Anime & Manga > Bungou Stray Dogs
Ricorda la storia  |      
Autore: CHAOSevangeline    04/02/2018    2 recensioni
{ Soukoku | Questa storia partecipa al “Flu&Fluff” a cura di Fanwriter.it! }
« Ah, alla fine sei venuto! »
Dazai doveva aver messo tutte le proprie premure in quelle parole, che parafrasando sarebbero potute suonare come un “oh, Chuuya, nonostante potessi scegliere di stare a casa a riposare sei venuto fin qui solo per me?”
Oppure no e si trattava di una semplice constatazione.
La voce del detective gli giunse ovattata. Troppo ovattata persino per le sue orecchie tappate.
« … Che hai in faccia? »
Dazai era seduto sul letto a gambe incrociate e più bende del solito addosso. Le aveva avviluppate in qualche modo intorno alla parte inferiore del volto, stringendo i capelli mossi in una presa che li lasciava liberi solo dalle orecchie in su.
« Una protezione. »
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Chuuya Nakahara, Osamu Dazai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
★ Iniziativa: Questa storia partecipa al “Flu&Fluff” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 3192
★ Prompt/Traccia: 3. A assiste B fino alla completa guarigione… per poi ammalarsi a sua volta.
  
 
A Rika, il mio Dazai, senza il quale probabilmente avrei continuato a rimandare la visione di Bungou Stray Dogs.
Posso anche essere pesante come Chuuya malaticcio a livello cronico, ma c’è sempre.
Questa storia non sarà un ringraziamento sufficiente, ma spero che ti piaccia <3
 



 
Di come sopravvivere all’influenza – o quasi
Un manuale di Osamu Dazai





Tirò su con il naso per l’ennesima volta.
Ah, quanto odiava i malanni di stagione; la gola che bruciava a tradimento e il naso che iniziava a colare. Per lui queste avvisaglie, questi sintomi, però, non c’erano stati: Chuuya si era svegliato con un gran mal di testa, in apnea per il naso tappato e con la gola secca in procinto di chiedere pietà.
Secondo Koyo se lo era meritato. “Giri sempre con il soprabito, ma chiuderlo quando serve mai, eh?”, queste erano state le sue parole.
Ogni singola volta.
Chuuya aveva sentito quella frase in centinaia di occasioni ed era certo di star pagando le conseguenze per tutti i momenti in cui aveva alzato gli occhi al cielo ignorando la donna o brontolando un “sì, mamma” quando voleva essere particolarmente ribelle. Si chiedeva perché un dirigente della Port Mafia sapesse essere tanto petulante.
Ma se avesse ammesso che si era ammalato per quello, se avesse confessato che gli occhi gonfi, il naso arrossato e la totale incapacità di respirare erano dovuti al soprabito non chiuso e al preferire un cappello elegante ad una sciarpa, la sua vita sarebbe finita.
Era una questione d’orgoglio che però non si limitava al preservarsi dai te l’avevo detto della donna.
Per quanto il desiderio di Chuuya fosse quello di avvolgersi in una coperta nella speranza di addormentarsi, dormire per giorni e svegliarsi già guarito, aveva dei doveri, dei compiti da portare a termine.
Anche dei compiti di piacere.
Aveva appuntamento con Dazai. Il Dazai a cui avrebbe urlato in faccia anche con la gola in fiamme – si era preparato con uno spruzzo di spray alla menta poco prima di arrivare a destinazione –, quello che con ogni probabilità avrebbe preso in giro il suo colorito cadaverico accompagnato da scarsa voglia di vivere.
Beh, forse per le sue inclinazioni macabre lo avrebbe anche trovato attraente.
C’era una cosa positiva in quella situazione: Chuuya aveva due giorni liberi.
Due giorni liberi che avrebbe trascorso nell’hotel a due stelle in cui lui e Dazai erano soliti rintanarsi.
Quel luogo era all’insaputa di tutti il ponte tra Agenzia dei detective armati e Port Mafia.
Era il loro atollo, dove appena avevano un attimo di respiro si incontravano chiudendo fuori lavoro, problemi e rancori presunti dagli altri nella loro relazione.
Un luogo di pace con più polvere che mobili, ma pur sempre di pace.
Chuuya entrò nella stanza.
Con i riflessi rallentati dall’influenza e la percezione ovattata di qualsiasi cosa avesse intorno tentò di individuare Dazai.
« Ah, alla fine sei venuto! »
Dazai doveva aver messo tutte le proprie premure in quelle parole, che parafrasando sarebbero potute suonare come un “oh, Chuuya, nonostante potessi scegliere di stare a casa a riposare sei venuto fin qui solo per me?”
Oppure no e si trattava di una semplice constatazione.
La voce del detective gli giunse ovattata. Troppo ovattata persino per le sue orecchie tappate.
« … Che hai in faccia? »
Dazai era seduto sul letto a gambe incrociate e più bende del solito addosso. Le aveva avviluppate in qualche modo intorno alla parte inferiore del volto, stringendo i capelli mossi in una presa che li lasciava liberi solo dalle orecchie in su.
« Una protezione. »
« Potevi comprarti una mascherina. »
« Una bascherina? Non so che cosa sia. »
Chuuya aveva ritrovato parte della propria forza vitale mettendo piede in quella stanza. Che paradosso, visto che la sentiva solo per il desiderio di uccidere Dazai.
« Hai capito, Dazai... » esalò, portandosi gli indici guantati alle tempie per poterle massaggiare con lenti movimenti circolari. « Se ti preoccupava così tanto ammalarti potevi anche non farti vedere. »
Chuuya aveva un piccolo borsone che pendeva dalla mano e poco più in là, accanto alla scrivania, c’era già quello di Dazai, che non aveva ancora risposto alle parole del ragazzo.
Chuuya non aveva nemmeno voglia di cambiarsi, così si diresse verso il letto.
Se c’era una cosa che non aveva notato era lo spazzolone dal manico in plastica che Dazai sollevò e puntò contro il suo petto.
« Fermo, portatore malsano di germi! »
C’era un che di solenne nella sua voce, quasi stesse avendo a che fare con una qualche creatura mitologica davanti a cui era necessario proclamare la propria forza prima di abbatterla.
A Chuuya non sarebbe dispiaciuto che lo facesse, per le condizioni in cui versava, ma si trattava pur sempre di Dazai: doveva fronteggiarlo per legge e mai lasciarsi sconfiggere, nemmeno in quelle condizioni.
« Sei serio? » biascicò.
Il manico dello scopettone faceva da diametro e i loro piedi tracciarono una traiettoria circolare intorno ad esso; lentamente, guardandosi negli occhi, Dazai guadagnò la porta e Chuuya il letto.
Dazai non aveva distolto lo sguardo nemmeno per un istante, quasi ciò potesse dare a Chuuya un vantaggio. Nella sua mente doveva immaginarlo come un felino feroce o una simile belva, ma non perché fosse lui. Oh no, in condizioni normali Chuuya non gli avrebbe fatto paura.
Dazai era solo preoccupato per l’influenza.
« Manteniamo le distanze di sicurezza », ordinò Dazai. « Ho degli impegni importantissimi per i prossimi giorni. »
Chuuya sbuffò e si gettò sul materasso.
« Sono stanco delle tue sciocchezze… Io cerco di dormire, vedi almeno di non disturbarmi. »
 

 
*

 
Che Chuuya si fosse appropriato del letto per primo non aveva lasciato dubbi circa il fatto che a Dazai, per dormire, sarebbe rimasto soltanto il divano. Lecito, essendo lui in salute a differenza del rosso che… beh, oltre che malato era anche deluso.
Non si aspettava di arrivare e trovare Dazai con indosso un grembiule, intento a preparargli una minestrina riparatrice corredata di pillole per l’influenza e pronto a donargli una dose letale di affetto.
Chuuya si sarebbe ritratto e lo avrebbe calciato giù dal materasso se fosse stato così.
Forse, perché l’influenza lo rendeva debole e bisognoso di attenzioni.
Lo odiava, ma era così.
La sera prima era crollato improvvisamente, la faccia affondata nel cuscino e gli scomodi vestiti con cui era entrato ancora indosso. Non aveva avuto tempo di pensare troppo a cosa rimproverare a Dazai.
Svegliarsi in un bozzolo di coperte – che non era riuscito a creare da solo per la stanchezza – e soprattutto avvolto dal pile del proprio pigiama era stato inaspettato.
Non poteva avere dubbi su chi fosse stato.
Rintracciò l’impermeabile di Dazai sulla sedia, poi udì dei rumori provenire dalla cucina.
« Buongiorno bella addormentata! » trillò il moro.
Ah, tutta la magia era svanita con il tono di voce fin troppo squillante di Dazai a trapanargli le orecchie.
« Lo era fino a due secondi fa… »
Almeno non aveva più quella patetica protezione fatta di bende a coprire naso e bocca.
« Ti avrei dato un bacio, ma hai sbavato per tutta la notte e non mi sembrava il caso. »
Chuuya nascose le labbra dietro il braccio, le gote arrossate. Dazai non si curò di trattenere la propria espressione maleficamente soddisfatta, quasi avesse già calcolato quella risposta da parte sua.
Bastardo.
Strano che Chuuya non lo avesse sibilato.
« Ti ho sentito. »
Ah, invece lo aveva fatto.
« Ti ho portato la colazione », annunciò Dazai poco dopo.
Teneva in mano un’arancia già sbucciata e una da sbucciare. Il colmo sarebbe stato che quella già pelata non fosse per Chuuya.
Invece gli porse quella già pronta ad essere mangiata.
Chuuya non ringraziò e lo controllò anzi mentre raggiungeva la sedia di fronte alla scrivania, sempre a distanza di sicurezza minima da lui. Era già tanto che quell’arancia Dazai non gliel’avesse lanciata addosso colpevolizzandolo nel caso in cui non fosse riuscito ad afferrarla, onde evitare di avvicinarsi troppo.
La loro colazione trascorse in silenzio, Chuuya che mangiucchiava con molta meno fretta di Dazai, anche a causa dell’appetito inesistente.
Fu il moro a rompere d’improvviso il silenzio.
« C’è il bagno pronto, di là. »
L’espressione soddisfatta comparve sul volto di Chuuya, stavolta.
« Oh, Dazai… mi hai preparato il bagno? » domandò. « Strano che tu non abbia detto che è pronto solo perché qualcuno prima di noi ha… »
« Ha? »
« Ha… »
“Lasciato la vasca piena”.
Era semplice. Avanti.
« Non tenermi sulle spine, Chuuya! » lo incalzò Dazai, già sapendo cosa stava per succedere.
« Ha…! »
In qualche modo Chuuya accelerò la frase e riuscì a biascicarla per intero.
Uno starnuto.
« Non »
Un altro.
« Ho »
Etcì.
« Capito. »
Era arrivato al quarto?
« Insomma, Chuuya! Vuoi smetterla di interrompermi?! »
« Maledetto… » sibilò il rosso, la m che somigliava più ad una b. « Sto male e tu mi stai anche provocando! » sbraitò, tirandosi in piedi in fretta e furia.
Un capogiro lo colse improvvisamente. Prima di capire cosa fosse successo si ritrovò con la fronte premuta contro il palmo della mano di Dazai.
Davvero quello era il massimo che intendeva fare per sostenerlo?
No, non era il massimo perché sarebbero crollati a terra entrambi: Dazai dovette rassegnarsi e afferrarlo per le spalle.
« Sono la tua medicina. Grazie a me sei molto più reattivo rispetto a ieri! »
« Grazie a te un corno! » ringhiò Chuuya.
Che Dazai lo toccasse mentre era così malaticcio in effetti era confortevole.
Rilassò le spalle sotto la sua presa e Dazai si sistemò dietro di lui.
Chuuya era certo che Dazai avesse capito quanto la sua vicinanze fosse fondamentale, perché quella sua debolezza, per quanto nascosta, valeva sempre e non solo quando era malato.
Dazai si sarebbe comportato come meglio credeva a prescindere da questo recondito e costante bisogno di Chuuya; che avesse simili necessità lo rendeva solo più consapevole che nella pratica sarebbe rimasto abbastanza impunito nonostante ogni provocazione.
Ciò peggiorava la situazione di Chuuya, che però conosceva anche i suoi di punti deboli.
Sembrava quasi si tenessero costantemente in ostaggio.
Dazai sospinse Chuuya fino alla porta del bagno, poi portò una mano sulla sua fronte. Chuuya si voltò appena e lo scoprì pensieroso.
« Credo proprio dovrai prendere un’aspirina, più tardi. »
« Sto bene… » sbuffò Chuuya.
Alle volte si contraddiceva: fino a qualche minuto prima aveva difeso la propria posizione di debolezza essendo vessato dall’influenza, ma quando non si era rivelato necessario aveva sfoderato il proprio orgoglio: doveva reagire o quel weekend sarebbe diventato un vero dramma.
« Mi pareva di averla capita diversamente, poco fa », gli fece notare Dazai prima di aprire la porta e spingerlo oltre l’uscio. « Fatti un bel bagno, signorino. »
Una volta dentro la stanza, Chuuya si voltò sorridendo divertito.
« Stai cercando di dirmi che non ti andrebbe di entrare con me? »
« No! »
Diretto, ma non sincero.
Dazai chiuse la porta scorrevole con violenza.
Chuuya sbuffò.
Maledetta influenza.
 
*
 

Quella giornata era stata sfiancante.
Anche la sera prima lo era stata.
Osservare Chuuya con le labbra schiuse mentre dormiva, avvolto nelle coperte; guardarlo alzarsi con la chioma rossa arruffata e gli occhi tutti lucidi per gli starnuti, era stato sfiancante. Persino pensarlo da solo nella vasca d’acqua calda che aveva appositamente preparato per lui, senza poterlo raggiungere dopo aver dovuto negare la propria volontà di volerlo fare, aveva messo Dazai a dura prova.
In realtà poteva, perché non c’era nulla ad impedirglielo fisicamente o moralmente. Ma aveva detto che non doveva ammalarsi, giusto?
Doveva rimanere coerente.
Perciò il bacio schioccato sulla fronte di Chuuya mentre dormiva per tastare la sua temperatura, così come la lieve, ma solo lieve – perché sarebbe guarito – preoccupazione di fronte a tutta la sua stanchezza e alle sue condizioni dovevano rimanere segreti.
In fin dei conti Chuuya guariva in fretta, non aveva senso stargli appiccicato mentre era malaticcio se questo significava rischiare di prendersi un accidente a propria volta.
… Ma aveva senso stargli lontano a quel modo, quasi fosse un appestato, se la sua volontà era solo quella di avvicinarsi?
Dazai stava scrutando il ragazzo dal divano dove per la verità non aveva dormito affatto la sera prima. Aveva rischiato un’overdose di caffeina in previsione della serata da trascorrere con Chuuya e quando aveva udito la voce nasale del ragazzo attraverso la cornetta del telefono, durante la pausa pranzo in cui si era ritagliato qualche minuto da solo, il quinto caffè della giornata era già sceso nello stomaco di Dazai.
Peccato, avrebbe potuto fare faville.
Aveva trascorso l’intera notte a leggere, staccando lo sguardo dalle pagine ogni volta che Chuuya mugugnava e si rivoltava fra le coperte. Poi il suo amato libro, il suo preferito, aveva perso ogni interesse di Dazai di fronte al volto addormentato del rosso.
Ma anche quello sarebbe rimasto un segreto.
« Sei inquietante. »
« Eh? »
« Sei inquietante se mi fissi in quel modo, Dazai. »
Stavano guardando la televisione. Uno stupido programma che se non fossero stati annoiati non avrebbero nemmeno osato cercare, per la precisione.
Chuuya la guardava dal letto, Dazai dal divano.
Ma non era a quella la cosa a cui Dazai stava prestando più attenzione, perché dopo le prime fugaci occhiate verso il ragazzo non si era nemmeno più curato di contenersi: mancava solo che dei goccioloni di sudore cadessero lungo le sue guance per tutti i dilemmi che si stava ponendo.
« I tuoi sensi stanno smettendo di essere quelli di un bradipo. Ti avvii verso la guarigione, Chuuya! »
Il rosso sbuffò.
L’aspirina aveva abbassato la febbre e in realtà dopo lo sfogo esagerato di raffreddore del giorno prima gli sembrava che anche quello stesse andando almeno un pochino meglio.
« Tu ti avvierai verso la morte, se non la finisci di prendermi in giro. »
Gli occhi azzurri di Chuuya erano tutti per lui, il taglio come sempre arrabbiato solo e soltanto per le sue parole.
Chuuya era sempre irritato per qualche motivo, anche se ciò che traspariva dalla sua espressione era principalmente scherno e forse una punta di superiorità. La rabbia veniva dopo, tranne con Dazai: con lui era sempre arrabbiato. In modo speciale, però.
« Mi dispiace Chuuya, sai già come la penso in merito. »
L’entusiasmo che traspariva dalla voce di Dazai mentre affrontavano discorsi tanto macabri aveva sempre inquietato Chuuya, ma con gli anni ci aveva fatto il callo. Si era abituato a quello così come a tutti i difetti di Dazai, che per la cronaca, per come la faceva intendere Chuuya, erano molti più dei pregi.
Peccato che ai pregi non ci si abituasse mai e sortissero sempre l’effetto della prima volta.
Non che gliene venisse in mente uno così degno di nota su due piedi, ovvio.
« Avevi un buon motivo per fissarmi, almeno? » insistette di punto in bianco.
« Chi lo sa. »
Dazai avrebbe ceduto.
Oh, se avrebbe ceduto.
Quel weekend di febbre e raffreddore sarebbe stato da buttare, ma almeno una vittoria l’avrebbe ottenuta.
Chuuya si passò una mano fra le ciocche più lunghe e disordinate.
Dazai le fissò.
Oh no, voleva essere lui a farlo.
Chuuya si spostò di poco e scostò un lembo della coperta.
« Hai davvero mantenuto le distanze di sicurezza solo perché non volevi ammalarti? »
« Perché avrei dovuto mentire? »
« Perché sei Dazai. Non ti serve un motivo per fare come ti pare. »
Il moro sorrise appena a quelle parole.
Quanto poteva conoscerlo?
Poteva avere davvero un impegno lavorativo, ma prendeva tutto così alla leggera da rendere sospetta quella possibilità. Forse voleva solo mettersi alla prova e scoprire quanto potesse resistere stando alla larga da Chuuya mentre era così…
Chuuya starnutì.
Nel momento in cui pensò di essersi appena bruciato il proprio piano, Dazai lo fissò.
« … Carino. »
« Eh? »
« Ti ho chiesto se vuoi un fazzolettino. »
Chuuya non gli credeva. Scosse il capo.
« Vieni qui? » Batté una mano sul materasso. « Hai cinque secondi. »
« Chuuya, sai che odio le prove a tempo! »
« Cinque. »
« Ah, perché devi sempre mettermi così sotto pressione? »
« Quattro. »
Dazai sapeva che quell’occasione sarebbe spirata in fretta, che Chuuya lo avrebbe calciato via se si fosse avvicinato in seguito, quando pareva a lui.
« Dopo tutto quello che ho fatto per te! »
« Tre, Dazai. »
Sentirsi chiamare per nome parve riportarlo all’ordine, perché raggiunse Chuuya sul letto, si sedette e infilò le gambe sotto le coperte.
Spense la televisione con il telecomando e si sdraiò sul materasso quasi con gli stessi movimenti del rosso. Erano calcolati, sincronizzati. Chuuya si rintanò contro il suo petto, facendosi piccolo piccolo.
Dazai portò la mano fra i suoi capelli e pettinò con lentezza le sue ciocche arancioni. Assaporò ogni singolo istante.
Finalmente.
Gli parve quasi di essere tornato a respirare dopo averle tanto bramate, di aver raggiunto la pace dei sensi.
Se avesse avuto a disposizione la chioma di Chuuya sarebbe riuscito ad addormentarsi anche la sera prima, in barba alle quantità industriali di caffè.
Chuuya sorrise tronfio, ma anche rilassato.
« Ho vinto. »
« Sta zitto », si lamentò Dazai. « Non era mica una gara. »
Chuuya alzò lo sguardo verso Dazai e gli rubò un bacio. Se ne sarebbe potuto lamentare, di quel bacio, ma non lo fece.
Le sue labbra avevano lo stesso sapore dell’aspirina al limone che aveva preso poco prima.
E poi Dazai era felice che avesse vinto Chuuya: averlo stretto tra le sue braccia gli era mancato.
Con quale diritto, visto che se lo era imposto da solo, anche solo per testare la propria resistenza?
Beh, in fin dei conti era sempre stato un masochista.
 

*

 
Forse non era una splendida mattina, forse gli uccellini non cinguettavano fuori dalla finestra e forse non si sentiva profumo di caffè già pronto a riempire la stanza.
Ma Chuuya sentiva un profumo.
Quello di Dazai, per l’esattezza. Era inebriante, proveniva dalla sua pelle e Chuuya lo trovò incredibilmente rilassante. Svegliarsi con quell’aroma era ancor più bello che non sentendo quello di caffè.
Poi realizzò: il senso dell’olfatto era tornato in suo possesso, dopo due giorni di totale sofferenza e mancanza di profumi.
Si sentiva meglio, si sentiva decisamente meglio.
Così tanto che per l’entusiasmo impiegò un po’ a fare davvero caso al calore che emanava la pelle di Dazai e al fatto che il ragazzo fosse già sveglio.
« Chuuya… » lo chiamò.
La voce era lamentosa come quella di un fantasma.
Era… nasale.
« Mh? » fece Chuuya, ancora intontito dal sonno.
Uno starnuto.
« È tutta colpa tua e della tua voglia di essere coccolato. »
Chuuya sorrise divertito.
Occuparsi di Dazai era una tortura mentre stava bene, non osava immaginare come sarebbe stato con qualche linea di febbre: lo avrebbe fatto impazzire.
Benché le sue attenzioni avessero lasciato un po’ a desiderare, almeno in parte glielo doveva.
« Sicuro sia un male? » domandò. « Potrei anche essere un bravo infermiere. »
Alzò lo sguardo mentre carezzava il suo petto con la punta delle dita.
Gli occhi di Dazai erano luminosi. Doveva essersi scordato di essere ammalato per qualche istante, o avervi visto un vantaggio.
Dazai era stata una buona medicina, a modo suo.
Era il momento per Chuuya di diventare altrettanto.




----
È la prima volta che pubblico nel fandom di Bungou Stray Dogs e come ogni volta sono un tantino nervosa, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi.
È da un po' che non invado fandom nuovi, soprattutto con one-shot che beh, hanno un capo e una coda ma sono abbastanza "leggere".
Volevo assolutamente scrivere qualcosa su di loro però, quindi mi sono buttata.
Spero che la storia vi sia piaciuta e che vi vada di lasciarmi un commento ;;
Vi ringrazio per essere arrivati fino a qui, intanto!
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Bungou Stray Dogs / Vai alla pagina dell'autore: CHAOSevangeline