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Autore: Redferne    06/02/2018    10 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 44

 

 

 

 

 

 

 

PARDS (QUINTA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Finalmente erano al gran completo.

I componenti dell’allegro terzetto giacevano a terra, distesi su di un fianco ed ancora svenuti. Proprio i tre che, fino a qualche minuto prima, erano intenti a percorrere avanti e indietro la Rowans in tutta la sua lunghezza, divertendosi come matti a sfasciare steccati e cassette della posta, completamente ubriachi.

Si trovano a breve distanza l’uno dall’altro, ammanettati ognuno ad un lampione diverso ma in regolare successione. Troppo rischioso legarli tutti e tre insieme al medesimo, anche se sarebbe stato sicuramente più facile tenerli sotto controllo. Nonostante i pali di legno che sostenevano le luminarie dessero l’impressione di essere parecchio robusti, nonché piantati ben in profondità nel terreno, c’era sempre la possibilità che i ribaldi, unendo le loro loro forze, potessero riuscire a romperlo o a sradicarlo dalla sua sede.

Meglio andare sul sicuro e prendere le opportune precauzioni. Se quelli fossero riusciti a liberarsi, la persona preposta alla loro sorveglianza non sarebbe stata in grado di fronteggiarli. Non tutti e tre insieme almeno. Come poteva infatti UNA TRANQUILLA SIGNORA ALQUANTO IN LA’ CON GLI ANNI opporsi a due grossi predatori quali erano un leopardo ed un orso, spalleggiati da uno gnu altrettanto corpulento?

La persona in questione era infatti Jodie, la femmina di stambecco che era uscita in strada ad osservare la situazione, incuriosita e al contempo spaventata da tutto quel trambusto. E che adesso Nick stava pazientemente finendo di istruire sul da farsi. E sul funzionamento delle varie componenti di ciò che stava stringendo nella mano destra. Valeva a dire la sua pistola d’ordinanza.

“Allora, come può ben vedere questa é una SIDE ARMS BFG calibro nove punto zero” le disse, mostrandole l’arma. “Come può ben immaginare, viene fornita in dotazione alle forze di polizia. E di conseguenza, anche agli sceriffi e agli agenti di contea come il sottoscritto e la sua vice. Inutile aggiungere che é caricata a dardi. Sedativi, ovviamente. Basta uno di loro piazzato nel punto giusto ed il bersaglio si fa una dormita di almeno mezz’ora. Tenga però presente che la durata dell’effetto é alquanto relativa. Molto dipende dalla predisposizione del soggetto, nonché dalla reattività e dalla sua capacità di tolleranza al narcotico. E’ tutto chiaro, fin qui?”

Lei annuì, rimanendo in silenzio.

“Molto bene” proseguì lui, indicando un dispositivo situato alla sinistra del mirino posteriore. Era un pomello circolare dalla forma parecchio schiacciata e terminante, nella parte bassa, con una sorta di minuscola leva piuttosto allungata, al punto da ricordare una stanghetta, e posizionata in direzione obliqua. “Quella che le sto mostrando é la sicura. Si ricordi di toglierla, se si ritroverà a doverla utilizzare. Ma soprattutto, se non vuol far capire immediatamente a questi tre di aver a che fare con una dilettante alle prime armi.”

Detto questo, ruotò la levetta fino a farle assumere una posizione orizzontale, in linea con la canna.

“Così facendo la toglie, e la pistola é bella che pronta all’uso. Mi segue?”

“S – si, sceriffo.”

“Ook.”

Fece roteare di nuovo la levetta, rimettendola nella posizione originaria.

“Ed in questo modo la reinserisce. Facile, no?”

“C – credo di si, sceriffo.”

“Il caricatore é bello pieno. Ci sono ben quindici colpi. E mi raccomando: la tenga bene in alto e faccia molta attenzione a non spararsi in un piede. E non tocchi i dardi, una volta che li ha sparati. Potrebbe rischiare di ferirsi o pungersi, e finirebbe anche lei tra le braccia di Morfeo in men che non si dica.”

“G – grazie, sceriffo. Farò attenzione.”

“Mi posso fidare, allora?”

“F – farò del mio meglio, sceriffo.”

Essendo terminata la spiegazione e non essendoci altro di ulteriore da aggiungere, Nick le consegnò la pistola.

“Ecco a lei. Ne faccia buon uso. E solo se sarà strettamente necessario. Ma prima...”

“S – si?” Domandò lei, spalancando gli occhi.

“Mi faccia vedere se ha compreso bene il funzionamento della sicura. La sblocchi e poi la blocchi di nuovo.”

Jodie prese la levetta tra pollice ed indice sinistri e la girò. Prima avanti e poi indietro. Aveva eseguito l’operazione come da manuale.

“Perfetto!” Esclamò la volpe, entusiasta. “Vedo che mi ha capito all’istante. Come immaginavo. C’é una vera intelligenza, che le brilla dietro a quegli occhi, lo dicevo io!!”

“Oh, non d – dica così, sceriffo...” si schermi lei. “i – in questo modo m – mi mette in imbarazzo...”

“Oh, no” replicò lui, mellifluo. “Se le faccio i complimenti, vuol dire che se li merita in pieno. E di solito sono di manica stretta a riguardo, mi creda! E ora tolga di nuovo la sicura.”

“C – come ha detto, m – mi scusi?”

“Ha capito benissimo. Levi la sicura. E poi, voglio che prenda la mira e che SPARI.”

“C – COSA?!”

“NICK!!”

Quest’ultimo rimbrotto arrivò dritto dritto dalla bocca di Maggie, evidentemente contrariata da quel che stava accadendo. E dal vedere il suo superiore che tirava in mezzo una civile in questioni di sicurezza e di ordine pubblico, che da che mondo e mondo riguardano solo ed esclusivamente i poliziotti. Per non parlare del fatto che le aveva consegnato in mano una loro pistola, carica e col colpo in canna.

“Ma si può sapere che diavolo ti sei messo in testa di...”

“Lasciami fare, vice – sceriffo Thompson.” la redarguì lui, facendole cenno di tacere. “E non ti intromettere, per favore.”

“Ma...”

“E’ UN ORDINE.”

“D’accordo.” rispose lei.

Constatando di aver ottenuto la sua collaborazione, sebbene in maniera alquanto riluttante, Nick la lasciò momentaneamente perdere e si riconcentrò su Jodie.

“Dunque...dove eravamo rimasti?” le chiese, mentre si voltava verso di lei. “Ah, si...non le rimane altro che prender la mira e sparare.”

La femmina di stambecco obbedì prontamente e mise la pistola di fronte a lei, tenendola con entrambe le mani. Nonostante desse l’impressione di reggere un tizzone ardente, la presa appariva tutto sommato salda a sufficienza. Unico e non certo irrilevante inconveniente, era puntata contro IL MUSO DI NICK. Cosa che lui non mancò di farle notare.

“Ehm...possibilmente non addosso a me, Jodie.”

“E...e d – dove vuole c – che miri, sce – sceriffo?” Domandò lei fare con tono incerto ed esitante.

“Dove le pare, tranne che addosso al sottoscritto” le consigliò la volpe. “Ad esempio, quel lampione laggiù.”

“Q – quale?”

“Quello a cui ho ammanettato il leopardo. E ora provi, su. Mi faccia vedere come se la cava, coraggio.”

“D – d’accordo. I – io c – ci p – provo.”

Jodie sparò. Il proiettile fischiò ad un dito di distanza dalla fronte del grosso felino privo di sensi e si conficcò nella parte bassa del palo.

“Uhm...” fece Nick, squadrando la zona colpita.

“A – allora, sceriffo? C – come sono andata?” Chiese la massaia.

“Ottimo, direi!” Replicò lui l’istante successivo, con voce entusiasta. “ Lei ha un talento naturale, mia cara!!”
“Oh...non dica così, sceriffo...lei mi fa diventare rossa...”

“Dico sul serio. Con lei siamo in buone mani, glielo posso garantire!!”

“Ah – hem...”

Era di nuovo Maggie. Col suo tentativo di schiarirsi la voce gli stava comunicando che li aspettava un altro compito, all’orizzonte. Annunciato poco prima dalla telefonata di Tobey. E, molto probabilmente, voleva metterlo al corrente che iniziava ad averne piene le tasche, di quella sdolcinata pantomima.

“Oh...si, giusto.” fece lui. “Spiacente signora, ma il dovere ci chiama. Le lascio il comando delle operazioni qui in zona. In quanto a lei...tenga presente che non la voglio certo obbligare a rimanere qui in mezzo alla strada. Torni pure in casa e stia tranquilla. Dalla finestra del suo soggiorno ha una visuale pressoché perfetta. Sarà sufficiente che dia un’occhiata ogni tanto. Se quando si risvegliano cominciano a dare in escandescenze, dica loro di stare calmi. E se insistono o tentano di liberarsi, li narcotizza. Mi sono spiegato?”

“V – va bene, sceriffo.”

“Per ciò che riguarda il resto, non si deve preoccupare di nulla. Verremo a riprenderli non appena avremo finito. Mi raccomando, occhi bene aperti. Conto su di lei.”

“S – si fidi di me, sceriffo. E g – grazie.”

“Di nulla, signora.” concluse la volpe con una riverenza, e sfoderando il più accattivante dei suoi sorrisi. “E grazie a lei, piuttosto.”

“S – si figuri.” disse lei, ricambiando timidamente, ed accennando un gesto di saluto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nick si stava di nuovo incamminando in direzione del SUV, tallonato da Maggie e da Finnick.

“Dì un po” gli fece lei, alquanto perplessa. “Sei sicuro che sia stata la soluzione migliore? A me é sembrato un azzardo...”

“Uh? Di che parli?”

“Parlo della decisione di lasciare una massaia indifesa e sprovveduta a guardia di quei tre balordi. E’ stata una scelta saggia, secondo te? Ce la farà a tenerli a bada?”

“Fidati, Maggie. Se la caverà benone, vedrai. Tu sottovaluti le capacità difensive delle massaie, tesoro!!”

 

Tsk. Le capacità delle massaie. Ma per favore. Piuttosto é lui che sottovaluta le sue capacità di SEDUTTORE, rifletté tra sé la daina. Con quel paio di OCCHIONI VERDI che si ritrova non c’é nemmeno partita. Per tacere della sua bianca dentatura e di quella faccia da ATTIRASCHIAFFI che si ritrova. Gli basta fare la sua consueta espressione da GIGIONE che gli cascano tutte ai piedi.

 

Aveva notato che anche Jodie aveva gli occhi fissi sulla sua BELLA E FOLTA CODA, mentre si allontanavano. Ed ovviamente, ANCHE SU TUTTO CIO’ CHE LE STAVA ATTACCATO POCO PIU’ INDIETRO.

 

Continua di questo passo e farai un’autentica STRAGE DI CUORI da queste parti, BELLO.

 

Non le era certo sfuggita la cosa. E nemmeno quando era accaduta le scorse volte.

Si sentì strana.

Le parve di percepire una leggera fitta che dalla bocca dello stomaco le risaliva lungo tutto il suo petto per poi terminare in gola, fino ad esplodergli dentro.

Come se quel pensiero, IL SOLO PENSIERO, la facesse stare male.

Si, ma...quale pensiero?

Forse l’idea che Nick potesse risultare così ATTRAENTE agli occhi della popolazione femminile di Haunted Creek? E che riuscisse ad esercitare tutto questo fascino presso di loro?

O forse era…

O era piuttosto l’idea che QUALCUN’ALTRA si sentisse ATTRATTA da lui? Che potesse provare qualcosa nei suoi confronti?

Si, ma...qualcun’altra RISPETTO A CHI, PER LA MISERIA?

Forse a l…

Scosse la testa.

No. Non poteva essere.

Era forse GELOS…

Scosse di nuovo la testa, ancora più forte.

NO. NON POTEVA PROPRIO ESSERE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Arrivarono a destinazione in cinque minuti spaccati, e parcheggiarono poco distante dal locale. Giusto per evitare che qualcuno da dentro si accorgesse del loro arrivo. L’ EFFETTO SORPRESA ERA TUTTO, in tali circostanze. Era determinante per il successo di un RAID.

“Ok, ripassiamo il piano” annunciò Nick mentre scendeva dalla volante, insieme agli altri due. “Tu Finn, entri con me.”

“JAWOHL!!” Esclamò il piccoletto, mettendosi sull’attenti e posizionando Betsie sulla spalla destra come una carabina, con la mano destra sotto il bordo dell’impugnatura ed il palmo della sinistra appoggiato poco più sopra. “AGLI ORDINI, MEIN F...”

“Piantala.” lo interruppe bruscamente l’amico. “Niente scemenze, adesso. Tu, Maggie...”

Spostò lo sguardo su di lei un attimo prima di terminare la frase.

“...Te ne rimani di RETROGUARDIA, ci siamo intesi?”

La daina lo fissò, sbalordita.

“Io...CHE COSA?! COME SAREBBE A DIRE CHE RIMANGO DI RETROGUARDIA?!” Gridò.

“Abbassa la voce, per favore!” La ammonì lui. “Potrebbero sentirci!”

“Come sarebbe a dire che rimango di retroguardia?” Ripeté lei, diminuendo il volume. “Scordatelo! Non se ne parla neanche!!”

“Ed invece é proprio quello che farai. E’ un compito IMPORTANTISSIMO, credimi. Ci coprirai le spalle. Potrebbe arrivare altra marmaglia di Carrington in men che non si dica. A quella gente le risse e la gazzarra fanno lo stesso effetto del miele sulle mosche.”

“BRAV’NDUVNAT!!” Esclamò Finnick, al suo fianco. “Puoi dirlo forte. COMO EL MIEL POR LAS MOSCAS. O meglio ancora, LA M...”

“Il miele va benissimo, Finn.” precisò Nick. “Come stavo dicendo...i rinforzi potrebbero giungere da un momento all’altro. E casomai dovessero arrivare, tu gli sbarrerai il passo.”

“E’ totalmente fuori discussione!” Contestò la vice. “Io non...”

“Maggie!” La zittì lui. “Ti rammento che sono lo SCERIFFO, qui. Nonché il tuo superiore. Vuoi forse mettere in discussione i miei ORDINI?”

“Mi sembrava di essere stata abbastanza chiara, prima. Ti ho già detto che non vi sono venuta dietro per starmene in disparte. Voglio venire con voi, chiaro?”

“Anch’io pensavo di essere stato abbastanza chiaro in proposito, non molto tempo fa.”

“C – come?”

“Te lo ricordi, quel che ti ho detto il primo giorno che ci siamo incontrati?”

“I – io...”

“Eppure é semplice. IO ORDINO, TU ESEGUI. Tutto qui. Nient’altro. Ma se si applica, funziona a dovere.”

“Ma Nick, ascolta...”

“In questo momento sono lo SCERIFFO WILDE, per te. Allora...farai quel che ti ho chiesto, AGENTE THOMPSON?”

Erano una constatazione ed una richiesta che non davano addito alla minima replica. Come ebbe modo di capire la daina, che si adeguò di conseguenza. Seppur a malincuore.

“Sissignore. Agli ordini.”

“Non preoccuparti” aggiunse la volpe, poggiandole una mano sulla spalla mentre si allontanava piano. “Se io e Finn avremo bisogno ti faremo un fischio, ok?”

“Ok” rispose lei, con tono rassegnato ed emettendo un leggero sbuffo. “E va bene.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“ME DESCULPE PER PRIMA, socio. Mi é venuta spontanea, de puro istinto. Ma ammetterai anche tu que, a dirla tutta, existe un’altra sostanza organica que attrae le mosche quanto e più del REGURGITO DE APE...” puntualizzò Finnick sghignazzando mentre si avvicinavano all’ingresso, uno al fianco dell’altro.

“Lo so benissimo, Finn” commentò Nick. “Solo...non mi pareva il caso di scendere obbligatoriamente nei dettagli.”

“Y comunque...remani siempre el solito SENSIBILONE, socio. Como con la tua ex – collega...como con la CONEJITA, vero? Non sia mai che a NOCCIOLINA le possa capitare qualcosa de BRUTTO – BRUTTO – BRUTTO, vero? Caaro il mio vecchio cuore generoso. Fai tanto il duro ma di fronte ad una femmina solo all’apparenza DOCILE ED INDIFESA te sciogli como la MANTEQUILLA DE VEGETAL. Como el burro vegetale. Anzi, peggio.”

“Guarda che Maggie NON E’ INDIFESA. Men che meno docile.”

“I KNOW. Lo so, lo so. Lo vedo coi miei occhi que es BELLA TOSTA. E HA CARATTERE. Me recuerda proprio qualcuna...ma non so chi...”

“Fiiinn...lasciamo perdere, ok?”

“Così come so che l’hai tenuta fuori dal marasma PER PROTEGGERLA, dico bene o dico giusto? Ma si, que dico bene...sei siempre el solito CAVALIERE SIN MACCHIA Y SIN PAURA, pronto ad accorrere ogni qualvolta ce sia una dama EN PELIGRO, in pericolo...lascia que te lo dica SINCIERAMENTE, DAL PROFONDO DE LA MI ALMA, socio...a ti LA PICCOLA JUJU t’ha proprio rovinato...”

“Lo sai che NON DEVI CHIAMARLA A QUEL MODO. Te lo avrò ripetuto migliaia di volte!”

“Sissì, proprio così...a te la DOLCE, PICCOLA JUDE THE DUDE ti ha preso, te ha infilato una delle sue menuscole ditine in bocca e un’altra non te sto a specificare dove, poi così messo te ha adagiato sopra ad un bello spiedo e te ha fatto rosolare a fuoco lento. SEI BELLO CHE COTTO, AMIGO!!”

“E non chiamarla nemmeno così!! Lo sai che mi dà fastidio!!”

“Y como accidente la devo LLAMAR, allora? Forse CAR...”

“NO!!”

“Ops...scusa, non volevo. Dimmelo tu, che nome devo darle.”

“IL SUO NOME, per favore. Anzi, già che ci sei...NON CHIAMARLA E BASTA.”

“QUE PASA? LA BARRA DELLA RAGE TI STA SALENDO? MUY BIEN! GUT!! Ma guarda che non é con me que te la devi prendere, socio. Se proprio la devi scaricare su qualcuno...sfogala su quei pendagli da forca là dentro, CLARO?!”

Ed indicò l’uscio della birreria.

“Ok” fece Nick. “E a proposito...tu, piuttosto? Che mi dici?”

“Que te dico de que?” Domandò il fennec.

“Ti sei scrollato la ruggine di dosso, finalmente? Ti avviso che occorreranno colpo d’occhio, mente aguzza, rapidità, prontezza di riflessi non ché...un’insana voglia di menare le mani, mio caro.” esplicò la volpe. “Ti senti pronto?”

“PFUI!! SE ME SIENTO PRONTO? IO? NO, AMIGO...TU ME STAI CHIEDENDO SE IL QUI MEDESIMO SE SIENTE PRONTO? LISTEN TO ME, ESE. ESCUCHAME. EL SOTTOSCRITTO, PER TUA INFORMAZIONE Y CRONACA, E’ N...”

“Non lo dire.”

“Oh si, que te lo dico. Ce puoi scommettere, PAL.”

“Lascia perdere, Finn. Meglio che non la finisci, la frase.”

“Oh si que la finisco, invece. Io...”

“Non dirlo, ho detto.”

“...SONO NATO PRONTO.”

“L’hai detto.”

“L’ho detto, socio. AND NOW?”

Dall’interno del locale, intanto, provenivano schiamazzi e urla inframezzate da rumore di sedie spaccate e boccali e bottiglie infrante a terra o sulla mobilia. O, peggio ancora, ADDOSSO A QUALCUNO.

“Sai, Finn...io sarò rimasto un SENSIBILONE, proprio come dici” precisò la volpe. “Ma tu, in compenso, sei rimasto LA SOLITA CAROGNA FETENTE DI SEMPRE.”

“Già. Es como dici te, socio. Del resto...CHI ME CAMBIA ORAMAI, AD UNO COMO MI? Y comunque...segui el mio consiglio. Si te devi sfogare, fallo con chiunque te capiterà a tiro una vuelta varcata la soglia. SHOW ME YOUR ANGER, HERMANITO!! IT’S TIME TO BUUURRRPPP!!”

Dall’entusiasmo gli era partito un sonoro e roboante rutto.

“Ahr, Ahr!! Ehm...chiedo venia.” si corresse, ridendo. “Volevo dire...IT’S TIME TO BUUURST!!

Erano di fronte alle doppie porte a spinta dell’entrata, inconfondibili con le loro vetrate centrali cadauna racchiuse da un cerchio di ferro intarsiato di bulloni esagonali lungo tutta la loro circonferenza, che ricordavano tanto due oblò di una nave perfettamente allineati e simmetrici.

“Prego, dopo di te.” disse Finnick mentre spingeva con la spalla dopo essersi adagiato su quella di destra, eseguendo al contempo un leggero inchino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo spettacolo che li accolse, una volta entrati, era a dir poco impressionante.

Pareva di assistere dal vivo ad una di quelle ROYAL RUMBLE che venivano propinate ad intervalli regolari durante le trasmissioni dedicate al Wrestling. MOLTIPLICATA PER VENTI.

L’insieme era talmente caotico che era praticamente impossibile riuscire a soffermare lo sguardo sulla stessa scazzottata per più di un istante. Scazzottata che però, al pari di tutte le altre che si stavano verificando lì dentro, non rimaneva uguale a sé stessa che per pochi attimi. Ad ogni secondo subentrava un nuovo elemento di disturbo, un capovolgimento di fronte, o un ribaltamento improvviso della situazione. Sembrava una di quelle liti furibonde da film comico: talmente variopinta, sfaccettata, forsennata ed al contempo sgangherata da apparire quasi come una coreografia ad opera di una compagine di autori, con tanto di copione per le mosse, gli attacchi e le cadute.

Un elefante tentava di strangolare un leone tenendogli la testa sottobraccio ed avvolgendogli la proboscide attorno al collo, con quest’ultimo che annaspava goffamente con entrambe le braccia alla ricerca di un qualunque appiglio nel disperato tentativo di liberarsi. L’istante successivo una seggiola lanciata da un montone colpì il pachiderma alla base del collo, facendolo stramazzare a terra. Non appena si ritrovò libero dalla morsa, il felino ebbe la bella pensata di ringraziare il suo inaspettato benefattore assalendolo a sua volta: gli si lanciò addosso e finirono entrambi a rotolare sul pavimento. Poco distante, un grizzly sollevò di peso un giaguaro e lo gettò dietro al bancone. Tobey lo evitò per puro miracolo, rifugiandosi istintivamente sotto di esso non appena lo vide piombare nella sua direzione in un tuffo carpiato totalmente involontario.

Il grizzly portò entrambe le braccia verso l’alto in segno di esultanza, ma non fece in tempo a congratularsi con sé stesso per l’eccellente prova balistica che un altro ovino, questa volta un bighorn, lo incornò in pieno ventre dopo una breve carica, facendolo piegare in due.

Alla loro sinistra due lontre erano intente a risalire lungo il collo e la schiena di una giraffa, inframezzando l’arrampicata con violenti pestoni dati in simultanea. La vittima di quella loro tutt’altro che pacifica scalata si divincolava come se fosse posseduta, cercando di afferrare la coppia di indesiderati ospiti nel tentativo di levarseli di dosso, come se una miriade di fastidiosissimi pidocchi avesse invaso all’improvviso ogni centimetro del suo manto e del suo corpo iniziando a morderli a sangue e senza alcuna pietà.

A concludere l’allegro quadretto c’erano un paio di lupi che si stavano azzuffando. Un rinoceronte si mise in mezzo, forse per volerli dividere. O forse per pestarli entrambi. In mezzo a tutta quella confusione non era ben chiaro. Fatto sta che i due litiganti non gradirono affatto l’intrusione e si scagliarono addosso al terzo incomodo con l’intenzione di punirlo per aver inopportunamente interrotto, e proprio sul vivo, una così gran bella rissa. LA LORO.

Chiunque non fosse coinvolto nella gigantesca colluttazione si trovava tutt’intorno ad incitare e ad incitare i due contendenti con lazzi, urla e tirando addosso ai contendenti qualunque cosa avesse sottomano o gli capitasse tra le zampe.

Era davvero un sottosopra da non potersi descrivere.

Unico comune denominatore di tutta quell’accozzaglia era il fatto che nessuno tra loro si era ancora accorto dell’entrata in scena dei due nuovi arrivati, che ancora stazionavano nei pressi dell’ingresso in preda ad un lieve e sommesso disappunto.

Nick e Finn parevano i FRONTMAMMALS di un complesso che, dopo aver fatto il loro debutto sul palco davanti ad un pubblico gremito con due piroette, alzavano lo sguardo aspettandosi un’ovazione ed invece scoprivano, loro malgrado, che la folla li stava fissando in perfetto silenzio e con sguardo interrogativo.

Era fastidioso. OLTREMODO FASTIDIOSO.

“Beh...non mi sembra che abbiamo fatto questo GRAN ESORDIO, noi due...” osservò la volpe con una punta di sarcasmo, adocchiando il suo compare. “...A dirla tutta, mi aspettavo tutto un altro tipo di accoglienza. Tu che ne dici, vecchio mio?”

“REALLY?! MO’ DDAI?!” Replicò con fare ironico quest’ultimo. “Da que cosa lo avresti capito, scusa? Meno male che c’eri tu, socio. Da solo non ce sarei mai arrivato. Mi chiedo come potrei fare sienza de te, certe volte...”

“Piantala. Stavo solo pensando che, forse, dovremmo provare ad attirare la loro attenzione, in qualche modo...”

“Vediamo de tagliarla corta, socio. Que me sto già rompendo i cosiddetti de stare qui ad aspettare senza far nulla. ME SOY ESTUFADO, CLARO?! Qualunque cosa tu abbia en mente, vedi de muoverti. E meglio que te sbrighi, e alla svelta, prima que me passi completamente l’estro y la voglia. Lo spirito combattivo es COMO UN’ONDA POR EL SURFISTA, hombre. Va cavalcata al momento giusto, altrimenti es inutile. Se perdi l’attimo...RIEN A’ FAIRE. Non c’é più nientee...da faareeee...”

L’ultima frase si era messo persino a canticchiarla come la strofa di una canzone. Ma aveva reso più che bene l’idea. D’altra parte...il buon Finnick era fatto così. Dotato di un’energia a dir poco dirompente ma che, una volta sprigionata, tendeva a fluire in tutte le direzioni senza alcun controllo, e ad esaurirsi in un batter d’occhio. Ma che soprattutto era mutevole come le nuvole di cui parlava prima. Se perdeva d’interesse in una cosa, diventava inservibile.

Non vi era dunque tempo da perdere, nonostante il buon senso suggerisse di attendere che quel branco di buzzurri finissero di pestarsi tra loro fino a frollarsi completamente, per poi procedere ad arrestarli. Era la soluzione senz’altro più semplice e sicura, ma di lì a poco non sarebbero rimaste in piedi nemmeno le olive in salamoia da usare per stuzzichini o per guarnire i cocktails, sempre ammesso che Tobey fosse capace di prepararli e non si limitasse solo a riempire, stappare, versare e servire.

Già. Proprio Tobey. Forse avrebbe potuto risultare determinante, una volta tanto. Si poteva tentare di affibbiargli il ruolo del PROTAGONISTA, in quest’occasione. O quantomeno, del PUNTO DI SVOLTA.

Prese lo smartphone ed iniziò a far scorrere i numeri. Aveva già provveduto a memorizzare qualche recapito telefonico della gente del luogo, per qualunque tipo di evenienza. Possedeva quelli di Laureen, di Maggie, di Nancy...e anche dello stralunato barista. Gli poteva servire all’occorrenza per rintracciare Finn, quando questi risultava irreperibile per un qualsivoglia motivo. O quando non aveva voglia di farsi una scarpinata fin da quelle parti per contattarlo.

Trovò quel che cercava e premette il polpastrello del pollice sullo schermo tattile.

Seguirono una serie di squilli, poi…

“Ehi, pronto amico...qui é la segreteria del telefono del Sunken Hope Saloon. Risponde il proprietario, che poi sarei io...al momento non siamo disponibili e non possiamo rispondere. Lasciate per favore il vostro nome e il vostro numero, per cortesia, e vi richiamerò senz’altro il più in fretta...anzi, il più presto possibile. Ok, amic...”

“Tobey!! Piantala di fare l’idiota!” Esclamò. “Sono lo sceriffo Wilde!!”

“Oh, amic...ehm, cioé, volevo dire...sceriffo! Mi scusi se non l’ho riconosciuta subito, ma qui mi trovo in una situazione un po' delicata. Qui tra poco questi mi radono al suolo tutto quanto, garantito! Ma piuttosto tu dove ti trovi di bello, amic...ehm, cioé, volevo dire...lei dove si trova di bello, sceriff...”

“Me ne sono accorto, Tobey. Si dà il caso che ci sia anch’io, qui dentro.”

“Mi fa piacere, amic...cioé, volevo dire, sceriffo. Eeh, ma io non ti vedo, amic...ehm, cioé, volevo dir...”

“Lascia perdere. Se alzi lo sguardo per un solo attimo mi vedrai. Mi trovo qui insieme a Finnick.”

Il cavallo obbedì e la sua testa fece capolino. La mano destra era appiccicata all’orecchio corrispondente insieme al telefonino che teneva racchiuso al suo interno, mentre l’altra…

Era da non credere. Era alzata e sventolante in un gesto di saluto. Quell’emerito babbeo lo stava salutando come se non gli importasse un fico di tutto quello che gli stava accadendo attorno. Come se non stesse vedendo ASSOLUTAMENTE NULLA.

“Tobey!!” Urlò di nuovo Nick. “Riparati subito prima che ti arrivi qualcosa in testa, dannazione!!”

La pioggia di bottiglie e bicchieri vuoti si era fatta più fitta ed insistente nella zona adibita al rifornimento beveraggi, in effetti.

“O...ok, amic...ehm, cioé, volevo dire sceriffo.”

A quel punto, come se avesse realizzato al volo la pessima situazione in cui si trovava, la sua testa si rituffò di colpo dietro la sua improvvisata trincea.

“Ora sono al sicuro, amic...cioé, volevo dire sceriff...” disse.

“Ok. Sei riuscito a vedermi, comunque?”

“S – si, amic...cioé, volev...”

“Rimani in linea.” lo zittì la volpe.

Detto questo abbassò leggermente il telefono, in modo che le scemenze del barista non potessero interferire con i suoi pensieri, e cominciò a guardare tra i ripiani alle spalle della postazione, con calma. Ed infine, tra la bottiglia di gin e quella dello sherry, trovò qualcosa che forse poteva risultare utile.

Riportò l’apparecchio a lato del muso.

“Tobey, ci sei ancora?”

“Io, amico? Ehm, cioé...”

“Si, proprio tu. E chi altri, se no? Altrimenti, perché ti avrei chiamato per nome?”

“Eh, si. Credo che hai proprio ragione, amic...ehm, cioé volevo dire sc...”

“Taci e ascoltami, piuttosto. Hai presente la PALLA DA BASEBALL che si trova sullo scaffale dietro di te?”

“La pall...ah! Ma certo che ce l’ho presente, amic...ehm, cioé, volevo dire sceriffo. Pensi che fa parte della collezione privata di TODD MCFURLANE!! Pensi che me la sono aggiudicata ad un’asta su AMAZZONIA per soli DUECENTO DOLLARI!! Un vero affare, amic...ehm, cioé, volevo dire sceriffo!!” Affermò con la voce entusiasta di chi aveva appena scoperto dentro ad una delle proprie tasche un biglietto vincente della lotteria nazionale.

Nick sospirò.

Fantastico. TODD MCFURLANE. Una delle massime dimostrazioni viventi di ciò che accade quando arrivano troppi soldi, troppa fama, troppo successo, TROPPO TUTTO in una volta sola. Accade che si finisce col perdere letteralmente la testa. E di iniziare a fare delle cose completamente assurde, visto che si hanno talmente tanti quattrini che non si sa come scialacquarli. Tipo spendere tutta quanta la propria fortuna guadagnata grazie al proprio (se pur discutibile) talento per acquistare robe assurde come le palle da baseball dei record, con tanto di autografo eseguito da parte di chi l’aveva effettuato. Per poi scoprire, una volta abbattuto il record in questione (cosa peraltro ovvia, del resto. I record sportivi sono fatti per essere superati, presto o tardi), i tanto decantati trofei firmati di proprio pugno dai realizzatori non valevano più un soldo bucato. Ma per quanto possa istupidire la celebrità improvvisa, non bisogna mai sottovalutare la divina provvidenza. C’é sempre qualcuno più cretino di te disposto a pagare il tuo ciarpame a peso d’oro, pur di metterci le mani sopra. Tipo TOBEY, per l’appunto.

“Grande.” si limitò a dire. “Ora voglio che tu faccia una cosa per me.”

“E che cosa devo fare di bello, amic...ehm, cioé, volev...”

“Prendila.” Gli ordinò Nick.

Il barista si rialzò di nuovo e di scatto, la afferrò e si rintanò all’istante.

“Ce...ce l’ho fatta, amic...ehm, cioé...”

“Ottimo. E adesso stami a sentire. E stammi a sentire bene. Al mio tre LA DEVI LANCIARE NELLA MIA DIREZIONE, VERSO FINNICK. Intesi?” Gli intimò a voce alta, in modo da farsi sentire anche dal suo compare.

“Credi di farcela, a ribatterla?” Chiese poi a quest’ultimo, rivolgendosi verso di lui.

“SEGURO, socio.” rispose il fennec, mettendosi a fare una serie di swings a vuoto con Betsie, agitandola avanti ed indietro. “GIVE ME A SECOND, PLEASE. Dame solo un momiento por riscaldarme.”

“Ok. Piuttosto...quale vuoi colpire per primo?”

“CERONTE RINO.”

Nick fece tanto d’occhi.

“...Eh?”

“Me riferivo a EL RINOCERONTE, socio. Meglio iniziare a mettere fuori gioco quello più corazzato. Hai presente quando se gioca a STRATEGO, quel vecchio JUEGO DE SOCIEDAD? La cosa MAS IMPORTANTE, en principio, é de impedire all’avversario de poter disporre le mine. Se lo stendo EL PARTIDO, la partita, inizia SENZA MINE PER NOI, e...OKIE DOKIE, socio. SOY PRONTO.”

La volpe riportò il proprio orecchio al ricevitore.

“Preparati, Tobey. AL MIO TRE, come ti ho detto poco fa. Uno, due...E TRE.”

Il cavallo si sporse e lanciò la palla verso Finnick. Lui portò Betsie dietro le sue spalle stringendola ben bene con entrambe le mani, strizzando la parte bassa neanche fosse il collo di qualche povero diavolo da torcere e roteando il busto in senso orario, preparandosi a colpire.

“SO...BA...YA!!” Urlò, con quanto fiato aveva in gola.

La centrò in pieno, facendola partire come un proiettile. Dopo un breve volo in perfetta linea retta e parallela al pavimento, la palla impattò sulla mandibola destra del rinoceronte, facendolo stramazzare al suolo con uno schianto fragoroso. Il boccale da cinque litri che reggeva gli cadde di mano e si frantumò non appena toccò terra, spargendo birra giallo paglierino tutt’intorno, insieme ad una bella sfilza di pre – molari.

Gli astanti si voltarono in simultanea e nella direzione da cui era giunto l’attacco, con un’espressione giusto a metà tra l’incredulo ed il contrariato. Ma chi poteva aver osato tanto?

Era consuetudine per tutti quanti pensare che essere sotto contratto da Carrington garantisse loro un ampio margine di impunità, se non addirittura la totale libertà d’azione. Si poteva quindi ben immaginare il loro sconcerto. Per un attimo, temettero un’irruzione in forze da parte della polizia. Reparti speciali magari, visti i metodi alquanto spicci.

Grande quindi fu la loro sorpresa, quando scoprirono che le cose non stavano affatto così.

E cioé quando videro solo due volpi, una grande ed una piccola, che li fissavano beffardi. Il nanerottolo, in particolare, picchiettava la propria mazza di baseball ai suoi piedi, con ritmo cadenzato.

“Ma che...” disse uno bei balordi. Un leone. Non quello che si stava picchiando con l’elefante fino a poco prima, a voler essere precisi.

Il piccolo battitore in miniatura, per tutta risposta, alzò l’arma e se la portò al muso. Poi la leccò con fare eccitato per tutta la sua lunghezza, lasciando una striscia uniforme di saliva viscida e trasparente mischiata a bollicine e schiuma bianca.

“GUERRIEEERIIIIII...” smiagolò. “...GIOCHIAMO A FARE LA GUEERRAAAAA?!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Sono lo sceriffo Wilde.” annunciò Nick, muovendo un paio di passi verso di loro. “E vi dichiaro in arresto per ubriachezza molesta, rissa, atti di vandalismo, danneggiamento di proprietà privata e disturbo della pubblica quiete.”

A quella dichiarazione, molti tra quelli scoppiarono a ridere.

“E...come pensi di arrestarci, sceriffo?” Domandò la giraffa. “Se non ci hai fatto caso...siamo in venti, e quasi tutti più grandi e grossi di voi due scocciatori. Meglio che alzate i tacchi. Tu ed il PUPAZZETTO A MOLLA che ti trascini appresso, se non volete finire male!”

“Già” lo spalleggiò uno dei lupi. “Carino, IL BAMBOLOTTO...se gli schiaccio la pancia SI METTE AD AGITARE LE ZAMPETTE, PER CASO?! AH, AH, AH!!”

“Dici bene, amico” intervenne l’altro lupo. “Oppure GLI FUORIESCE L’ARIA DAL DIDIETRO. Chissà...magari GLI E’ MARCITA L’IMBOTTITURA! AH, AH ,AH!!”

“Non potevi esordire in modo peggiore per cambiare aria a quel forno che te ritrovi al posto delle tue fauci, TESORO. Così me rendi le cose ancora più facili.” replicò secco Finnick. Le sue mani, ancora strette attorno a Betsie, gli stavano prudendo da matti. Al punto che gli avevano preso persino a formicolare. E la sua pronta risposta lasciò secco il simpaticone, che smise immediatamente di ghignare. Evidentemente, non se l’aspettava.

“Ho delle armi, con me” aggiunse Nick. “Ma non intendo usarle, se ve ne starete buoni e deciderete di collaborare.”

“Di che accidente di armi parli, RAZZA DI IMBECILLE?” Sbraitò l’elefante. “Ho visto la tua fondina. E’ VUOTA, se non te ne sei accorto!!”

E giù altre risate. Di nuovo.

Nick alzò entrambe le braccia, le piegò ad angolo retto e le piazzò ad altezza e a difesa del muso, in posizione di guardia.

“Non mi riferivo alla pistola. Mi stavo riferendo A QUESTE.”

Vide poi qualcuno avanzare verso di lui, dalla parte destra. Era uno sciacallo.

Il tipo lo afferrò per il colletto della camicia, prima che potesse fare qualunque cosa.

“MA SENTITE QUESTO!!” Urlò poi, furibondo. “LO SAI CHE ADESSO TI CAVO LA PELLICCIA DI DOSSO E MI CI FACCIO UN TAPPETO PER LAVANDINI, BUONO A NIENTE D’UNA VOLPE SCHIFOSA E SUDICIA?! TI PIACE IL MIO PROGRAMMA? EH?!”

Finnick non si trattenne più. Ne aveva davvero abbastanza.

“Stà pronto, socio. Te lo piazzo all’altezza giusta.” gli sussurrò all’orecchio, passandogli a fianco.

Sembrò quasi scivolare in avanti mentre colpiva con la sua mazza l’interno di una delle ginocchia dello sciacallo, che crollò in avanti emettendo un sonoro guaito.

Prima che potesse terminare la sua caduta, Nick lo finì con un destro in pieno viso buttandolo due metri più avanti, supino e con le braccia entrambe distese.

Si voltò verso il resto della combriccola, che nel frattempo aveva smesso di sghignazzare. C’era da scommetterci. Ma le sorprese non erano ancora terminate.

“E ora, sotto a chi tocca.” disse, semplicemente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si lanciò verso di loro. Uno dei due lupi gli tirò addosso un bicchiere, che evitò prontamente abbassandosi. Ridusse quindi la distanza lanciando due rapidi affondi di sinistro, che l’avversario parò goffamente. Poco male, visto che avevano come unico scopo quello di fargli perdere l’equilibrio. E così accadde. l’improvvisato lanciatore di bicchieri a tradimento commise l’errore di sbilanciarsi leggermente verso di lui, nel tentativo di anticipare i successivi colpi.

 

Te la sta offrendo su un piatto d’argento, Rosso.

Sai quel che devi fare.

 

Nick gli andò ancora più sotto e lo beccò d’incontro alla milza con un montante corto di destro. Poi piegò leggermente le gambe e con una poderosa spinta verso l’alto doppiò il colpo, mirando questa volta alla punta del mento, che per l’impatto schizzò all’indietro come una molla impazzita. Completò infine l’opera con una larga sventola di sinistro sul naso. L’amico si fece ben tre giravolte su sé stesso, alla stregua di una trottola, prima di finire a baciare il tappeto.

Si fece avanti l’elefante di prima, per nulla impressionato da quel knock – out.

“Complimenti, LADRONE.” lo sbeffeggiò. “Davvero impressionante. Ma vediamo ora come te la cavi con un PESO MASSIMO.”

Gli altri ripresero a sbellicarsi, incoraggiati da quella situazione. Nick, invece, si mise istintivamente sulla difensiva arretrando leggermente.

“Sei solo UNA PULCE, al mio confronto.” sentenziò il bestione. “Ti potrei schiacciare senza nemmeno accorgermene.”

Procedeva con fare deciso, e pareva molto tronfio e sicuro di sé. Un’arroganza che gli derivava senza dubbio dalla conclamata differenza di stazza fisica tra loro due.

Brutto affare, accidenti. Un gran brutto affare. E non solo per le ragguardevoli dimensioni dell’avversario. C’era anche il fatto che non era solo: un particolare secondario ma non certo irrilevante. Fosse stato un normale match uno contro uno avrebbe potuto iniziare a fiaccarlo lentamente per poi stenderlo quando la stanchezza avrebbe finito con l’avere il sopravvento, costringendolo a mostrare il fianco ai suoi attacchi. Ma affrontare un simile colosso e dover essere costretto a badare contemporaneamente anche agli altri, beh...la cosa costituiva certo un bel problema.

Fortunatamente, come un insperato aiuto dal cielo, una voce rude, spiccia ma amica gli giunse improvvisamente dalle retrovie.

“SOCIOOOO!! MANOVRA QUARANTADUE – BIS!!”

E all’improvviso, come se reagisse secondo uno schema ben collaudato, Nick voltò le spalle al pachiderma e tese le braccia. Poi unì le mani all’altezza dell’ombelico, come a voler formare un trampolino.

L’istante successivo Finnick spiccò un balzo a pié pari ed atterrò sopra di esse. Nick le sollevò verso l’alto e sopra la testa, lanciando il piccoletto oltre di essa.

Finnick, ancora a mezz’aria, portò la fida Betsie fin dietro la propria nuca e le proprie enormi orecchie e vibrò subito un terrificante colpo, centrando l’aggressore tra occhi e proboscide.

Era una strategia che in passato si era sempre rivelata ben studiata e sempre efficace. Soprattutto quando c’era da tagliare la corda per evitare una gragnuola di botte. Finn creava un diversivo sbattendo in faccia al malintenzionato di turno il primo oggetto contundente a portata di zampa mentre lui, nel frattempo, se la dava a gambe di gran carriera, imitato a distanza temporale di circa due o tre secondi dal suo compagno di bravate.

Ma quei tempi c’era una bella differenza, rispetto ad adesso. Il vecchio Butch non gli aveva ancora insegnato a combattere, e Carotina non l’aveva ancora addestrato alle due caratteristiche tipiche della sua specie, l’agilità estrema e la super – velocità.

Era giunto quindi il momento di apportare qualche piccola modifica al piano di fuga.

Nella fattispecie...BASTA FUGA.

Con uno scatto Nick si inerpicò lungo il corpo dell’elefante, mentre quest’ultimo precipitava rovinosamente di schiena. Risalì rapidamente lungo l’enorme torso mantenendo il busto leggermente inclinato in avanti, per abbassare notevolmente il baricentro per ottenere una maggiore stabilità, come se si trovasse alle prese con un sentierino di montagna stretto e scosceso.

Uno di quelli che attraversano da cima a fondo le montagne, percorrendone i fianchi come letti di fiumi ormai rinsecchiti e prosciugati.

Arrivato in cima al pachiderma compì un prodigioso saltò e superò l’enorme cranio, caricando il proprio pugno destro in modo da sferrarlo al primo bersaglio disponibile.

 

Ricorda, Rosso.

Una delle tecniche più efficaci é quella che io chiamo IL PUGNO IMPROVVISO.

I pugni che fanno più male sono quelli che NON VEDI ARRIVARE.

Se ti ritrovi accerchiato, mira sempre al più forte. Saltagli addosso e colpiscilo senza preavviso, di puro istinto, senza nemmeno guardarlo in faccia. Non fargli capire le tue intenzioni.

SE NON LO VEDE, NON PUO’ DIFENDERSI.

IL PUGNO IMPROVVISO, ROSSO.

Tienilo bene a mente quando sarai accerchiato dai nemici. Se non hai via di uscita, CREATELA PER CONTO TUO.

Quando i tuoi avversari sono in superiorità numerica, cosa c’é di meglio di un bell’ATTACCO A SORPRESA? E ricordati sempre di iniziare DAL PIU’ GROSSO E POTENTE. Così ti sbarazzerai del pericolo più grande e quelli rimasti in piedi perderanno coraggio.

ROMPI L’ASSEDIO, ROSSO.

 

Se non ricordava male alle spalle dell’elefante c’era...un LEONE, per l’appunto. Quello che stava cercando di strozzare. E non solo. Era anche il capo – operaio che l’aveva preso ad insulti il primo giorno che aveva messo piede alla cartiera, minacciandolo e dandogli del PIDOCCHIO.

Lo aveva capito nel beve istante in cui i loro occhi si erano incrociati. Così come aveva capito che se avesse potuto tornare indietro, in quel preciso momento...avrebbe tanto voluto NON DIRGLIELO, a giudicare dall’espressione terrorizzata del suo sguardo.

 

Troppo tardi, Pensò. Spiacente, amico. Al male detto e fatto non c’é mai rimedio. QUASI MAI, almeno. E comunque...NON IN QUEST’OCCASIONE.

 

Le nocche di indice e medio impattarono sullo zigomo sinistro del corpulento felino, che finì a nanna seduta stante.

Bene, bene, bene. Obiettivo pienamente raggiunto, a quanto sembrava. Nick lo poteva leggere negli sguardi smarriti di quelli che ancora rimanevano. Glielo si vedeva nel fondo delle pupille.

 

Non é vero.

Siamo ubriachi persi, ecco la verità.

Non può essere reale.

E’ solo una misera, insignificante VOLPE.

COME PUO’ RIUSCIRCI?

Ogni volta che becca uno di noi, LO BUTTA GIU’.

MA COME FA?

 

Carotina avrebbe potuto dare una lezione a tutti quanti, lì dentro. Anzi, a ben pensarci...la stava già dando. TRAMITE LUI.

 

Non conta la specie di appartenenza, gente.

OGNUNO PUO’ ESSERE CIO’ CHE VUOLE.

Non ve lo ha mai detto nessuno?

Male.

MOLTO, MOLTO MALE, ragazzi.

 

Purtroppo la dimostrazione non aveva funzionato con tutti, come ebbe modo di constatare di lì a poco con un certo rammarico.

Non fece quasi in tempo a posare le zampe a terra e a congratularsi con sé stesso per il vantaggio psicologico appena conseguito, che una saetta gli esplose di colpo alla base del collo. Una dolorosissima saetta che da quel punto si estese nelle tempie e da lì fino alla fronte, avvolgendoli in un soffocante abbraccio.

Un liquido leggermente viscoso prese a colargli lungo il dorso. Ed il rumore e la successiva pioggia di cocci, presumibilmente di vetro infranto, gli fecero intuire che qualcuno doveva avergli spaccato una bottiglia sulla testa. Una bottiglia di birra. E da quattro soldi per giunta, a giudicare dall’odore vagamente dolciastro che sentì propagasi tutt’intorno mentre finiva carponi.

 

Non devo svenire, non devo svenire, non devo ASSOLUTAMENTE svenire, si ripeté mentalmente premendo forte una mano contro la zona colpita ed iniziando a massaggiarla, digrignando i denti nel tentativo di contrastare le fitte che diventavano sempre più lancinanti ad ogni secondo.

Alzò gli occhi e vide sopra di lui una tigre del bengala, che ghignava in maniera trionfante. In mano stava reggendo ciò che rimaneva della bottiglia, terminante in un bordo tagliente e dalle punte acuminate.

“Tranquillo, sbirro.” disse, con voce compiaciuta. “Tra poco ti do il resto, così finisci di soffrire. Che ne dici se questa te la infilo NELLE TRIPPE?”

Doveva togliersi di lì. A qualunque costo. Ma era ancora parecchio stordito. Si muoveva e vedeva ogni cosa come al rallentatore.

“Ah, ah!! Facciamo così, MOLLUSCO!!” Aggiunse l’altro, in tono di scherno. “Mentre tu stai lì a pensarci, facciamo che decido io per te! Penso che te la pianterò DIRETTAMENTE NELLA ZUCCA, FIN DENTRO AL CERVELLO!!”

E fece proprio quel che aveva appena annunciato, quel pazzoide. Cambiò l’impugnatura ed alzò la bottiglia rotta verso l’alto, con la chiara intenzione di dargli il colpo di grazia.

La volpe sentì un urlo. Doveva essere Finnick che gli intimava di levarsi di lì.

“NICK!! SCANSATE, HOLY SHIT!! TOGLITE DE TORNO, MALDICION!!”

Appunto.

Ma non riusciva ad eseguire l’ordine. Né ad impartirlo al proprio corpo. Ma se non escogitava qualcosa, era davvero perduto.

Ma il tanto temuto colpo finale non arrivò. All’improvviso, vide il polso della tigre roteare in senso antiorario e piegarsi bruscamente all’indietro. E poi, per effetto della torsione, vide il resto del suo corpo assecondare il movimento dell’articolazione ed accasciarsi verso il basso, per cercare di ridurre la spaventosa pressione subita dal braccio. Il tutto con la tigre che stava letteralmente ruggendo per il dolore.

Ma chi...

Nick guardò alle spalle del felino ormai ridotto all’impotenza, per scoprire il volto del misterioso salvatore, e...quasi non ci volle credere.

ERA MAGGIE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da non credere. ERA PROPRIO MAGGIE.

La daina gli stava tenendo fermo il braccio ritorto con la mano destra, mentre l’altra era poggiata sulla spalla, vicino al collo, e spingeva all’ingiù per costringerlo a rimanere immobilizzato.

“Questa é meglio che la dai a me, RAZZA DI DELINQUENTE” gli disse lei. “Prima che qualcuno si faccia male. O prima che io TI SPEZZI QUALCOSA.”

Diede poi un’ulteriore stretta ed il moncherino di bottiglia cadde a terra, frantumandosi come il resto che poco prima aveva ghermito la volpe tra capo e schiena, accompagnato da un nuovo ed acuto lamento.

“Stai bene, Nick?” Gli domandò.

“S -si.” bofonchiò lui. “D – dammi due secondi.”

“Vedi di ottimizzarli, i tuoi due secondi” gli raccomandò. “Non abbiamo tutto questo tempo, purtroppo.”

Detto questo fece un mezzo passo indietro ed un mezzo giro verso destra, strattonandolo e tirandolo nella sua direzione, facendolo finire a quattro zampe proprio come aveva fatto con lo sceriffo. A quel punto mollò la presa e, un attimo prima che la tigre potesse rimettersi in piedi alzò e piegò la gamba destra portando il ginocchio all’altezza del petto. Poi sferrò un calcio frontale, emettendo un urlo terrificante.

“KYAAAAHHH!!”

Il calcio raggiunse il suo avversario in pieno sterno facendolo finire contro ad un tavolo, che si ribaltò insieme a lui.

“Ma...ma che...” balbettò Nick, stupito.

“Conosci il KYOKUSHINKAI, comandante?” Gli chiese Maggie, notando la sua sorpresa.

“Di vista.” rispose quest’ultimo. “Diciamo che ne ho sentito parlare.”

“Bene. Te l’ho appena presentato.”

Il giaguaro che era finito in volo dietro al bancone tornò in scena giusto in tempo per beccarsi un colpo col dorso del pugno in piena faccia, per poi buttarsi a terra tenendosi il volto con entrambe le mani. A quel punto le si fece sotto il montone, che le sferrò un pugno a sua volta. Maggie lo parò e lo deviò allo stesso tempo con l’avambraccio sinistro, per poi colpirlo al plesso solare con un diretto di destro potente e preciso, facendolo accartocciare e mettendolo definitivamente fuori combattimento.

Il bighorn corse in aiuto del suo compare e simile, caricandola a testa bassa nel tentativo di incornarla.

La vice lo stordì con un un colpo a traiettoria discendente in mezzo alla fronte, effettuato con il taglio esterno dello zoccolo. Fece quindi un passo in avanti e in obliquo, incrociando le gambe e roteando vorticosamente su sé stessa, e sferrò un altro calcio diretto, questa volta all’indietro, buttandolo contro il muro più vicino.

Curioso. Davvero curioso. Prima due felini tra i più feroci ed ora due ovini. Che strana coincidenza. Era proprio vero che i cretini viaggiano sempre in coppia, dunque. Come quel paio di organi maschili a forma di sferette adibiti alla riproduzione.

“POR TODOS LOS DIABLOS!!”

Nick si sentì dare di gomito. Era Finnick, e sembrava che se la stesse godendo un modo, a giudicare da come ghignava.

“AHR, AHR, AHR!! HAI VISTO QUE ROBA, SOCIO?! Ma tu guarda un po’! Lo avresti mai detto? Giocavamo en squadra nientemeno que con la figlia de JEAN -CLAUDE, e nemmeno lo sapevamo!! AHR, AHR, AHR!! Certo que es un vero spettacolo, QUELLA PUPA...meglio de un film! Me mancano giusto i NACHOS CON EN POQUITO DE SALSA GUACAMOLE DE CONTORNO!!”

“Già...” replico lui, facendo spallucce. “...Hai visto mai, nella vita?”

“Tienila d’occhio, piuttosto. E stalle vicino. Fà in modo che non le accada nulla, ok?” Aggiunse, con un bisbiglio sommesso.

“Conta pure su de me, NICKY DEL MI CORAZON.” rispose il fennec poco prima di gettarsi all’assalto su di un gruppetto lì vicino.

Era uno spettacolo pazzesco, da vedere. Pareva danzare. Passò sotto alle gambe del grizzly, azzoppandolo con due colpi di mazza ben assestati su entrambe le rotule, poi si arrampicò sull’enorme schiena e lo neutralizzò con una bella botta in testa. Da lì, con una botta di reni, fece un balzo mortale in rovesciata evitando la giraffa antagonista delle due lontre, che intanto era giunta a dare manforte. Quest’ ultima cozzò violentemente contro il plantigrado. Approfittando del fatto che era ancora mezza rimbambita dall’urto e mentre si trovava ancora in volo, Finnick ruotò Betsie con un rapido movimento in avanti e a mezzaluna, facendo schiantare la sua fida ed inanimata compagna di tante battaglie alla base dell’encefalo, proprio nella porzione in cui la testa del mammifero si connetteva al suo lunghissimo collo.

Sembrava già più che sistemata, ma ritenne opportuno assestargli un altro paio di colpi non appena toccò terra. Per buona misura.

Si voltò e vide i due mustelidi che gli stavano balzando addosso. E pensare che fino ad un attimo prima si stavano azzuffando. Evidentemente, a fronte di un nemico comune, era scattata tra loro un’improvvisa e subitanea alleanza e avevano finito col seppellire la famosa ascia, almeno per qualche minuto. Miracoli delle risse.

Finnick ignorò la novità e le respinse al mittente colpendole in simultanea, tracciando nell’aria un’OTTO in posizione sdraiata. O il simbolo DELL’INFINITO, a seconda di come lo si poteva e voleva interpretare.

Alla fine della performance, si concesse persino un attimo di pausa. Poggiò la mazza sulla spalla destra e si guardò attorno lanciando occhiatacce di sfida ai superstiti, ed incitandoli ad aggredirlo muovendo le dita della mano rimasta libera verso di sé.

“Allora, CHICOS?! Que avete perso LA BALDANZA, per caso? Baaah...al diavolo, non siete buoni nemmeno como allenamento.”

Davvero incredibile. Persino Maggie si era bloccata e lo stava fissando, sbalordita ed ammirata al tempo stesso.

Se lei era la figlia di JEAN – CLAUDE, come aveva udito poco prima...allora colui che aveva di fronte doveva essere UN MAESTRO JEDI IN INCOGNITO, come minimo.

Guardo poi Nick, che nel frattempo si era rialzato, come a volere spiegazioni. Anzi...LE PRETENDEVA.

“Che ti avevo detto?” Disse lui imperturbabile, capendo al volo l’espressione disegnata sul suo muso. “Dovevi vederlo in azione, per poterci credere.”

Le si affiancò.

“Piuttosto...” le bisbigliò all’orecchio, facendoglielo lievemente tremolare. “Lo sai che non amo ripetermi. Ti avevo detto di STARNE FUORI, a quanto mi risulta.”

“E io ti avevo detto che non sono venuta dietro a te e a quello SQUINTERNATO DEL TUO COMPARE per fare da spettatrice, a quanto mi risulta.” rispose lei. “E neanche alla sottoscritta piace ripetersi, per tua informazione.”

“Stà pur sicura che NON FINISCE QUI, vice – sceriffo. Ne riparleremo.”

“Mph. Quando e come vuoi, CAPO.”

“Non ora, comunque. E non qui. Abbiamo da fare.”

“Concordo.”

Nick emise un fischio a denti stretti.

“FIIIUUUU!! FINN! QUI, BELLO!!”

Il piccoletto li raggiunse al volo.

“AVENGERS...UNITI!!” Proclamò, non appena il terzetto fu ricomposto.

“Ops...” si corresse l’istante successivo. “Forse dovevi dirlo tu, socio. Di solito nei film lo dice CAPTAIN AM...”

“Non fa nulla” intervenne la volpe. “Allora...strategia. Tu, Maggie...continua come hai fatto fino ad ora. E non distrarti.”

“Ricevuto.”

“In quanto a te, Finn...SPACCA, VECCHIO MIO. E’ TUTTO.”

“Ce puoi scommettere, socio.” lo rassicurò l’altro. “Ero uscito a farme un GIRO IN GIRO por prendere un po' de gente A CALCI NELLE CHIAPPE e por comperare un pacchetto de gomme da masticare. E si dà el caso que...HO APPENA FINITO LE GOMME.”

“Ah, e per la cronaca...” lò informò la vice. “...Mio padre si chiamava HARRY. Tienilo bene a mente. Così, giusto per precisare.”

“I’M SORRY, CHICA” replicò prontamente lui. “TRANQUILA que adesso me lo segno seduta stante. SEGURO.”

Partirono all’unisono, agendo in sincrono ed affiatati come un unico elemento, e più che pronti a terminare il lavoro lì dentro. Maggie si ributtò nella mischia per prima, seguita a ruota da Nick.

Un sorriso compiaciuto gli comparve all’angolo della bocca, mentre si gettava all’attacco, insieme a lei.

Magnifico.

Era davvero magnifico.

 

Io copro lei e lei copre me, pensò. E tutti e due copriamo Finn che a sua volta copre noi.

Fantastico, ragazzi.

NON POSSIAMO PERDERE.

 

Era strabiliante. Avevano un gioco di squadra pressoché perfetto. La volpe schivava e distribuiva cazzotti che era una meraviglia, la daina mulinava i piedi come una furia ed il fennec...lui e Betsie erano come una coppia di amanti che si erano ritrovati dopo tempo immemore, ma che mai si erano veramente dimenticati. E che, non appena si erano rivisti, si erano lanciati al ritmo di un ballo folle, frenetico e sensuale, abbattendo chiunque trovassero sul loro percorso. CHIUNQUE NON AVESSE INDOSSO LA STESSA DIVISA DEI SUOI DUE COMPAGNI ED AMICI.

Già. Non potevano proprio perdere.

Anzi...NON POTEVANO PROPRIO NON VINCERE.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!

Chiedo veramente SCUSA, a tutti quanti.

PIU’ DI UN MESE DI RITARDO.

Questa volta credo di aver battuto tutti i record.

E’ che tra l’altra mia long ancora in corso (quella su Rocky Joe, tanto per intenderci. Cje comunque, sta per giungere alle battute finali. Così tornerò ad occuparmi a tempo pieno di questa, nel frattempo che mi viene in mente qualcos’altro), e la one – shot che ho pubblicato di recente su Judy e Nick, l’avevo messa in un angolo. Ma ora, siamo pronti a ricominciare.

E dopo la parentesi di languida e dolce tenerezza di FELLOWS, si torna all’azione.

Vale a dire BOTTE, BOTTE ED ANCORA BOTTE. FINO A NON POTERNE PIU’.

Ma non é ancora finita: i fuochi d’artificio me li sono tenuti per la prossima (ed ultima, almeno per quest’episodio) parte.

Proseguiamo poi con una piccola divagazione: che cos’é il KYOKUSHINKAI di cui parla la nostra bella vice?

Si tratta di uno stile di KARATE, la rinomata arte marziale giapponese.

Esistono molteplici stili di questa disciplina: prima di tutti lo SHOTOKAN, che é ancor oggi il più diffuso e praticato (anche qui da noi).

Tra gli altri cito il WADO -RYU, il GOJU – RYU, il SHITO -RYU, lo UECHI – RYU...e il KYOKUSHINKAI (che tradotto suonerebbe come ULTIMA VERITA’ o VERITA’ SUPREMA).

Questo stile é rinomato per i suoi allenamenti molto duri e intensi. Lo scopo é sottoporsi ad un rigido addestramento per portare al limite le proprie capacità psico – fisiche. Inoltre, viene posta molta attenzione al combattimento. Nel KYOKUSHINKAI é lecito colpire in qualunque parte del corpo (anche se in gara i colpi di pugno e mano al viso sono vietati. E’ possibile colpire solo con i calci). Inoltre, a differenza degli altri stili di Karate, sono consentiti i colpi alle gambe con le tibie con una tecnica di calcio che ricorda molto i LOW – KICKS, i famosi (e temuti) calci circolari bassi tipici della MUAY THAI, la Boxe thailandese.

Una parte dell’allenamento é dedicata anche all’indurimento delle proprie armi naturali, mediante LE TECNICHE DI ROTTURA (si, proprio quegli esercizi che avete visto nei film, dove i praticanti spaccano oggetti come tavole di legno con il taglio della mano).

E’ una disciplina molto dura. Pensate che, tra i test a cui vengono sottoposte le cinture nere di grado più elevato vi sono LA PROVA DEI CINQUANTA E DEI CENTO (!!) COMBATTIMENTI, dove bisogna affrontare rispettivamente CINQUANTA e CENTO avversari uno dopo l’altro, nello stesso giorno.

Prove estreme a parte (che comunque non sono certo alla portata di tutti), si tratta di uno stile molto efficace per ciò che concerne gli sport da combattimento. Non a caso molti atleti di Arti Marziali Miste (UFC, tanto per intenderci) lo incorporano nei loro allenamenti.

Nel K – 1, la disciplina che incorpora tutti gli sport da contatto basati sui colpi (quello che qui in Italia conosciamo anche come OKTAGON), é uno degli stili più validi ed utilizzati, insieme alla Kick – Boxing ed alla già citata Muay Thai.

Viene praticato anche qui nel nostro paese anche se non é così diffuso, rispetto ad altri stili.

E dove lo ha imparato Maggie, di grazia? Tranquilli, presto si scoprirà.

L’ANGOLO DELLA COLONNA SONORA: dal momento in cui Nick e Finn mettono piede nel locale in poi, vi consiglio uno a scelta tra questi tre brani (o provateli tutti e tre, meglio ancora. Non sapevo proprio scegliere):

 

- READY STEADY GO di Paul Oakenfold, in particolare la versione usata come soundtrack nel film COLLATERAL di Michael Mann (altro capolavoro di questo regista, con un Tom Cruise CATTIVISSIMO E BASTARDO come non lo si é mai più visto);

 

- P – MACHINERY dei Propaganda;

 

- BATTLE WITHOUT HONOR OR HUMANITY di Tomoyasu Hotei, altra colonna sonora tratta da KILL BILL VOL. 1.

 

Prima di concludere, ringrazio di cuore Plando, EnZo89, Sir Joseph Conrard (ho visto l’aggiornamento, ma non l’ho ancora letto. Te la recensirò quanto prima!), Lord_Fener (bentornato!!), Devilangel476, cormorant e Bloody_Mary_25 per le recensioni a FELLOWS.

Sono felice che la storia sia piaciuta così tanto. Ultimamente ho GROSSE difficoltà a dare vita a storie brevi ed autoconclusive, e vedere un simile risultato...beh, si sa mai che possa servire a sbloccarmi, una buona volta.

E ringrazio (di nuovo) EnZo89, Devilangel476 e Freez shad per le recensioni ai vecchi capitoli della mia long.

Grazie ancora tutti e...alla prossima!

 

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

   
 
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