Storie originali > Nonsense
Ricorda la storia  |      
Autore: Pera 11    28/06/2009    0 recensioni
...questa fanfic non ha molto senso, è un incubo che faccio spesso e che un giorno per caso ho cercato di descrivere...ma essendo appunto un incubo non ha molto senso. Non pensavo nemmeno di pubblicarlo, ma poi mi sono detta che magari qualcuno può trovare in queste poche parole uno svago con cui passare il tempo...non ci sono premesse o conclusioni...la narrazione parte direttamente con l'incubo...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
nightmare



Gli incubi sono le finestre che si affacciano sulle debolezze dell'anima

Ed ecco quel suono, continuo e regolare come i rintocchi di un orologio, ma forte e deciso come un martello che batte su pietra. Sembrano proclamare una muta sentenza questi battiti furiosi, ma questa è ancora celata alla mente, intorpidita dal sonno, sfiancata dal risveglio.
Le palpebre si alzano, improvvisamente leggere, come tirate da una cordicella invisibile. Ma la fine di tira e improvvisamente rilascia che gli occhi si richiudano di fronte a quel faro nel buio.
Lentamente gli occhi tentano di aprirsi, faticosamente e, per quanto la loro crudele malattia permette, tentano di render nitide le immagini proiettate sulla retina.
Ed eccole le pareti famigliari, l’odore affettuoso della camera della ragazza.
Ma proprio là dove termina l’incrocio di piastrelle, una luce potente si irradia con prepotenza. La curiosità è femmina, ma la prudenza anche quella.
Volge lo sguardo all’indietro a veder la placida figura che pacificamente riposa, indisturbata da quel curioso bagliore. Non c’è tempo ormai, è ora di scoprire.
Lentamente i piedi poggiano sul pavimento, né freddo né caldo, né pavimento. Fluttuando giunge vicina e sempre la luce più prepotente si fa, come una muta sfida all’avanzar della figura.
Vi è uno scalino, là dove doveva esserci pietra e cemento. Un rialzo a separar questo mondo dall’altro. Il piede avanza fedele e ben presto tutto viene avvolto, tutto scompare.
Non vi è più un faro, una torcia vi è solo bianco, bianco e ancora bianco. Mattonelle di marmo lisce e lucide come specchi ricoprono il pavimento, le pareti, tutta una stanza di medie dimensioni. Tutte incredibilmente bianche come quelle camere dei reparti psichiatrici.
Confusione e stordimento. I vetri scagliosi guizzano attorno, girando una giostra che sembra non doversi fermare mai. E ad un tratto tutto svanisce, solo vuoto, svuotata dell’anima, svuotata dei pensieri…
…profondo vuoto di chi precipita senza confini.
Non vedo, non tocco, non sento…solo dentro rimbomba questo vuoto che sfreccia su e giù nel petto.
Poi all’improvviso 4 pareti compaiono, a Sud, a Est, a Ovest, a Nord…sono grigie di cemento, irte come spine, si uniscono con uno sonoro clank da porte antincendio.
Che sia una possibilità per fermare? Che sia una chance che mi viene data?
I muri iniziano a muoversi verso l’interno, diventando un canale sempre più piccolo. L’aria manca e soffoca tutto, ed ecco che i palmi si spalancano e si portano a posarsi delicatamente sulle due pareti, Est e Ovest. Mai errore più grande fu questo, esse scivolano come se il cemento fosse burro ma si sfregiano come se il cemento fosse roccia appuntita. Dolore fisico ora colpisce, uccide la carne, uccide la vita.
Le mani con i palmi aperti porta al petto a guardar la situazione subita: rosso passione, rosso amore, rosso odio sgorga dai solchi appena visibili sotto quella massa sanguinea.
E poi eccoli quei filetti di zucchero filato fini come carta, bianchi come neve, sono parte di me, che mi viene sventolata, che brama di abbandonarmi.
Inaspettatamente un senso di oppressione cala sul capo, mentre appena si fa udire un cigolio meccanico. Lo sguardo si alza verso il cielo ed ecco un enorme quadrato perfettamente incastonato fra quelle 4 pareti, che cala veloce. La mente rielabora automaticamente e presto proclama il verdetto: ascensore. Voglia di scendere, di giungere alla fine di quel tunnel.
Sangue ghiacciato scorre nelle vene fredde come iceberg, i muscoli irrigiditi di un cadavere senza fiato. Ecco la risata matrigna nel cuore, pugnala l’anima di odio e rancore. Di divertimento sadico come un killer spietato. Ed ecco la paura di una preda nello sguardo bianco di terrore.
Tutto si annulla, tutto si chiude intorno a quella storta figura.
Affanno scontato, dolore volato.
Vuoto nel cuore, vuoto terrore…

…vuoto e solo vuoto…

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: Pera 11