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Autore: ValeS96    12/02/2018    2 recensioni
«Esatto. Faremo una telefonata. Userei gli altoparlanti, ma in questo caso credo che il telefono sia più… intimo. »
E se a dover fare la telefonata per l'esperimento di Eurus non fosse Sherlock, ma John?
[Johnlock]
[4x03]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Eurus Holmes, John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La stanza successiva era più stretta delle altre, ed era completamente vuota: le pareti erano grigie e spoglie come il pavimento. Solo alcune telecamere sul soffitto suggerivano che Eurus continuava a sorvegliarli.
Sherlock e John si guardarono perplessi, mentre Mycroft fissava un punto indefinito davanti a sé.
La voce della donna ruppe il silenzio.
« Adesso vi saranno gentilmente forniti due oggetti nel portello.»
Sherlock si avvicinò all’apertura.
« Telefoni.»
 «Esatto. Faremo una telefonata. Userei gli altoparlanti, ma in questo caso credo che il telefono sia più… intimo. »


* TIC TAC TIC TAC *


L’espressione di John era perplessa. Sherlock, invece, era molto serio.
« Da bravo, danne uno al tuo amichetto. »
« Cosa dobbiamo fare? »
« John dovrà telefonare a te. »
« Cosa? »
« Un altro piccolo esperimento, ma solo con voi due. Ah, a proposito: Mycroft, non avremo bisogno del tuo aiuto. Rimani in silenzio e goditi lo spettacolo. »
John iniziò seriamente a preoccuparsi. Quante volte aveva telefonato a Sherlock in tutto quel tempo? Perché non farli semplicemente parlare faccia a faccia?
« Registrerò questa chiamata e la invierò ai vostri amici: Greg, Molly, la signora Hudson, gli amici di John e Mary  eccetera eccetera eccetera. »
I due si rivolsero un’occhiata inquieta: il fatto che registrasse una telefonata e che la volesse diffondere, non presagiva nulla di buono.
« Dovrai ripetere ciò che dirò esattamente come le dirò, altrimenti ucciderò Sherlock. O Mycroft. O entrambi. Non mi interessa, in realtà. »
Mycroft gemette, Sherlock rimase impassibile.
Le mani di John avevano iniziato a tremare.


* TIC TAC TIC TAC *


« D’accordo, facciamo questa telefonata. » rispose risoluto.
« Finalmente! Per favore, sii convincente. Dunque iniziamo! Tre.. Due... »
« E se io non rispondessi? »  interruppe Sherlock.
« Devi fare solo una cosa, Sherlock. Rispondi al tuo piccolo giocattolino, oppure lo butterò via. E non sto parlando del telefono. »
Inaspettatamente, il detective si rivolse a John e mimò con le labbra: “Guardami”.
Lui annuì impercettibilmente.
Si schiarì la gola.

* telefono che squilla *

Ci furono alcuni secondi di immobilità, come se il tempo si fosse fermato, come se si stessero preparando a una tempesta senza sapere cosa avrebbe portato.
Sherlock guardò lo schermo, fece un sospiro e fissò i suoi occhi in quelli di John.
Poi rispose.

* bip *

« Pronto? »
« Bene, ora ripeti: Ciao Sherlock, ti sto chiamando per dirti una cosa molto importante. »
« Ciao Sherlock, ti sto chiamando per dirti una cosa molto importante. » la sua voce appariva piuttosto calma. Cercava di ricordare tutte le loro telefonate in passato, quando tutto andava bene.

… Tranne quella volta…


 


« Pronto? »
« John. »
« Ehi Sherlock, tutto bene? »
«Voltati e torna da dove sei venuto. »
« Sto arrivando. »
« Fa’ come ti sto dicendo. Per favore… »




« Ho aspettato troppo a lungo, è arrivato il momento di dirtelo. »
« Ho aspettato troppo a lungo, è arrivato il momento di dirtelo. »
« Ho sposato Mary solo per farti ingelosire. Non volevo sposarmi. »
John abbassò il telefono e coprì il microfono.
« No… Non dirò una cosa simile. »
« John, ricorda i patti. Ripeti, o ciao ciao Sherlock. »
Sospirò, riavvicinando il telefono alla bocca.
« Ho sposato Mary solo per farti ingelosire. Non volevo sposarmi. »




 
« Ok, guarda in alto. Sono sul tetto.
Io non posso scendere quindi noi dovremo proseguire in questo modo. »




« E, a dire il vero, sono contento che sia morta. »
Una fitta allo stomaco.
Gli occhi di John si inumidirono. Sherlock stava stringendo i denti, chiaramente infuriato, ma non interruppe il loro contatto visivo.
Contrasse tutti i muscoli che aveva. Sentiva il sangue pulsare nelle vene e il viso in fiamme.
« E… a dire il vero… sono… contento che sia… morta. »
« Scusa, puoi ripetere? Non ho sentito bene l’ultima parte. »
« Sono… contento che sia morta. »




 
«Ti devo delle scuse. È tutto vero.»
« Cosa? »
« Tutto ciò che hanno detto su di me. »
 



John implorò l’amico con gli occhi che ponesse fine a tutto questo.
« E sai perché? »
« E sai perché? »
Le orecchie fischiavano.
« Perché non l’amavo. »
« Perché non… non… l’amavo. »
Gemette.
« Era solo una copertura. »
« Era solo… una copertura…»


 


« Perché dici così? »
« Sono un impostore. »
« Sherlock…»

« Voglio che tu lo dica a Lestrade.
Voglio che tu lo dica alla Signora Hudson e a Molly.
Devi dirlo a chiunque voglia ascoltarti.»

 



Un altro gemito.
« Per apparire normale agli occhi di tutti. »
« Per apparire normale agli occhi di tutti. »
Non riusciva a respirare. Voleva solo che la smettesse, che smettesse di torturarlo.
Sherlock non smise per un attimo di fissarlo, ma anche lui stava visibilmente cedendo.
« Perché conosciamo entrambi la verità, vero? » 
« Perché conosciamo entrambi la verità, vero? »
« Io ti amo, Sherlock. »


 


« Tieni gli occhi fissi su di me.
Fallo, te lo chiedo per favore. »

« Fare cosa? »
«Questa chiamata è... è il mio biglietto...
E’ così che le persone fanno, no? Lasciano un biglietto... »




John non riuscì più a sopportare lo sguardo dell’amico.
Chiuse gli occhi. Le braccia gli caddero lungo i fianchi, il telefono lontano dalla sua bocca.
Dalle labbra gli uscì un “Non posso” quasi muto, ma urlato nella testa, nelle viscere, nelle ossa, nel sangue che ancora ribolliva.
Rabbia. Delusione. Dolore. Rassegnazione. Condanna.
« John. Dillo. Altrimenti sparo. »
Non c’era altro modo.




« Lasciano un biglietto... quando? »




* TIC TAC TIC TAC *


« Tre…»
Alzò lo sguardo.
« Due…»
Guardò nuovamente Sherlock dritto negli occhi: adesso era lui ad avere un’espressione implorante dipinta in volto.
« Uno…»



« Addio John. »
« SHERLOCK! »
 



« Ti amo. »
La voce uscì strozzata. Una piccola lacrima rigò la guancia di Sherlock.
John si appoggiò con la faccia al muro.
Eurus li guardava estasiata nella telecamera.
« Ben fatto! Ovviamente, non intendo condividere questa bellissima dichiarazione con nessuno. La terrò per me. E’ così dolce! »
John non riusciva a muoversi e faticava a respirare. Stava immobile, con una mano sul viso e l’altra chiusa in un pugno sulla parete gelida. Le lacrime gli rigavano ancora il volto e cadevano sul pavimento.
Calò un silenzio denso, spezzato solo dai gemiti che risuonavano.
Nulla si mosse per un tempo indefinito, come se tutto fosse sospeso.

« Abbiamo finito? »
« Certo Sherlock! Ti sei divertito? »
« Andiamo avanti e chiudiamo questa farsa. »
« No no no Sherlock, non è una farsa. E’ la vita.
Prossima stanza!»




*TIC TAC TIC TAC *


  
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