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Autore: Veratsuki    09/02/2018    2 recensioni
Dopo la sconfitta di Utsuro, Edo è completamente da rimettere in piedi, così come i protagonisti della storia. Curioso come l'ospedale abbia deciso di curare nella stessa stanza i più incalliti fumatori: Hijikata, Tsukuyo e Takasugi.
(coppie presenti: Gintoki/Tsukuyo, Gintoki/Hijikata, Gintoki/Takasugi)
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Gintoki Sakata, Takasugi Shinsuke, Toushiro Hijikata, Tsukuyo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“Tanto per cominciare, Otae è una zoccola.”
“Ohi ohi, non offendere!”
“…Da quando difendi Otae?”
“…Io difendo le zoccole.”
Hijikata soffocò una risata. Aveva imparato che i movimenti troppo bruschi del petto non andavano propriamente d’accordo con le fratture alle costole, quindi si ripromise di evitare di servire certe battute su un piatto d’argento e prese un relativamente bel respiro per calmarsi.
“Hai ragione.” Ammise. “Dimenticavo che è il tuo lavoro.”
Tsukuyo si limitò a rispondere con un vago cenno della mano, sufficiente comunque a far tintinnare il tubo della flebo contro l’asta a cui era assicurato. Il debole ticchettare della plastica contro il metallo fu l’unico suono che riempì la stanza negli attimi successivi, accompagnato solo dal rumore ritmico dei macchinari medici.
Le stanze di degenza miste non rappresentavano una prassi comune nell’epoca Edo (o al suo termine, che risaliva a circa cinquanta ore prima), ma con la città completamente devastata il vice comandante della Shinsengumi e il leader delle Hyakka non potevano lamentarsi della balzana scelta operata dai medici di sbattere tra le stesse quattro pareti loro due e l’altro tra gli eroi della guerra che soffriva a loro pari di una irriducibile forma di tabagismo.
Ma Takasugi era in coma, quindi le conversazioni nelle lunghissime ore di ricovero si erano ridotte a un dialogo dapprima imbarazzato, ma via via sempre più rilassato tra i due.
Scoprirono presto di avere molte cose in comune, tra cui un character design estremamente azzeccato e un passato tormentato da morti sangue distruzione psicofisica e traumi psicologici.
E una persona.
“Comunque, di lei non devi preoccuparti. Non mi pare che lui abbia mai mostrato il benché minimo interessi nei suoi confronti.”
Tsukuyo sbuffò, desiderando di poter riavere indietro il suo kiseru, i kunai, l’uso della mano destra e l’immunità penale non necessariamente in quest’ordine.
“La vuoi piantare di fare la comare? É imbarazzante.” Tagliò corto.
Ma Hijikata era un uomo, era un poliziotto ed era estremamente annoiato. Un mix letale che l’aveva trasformato nell’ultimate pettegola in cerca di qualsiasi tipo di traccia o indizio che potesse portare alla soluzione del caso intitolato provvisoriamente (e ben schematizzato usando un pennarello sulla cartella medica del capo del Kiheitai) L’idiota pesce lesso ricambierà i sentimenti del drunk terminator?
“Ohi. Dove hai imparato quel nome?” Gli aveva chiesto lei, minacciosa.
Quella volta Hijikata era stato salvato dall’arrivo dell’infermiera
 
*
La notte era limpida. Le nuvole, beate loro, erano scappate verso altri orizzonti. Forse avevano inseguito il tramonto, forse precedevano l’alba, forse semplicemente erano delle maledette bastarde che avevano lasciato la luna lì, da sola, a subirsi lo sproloquio da astinenza da tabacco di un uomo in evidente stato confusionale e ancor più palese bisogno di trovarsi una donna.
Tsukuyo si lasciò sfuggire un sospiro di pura frustrazione.
“Ti prego. Piantala. Lo so LO SO che mi avete sentita tutti, ok? Non c’è bisogno di aggiungere imbarazzo all’imbarazzo. Mi hai sentita tu, mi ha sentita Kyubei, mi ha sentita lui. Quindi non serve stare qui a sciorinare tutte le sue possibili pretendenti – tra cui, per inciso, quella più temibile SEI TU-. Se avesse avuto uno straccio di interesse nei miei confronti l’avrebbe detto, o sarebbe passato a trovarmi quindi ti prego. Ti. Prego. Lasciami sprofondare nella vergogna e per una buona volta TACI.”
Hijikata non fu contento di quella risposta.
“Non devi buttarti così a terra…” La esortò.
Tsukuyo gli lanciò un cuscino, che il poliziotto riuscì comunque a schivare.
Non lo schivò Takasugi. Il cuscino impattò contro la sua faccia con un sordo ponf. Ma era in coma, quindi non potè lamentarsi. Entrambi sperarono che non morisse soffocato, ma non avevano comunque intenzione di alzarsi per andare a liberarlo.
“Sono serio. Si vede lontano un chilometro che quel demente cambia letteralmente espressione quando ci sei tu nei paraggi.” Proseguì Hijikata. Tsukuyo si limitò a voltare il viso dall’altro lato.
“Sarebbe già qui.” Mugugnò.
“Probabilmente è insalamato come noi da qualche altra parte.” Osservò lui.
“No è il protagonista, cerotto in faccia e bende sul petto e via col finale del manga.” Insistette lei.
“Magari sta aspettando il momento adatto.” Propose lui.
“Magari ormai il momento adatto può metterselo nel cu-“
Qualcuno bussò.
L’inserviente entrò nella stanza. O meglio, un enorme mazzo di fiori entrò nella stanza, seguito dopo qualche minuto dall’inserviente che, affogando nelle foglie e nei petali, annunciò che c’era una consegna per uno di loro da parte di Gintoki Sakata.
Il sorriso di Hijikata urlava “te l’avevo detto”.
Il rossore sulle guance di Tsukuyo urlava “è questa una gioia?”.
Il biglietto allegato al mazzo di fiori recitava “Riprenditi presto, Shinsuke.”
 
   
 
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