Walking the wire And [..] Si poteva percepire come il clima stesse cambiando; lentamente l'inverno si ritrovò a cedere il posto alla primavera. I ciliegi erano ormai in procinto di sbocciare e la neve cominciava a scivolare via. L'inizio di marzo, anche quell'anno, era arrivato in un soffio e per molti studenti significava solamente una cosa: il riprendere delle giornate scolastiche. Ricominciare a svegliarsi preso, rimanere svegli tutta la notte per studiare e ottenere buoni posti in graduatoria; nessuno era pronto a iniziare di nuovo. A differenza dei suoi colleghi, Park Jimin era entusiasta all'idea di ritornare alla Arts High School di Seoul e prendere posto sul suo sgabello davanti ad una grande tela immacolata, quasi dello stesso colore delle nuvole in un caldo giorno d'estate. Era così felice mentre usciva di casa che quasi si dimenticò di portare con se la cartelletta contenente le tavole che il professor Kim aveva assegnato alla classe da svolgere durante le vacanze. Si passò una mano tra i capelli mentre scendeva velocemente le scale e, una volta arrivato in strada, si diresse verso la più vicina stazione della metropolitana accanto alla Honjik University. Lungo la via si fermò al negozio della signora Kang, una nonnetta che si faceva aiutare dalla nipote a portare avanti la panetteria di famiglia. Iseul-noona gli preparava sempre un piccolo sacchettino con dei panini per fare merenda e lui gliene era talmente grato che ogni volta un inchino per ringraziarla non bastava mai, a suo parere. In più si ritrovava ad arrossire sempre in sua presenza; in fondo, era proprio una bella ragazza. Quella stessa mattina alla stazione, con un anticipo di ben quindici minuti, Jeon Jungkook stava aspettando la metropolitana per dirigersi alla School of Performing Arts Seoul. Non era entusiasta all'idea di ricominciare in un luogo completamente diverso dall'ambiente a cui era abituato - come tutti i nuovi studenti d'altronde - ma non vedeva l'ora di diplomarsi e rendere orgogliosi i suoi genitori. Avevano fatto così tanti sacrifici per poterlo mandare a studiare in quella scuola e così anche suo fratello e non sarebbe mai stato abbastanza un semplice grazie, voleva fare di più e ripagarli di tutto. Prese un respiro profondo, chiudendo gli occhi e cercò di rilassarsi, ascoltando una voce maschile che chiamava le diverse metro in arrivo e alzò il volto verso l'orologio e lo vide. Era dall'altra parte dei binari, teneva stretta a se una cartelletta di ampie dimensioni; doveva contenere dei disegni, ne era più che sicuro. Rimase ad osservarlo per brevi istanti, non sapeva nemmeno lui il perché. Era la persona più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita. I suoi occhi, il suo sorriso, la sua intera figura, emanavano una tale energia positiva che lui stesso cominciò a sentirsi più rilassato e meno agitato di quanto non lo fosse nei minuti precedenti. Rimase a fissarlo un po' troppo a lungo perché gli occhi dello sconosciuto incastrarono i suoi in un intenso sguardo per alcuni momenti, prima che la voce maschile annunciasse la metro che andava nella direzione opposta a quella in cui si sarebbe dovuto dirigere lui. Lo vide distogliere lo sguardo e puntarlo lungo i binari alla ricerca del vagone motore e Jungkook ebbe un momento per riprendere il fiato e lasciare che le guance attenuassero la colorazione rosea che avevano acquistato in men che non si dica. Era così strano sentirsi a quel modo, era la prima volta che gli capitava una cosa simile. Si morse l'interno della guancia, rimanendo con lo sguardo verso il basso finché la metro dello sconosciuto non partì nuovamente alla volta della sua destinazione. Portò lentamente una mano sul petto e si massaggiò. Gli sembrava di essere stato colpito più e più volte nello stesso punto da delle freccette. Chi aveva appena giocato al tiro al bersaglio con lui? Da parte sua, Jimin ebbe bisogno di un po' più di tempo per riprendersi da quel susseguirsi di sguardi - praticamente tutto il tragitto fino a scuola. Il suo cuore batteva talmente tanto veloce che aveva paura le persone attorno a lui potessero sentirlo scalpitare nel suo petto. Voltò lo sguardo fuori dal finestrino e cominciò a pensare a cosa fosse appena successo. E se fosse stato l'unico a sentire determinate sensazioni? Era del tutto plausibile, non poteva esserne certo. Che fosse stato solamente agitato perché ha incontrato uno sguardo sconosciuto? E' normale, a lui stesso succedeva molte volte. Eppure non riusciva a spiegarsi il perché si sentisse a quel modo. Prese il telefono dalla tasca del cappotto e compose il numero di un amico di cui si fidava ciecamente e con cui sapeva di potersi confidare. Era uno dei punti di riferimento più importanti per lui. "Yeoboseyo?" (Pronto?) rispose una voce un po' assonnata dall'altra parte del dispositivo. "Hyung! Joheun achim!" (Buongiorno!) esclamò Jimin, mentre un sorriso divertito si formava sulle sue labbra nel sentire il ragazzo lamentarsi che non si poteva essere così felici a quell'ora della mattina. "Aish, Chim, neonneun wae geureongke haengbokhani? (Come mai così felice?) domandò Jin aspettando che il suo caffè fosse pronto per poi travasarlo all'interno del termos, zuccherarlo e portarlo con sé al lavoro agli studi di registrazione; fare l'attore toglieva veramente troppo energie. Jimin sorrise e cominciò a raccontare, perdendosi nei dettagli. * La settimana dopo, sempre alla stessa fermata e sempre allo stesso orario, Jungkook decise di saltare le prime due ore di scuola per salire su un altro treno, quello che andava nella direzione opposta a quella in cui sarebbe dovuto andare lui. Prese posto in uno dei seggiolini poco distante da dove si era seduto Jimin e rimase a fissare il vuoto davanti a sé. Cosa avrebbe fatto se il ragazzo si fosse accorto di lui? Cosa gli avrebbe detto? Doveva trovarsi una scusa bella e buona. Le persone che sostavano in piedi nel corridoio gli permettevano di nascondersi meglio, certamente, ma Jimin aveva l'occhio veloce e sorrise quando, in un momento di distrazione dai propri disegni, lo vide. Voltò nuovamente lo sguardo verso il foglio che stava osservando minuziosamente e ne prese uno nuovo, cominciando velocemente a tracciare qualche segno guida per disegnare un volto e poi iniziò la sua opera, sentendo il cuore battere sempre più veloce nel suo petto. |
NdA
Volevo dare qualche piccola informazione generale prima che le persone mi prendano per matta hahah
- Prima cosa, in origine questa storia era una one shot che però (data la lunghezza) può essere tranquillamente divisa in capitoletti perciò ho deciso di fare così, dovrebbero essere tre capitoletti nemmeno troppo lunghi.
- Seconda cosa, i dialoghi sono in hangul (alfabeto coreano) romanizzato, cioè (per chi non lo sapesse ovviamente) la trascrizione in lettere dei segni usati solitamente. Mi piaceva davvero molto l'idea di mantenere quei pochi dialoghi presenti in quella che è la loro lingua. Se ci sono errori di traduzione e voi sapete il coreano e io ho sbagliato a scrivere, vi prego di farmelo sapere e provvederò subito a correggere.
- Terza cosa, non ci sarà niente di particolarmente spinto (lo metto subito in chiaro).
- Quarta cosa, spero davvero davvero davvero, con tutto il mio cuore, che vi piaccia perché è da molto tempo che non provo a fare qualcosa di diverso e spero di essere riuscita a far nascere qualcosa di carino.
Vi ringrazio molto se siete arrivati fino a questo punto, non vi chiedo commenti o cuori (a meno che non vogliate lasciarne perché lo volete davvero). Vi ringrazio ancora molto. Mi raccomando, il freddo comincia a farsi sentire, state al caldo e non prendete l'influenza!
Lots of love,
Mars.