via, come mosso da una miriade di invisibili fili, per poi scomparire in uno squarcio che distorceva l’intera essenza della prigione stessa. Cadde in ginocchio, Valentina, impossibilitata ad approfittare di quella via d’uscita momentanea, terrorizzata dall’avventurarsi nel mondo esterno senza più un recipiente. Sentì una lieve pressione sulla spalla: era Alice, l’Alice materializzata dai suoi ricordi che fino a poco prima stava disperatamente cercando di raggiungere. “Hai fatto abbastanza per una sola vita, [ ]”. Le si rivolse la terrestre, con tono pacato. “Hai preso coscienza delle tue mancanze e dei tuoi errori, non hai più un motivo né un mezzo per combattere.” La Vagabonda del Paese delle Meraviglie si inginocchiò per abbracciarla. “Ti sei meritata un po’ di riposo.” Un clangore metallico spezzò l’innaturale silenzio che era calato. Drip. Valentina era riuscita ad evocare la propria lancia. Drip. Sangue sgorgava dal ventre di Alice, il cui sguardo si perse nel vuoto. La terrestre tossì, sputando la propria linfa vitale addosso alla ragazzina che stava cingendo fino ad un attimo prima. “Finalmente sei mia.” Un sorriso distorto, a metà tra un ghigno di euforia e follia, si dipinse sul volto di [ ]. Dopo un’estenuante ricerca aveva raggiunto il proprio obiettivo. L’arma della Vagabonda, ancora conficcata nelle carni del suo bersaglio, cominciò a brillare di una sinistra luce color carminio. La piccola dal corpo paffuto e la rossa chioma iniziò a sparire gradualmente, come assorbita dal suo stesso artefatto. Completata l’assimilazione della sua padrona, la lancia cominciò a generare strane protuberanze violacee simili a radici, che in breve tempo avvolsero un’ormai inerme Alice nella sua interezza, impiantandosi nelle carni di quest’ultima. Senza più un’entità fisica da trattenere, tuttavia, la prigione di Schröedinger iniziò a dissolversi, portando con sé la monarca caduta che aveva imprigionato e negandole un’ultima, effimera gioia.

   
 
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