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Autore: Ronnie the Fox    05/02/2018    2 recensioni
La vita è dura quando sei figlio di uno dei più celebri avvocati di una città come Los Angeles. Lo è ancora di più se tuo padre si rifiuta di riconoscere i tuoi successi e preferisce piuttosto umiliarti davanti a tutti i tuoi colleghi ricordandoti che preferirebbe morire piuttosto che lasciarti ereditare il suo studio legale.
Talvolta, in casi come questo, la soluzione migliore ai problemi comprende misure a dir poco drastiche. Come, per esempio, l'omicidio a sangue freddo.
[Modern!AU da non prendere troppo sul serio | lievissimi accenni Kylux]
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ben Solo/Kylo Ren, Capitano Phasma, Generale Hux
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles, anno 201X


Chi passeggiasse per la South Grand Avenue nel quartiere degli affari di Los Angeles e sollevasse lo sguardo sull'altissimo grattacielo collocato all'angolo della strada, non avrebbe potuto fare a meno di notare la grande insegna che, con un'iscrizione a caratteri sobri ma eleganti, informava la clientela che i primi tre piani dell'edificio erano consacrati allo "Studio Legale Hux e figli". 
In verità, una dicitura più corretta avrebbe riportato "figlio", al singolare, perchè l'avvocato di punta nonchè proprietario dell'intero studio, l'ormai ultrasessantenne Brendol Hux, di figlio ne aveva soltanto uno. Si mormorava che il giovane Armitage fosse stato frutto di una torrida relazione extraconiugale, la quale aveva portato come diretta conseguenza il divorzio di Brendol dalla sua prima moglie, ma nonostante le sue dubbie origini il ragazzo aveva dimostrato fin da piccolissimo una straordinaria predisposizione per seguire le orme del padre. Con le spalle dritte, uno sguardo gelido capace di terrorizzare giudici e testimoni, e una carriera a dir poco brillante alle spalle già alle soglie dei trent'anni, Armitage Hux si presentava come il successore ideale al quale Hux senior avrebbe potuto lasciare la guida del suo team di avvocati nel giorno in cui avesse deciso di ritirarsi per concedersi una meritata pensione. Peccato che Brendol sembrasse non avere la minima intenzione di concedersela, quella maledetta pensione.
Chiunque osasse anche soltanto alludere all'eventualità di abbandonare la professione e cedere al figlio il suo posto sotto i riflettori, riceveva sempre la stessa risposta, immancabilmente seguita di una grassa risata.
"Lasciare lo studio? A chi, a quel buono a nulla di mio figlio? Spero tu stia scherzando!"
Affermare che Brendol avesse una scarsa considerazione di suo figlio, sarebbe stato usare un eufemismo.  Per qualche ragione non ben chiara nemmeno a chi lavorava da anni al suo fianco, il vecchio Hux sembrava chiudere gli occhi di fronte ad ogni successo ottenuto da Armitage, focalizzandosi invece sui più insignificanti dei suoi fallimenti, rigirando dolorosamente il coltello nella piaga e rifilandogli ogni singola volta una serie di improperi che, per la sorpresa di chi si trovava ad assistere alla scena, il ragazzo si limitava ad incassare, abbassando lo sguardo e azzardandosi solo di rado a sollevare qualche debole obiezione. Ebbene sì, il terrore di aule e tribunali di tutta Los Angeles si trasformava, al cospetto del vecchio padre, in un essere mite e remissivo sotto gli occhi di tutti gli avvocati e gli assistenti presenti nello studio.
Le teorie che andavano per la maggiore erano che Armitage fosse stato maltrattato fisicamente e psicologicamente dal padre fin dall'infanzia, al punto anche da grande continuasse a vivere nel terrore di una possibile ritorsione violenta da parte sua qualora avesse cercato di ribellarsi o, in alternativa, che si trattasse di un'impeccabile messinscena macchinata dal giovane Hux per non insospettire Brendol, nell'attesa del momento propizio per fare una mossa che avrebbe messo per sempre fine ai suoi soprusi.
Come spesso accade per questo genere di teorie e speculazioni, in ognuna di esse vi era un seme di verità.

                                                                                                                                       

Il parricidio non è una soluzione da prendere in considerazione a cuor leggero.
Armitage Hux aveva avuto ventotto anni, tre mesi e sedici giorni per sviscerarla, considerarne con attenzione i pro e i contro, elaborare molteplici piani d'azione che per un motivo o per un altro non era mai riuscito o forse non aveva mai voluto veramente realizzare. Una decisione che aveva preso, infine, dopo averci riflettuto circa un quarto d'ora ed essersi convinto che no, non c'era proprio altro che potesse fare.
La metaforica goccia che aveva fatto traboccare il vaso, portandolo a optare per una misura tanto drastica, era caduta in un pomeriggio d'estate, quando il padre aveva fatto irruzione nel suo ufficio gridandogli addosso per il fallimento di un caso da tutti ormai considerato disperato, che il ragazzo aveva accettato soltanto dopo continue insistenze da parte dello stesso Brendol. Non appena lui aveva alzato la voce nel tentativo far valere le proprie ragioni, aveva fatto qualcosa che da anni non si era più azzardato a fare: gli aveva dato uno schiaffo. Ancora prima che il giovane avesse il tempo di reagire a quanto appena accaduto, Brendol si era dileguato, lasciandogli però rimbombare nelle orecchie l'eco di un'ennesima serie di commenti sprezzanti su quanto fosse inutile e patetico e soprattutto per nulla adatto ad ereditare l'attività che lui aveva fondato e portato alla gloria con tanto sudore.
Con il labbro inferiore sanguinante e la collera che gli faceva ribollire il sangue nelle vene, Hux aveva infine preso la sua drammatica risoluzione.
Ma pianificare e portare a termine un omicidio, così come un gran numero di altre cose, ha più probabilità di riuscire quando si può fare affidamento sull'aiuto di qualcuno. Ed era proprio per quello che ora, dall'altra parte della sua scrivania, sedeva l'unica persona che Hux avrebbe potuto definire "amica".
Dalla forma fisica, al portamento, fino al modo di agire diretto e pragmatico, Phasma aveva conservato tutto dell'ambiente militare dal quale proveniva. Tutto, tranne l'affiliazione con il suddetto ambiente.
Dopo una decina d'anni di servizio e una carriera fulminante che l'aveva portata fino al rango di capitano, la donna si era improvvisamente congedata per ragioni misteriose che Hux, in nome della loro storica amicizia, aveva deciso di non indagare. Di tanto in tanto, reminesciendo i suoi giorni di gloria, la sentiva ancora borbottare qualcosa a proposito di uno "sporco traditore" che aveva "causato la sua rovina", ma più di questo non gli era dato sapere. 
Ciò che più gli stava a cuore, al momento, era che l'amica possedesse tutta una serie di qualità fondamentali alla riuscita del suo piano d'azione, nonchè un'impressionante rete di conoscenze nella cerchia degli ex-militari congedati con disonore, cosa che avrebbe potuto rivelarsi assai utile.

«So che quello che sto per chiederti potrà sembrarti assurdo, perciò se deciderai di non volerci avere nulla a che fare sarai libera di andartene e non ne parleremo mai più.» esordì, osservando attentamente la donna seduta di fronte a lui in cerca di un qualsiasi indizio che potesse indicargli cosa le passava per la testa in quel momento  «Vorrei soltanto che questa conversazione rimanesse confidenziale.»

«Deve essere qualcosa di davvero terribile, perchè non è affatto da te tergiversare così tanto. In ogni caso puoi stare tranquillo, insomma, ho mai tradito la tua fiducia?»

No, hai ragione.
Non lo disse, ma sarebbe stata quella la risposta alla domanda che, comunque, era palesemente retorica, per cui Hux decise di lasciar perdere e arrivare direttamente al nocciolo della questione.

«Vorrei che mi aiutassi a uccidere mio padre.»

Il silenzio che seguì lo fece temere per un istante di essersi spinto troppo in là, di aver coinvolto l'unica persona con cui era mai riuscito a instaurare un buon rapporto in qualcosa che andava ben oltre il legame della loro vecchia amicizia. Ma gli bastò uno sguardo per constatare, con immensa sorpresa, che la donna non sembrava affatto turbata dalla sua richiesta. Anzi, gli parve quasi che le sue labbra si fossero incurvate in una sorta di mezzo sorriso.

«Ma sì, perchè no!» esclamò infine.
Hux rimase interdetto per un momento, colto di sorpresa da un tale entusiasmo da parte sua.

«Ne sei sicura?» volle domandarle, per essere certo di aver capito bene e che non si fosse trattato di un'allucinazione uditiva.

«Assolutamente. Brendol è un gran bastardo e, se vuoi la mia opinione, se l'è cercata. Hai già un piano?»

Non ci volle molto perchè l'incredulità sul volto del giovane Hux lasciasse il posto alla gelida determinazione. Annuì e allungò una mano per aprire uno dei cassetti della scrivania, dal quale estrasse una busta sigillata, che porse poi alla donna seduta davanti a lui.

«Prendi questo.» le disse.
 
Phasma si rigirò l'involucro tra le mani,  osservandolo con aria perplessa e indagatrice, quasi temesse che si trattasse di un ordigno esplosivo, prima di estrarne il contenuto.
«Cos'è? Un cellulare?»

«Prepagato.» si affrettò a sottolineare Hux «Io ne ho uno uguale. D'ora in poi useremo solo quello per comunicare, non possiamo rischiare che le nostre conversazioni vengano intercettate. Se conosco bene mio padre non esiterebbe a usare la sua influenza per convincere qualcuno a fare qualche registrazione per lui, in caso dovesse insospettirsi. Per non parlare della polizia nel malaugurato caso il nostro piano dovesse fallire.»

«Hai davvero pensato a tutto!»
La sentì esclamare in tono divertito mentre si cacciava il cellulare nella tasca dei pantaloni, e non riuscì a impedire a un piccolo sorriso di autocompiacimento di formarsi sulla sua bocca. Si congratulò silenziosamente con se stesso per l'idea. 

«Non si può mai essere troppo prudenti.»

I due trascorsero i minuti seguenti a organizzare le loro mosse seguenti e Hux spese qualche parola per dare a Phasma un'idea generale di quello che già aveva pianificato e di ciò che ancora doveva stabilire con precisione, prima di congedarla con la promessa di contattarla al più presto.
La donna era già uscita dall'ufficio e si trovava ormai a metà del corridoio, quando Hux, colto da un impulso improvviso, si alzò dalla propria sedia e si avvicinò all'ingresso.
«Ah, Phasma?»

Sentendosi richiamare all'improvviso, lei si arrestò e si voltò a guardarlo, un biondo sopracciglio inarcato come in una muta richiesta di spiegazioni.
«Sì?»

Hux esitò un momento, prese un profondo respiro prima di pronunciare una parola che, nei suoi quasi trent'anni di vita, aveva pronunciato in talmente poche occasioni che si sarebbero potute contare sulle dita di una mano.
«Grazie.»

«Risparmia i ringraziamenti per quando avremo fatto fuori il vecchio!»

Hux non se la sentì di replicare. Rimase quindi sulla porta, le mani dietro la schiena, ad osservare l'amica andarsene mentre cercava con tutte le proprie forze di estirpare qualsiasi dubbio gli fosse rimasto riguardo alla riuscita del suo piano. No, sarebbe andato tutto alla perfezione.
Era pronto, pronto a fronteggiare qualsiasi imprevisto pur di farsi giustizia e mettere la parole fine, una volta per tutte, in fondo a una storia che era durata fin troppo a lungo. Costasse quel che costasse, avrebbe ottenuto la sua rivincita.

                                                                                                    

«Quindi vorresti organizzare un rapimento?»

«Qualcosa del genere.» rispose Hux, reggendo con una mano il telefono vicino all'orecchio e affondando l'altra nella pelliccia fulva di Millicent, la sua gatta, che gli stava accoccolata sulle ginocchia facendo rumorosamente le fusa «Voglio che il tutto avvenga nella maniera più rapida e pulita possibile, ma non possiamo permetterci di farlo dove qualcuno potrebbe scoprirci. O dove rischieremmo di lasciare delle tracce. Dovremmo fare in modo di portarlo in un posto isolato, da cui poi sia facile sbarazzarsi del cadavere. Credi che sia fattibile?»

Dall'altro capo della linea ci fu una pausa, durante la quale Phasma si prese probabilmente il tempo di riflettere, prima di rispondere a propria volta.
«Sì, ma non se saremo solo noi due. Forse conosco qualcuno che può fare al caso nostro. Ci sono un paio di persone che mi devono dei favori.»

«Persone affidabili, voglio sperare.»
Precisò Hux, trattenendo a stento un'imprecazione quando la sua adorabile gattina pensò bene di affondargli gli artigli nella carne. Sempre facendo le fusa, ovviamente, come se si trattasse della sua massima espressione d'affetto.

«Estremamente affidabili, soprattutto se pagati adeguatamente per la loro collaborazione.»
Hux sospirò. Aveva sperato di non dover arrivare a tanto, ma si rendeva perfettamente conto che un sacrificio pagato in denaro sarebbe stata ben poca cosa rispetto al modo in cui la sua vita sarebbe migliorata una volta risolta la faccenda.  
«Va bene, puoi provare a contattarli. Nel frattempo io cercherò di dare un'occhiata alla sua agenda per trovare un giorno adatto. Ti farò sapere.»

Comunicò, prima di chiudere la chiamata e mettere via il cellulare.

«Torniamo al lavoro, che ne dici?»

Domandò più a se stesso che all'animale, il quale non parve per nulla contrariato nel momento in cui Hux lo sollevò con entrambe le mani e lo pose a terra, così da avere più spazio per dedicarsi al plico di documenti che si era portato a casa dall'ufficio e che ora erano ordinatamente impilati sul suo materasso. 
Armato di penna, evidenziatore e una grande tazza di caffè fumante a portata di mano sul comodino, si immerse nella documentazione riguardante il caso che si prospettava essere tra i più problematici della sua intera carriera. Non soltanto per la scarsità di prove con le quali avrebbe dovuto sostenere l'innocenza dell'imputato, ma anche, anzi, soprattutto, a causa del comportamento impulsivo e totalmente irragionevole del cliente stesso, che non mancava di farlo infuriare ogni volta che si incontravano per un colloquio.
Si consolò con il pensiero che, se la fortuna gli avesse arriso, non avrebbe più dovuto preoccuparsi di giustificare un eventuale fallimento.

                                                                                                                                        

Trascorse qualche giorno senza che la routine dello studio "Hux e figli" venisse minimamente modificata. Avvocati, assistenti e segretari correvano sempre senza sosta di ufficio in ufficio, Brendol Hux continuava a dettare legge e il figlio ad abbassare la testa subendo senza replicare le sue angherie, nonostante i suoi successi in aula continuassero ad aumentare. E, soprattutto, nessuno avrebbe potuto sospettare che qualcuno stesse tramando un omicidio all'interno di quello stesso studio legale.
Era quasi ora di pranzo, quando il giovane Hux si imbattè nel segretario del padre che attraversava il corridoio tutto trafelato e decise di cogliere al volo l'occasione. 

«Aspetta un secondo.» lo richiamò, vedendolo fermarsi di botto e rivolgergli uno sguardo preoccupato «Maxwell, giusto?»

Il ragazzo annuì vigorosamente, al punto che dovette poi aggiustarsi gli occhiali dalla montatura un po' troppo grande, che gli erano scivolati sul naso. Con l'aria perennemente agitata, la cravatta annodata male e una forte propensione alla sbadataggine, il giovanissimo Maxwell non sembrava per nulla portato per l'ambiente legale e Hux non poteva fare a meno di domandarsi ogni volta come fosse finito a lavorare in quel luogo. Aveva il sospetto che il vecchio lo avesse assunto come segretario personale soltanto per sfruttare a proprio piacimento la sua abilità con i computer. Abilità di cui, incidentalmente, lo stesso Brendol era completamente sprovvisto.

«Sono io, signore. Posso...posso fare qualcosa per lei?»

«In realtà sì. Avrei bisogno di consultare l'agenda di mio padre.»

Il segretario si strinse con più forza al petto i documenti che stava reggendo, tra i quali spiccava la rilegatura in pelle marrone di qualcosa di davvero molto simile a un'agenda, come se volesse proteggerli dallo sguardo indagatore di Hux.
«Mi dispiace, ma non sono autorizzato a divulgare questo genere di informazioni...»

Una smorfia di disappunto deformò per un istante i lineamenti dell'avvocato, che si affrettò a dissimulare la propria delusione e ad incalzare ulteriormente il suo interlocutore.
«Nemmeno a suo figlio?»

Maxwell ci pensò su, come se stesse valutando quale delle due possibilità sarebbe stata peggiore, se affrontare le ire del suo capo o quelle del figlio. Avendo probabilmente stabilito di temere molto di più la ritorsione dell'Hux più giovane, il quale rappresentava al momento una minaccia diretta, si convinse infine a cedere.
«Beh, i-in questo caso potrei--» balbettò «Insomma, potrei forse fare un'eccezione.»

Hux esultò silenziosamente della sua prima, piccola vittoria.
«Ottimo. Ho bisogno soltanto di una piccola informazione: ha per caso intenzione di prendersi delle ferie?»

Si offrì di tenergli l'enorme pila di documenti, mentre il segretario sfogliava rapidamente le pagine dell'agenda marrone, fermandosi di tanto in tanto per leggere qualche appunto scritto in corrispondenza delle diverse date, fino a fermarsi di colpo, puntando il dito su una pagina in particolare.

«Ecco, qui vedo che ha deciso di prendersi una settimana libera, dal ventuno al ventotto di questo mese. Se non sbaglio mi aveva detto qualcosa riguardo a un viaggio di piacere, ma non ricordo esattamente i dettagli...»

«Va bene così, grazie dell'aiuto.» disse infine Hux, sforzandosi di addolcire almeno un minimo la propria espressione mentre gli restituiva i fogli «Torna pure a lavorare.»

«Sissignore, certo signore!»
Con quelle parole, il segretario svanì in un batter d'occhio, confondendosi in mezzo alla folla di impiegati che accalcava i corridoi dell'edificio.

                                                                                                                                           

Hux se ne stava comodamente seduto al tavolino di un bar non lontano dal suo appartamento. Aveva scelto il proprio posto con cura, assicurandosi non soltanto che il locale fosse praticamente vuoto, ma optando anche per il tavolo all'angolo più remoto della stanza, posizione dalla quale poteva facilmente osservare il resto del locale e dunque accorgersi  nel caso qualcuno avesse avuto intenzione di origliare la conversazione che stava per condurre al telefono. 
Ringraziò educatamente la cameriera che gli si avvicinò per posare sul tavolo la tazza di tè verde e il piattino di biscotti che aveva ordinato e attese che la ragazza si congedasse prima di estrarre il cellulare dalla tasca della giacca, guardandosi un'ultima volta intorno per avere la certezza di non essere osservato. Quando si accorse che gli unici altri avventori del bar erano due ragazzini intenti a scambiarsi una serie di pettegolezzi davanti alle birre che probabilmente non avevano l'età per poter bere, compose il numero che ormai conosceva a memoria e attese che dall'altro capo giungesse una risposta.

«C'è qualche novità?»
Fu la prima cosa che udì pronunciare dalla familiare voce di Phasma.

«Mercoledì ventuno. Tra due settimane.» si concesse una pausa per prendere qualche sorso di tè, prima di continuare  «Ho chiesto al suo segretario e mi ha detto che ha intenzione di prendersi una settimana di ferie. Salvo emergenze, nessuno lo cercherà per almeno una settimana e noi avremo tutto il tempo di costruirci un alibi solido e inattaccabile ancor prima che qualcuno si accorga che è sparito.»

Dall'altro lato della linea giunse per qualche secondo soltanto il rumore di qualcosa, una penna o una matita, che scriveva rapidamente su un foglio di carta, prima che tornasse a sentirsi la voce della donna.

«Bene. Io ho rintracciato due dei miei vecchi commilitoni che sono disposti a darci una mano. Vuoi sapere quanto vogliono?»

Hux ci pensò su un istante.
«No, gli darò tutti i soldi di cui hanno bisogno. A patto che il lavoro venga svolto in maniera pulita ed efficiente.» fece per chiudere la comunicazione, quando si ricordò di qualcosa doveva ancora assolutamente mettere in chiaro «Ah, ancora una cosa.»

«Dimmi pure.»

«Voglio essere io a dargli il colpo di grazia.»

La voce di Phasma aveva una sfumatura scherzosa quando pronunciò la frase «Ai suoi ordini, generale!» prima di mettere fine alla chiamata.

Hux spense il cellulare, dopo di che lo appoggiò a faccia in giù sul tavolino e si portò la tazza alle labbra per nascondere il sorriso che si era formato sul suo volto.

                                                                                                                                    

Il tempo che lo separava dal giorno fatidico sembrava scorrere a rallentatore. Sempre più spesso, Hux si trovava a ripassare mentalmente passo per passo le fasi del suo piano, giorno e notte, anche quando avrebbe voluto concentrarsi sul lavoro. Fortunatamente, la natura lo aveva dotato di un autocontrollo pressochè impeccabile, così che anche nei momenti in cui l'agitazione cominciava a farsi sentire, ad uno sguardo esterno non sarebbe sembrato poi così diverso dal solito freddo, impassibile Armitage Hux con cui tutti erano abituati ad avere a che fare.
La parte peggiore era stata convincere il padre ad accettare il suo invito a cena.
Aveva dovuto ripassare il discorso per ore, prima di essere assolutamente certo che le sue parole, scelte con estrema cura, non facessero nascere nell'animo di Brendol il minimo sospetto, e che il proprio tono di voce suonasse sufficientemente sincero, privo di ogni traccia del disprezzo che si sentiva nascere dentro ogni volta che il suo sguardo incrociava quello del vecchio. Ma alla fine, convincerlo a prendere parte a una cena in nome di una riappacificazione a cui nessuno dei due credeva più di tanto, era stato straordinariamente semplice.
E forse era proprio quello che lo aveva destabilizzato perchè, sì, era stato facile. Troppo facile.
Così Hux si era trovato a rimuginare all'infinito su quella dannata conversazione, riprodurla nella propria testa alla disperata ricerca di segno che potesse indicargli se davvero la sua preoccupazione era fondata o se si trattava solamente di paranoia e nulla più. Resosi conto che la salvaguardia della propria salute psichica era fondamentale per la riuscita del progetto, aveva infine costretto la propria indole sempre diffidente a tacere, a reprimere i sospetti e, forse per la prima volta nella sua vita, ad affrontare l'intera faccenda con approccio ottimista.
In fondo, il piano era stato curato fin nei minimi dettagli, più volte rivisitato e modificato finchè lui non aveva potuto dirsi, infine, del tutto soddisfatto. Non c'era più molto altro che potesse fare. A quel punto non gli restava che attendere, come il cacciatore che aspetta in silenzio di sentir scattare la trappola, sperando con tutto se stesso di non tradirsi.

                                                                                                                                        

La mattina del ventuno, arrivato di proposito in largo anticipo rispetto ai colleghi, Hux trovò Phasma ad aspettarlo appena fuori dall'ingresso dello studio legale. Anche con indosso jeans e maglietta, l'ex-militare emanava un'aura di forza e autorità sufficiente a intimorire chiunque incrociasse la sua strada e, in quel momento, Hux si rese conto di non essere mai stato altrettanto grato di poter fare affidamento sulla sua fiducia incondizionata.
Le fece cenno di seguirlo e lei lo accompagnò all'interno dell'edificio deserto senza proferire parola.

«E' tutto pronto.» gli annunciò, una volta che furono entrati nello studio e ebbero chiuso la porta a chiave.

«Perfetto.» Hux le porse un foglietto di carta ripiegato «Questo è l'idirizzo del ristorante dove ho intenzione di portarlo. Vorrei che tu e i tuoi amici aspettaste fuori per un paio d'ore con il furgone, a quel punto usciremo dal locale e il vecchio sarà tutto vostro. Mi contatterete quando lo avrete portato abbastanza lontano e io vi raggiungerò il prima possibile.»

«Hai già un'arma?» domandò allora Phasma.

Hux non rispose subito, ma si limitò a scostare un lembo della propria giacca per rivelare il manico di un piccolo revolver infilato nella tasca interna.
«Si pentirà di aver insistito tanto perchè imparassi a sparare, quando ero bambino.»

La donna sorrise.
«Quando si dice il karma, eh?»

«Più o meno, sì.»

A quel punto Phasma fece per andarsene, quando la sua attenzione fu catturata da una piccola pila di fogli sulla scrivania. Prima che Hux potesse in qualche modo protestare, la prese in mano e lesse qualche riga con un'espressione perplessa dipinta in volto.

«Che razza di nome è Kylo Ren?»

«Ah, lui.» commentò Hux, senza sforzarsi di nascondere il fastidio che provava al solo sentir pronunciare quelle due parole «Immagino se lo sia fatto cambiare all'anagrafe una volta diventato maggiorenne. E' figlio di un certo Han Solo e di Leia Organa.»

Phasma era incredula.
«La senatrice Organa? Sul serio?» domandò, restituendogli il blocco di documenti «Come ha fatto suo figlio a finire dietro le sbarre?»

«Aggressione aggravata ai danni di suo zio.»

«E come pensi di cavartela?»

Hux sospirò, lasciandosi cadere sulla sedia.
«E' questo il punto, non penso affatto di cavarmela.» rispose con aria annoiata, più che realmente dispiaciuta «Lui è convinto di riuscire a dimostrare che lo zio ha cercato di ammazzarlo quando era piccolo, o qualcosa del genere. Peccato che non solo non ci siano prove al riguardo, ma il signior Skywalker -a questo punto credo che i nomi stupidi siano una cosa di famiglia- sembra essere un cittadino modello in tutto e per tutto. Era perfino insegnante prima di andare in pensione, a quanto pare i bambini lo adoravano. Ho sguinzagliato Mitaka, il mio nuovo stagista, sul caso ma non è ancora riuscito a trovare una singola macchia sulla sua immacolata fedina penale.»

Phasma era rimasta in piedi, ascoltando attentamente la sua lunga spiegazione, ma sembrava, se possibile, ancor più confusa di prima.
«E nonostante tutto tu hai accettato comunque il caso? Non ci vediamo per due settimane e ti trasformi in un paladino dell'altruismo, sono colpita!»

Hux liquidò la battuta con un gesto sbrigativo della mano.
«Andiamo, Phasma, mi conosci troppo bene. Bisogna pur sempre farsi un po' di buona pubblicità, no? Accettare un caso del genere pro bono, per quanto disperato possa essere, è il modo migliore per tenere alta la reputazione dello studio. E la mia, soprattutto.»

Fu allora che un lampo di compresione attraversò gli occhi chiari della donna, che si permise una breve risata.
«Sì, in effetti questo è proprio il tuo stile!»

«Lo prenderò come un complimento.»
La sua espressione, che si era addolcita un poco nel corso di quello scambio di battute, tornò ad indurirsi nel momento in cui anciò un'occhiata al proprio orologio da polso.

«Mio padre dovrebbe arrivare a minuti, è meglio che tu vada.»


                                                                                                                                       
Stava andando tutto alla perfezione.
O, almeno, era ciò di cui Hux cercava disperatamente di auto-convincersi.
Padre e figlio si erano presentati in perfetto orario al ristorante che avevano concordato per il loro incontro, avevano preso posto, e avevano comunicato le loro ordinazioni al cameriere che, tutto impettito, si era presentato al loro tavolo. La cena, ovviamente, era stata accompagnata da una buona bottiglia di vino rosso e Hux, ormai del tutto concentrato nel rivestire il ruolo di figlio servizievole almeno per l'ultima volta, si era perfino offerto di versarlo a entrambi.   Peccato che, nel giro di pochi minuti, Brendol aveva finito per rovesciare inavvertitamente il proprio bicchiere ed essere così costretto a riempirselo di nuovo, questa volta rifiutando categoricamente l'aiuto del figlio.
Hux non prestò troppa attenzione a tale stravaganza, impegnato com'era a combattere il senso di disagio che lo attanagliava ogni volta che si trovava solo in compagnia del padre. Non avrebbe saputo dire se fosse più a causa del caldo estivo o delle occhiate di disapprovazione che si sentiva rivolgere di tanto in tanto, o ancora dalla consapevolezza dell'atto che avrebbe compiuto di lì a qualche ora, ma non dovette trascorrere molto tempo prima che cominciasse a sentirsi quasi soffocare dal nodo della propria cravatta e starsene lì seduto nel suo completo blu scuro, circondato da coppiette felici e vecchie signore ingioiellate iniziasse a diventare davvero insopportabile.
Parlarono poco, stranamente, e sebbene Hux si fosse preparato a subire per un'ennesima volta le torture psicologiche a cui Brendol amava tanto sottoporlo, si accorse che, ad eccezione di qualche allusione, il padre non sembrava in vena di infierire, quella sera. Anzi, sembrava stranamente distratto, come se un pensiero di qualche tipo continuasse a tormentarlo impedendogli di concentrarsi su quello che in teoria, e solo in teoria, sarebbe dovuto essere un tentativo di riconciliazione. A nemmeno metà della serata, era già ben chiaro come nessuno dei due avesse la minima intenzione di compiere il primo passo in quella direzione. La situazione non subì grossi cambiamenti nemmeno quando Hux si offrì di pagare di tasca propria il prezzo fin troppo  alto rispetto alla quantità di cibo che era stata loro effettivamente servita, seppur impiattata con eleganza minimalista in perfetto stile nouvelle cuisine, e i due si lasciarono infine il ristorante alle spalle.
Si erano allontanati di appena qualche metro dall'ingresso del locale e Hux stava intensamente pregando che tutto andasse secondo i piani quando, senza il minimo preavviso, Hux si sentì afferrare per l'avambraccio e, appena tentò di liberarsi, si trovò a fissare dritto nello sguardo a dir poco infuriato di suo padre.

«Ho capito cosa stai cercando di fare. Sei davvero uno stupido se pensavi che mi sarei fatto fregare da te così facilmente!»

Hux aggrottò le sopracciglia, facendo del proprio meglio per assumere un'espressione confusa, che lo aiutasse a celare il fatto che, in quel momento, il suo stomaco fosse stretto in un nodo di panico e agitazione.
«Non so di cosa tu stia parlando, padre.»

Brendol parve essere talmente offeso da quelle parole che strinse con più forza la presa intorno al braccio del figlio, così che quest'ultimo non potè impedirsi di farsi sfuggire un gemito di dolore.
«Vuoi uccidermi, non è così?»

Il cuore di Hux perse un battito. In un singolo istante si vide scoperto, catturato, gettato in carcere per il resto della vita e, cosa forse peggiore di tutte, umiliato per l'ennesima volta dal suo stesso padre. E in quella terribile prospettiva non c'era solo paura, ma soprattutto rabbia, fomentata dalla consapevolezza di aver fallito nonostante tutto.

In quel momento, non era nemmeno in grado di formulare un pensiero di senso compiuto.
«Io non--» riuscì appena a mormorare, ma ancora una volta il padre lo interruppe prima che riuscisse a finire la frase.

«Certo che è così! Per questo hai cercato di avvelenare il mio bicchiere di vino!»

Un'altra persona, al posto suo, avrebbe potuto lasciarsi andare ad una sonora risata non appena avesse compreso il fraintendimento. Hux, coerentemente con il suo carattere, si limitò a lanciargli uno sguardo di sfida.
«Ti stai sbagliando.»

«Ah sì? E su cosa mi starei sbagliando, dimmi un po'!»

Fu in quel momento che due energumeni vestiti di scuro balzarono fuori da un anonimo furgoncino parcheggiato a pochi metri di distanza e afferrarono Brendol, trascinandolo al suo interno incuranti delle sue proteste chi risuonarono a vuoto nella via deserta. 
Hux riuscì a scorgere Phasma alla guida del mezzo, che gli rivolse un cenno d'intesa prima di avviare il motore e allontanarsi rapidamente.

Solo allora Hux, lasciato solo sul bordo del marciapiede, potè rispondere all'ultima domanda del padre, sebbene questi fosse ormai troppo lontano per poterla sentire.
«Sul modus operandi.»

Circa dieci minuti dopo, il suo telefono prepagato ricevette un messaggio con l'indirizzo di un magazzino abbandonato in un quartiere di periferia della città.

                                                                                                                                  

Tre mesi dopo la misteriosa scomparsa di Brendol Hux, il figlio Armitage era assurto al ruolo di proprietario e responsabile dello studio legale, nonchè di una cospicua fortuna, in mancanza di un testamento che dichiarasse apertamente le intenzioni dell'ormai defunto Hux senior. 
Le indagini riguardanti l'assassinio dell'anziano avvocato erano giunte a un punto morto. Il cadavere era stato trovato con un certo ritardo e la pressochè totale assenza di indizi sulla scena del crimine rendeva terribilmente difficile, se non del tutto impossibile venire a capo di quel mistero.
Soltanto Armitage Hux e un paio di persone fidate sapevano che Brendol aveva trascorso gli ultimi momenti della sua esistenza terrena in uno squallido magazzino in disuso, nella periferia industriale della città. Hux ripensava spesso al momento in cui aveva puntato la pistola e premuto il grilletto, e la vista del corpo esanime del padre con un minuscolo foro di proiettile in mezzo alla fronte tornava di tanto in tanto a visitarlo anche nel sonno. Quelli che per chiunque altro sarebbero stati incubi pieni di angoscia e rimorso, per lui erano sogni capaci di infondergli una tranquillità e una soddisfazione che mai avrebbe immaginato di poter provare in vita sua. 
Era riuscito a recitare la parte del figlio addolorato in modo sufficientemente credibile, almeno per i mass media, e dopo poco più di qualche giorno di attenzione da parte dei quotidiani locali e nazionali, la vicenda sembrava essere già stata dimenticata da tutti. Insomma, se c'era qualcuno capace di venire a patti senza troppe difficoltà con l'idea di essere diventato un assassino, quello era proprio Armitage Hux, e sotto la sua guida lo studio era tornato a funzionare a pieno regime nel giro di davvero poco tempo. A poco a poco, anche nella vita sua e dei suoi colleghi, era tornata a regnare la normalità.
Beh, se la normalità comprende un ragazzo dal nome improbabile in jeans strappati e giacca di pelle, evidentemente infuriato, che faceva irruzione nel suo ufficio sotto gli sguardi attoniti dei suoi collaboratori e lo afferrava per il colletto della camicia minacciandolo di strangolarlo sul posto.

«Avevi detto che sarei stato assolto senza dover scontare nessuna pena!»

Superata la sorpresa iniziale, Hux riuscì a riconquistare calma sufficiente per rispondere.
«Avevo detto che avrei fatto il possibile, Ren.» sibilò, sostenendo lo sguardo dell'altro senza avere la minima intenzione di cedere a un tanto volgare tentativo di intimidazione  «Dovresti essere grato per il fatto che il giudice ti abbia condannato solo a qualche mese di servizi sociali, piuttosto che ai sei anni di carcere che rischiavi secondo l'accusa.»

«Beh, il possibile non è stato abbastanza!» ringhiò di rimando lui, a poca distanza dal suo volto.

Hux si costrinse a prendere qualche respiro profondo, prima di continuare a parlare. Possibilmente senza riempirlo di improperi come il suo istinto continuava a suggerirgli, ma cercando piuttosto di ottenere un compromesso. 
 «Ascoltami bene, Ren, esistono modi più appropriati per parlare di questo genere di cose. E stai anche terrorizzando i miei colleghi. Perchè non prendiamo un caffè insime, dopo pranzo, e ne discutiamo con calma?»

Dopo un istante di esitazione, nel corso del quale Kylo Ren parve riflettere a fondo sulla sua proposta e Hux pregò in silenzio che  si allentò fino a scomparire del tutto.
«E va bene. Ma non pensare di passarla liscia così facilmente!»

Detto ciò, il ragazzo uscì dalla stanza con la stessa furia con la quale vi era entrato, lasciando finalmente l'avvocato solo nel suo piccolo ufficio.
Hux si portò una mano alla tempia, massaggiandola lentamente nel tentativo di dissuadere il mal di testa che sentiva già incombere al solo pensiero del pomeriggio che lo attendeva. Non sapeva se sarebbe riuscito a far ragionare quel concentrato di rabbia repressa che aveva il nome, per altro estremamente ridicolo, di Kylo Ren, nè se sarebbe riuscito a uscire illeso dal loro prossimo incontro. Su una cosa, tuttavia, non aveva assolutamente alcun dubbio: un giorno o l'altro, quel ragazzo lo avrebbe fatto impazzire.





Note dell'autrice: Heeey!
A dire il vero non ho molto da dire su questa fanfic, se non il fatto che l'dea è stata in gran parte merito (colpa?) di serate passate a guardare How To Get Away With Murder. Il tono della storia è volutamente semiserio, con un po' di humor nero buttato lì nel mezzo perchè insomma, non volevo scrivere qualcosa di totalmente serio, ma si parla pur sempre di omicidi, per cui...
Ringrazio come sempre tutti quelli che avranno letto/recensito/eccetera eccetera e vi saluto, dandovi appuntamento alle prossime fanfiction!

-Ronnie
  
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