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Autore: Alexiis_Moon    05/02/2018    0 recensioni
E se Chizuru oltre ad avere un fratello gemello avesse una “sorella” maggiore? Se avesse fatto il viaggio da Edo a Kyoto con lei... E se fosse lei l'obbiettivo di Kazama? …
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chikage Kazama, Chizuru Yukimura, Nuovo personaggio, Souji Okita, Toshizou Hijikata
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
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Svegliai Chizuru con delicatezza, aprì gli occhi sbattendo le palpebre un paio di volte per poi sorridermi.

-Tori, buongiorno! -piccolo sbadiglio - Meglio che mi prepari anche io!.

-Datti una lavata e vestiti, ho comprato gli abiti più brutti che c'erano, almeno a nessuno verrà l'idea di derubarci.

-E' stata geniale l'idea che hai avuto di vestirci da uomini, anche se tu non passerai di certo inosservata... Cos'hai pensato di dire come spiegazione?

-Solo che sono figlio di un mercante che sta raggiungendo il padre. Almeno saranno contenti che un gaijin se ne vada ahah, ah, e che tu sei il mio fidato amico che mi ha aiutato ad imparare la lingua e altre scuse. Su quello abbiamo più balle possibili.

Avevo pensato a tutto,nostro padre Koudou Yukimura era partito da più mesi per Kyoto,dapprima mantenendo una fitta corrispondenza... per poi far calare il silenzio su di lui. Koudou non era il mio padre biologico... lo conobbi all'età di 14 anni, in Spagna, aveva viaggiato tutta l'Europa per specializzarsi in medicina occidentale, mi trovò mentre cercavo di prendere una mela dal mercato di Granada... ero orfana, mia madre era stata uccisa due anni prima... di origine moresca considerata ovviamente una strega, e mio padre... mio padre faceva l'attore e l'aveva presa con se. Lui era francese... morì un mese prima che conoscessi Koudou. Non riusciva a sopportare la perdita della mamma. Nell'ultimo periodo era ansioso, paranoico... era precipitato nella pazzia quasi. Si tolse la vita sparandosi con una pistola. Ricordo ancora perfettamente l'odore della polvere da sparo, gli schizzi di sangue ovunque e la sua bocca piena di quel liquido denso e nauseante. Quella visione mi tormentava ancora. La piccola stanza che avevamo in affitto mi venne tolta, ed io, il cavallo che mi era stato regalato da dei fantomatici nonni paterni al compimento del mio quattordicesimo anno, un pugnale moresco intarsiato di pietre preziose e una pistola, andammo a vivere al limitare della città.

Per provvedere al puledro che mi trascinavo dietro ci voleva poco... le fattorie erano facili da derubare di fieno e mangime... ma io, che avevo sempre amato mangiare in compagnia dopo ogni spettacolo ( e bere... lo so, ma si usava così fra gitani), mi ritrovai a digiunare per giorni, se non per qualche frutto che pendeva da alberi privati confinanti con la strada. Koudou mi conobbe il giorno in cui non trovai nessun frutto appeso. Tutti probabilmente già depredati da me medesima.Sicuramente ero più simile a un demonio che a un'innocente ragazzina, capelli annodati e faccia sporca dalla polvere, purtroppo nessuno mi aveva offerto un lavoro diverso da quello della prostituta... se non avessi incontrato Koudou probabilmente avrei accettato alla fine. Venni ovviamente beccata e il negoziante mi diede uno schiaffo talmente forte che persi i sensi... con la mia altezza di un un metro e sessantacinque che è rimasta tale da allora, una corporatura compatta ma delicata e cosa più importante, denutrita,capitolai a terra senza sensi.

Immagino che Koudou abbia provato compassione... pagò la mela e la mia cena con finalmente una stalla per il mio cavallo e un letto accanto al suo. Mi fidai subito,quell'uomo sprizzava bontà da tutti i pori... e poi non mi toccava e ogni volta che mi parlava in uno spagnolo pessimo con qualche parola di inglese spesso abbassava la testa. Capii dopo che era un segno di rispetto. A me. Una piccola, zozza e puzzolente gitana. Ma questo bastò a farmi fidare di lui. Si prese cura di me per un anno circa.Mi insegnò la sua strana lingua e quello che faceva e io gli insegnavo la mia lingua, il francese e l'inglese che mi aveva insegnato mio padre, insieme alle erbe della mamma e ad usare la pistola. Sono sicura che mio padre avrebbe voluto un maschio, visto che dirottava gli hobby maschili su di me. Poi un giorno, più precisamente due mesi prima del mio compleanno mi chiese se volevo stare con lui come padre e figlia e ricominciare da capo.Mi promise mari e monti... gli dissi un sì abbastanza apatico, molto"Bah, sì, quello che vuoi tu", ma era la mia tempra, in realtà scoppiavo di gioia. Il viaggio verso il Giappone fu lungo, ma i ricordi erano meravigliosi, la sera prendevamo il fresco sulla poppa della nave e in tarda mattinata mi preparava il suo speciale tè verde. Poi mi aiutava a pulire il piccolo gigante nero di 3 anni e apprendeva cose anche sugli equini, con la sua specifica richiesta di imparare a montare non appena arrivati nella sua città: Edo.

Quando conobbi Chizuru,questa era una mocciosa di 9 anni, che all'inizio mi sembrò l'apoteosi delle ragazze scialbe... me la presentò come sua figlia,e ci rimasi male. Mi aveva accennato al fatto di avere una figlia anche lei orfana di madre, ma nel mio cuore forse sparavo che in quell'anno la parentela si annullasse. Lo ammetto ero gelosa. Ma non ero mai stata brava con i sentimenti, quando fai una certa vita impari a nascondere e... a diventare rude. In più ero stata figlia unica per 12 anni... non era semplice condividere il "mio nuovo papà", con una ragazza piccola, esile, con un corpicino da infante, con quei grandi occhi a mandorla (il che è un tutto dire,ma lei li ha e li aveva grandi), e un sorriso sincero stampato sulle labbra. Ero gelosissima, volevo essere come lei... mi sentivo fuori posto. Dopo un primo periodo di astio totale nei suoi confronti,iniziammo ad avvicinarci durante le lunghe assenze di Koudou. Io presi il suo cognome e in città non fu più strano vedermi a passeggio con uno yukata o con dei pantaloni e una camicia in seta ( avevo imparato a cucire per gli spettacoli) quando giravo a cavallo, cosa strana, ma tutti si abituarono anche a vedere la piccola Chizuru davanti a me. Io le insegnavo qualcosa e lei insegnava qualcosa a me, ed insieme imparammo le basi della difesa personale, che io continuai per passione, dando una mano al dojo e allenandomi di sera con un amico di Koudou e del dottor Matsumoto,praticamente il suo braccio destro e la persona più vicina alla definizione di zio. Tanto che la mia nuova famiglia per i miei vent'anni, mi regalò una katana. Sapevo alle rinunce che quella famiglia aveva fatto per me dal mio arrivo. Fu la prima volta che piansi davanti a qualcuno e che sentii il calore di un focolare.

Imparai molto da Chizuru,soprattutto la calma e la pazienza, che in me si tramutarono in indifferenza e cinismo apparenti. Ma imparai a lasciarmi andare, ad essere me stessa con le mie debolezze, e iniziai ad amare Chizuru come una parte di me, non eravamo sorelle di sangue ma mi giurai chele sarei stata sempre affianco e che l'avrei protetta. Non mi importava più di me. Io avevo avuto tutto quanto con lei e Koudou. Nel futuro contava solo la sua felicità.

Un po' per le sue richieste e il mio essere abbastanza impulsiva, una mattina di gennaio con un calessino mal ridotto e due sacche con soldi e qualche oggetto personale, andammo alla volta di Kyoto. La città che aveva inghiottito nostro padre.

Arrivammo nella grande capitale, non avevo mai visto così tanta gente, così tanti colori e profumi, il mio stomaco iniziò a brontolare e Chizuru ovviamente se ne accorse.

-Tori... Perché mi hai dato la tua razione se avevi ancora fame?.

-Piuttosto, dove lavora esattamente Matsumoto? ... Questo è perché non mi hai ascoltato sull'aspettare risposta.

-Non riuscivo ad aspettar e lo sai, e neanche tu. Hai organizzato tutto in poco tempo, hai persino comprato un carretto in svendita che si sta distruggendo!.

Al pronunciare quelle parole un "thiiiick" si fece strada alle nostre spalle. Tenendo per le briglie il cavallo, lo fermai e arretrai per dare un'occhiata alla ruota.

-Togliti dalla testa che non abbia mangiato per te. Era perché saremmo state a piedi da più tempo se avessi mangiato io quei dango.

Si mise a ridere.

-Ok, ok, ma cosa ce ne facciamo di un carretto rotto? E' un peso in più, no? Dovremmo abbandonarlo da qualche parte.

-Bueno... Sì, hai ragione, c'è già Léon a fare da peso morto.

L'equino nitrì e Chizuru ridacchiando gli fece una carezza sul muso.

 

 

Dopo aver sistemato la questione carretto (ceduto a una coppia di contadini per un sacco di mele), avanzammo ancora di più all'interno della città. A cavallo erano in molti ad osservarci, ma tutti procedevano senza disturbarci. Qualche occhiataccia mi arrivò, ma non ci feci caso. Sapevo perfettamente che non ero la benvenuta e che ero comunque un'occidentale strana. Anzi strano. Dato gli abiti maschili, che stavo odiando tra parentesi. Fasce al seno e ai fianchi per camuffare le forme e abiti di taglia più larga dato che sul seno le fasce arrivavano fino a un certo punto. Chizuru invece sembrava a suo agio. Gli abiti le stavano leggermente larghi, ma non aveva avuto bisogno di grossi accorgimenti per nascondere il suo esile corpo.

Molte donne e uomini rimanevano fermi a fissarmi... mi chiedo che idea abbiano avuto. Koudou e Chizuru mi dicevano che nell'immaginario comune gli occidentali, o meglio, le donne occidentali, erano idealizzate come alte, longilinee, con capelli castani chiari o biondi, occhi chiari e pelle pescata.

Io ero quanto più di distante ci fosse. Capelli nero corvino che terminavano con dei boccoletti, occhi castani che viravano al rosso, pelle leggermente olivastra e qualche centimetro più alta di Chizuru.

 

Calò la sera senza che in giro trovassimo molte notizie né su nostro padre né su Matsumoto che si era trasferito. Un altra volta. Quell'uomo avrà vissuto in una cinquantina di case diverse.

Chizuru era completamente amareggiata, io amareggiata e nervosa. Era esasperante non sapere dove fosse nostro padre, e non essere riuscite a cavare nulla in 24 ore quasi.

-Onee-chan...

-Chi, non disperare, adesso troviamo un posto dove dormire e riprendiamo domani. Lo troveremo.

Dissi quelle parole per convincere me stessa più che lei, e per provare a non imprecare come al solito.

-Perché non ci ha più scritto? ... Starà bene?

-Amor... non lo so... non lo so perché ha smesso di scriverci. Ma sono sicura che sta bene e che avrà un'ottima motivazione per non averci scritto.

-Ok. Meno male che ci sei tu... non oso pensare cosa sarebbe successo se fossi venuta qui da sola. Sono fortunata.

Le baciai la testa e strinsi ancora di più le mie braccia intorno a lei che si rilassò. Continuammo a camminare nelle vie centrali fino a notte fonda... quando una grossa costruzione ci costrinse e svoltare in una via buia e più stretta. Léon avanzava stando attento a tutti i rumori. Stupida io che non mi accorsi di quando le sue orecchie iniziarono a puntarsi in avanti e i suoi respiri a farsi più veloci.Ero stanca e Chizuru si era addormentata tra le mie braccia, l'unico sforzo che facevo era quello di cercare di individuare luci accese per chiedere ospitalità.

Con rumore di lame, si palesarono al centro della stradina degli uomini, con le katane puntate su Léon, che si impennò e ci buttò a terra per poi continuare a nitrire e scappare.

Mi rialzai e andai subito a vedere come stava Chizuru. Gli uomini sogghignavano mentre la aiutavo a rialzarsi e a riprendersi.

-Belle quelle cosine che portate dietro.

Ronin. Samurai senza padrone che passavano il tempo a rubacchiare per riuscire a bere del sakè la sera.

-Stai dietro. Sussurai a Chizuru.

Erano in 3, Chizuru ed io eravamo addormentate e non saremmo uscite bene da un corpo a corpo, non potevo usare la pistola perché sarei stata consegnata subito alle autorità anche se fossi scappata e avrei messo in pasticci più grossi Chizuru.

-Andatevene,per favore. Vi posso dare qualche soldo. Ma vi prego, sono le uniche cose che abbiamo.

-Hai trovato il cavallo?.

Uno degli uomini guardò oltre le nostre spalle.

-No capo, scappato. Cazzo, lo troverà qualcun altro e ci farà un sacco di soldi!

-Merda Yuuki, sei un incapace. Aiutaci a prendere le borse a questi due omuncoli.

Spintonai Chizuru nell'unica viuzza che si apriva alla nostra sinistra e mi misi a correre dietro di lei.

Mi guardavo indietro per cercare di capire quante possibilità avessi di non essere affettata.

-Bastardi, il piccolo è sparito!

Mi voltai in avanti notando che mia sorella non era più in testa. Il cuore iniziò a martellarmi più forte nelle orecchie. Dio, dov'era. Cercai di accelerare, tirandomi su tutto quello che mi pendeva di abiti,riuscendo a prendere distanza dal gruppo di ladri. Girai a destra in un incrocio cercando di stare il più possibile attaccata alle pareti degli edifici per non cascare a terra. Quando all'improvviso mi sentii tirare verso il basso con forza. Persi l'equilibrio e mi rovesciai sulle mani. Mi volsi verso il punto dov'ero caduta e vidi una rientranza in mezzo a dei contenitori. Mi avvicinai e Chizuru mi tirò dentro giusto in tempo. I ronin erano a meno di un metro di distanza. Con le bocche coperte e nascoste lì sotto al buio.Prestammo attenzione ai rumori.

Qualcun altro si era avvicinato. Sentimmo delle risate che ci fecero accapponare la pelle. Dopo esserci scambiate un breve sguardo ci sporgemmo leggermente. Quello che vedemmo fu totalmente raccapricciante.

Degli uomini con una blusa blu, capelli bianchi e occhi iniettati di sangue, tagliarono di netto le teste degli uomini con urla orrende.

Ci ritraemmo...la guardai. Tremava. Io stavo per vomitare... l'odore del sangue era talmente forte che mi ricordò la stanza di mio padre a Granada.

Le misi una mano sulla spalla.

-Ci hanno salvato dopotutto, forse non ci faranno nulla. Non avrebbe senso...

Biascicai quelle parole. Chizuru mi prese il viso tra le mani preoccupata.

-Rimani nascosta, esco io. Tranquilla, sto bene.

Feci per muovermi ma una mano fu più lesta e mi afferrò buttandomi in mezzo alla strada con una forza innaturale.

Mi contorsi tenendomi la testa e sentendo l'urlo di Chizuru.

-Nooooo!

Non la vedevo, ma sentivo che stava piangendo e che qualcuno era davanti a lei.

Quell'essere che mi aveva lanciata a terra si avventò su di me... sul mio collo quasi... Urlai e con il pugnale che avevo dentro il kimono gli perforai il cuore. Il suo sangue caldo iniziò a colare su di me. La nausea ritornò più forte di prima.

Mi levai il cadavere da sopra e mi avventai sull'altra creatura davanti a Chizuru, con la katana in aria pronta a uccidere. Gli ferì un braccio. Ma la ferita guarì subito. Con gli occhi sbarrati, la fissai. L'essere si girò con un ghigno mostruoso e mi prese per le spalle, facendomi voltare, il suo respiro vicino all'orecchio mi fece paralizzare. Davanti a me si piazzò un altro di loro con la katana alzata. Deglutii e chiusi gli occhi.

Non capivo...morivo così... come in un racconto del terrore... quelle non erano persone... quella non era la realtà. Ma le risate, l'odore del sangue e i loro occhi... c'erano. Sì... Era tutto reale.

Sentii un fendete. Ma non mi trafisse. La presa che era stata esercitata su di me, sparì, sul mio volto invece schizzò del sangue.

Mi accasciai, sentii delle mani famigliari su di me. Non capivo più nulla. Stavo male.

Il sangue era sparso sulla mia faccia. Le mie labbra sapevano terribilmente di ferro.

Sentii delle voci. Una quasi giocosa... vidi tre uomini con le stesse bluse delle creature, in piedi di fronte a noi. Chizuru mi strinse ancora di più e provò a parlare. L'uomo dai capelli scuri e lunghi le puntò la sua arma alla gola. Lei mormorò dei "Vi prego".

Io guardavo persa il vuoto. Quando uno dei tre, il più alto, si inginocchiò chiedendomi se avessi visto un "Oni".

Lo guardai, non risposi. La katana dell'uomo corvino si spostò su di me. Chizuru allora chiese di lasciarmi in pace, girandomi il volto verso di lei e cercando di farmi rinsavire. Era come se fossi sott'acqua. Sentivo tutto, ma poco. Lontano. Lento.

-Neh, Hijikata-San, questo è partito. Ahahah, che dici, lo prendiamo.Sarebbe validissimo in battaglia.

-Souji. Taci. E tu coso. Parla. Detto ciò il corvino si abbassò girandomi con forza il mento verso di lui. I miei occhi si intrecciarono con i suoi. Un colore stupendo: viola, viola intenso. Ero sotto shock,apprezzai per poco la bellezza di quell'uomo... stavo molto male... sentivo lo stomaco contorcersi. Sentivo la puzza del sangue, il sapore.

Buttai fuori tutto quello che avevo in corpo addosso all'uomo che poi appresi chiamarsi Hijikata Toshizou. Comandante della Shinsengumi. I lupi di Mibu. Dopo essermi svuotata riuscì a vedere la sua faccia incredula e la risata del compagno più alto. Mentre l'altro si abbassava a prestare aiuto, credo. Non ne sono sicura... poiché svenni.

 

Salve a tutte/i! Sono Alexis e amo questo otome-anime. Erano anni che pensavo di scrivere ma ho preso coraggio da poco. Spero che l'idea possa piacere e che ovviamente possa essere apprezzata.

Mi scuso per i sempre verdi errori di battitura (ho riletto 4 volte, ma tanto qualcosa c'è, lo so che c'è). E spero che siate felici di iniziare con me questo viaggio. Un capitolo a settimana. Spero sempre della stessa lunghezza. Besos, corazones!

 
   
 
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