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Autore: Nadja_Villain    04/02/2018    0 recensioni
Astrid non è un'eroina e non si aspetta che gli altri la acclamino come tale. Dopo la sua cattura, si troverà a scegliere tra due prigionie differenti: una gabbia in vibranio in fondo all'oceano o unirsi agli Avengers, sotto contratto vincolante. Una sola potrà costituire un'occasione per riscattarsi. Tra i battibecchi col Capitano e le esortazioni ambigue di Tony Stark, dovrà fare i conti con la minaccia di un sadico Dio degli Inganni, una coscienza ipercritica e le falle di un'infanzia dissacrata.
▸ Ambientazione e contesto:
Post battaglia di New York: Loki è fuggito senza lasciare tracce di sé. La Stark Tower si è tramutata nella dimora degli Avengers.
Post "Iron Man 3" - pre "Capitain America: The Winter Soldier"
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Neve e Cenere | MARVEL

25 . Esperimento Umano
 

-Non sei di molte parole, eh? Non mi guardare in quel modo, forza. Non puoi odiarmi a pelle. Sembra che vorresti bruciarmi le viscere con quello sguardo da bestia feroce. Facciamo così, ti spiego un po' quello che faremo così ti tranquillizzi un pochino.

Il dottore si staccò dalla poltrona e andò a prendere una sedia da ufficio tra le scrivanie vuote. La spinse fino alla cella, poi dovette alzarla perché una ruota si era incastrata nel binario della porta scorrevole. Il taccuino tra i denti e una penna bic dietro l'orecchio che gli cadde tra i piedi poco dopo, si sistemò di fronte a lei a gambe accavallate, il camice aperto sopra la divisa scura composta solo da una camicia e un paio di pantaloni perfettamente stirati, entrambi di un colore talmente uniforme che parevano indossati per la prima volta. I mocassini neri lucidissimi, senza nemmeno una macchia di terra, senza un segno d'usura. Quell'uomo era un essere surreale. C'era qualcosa di strano. Qualcosa che ad Astrid non piaceva per niente. Se prima si era sentita a disagio, ora aveva un'opprimente voglia di evaporare. Schiacciò la schiena contro la poltrona come se potesse sprofondarci e sparire.

-Bene, vediamo... Ti farò qualche semplicissima domanda per capire bene le tue condizioni fisiche e mentali, poi possiamo passare ai test. - Iniziò lui sfogliando le pagine, la penna che tamburellava sul ginocchio.

-Quali test? Lei chi è? - Chiese Astrid, affilando i canini. Le confidenze e la simpatia ostentata erano sempre state la sua irritazione più grande.

Il dottore strabuzzò gli occhi.

-Sono il dottor Hoffmann. - Era ovvio, certo.

-Ho sentito il suo nome. Io voglio sapere chi è.

-Fury mi ha ingaggiato per occuparmi della tua stabilità mentale.

-Non ha risposto alla domanda.

-Sono uno scienziato. - Disse lui a questo punto, mettendo da parte il taccuino, infilataci dentro la penna. Si posizionò con la schiena in avanti, le dita delle mani incrociate sul ginocchio e un gomito sul bracciolo. Interessate al cipiglio della paziente, le algidi iridi del dottore si erano messe a brillare, incolori come un vetro lucido su cui si schianta la luce timida di un cielo uggioso. Sorrise e mentre le pieghe del volto si incavavano nelle guance perfettamente levigate, Astrid sentì come una pressione nel petto, un dolore come di tanti spuntoni che si spingevano nei nervi, che prese a pizzicarle anche le braccia, e si univano alle pulsazioni sofferenti sotto lo stomaco.

-Perché ho la cattiva sensazione di averla già vista?

-Questo è un bene!

-Un bene?

-Dico... È un bene che trovi la mia faccia familiare. Possiamo evitare con più facilità di rapportarci come due nocivi sconosciuti.

-Peccato che il fatto di averla già vista, ma che non mi ricordi né dove, né perché mi renda ancora più restia a rapportarmi con lei come con chiunque, tranne che come un nocivo sconosciuto.

-Capisco. Capisco perfettamente come ti senti. Devi essere confusa. - riprese il taccuino in mano, scorse qualche riga. - Da quanto tempo soffri di amnesie?

-Veramente ho un vuoto fino ai dodici anni. - Fece lei sbuffando una risata amara.

-Mmh... - Prese appunti. - E non ricordi assolutamente niente di quegli anni?

-E cosa dovrei ricordare?

-Non so, in qualche sogno, hai visioni, ogni tanto ti sembra che ciò che vedi ti ricorda qualcosa...?

Astrid irrigidì i muscoli.

-Può darsi che mi stia ricordando qualcosa in questo momento. - Rispose lei provocatoria.

L'uomo stirò un sorriso enigmatico. Scribacchiò qualcosa sulla pagina e pensò, battendo la cima della penna sul blocco.

-Partiamo con qualche domanda semplice. Fai uso di sostanze psicoattive, farmaci o alcol?

Astrid si prese qualche secondo prima di confessare, facendo attenzione a ciò che voleva lasciarsi sfuggire.

-Qualche volta.

-Ne hai fatto un uso recente? Se sì, di cosa e quando?

-Ieri sera. - Sospirò lei. - Alcol.

-Quantità?

-Un bicchiere o due. Forse anche di più...

Il dottore continuava ad annotare, non alzò il capo a nessuna domanda. Rimase tuttavia in sospeso quando lesse la seguente.

-Effetti e conseguenze della sostanza ingerita?

-Di solito non sono un problema.

-Ti ubriachi spesso?

Astrid strinse i pugni.

-Perché mi sta facendo queste domande?

-È solo un controllo.

-Come fa a sapere se mi ubriaco o meno?

-È solo una supposizione. La sofferenza porta i pazienti tendenzialmente instabili all'abuso di sostanze pericolose.

-E come fa a sapere che soffro... o meno?

-Mi hai detto non hai memoria dei tuoi primi dodici anni.

-E quindi? Niente memoria, niente sofferenza. Non crede?

Il dottore abbassò il capo sui suoi appunti, sconfitto.

-Va bene, cambiamo argomento. Credi di aver subito traumi emotivi? Come perdite improvvise di persone care o esperienze che possono averti turbato profondamente?

Astrid si cucì le labbra. Era troppo.

-E se non volessi rispondere?

-Astrid, io sono qui per capire se sei mentalmente lucida e preparata per essere presentata in un aula di tribunale. Il tuo avvocato, se mai ne avrai uno, dovrà tenere conto di una certificazione che attesti la tua sanità mentale.

-Sta dicendo che sono pazza?

-Sto dicendo che devo assicurarmi che tu non lo sia.

-Non sono pazza. - Sancì lei, tirando le braccia verso di sé in un gesto inconscio. Non ne poteva più di stare lì, di sostenere quell'inutile interrogatorio che esponeva troppi dettagli privati e stare in compagnia di un uomo che le faceva di tutto tranne che rassicurarla.

-Non agitarti. Sarà tutto finito tra poche ore.

-Poche ore?! Quanto tempo è passato da quando sono qui?!

Hoffman si portò su una manica con due dita. Lesse il quadrante dell'orologio da polso che lanciò sul soffitto un riflesso di luce multicolore.

-Abbastanza.

Astrid stava perdendo totalmente la calma. Il cuore aveva cominciato a pompare sangue come in una corsa e non riusciva più a stare ferma. Voleva scendere dalla sedia della tortura, appendere il dottor Hoffman al muro, timbrargli con una manata quella faccia troppo pulita, troppo luminosa e troppo sorridente che le stava sulla bocca dello stomaco e soprattutto aveca bisogno di uscire di lì.

-Credo che dovremmo prendere in considerazione il primo test. Potrebbe aiutarti a calmarti.

-Che test?!

L'uomo si alzò dalla sedia, abbandonando il taccuino al suo posto e svanì nell'ombra del laboratorio vuoto. Astrid prese l'occasione e tentò di liberarsi, ma i ganci ai polsi non si separarono ad alcun tentativo, le gambe rimasero attaccate al fusto della poltrona, la pettorina non si staccò dal poggiaschiena. Niente. L'unico modo per uscire da quell'incubo era il testierino di fianco all'entrata della cella, quello che controllava anche la porta, quello su cui finirono le ditacce dello scienziato. La poltrona all'improvviso si mosse. La pedana sotto i piedi si allungò in avanti, le gambe si stesero, la schiena si allineò in orizzontale assieme ai braccioli. Astrid si ritrovò distesa su un lettino. Nello stesso momento, il vetro della cella si scurì: una sorta di salacinesca si alzò come un muro impenetrabile che circoscriveva la stanza e la isolava dal resto del labiratorio. Hoffmann avanzò con un carrellino che posizionò di fianco alla paziente. Infilò le mani in un paio di guanti in lattice, schioccando il materiale elastico sulla pelle come nei peggiori film horror. Aprì una valigetta nera sul piano del carrellino in cui erano riposte due grosse fiale contenenti un liquido insolito: azzurro e cristallino, sembrava quasi emanasse energia luminosa da quanto fosse brillante. Il pavimento perse quasi tutta la sua luce a confronto, la chioma candida del dottore ne assorbiva i riflessi, diventando di un azzurro pallido. A fianco alle due grosse fiale, ce n'era una più piccola. Il liquido in essa era stavolta scuro e intenso, come l'estratto di un incubo.

L'uomo sollevò una delle fiale grandi quanto tutta la sua mano, ci attaccò il tubo di una flebo, scartò la plastica di un ago sterile e guardò Astrid, il suo petto che aveva preso ad alzarsi ed abbassarsi in modo irregolare, la pelle che aveva iniziato a fumare.

-Oh, no. Non fare così. Vedrai, non proverai alcun dolore.

-Cosa sono quelli?

-Questo? È solo qualcosa che ti calmerà i nervi. Vedila come un sorso di whiskey o di vodka, quello che ti piace bere. Ti rilasserà.

-Che cosa sono? - chiese di nuovo, scandendo le parole con determinazione.

-E va bene. Siamo curiosi, eh? Questo è un siero innovativo, una sorta di... sonnifero. Addormenterà i tuoi poteri, per un po'.

-È inutile che prova ad avvelenarmi. Niente ha effetto sul mio corpo.

-Infatti, hai lasciato la casa del signor Tony Stark in condizioni pessime, dopo che quei pover'uomini hanno tentato di fermarti. Le ferite si sono rimarginate?

-Come fa a sapere che...?

Hoffmann sollevò la maglia di Astrid scoprendo le cicatrici ancora umide.

-Dovrò usare una dose minore. L'effetto è durato molto l'ultima volta. Molto più del previsto. È un risultato ottimo. Dovresti essere contenta, grazie a te stiamo facendo progressi.

-Progressi? Lei... Sta usando il mio corpo per esperimenti? Sarei una cavia?!

-Molto perspicace, Astrid. Me lo avevano detto che non mi avresti delusa. Da bambini prodigio non possono che crescere uomini e donne dalle doti straordinarie. - Affermò il dottore sistemando l'ago nel tubo. La flebo era pronta per essere inserita in endovena. Una mano si avvicinò al braccio ardente di Astrid, ma puntualmente si ritrasse.

-Ah! Miseria! Sono uno sciocco! - Esclamò il dottore sventolando la mano e le dita scottate. Rise. Quale persona sana si mette a ridere per il dolore? - Dovevo immaginarlo. È passato tanto di quel tempo... - Si tolse i guanti in lattice e uscì dalla cella a falcate ampie e veloci. Si sentì la sua voce dall'altra parte che borbottava tra sé e sé. - Devo averli messi qui. Li ho richiesti prima di venire da te. Ma dove sono?

Astrid strinse le dita tanto da sentire le nocche sgusciare dai pugni e i muscoli tremare, ma la sua temperatura aumentava a fatica, allora iniziò a scuotere gli arti con violenza, nell'atto disperato di sciogliere le catene fatte con il materiale più solido e resistente del pianeta con il calore provocato di una candela e a forza di scossoni.

-Non penserai di scappare! - Ridacchiò il dottore che riapparve con un balzo e sigillò la stanza col bottone interno. Un ciuffo bianco si era staccato dalla chioma omogenea e ora gli penzolava davanti tra gli occhi stralunati.

Astrid serrò i denti.

-Quando Fury saprà che cosa mi ha fatto, la farà incarcerare nelle prigioni abissali dell'Atlantico, tra i criminali più pericolosi del pianeta. Non avrà pietà per lei.

-Fury non può fare un bel niente. Sarà anche il Comandante, ma non può niente contro il governo. Ho il via libera di tutto il Pentagono. E ti dirò un segreto: a quella gente interessa solo della loro pelle. Questo siero, se funziona, da una parte sarà il veleno per ogni essere dal metabolismo sovrannaturale. Dall'altra renderà te una macchina da guerra indistruttibile. Il problema per loro sara solo chi vi avrà tra le mani.

-Non capisco. - Fece lei, stando al gioco. - Chi dovrebbe usarmi come arma? L'America non ha già i suoi preziosi paladini variopinti?

-Infatti non si parla di semplici guerre tra nazioni, mia piccola ingenua Astrid. Si parla di poteri che si irradiano in una dimensione ben più ampia di quella territoriale. E tu e questo veleno potreste essere la risposta alla conquista di tutte le potenze mondiali e oltre!

-E chi vorrebbe essere il sovrano di tutto questo potere?

-Ma come chi? Solo la più degna e la più meritevole delle potenze.

Sogghignò, mentre le afferrava un braccio.

-Mi lasci! Noo! - Esclamò lei quando sentì il guanto ruvido a cercare di tenerla ferma.

-Puoi urlare se vuoi, nessuno può sentirti qua dentro e tra poco non avrai forze nemmeno per bisbigliare. - le si avvicinò ad un orecchio e sussurrò: - Tra poco non ti ricorderai nemmeno perché volevi urlare.

Mentre lei ancora si dimenava, l'ago le penetrò la pelle. Dal punto in cui la trafisse, si infuse il liquido tra le vene, che percorse velocemente il braccio, il petto, le gambe, il cervello come se nel sangue corressero tanti piccoli chiodi che le bucavano e laceravano la carne, spingendo per uscire. Astrid cercò di trattenersi, ma non ci riuscì. Le sue corde vocali si sfogarono fino a grattare secche e dolenti. Il suo corpo si scosse in spasmi, come se per ovviare al dolore sofferto, potesse espellerlo strizzandosi come una spugna, ma anche il sollievo di potersi rannicchiare e stringersi per consolare le membra le era stato negato. Così, quando la prima scarica di pungiglioni si dissolse, le dita di Astrid, quelle che prima si erano strette con forza per trovare un modo per liberarsi, tremavano tiepidamente.

Il dottor Hoffmann si era seduto sulla sedia e annotava tutto ciò che vedeva. Controllò l'orologio. Si alzò. Guardò il volto di Astrid, distrutto, sudato, scioccato. Lei gli rivolse la fulminata più minacciosa che riusciva a fare.

-Se pensa che un semplice siero di quella roba possa mandarmi in tilt, bè... si sbaglia di grosso. - Lo sfidò con temerarietà, nonostante il suo corpo si muovesse ancora fuori controllo, succube di piccoli spasmi e la sua voce tremava assieme ad essi.

L'uomo sorrise. Parve sorpreso, ma molto compiaciuto. Si piegò verso di lei. Le sfiorò il capo, i capelli ramati che si erano ingarbugliati e unti per lo sforzo. Astrid voltò il capo dall'altra parte per non guardarlo e lui si accontentò di sfiorarle la guancia ambrata con il dorso dell'indice.

-Sei strabiliante. Sai, ho faticato ad avere soggetti come te. Ce n'è stato uno per la verità, ma mi è stato tolto prima ancora che potessi fare esperimenti sulla sua resistenza. Lui... non è come te. Questo siero, è stato generato dalla stessa sorgente da cui è stato tratto quello che lo ha potenziato. E se avessi provato ad iniettarlo a lui, i due generi di siero avrebbero interferito e gli avrebbero come minimo dilaniato il corpo. Ma tu... tu non sei come lui. Il tuo potere ha origini antichissime. Molti ti definirebbero un mostro, ma io... Io ti ho sempre vista come una gemma preziosa, un miracolo, una speranza per l'umanità. Ti ho protetta fin da subito, fin quando eri bambina. Ti ho trovata in una chiesa, in un villaggio incenerito dalle fiamme. Eri un piccolo raggio di luce in quella chiesa nera e abbandonata, in quel paesaggio desolato e pieno di morte. Una bomba tedesca avevano detto... come no. Io lo sapevo. Sapevo che c'era di mezzo il demonio!

Astrid lo guardò bene, mentre scappucciava il secondo ago e lo attaccava alla seconda asola. Quegli occhi scintillanti che guardavano verso la nebbia di un ricordo che pareva concretizzarsi davanti a lui come se lo vivesse ancora in quel momento e quel sorriso completamente perso in una gioia che lo avvolgeva da capo a piedi. Astrid comprese che non avesse tutte le rotelle al posto giusto. Bomba tedesca, il demonio... Il suo cervello era annacquato di troppi film. Non era difficile indovinare chi avesse abusato di più di sostanze allucinogene tra i due.

-Il demonio, sì. Ti sembrerò un pazzo, lo so. - Si mise a ridere. - Molti lo hanno pensato. Tranne una persona. Johann Schmidt credeva in me. Oh, sì. Lui sapeva che esistevano creature come te. È lui che ha trovato il Tesseract. È lui che mi ha permesso di proteggerti. Mi ha sostenuto quando tutti gli altri mi deridevano. È per questo che mi sono unito alla sua causa. Lui era un uomo illuminato. Lui era la verità. Ma quando quel... Soldato distrusse tutto, ho dovuto portarti via... Ho dovuto cancellare...

Si bloccò, incupito, piegato sul carrellino. Le mani appoggiate al bordo fecero pressione attorno alle maniglie quasi volesse stritolarle come plastilina.

Astrid sebbene del tutto spossata, ritentò di liberarsi, ma tutto ciò che riuscì a fare fu tirare il braccio più che poteva. Avrebbe dovuto lussarsi un pollice perché la mano potesse passare. E tanto valeva lussarselo. Il Capitano aveva avuto davvero un'idea grandiosa. Si annotò mentalmente di dirgli, come prima cosa, che era un cretino.

-Cancellare? - Domandò lei, perché continuasse il racconto. Almeno lo distraeva.

-Ho dovuto farlo! Non ho avuto altra scelta! Altrimenti tutto il mio lavoro sarebbe andato a rotoli e io non avrei potuto mai finire il mio lavoro oggi! Ti avrebbero portato via da me per sempre... Non avrei potuto ritrovarti... Sei il seme che ha potuto concepire tutto questo.

-Ah, avevo capito che era stato, come hai detto che si chiamava? Smitty?

-Johann Schmidt. Alias Teschio Rosso. Leader della grande e unica e potente Hydra.

Astrid si pietrificò. Quel nome lo aveva già sentito e gli ricordò d'improvviso un'immagine fugace. Un polpo... No, era proprio un teschio con otto tentacoli. Rosso come il sangue. E due parole. Tre brevi sillabe sibilarono nelle sue orecchie.

Heil Hydra...

-Cos'ha detto?! - Scattò allarmata.

Hoffmann sogghignò.

-Hai sentito... ti è familiare anche questo nome?

-Che cos'è?

-La tua casa, Astrid.

Il dottore si voltò con in mano la seconda fiala pronta perché il suo corpo potesse berne tutti i terribili effetti.

-Questo cosa mi farà? - Chiese lei fingendo di non esserne terrorozzata. Cominciò di nuovo a sudare, ma non voleva dargli soddisfazione. Non si sarebbe mai arresa. Non poteva permettersi di darla vinta ad un maniaco stralunato.

-Questo? Questo ti farà dimenticare tutto ciò che ci siamo detti fin'ora. Non penserai che ti lasci andare in giro con delle informazioni così importanti che possano casualmente uscire tua piccola testolina curiosa! Nessuno dovrà sapere di tutto ciò e tu non hai bisogno di saperlo. Dovrai obbedire ai miei ordini. Solo alla mia voce.

-Ah... - Deglutì. Doveva sbrigarsi. - E nell'ultima invece che c'è?

-Oh, bè questa... - Il dottore si voltò, prese in mano la piccola fiala. Stava in due dita. Era della grandezza di una siringa. Il liquido nero era talmente concentrato che scivolava nel vetro come una bava densa, come inchiostro. - Questo è l'antidoto. Ma non vorresti usarlo, credimi. Ti tornerebbero in mente troppi ricordi, troppo dolore... E ti farebbe tornare quella che eri prima che potessi modificare le tue doti.

-Modificare... le mie doti?!

-Credo che ormai tu ti sia affezionata ad entrambe le sfaccettature dei tuoi poteri. Non vorrai sapere che una delle due è artificiale. Tu... sei una mia creazione. - Disse solenne il dottore, riponendo la fiala nell'apposito incavo.

Astrid cercò di non pensare troppo. Tutto ciò che il suo cervello stava cercando di rielaborare era incomprensibile e totalmente senza senso. Non riusciva a crederci. Si stava prendendo gioco di lei, per forza. Ma perché avrebbe dovuto mentirle, se tra poco non si sarebbe ricordata più di niente? Finì per pensare che fosse un povero pazzo allucinato.

-Posso farti un'ultima domanda prima che mi dimentichi? - Chiese lei, trattenendo una smorfia sofferente. Sentiva la pelle strapparsi, sotto il metallo. Non è facile spaccarsi il pollice senza farsi notare.

Hoffmann si fece un'altra risatina, mentre le sistemava l'asola sull'interno gomito.

-Ma certo. Tutto quello che vuoi.

-Quelle sono le ultime dosi di siero che possiede?

-Le ultime da testare, sì. Le ho preparate in questi ultimi anni di studio. Senza il Tesseract ho dovuto arrangiarmi raffinando il sangue di alcuni Soldati potenziati. E stato lungo e faticoso, ma ci sono riuscito. Ed oggi ho la possibilità di provare che le mie ricerche sono servite a qualcosa.

-E come farai a riprodurre altro siero se il Tesseract è stato rubato da Loki?

-Oh, cara. Ma non è stato Loki a rubarlo. È stato un mio assistente, travestito da Dio degli Inganni! È stato abbastanza semplice, devo dire, e divertente. Dovevi vederli come sono rimasti imbambolati! Dalla battaglia di New York persino i valorosi combattenti che fanno da esercito a Fury si bagnano i pantaloni al solo nominarlo! - Rise, ma il suo sorriso si spense presto.

-E tu? Non ti bagni i pantaloni a nominarmi?

I bulbi oculari del dottore si riempirono di un blu profondo e poi si schiarirono di nuovo, lucenti e azzurrini come la fiala che gli cadde dalle mani e andò a scaraventarsi sui suoi piedi, vomitando tutto il liquido sul pavimento.

Nello stesso momento luci, macchinari, tutto si spense. Al loro posto si accesero le luci di sicurezza e partì l'urlo di una lunga e lamentosa sirena di allarme.

Era il segnale.

   
 
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