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Autore: Ricordi_Storti    04/02/2018    0 recensioni
Fai caso a chi ti sorride. Ma non troppo. Potresti rimanerci incastrato e poi a voja a chiamare il carro attrezzi per tirarti su!
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ma lei quel sorriso lo mostra a tutti? Al primo appuntamento? Non ha paura che possano guardarla dentro? Come mettere il naso in casa di uno sconosciuto in cui ci si ritrova per caso. Metti che ti entra quello che non sta attento a dove va? Quello che ti fa cadere il vaso  di ceramica? Quello che ti si siede sul divano con pizza e birra e rovescia a tutto? Poi chi pulisce? Oppure metti che ti entra quello tutto precisino, maniaco dell’ordine. Si lamenterebbe sicuramente che quel quadrò è storto, i cuscini del divano non sono al loro posto, il letto è sfatto. O metti che entra uno timido, che non parla e sta lì sull’uscio della porta. Che fai? Lo inviti o lo lasci li? O metti che entra quella persona che eri tu tempo fa? Cosa gli diresti? Lo cacceresti o staresti a guardare i suoi sbagli? Chi lo sa chi può suonare alla porta? Non sempre aspetti una pizza o l’amico in ritardo di mezz’ora.
E così fa con il suo sorriso. Ma poi ho capito. La seconda o terza volta che l’ho visto. Sempre uguale.
Ma ho continuato a pormi le stesse domande e a chiedermi perché lasciasse entrare tutti? Perché sta facendo entrare anche me? Le ho detto che non c’è da fidarsi, che rompo tutto, che mi ubriaco e faccio tardi la notte. E lei ha sorriso ancora. Poi una mattina mi sono svegliata di fianco a lei. Un gran mal d testa. Bottiglia d vino svuotata sul pavimento e posacenere pieno. Quello che è stato forse potrà dirmelo lei quando si sveglia. E invece continuava a dormire. E io la guardavo. Mi è venuto l’istinto di allungare la mano per accarezzarle la guancia. Stavolta l’avevo fatta entrare io. Nel mio letto. Non so bene cosa volessi farci. Ma ricordo che aveva quel sorriso. Mi ha rapita. E mi ha portata a casa mia. Mi disse che avevamo bevuto e fumato e che provai a baciarla ma ero così buffa che scoppiamo a ridere. E poi ci addormentammo non ricordiamo se abbracciate o rubandoci le coperte. E lo facemmo altre volte. E raramente ricordiamo tutto. Ma al mattino io la guardo ancora e il mal di testa mi passa. Mi avvicino e appoggio la testa sulla sua spalla. Mugugna qualcosa e mi manda via. Non volevo svegliarla ma lei apre gli occhi e mi sorride. Ah, se l’è cercata! Questa volta la bacio sulle labbra e mi giro dall’altra parte.  E ci riaddormentiamo. E andiamo avanti così. Finchè un giorno mentre ci laviamo i denti incrocio il mio sguardo allo specchio e mi sorprendo a guardarla così. Così come non lo so, ma io mi sentivo bene. Mi sentivo di non riuscire a staccare lo sguardo da lei che nel frattempo si lamentava del dentifricio caduto sul pigiama. E io ridevo. Ridevo per tutto accanto a lei. E lei rideva accanto a me. E capì che è il modo in cui guardi le persone che ti permette di entrare. Lei faceva bene a mostrare il suo sorriso a tutti. È bello e mette allegria. Sorridi di riflesso. Ma se ci guardi bene attraverso vedi quello che prima non potevi vedere perché la guardavi come tutti. Perché ancora la gelosia non era entrata in circolo. Perché non ne capivi il motivo. Sono entrata nella casa di quella sconosciuta e sono inciampata in zero due. Ma sono riuscita a salvare il vaso. Questa volta. Me la sono vista brutta. Avrebbe potuto rompersi e poi? Poi mi avrebbe di sicuro cacciata e addio pizza, birra e partita. Ma forse a lei neanche piace il calcio. Cosa ne capisce? Bè glielo chiederò se la incontrerò in cucina. La incontro. La saluto. Lei mi saluta. Mi sorride. Ancora. È una tortura. Ma chi sei? Non posso resistere. La prendo dalla vita e la tirò a me. Non ha paura. Mi dice e adesso? E adesso ti bacio se non la smetti di guardarmi così.
Decisi che mi sarei presa cura di quel sorriso perché quel pomeriggio mi offri un caffè  e un abbraccio. E io accettai entrambe. E ora chissà dov’è. Mentre io la penso e aspetto che mi telefoni.  Chissà dov’è mentre io penso a come fare per ricambiarla della sua cortesia. Forse la rivedrò domani e le dirò che io sono pronta a guardarla in un altro modo. Forse con il sopracciglio alzato, forse con la fronte aggrottata, forse con lo sguardo fisso nel vuoto, forse con quel ghigno maledetto, forse nemmeno la guarderò perché il suo ricordo mi sta già facendo perdere i sensi e io non posso aspettare domani per riprendere le sue mani.                                                                                                                                                                      
 
 
   
 
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