Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: bibliophile310    12/02/2018    1 recensioni
Alexa è la tipica ragazza responsabile e studiosa, con un'amica soltanto, la pazza Violet. Le due sono un pò prese di mira dai giocatori della squadra di rugby. Quando un giorno, le due amiche sono stanche delle solite prese in giro, Violet organizza una finta festa per provare a mettere fine a queste loro sofferenze, e inaspettatamente il capitano della squadra di rugby, Jarrett, che si dice essere diverso dai suoi compagni di squadra, inizia ad interessarsi ad Alexa. Ma Jarrett sarà veramente diverso o è uguale a tutti gli altri?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Ciao a tutti, sono nuova qui :) e questa è la prima volta che pubblico qualcosa. Se ricevo recensioni positive continuerò a pubblicare un capitolo ogni lunedì. Spero vi possa piacere. Fatemi sapere! :)

«Forza, alzati pigrona. È ora di andare a scuola.» mi dice in tono scherzoso mio fratello Colin.
«Arrivo, arrivo.» dico io guardando la radiosveglia sul comodino. Le 7:15, tra quarantacinque minuti inizia un altro giorno di scuola. E con questo sono quarantadue giorni che mancano alle vacanze estive.
Non mi è mai piaciuto andare a scuola, non tanto per lo studio, perché io adoro studiare e imparare cose nuove. È l’ambiente che detesto, mi disgusta. Aule piene di adolescenti che si credono chissà chi, che si danno troppe arie, che fumano, che si permettono di insultare altri studenti, che si sentono fieri per aver saltato la scuola o per aver preso quattro in un compito in classe. Io non voglio far parte di questa generazione, io sono la tipica ragazza studiosa, e sono fiera di esserlo.
Mi alzo dal letto andando verso l’armadio, pensando a cosa indossare oggi. Opto per una gonna color beige che mi arriva appena sopra le ginocchia e una camicetta color panna, che mi è stata regalata dai miei nonni materni il Natale scorso.
Quando esco dalla mia stanza per andare in bagno, sento i miei genitori dalla cucina, al piano di sotto, che ridacchiano e si divertono per una battuta fatta da Colin.
Ho sempre avuto un buon rapporto con loro, li ho sempre ammirati per ciò che sono, per quello che sono diventati. Sono entrambi sulla quarantina, ma il loro rapporto non fa che migliorare ogni giorno, sono molto innamorati l’uno dell’altra. Ascoltando quelle risate, che ormai sono diminuite, mi dirigo in bagno per pettinare i miei lunghi capelli color miele, pensando che forse dovrei accorciarli un po’, almeno fin sotto il petto. Mi metto un po’ di ombretto beige, dello stesso colore della gonna; mi piace abbinare le cose. E finisco con il mascara sulle ciglia. Sono soddisfatta del trucco di questa mattina, mi fa risaltare gli occhi azzurri; una volta mia nonna mi disse che tutte le volte che mi guarda si perde nel mio sguardo, perché i miei occhi sono color del mare.
Dal piano di sotto sento mia madre che mi chiama.
«Alexa, sbrigati prima che tuo fratello finisca tutte le omelette!»
«Arrivo mamma, ho quasi finito. Colin, avanzamene almeno una!»
Mi metto il mio profumo preferito, che sa di rose, e scendo le scale di corsa, prima che mio fratello mi finisca anche l’ultima omelette. Mi siedo a tavola, bevo un sorso di latte e finalmente mangio la mia omelette ancora calda.
«Allora» dice mio padre «volete un passaggio a scuola o andate a piedi anche oggi?»
«Dai papà, lo sai che ci piace fare quattro passi. Non è tanto lontana la scuola. E poi Alexa deve passare a prendere Violet.»
Violet è la mia migliore amica (nonché unica amica) sin dai tempi dell’asilo e vive in una casa poco distante dalla nostra. I suoi genitori sono divorziati, ma hanno comunque un buon rapporto tra di loro e si frequentano ancora.
«Io lo chiedo sempre. Non si sa mai.»
«Quando avremo bisogno di un passaggio te lo chiederemo.» dico io a mio padre sorridendogli e portando la tazza della colazione nel lavandino.
Tutte le mattine, nostro padre, anche se conosce già la risposta, ci fa la stessa domanda. Lavora come bibliotecario nella nostra stessa scuola, alla High School of Texas, per questo ce lo chiede. All’inizio accettavamo sempre i suoi passaggi, e andavamo a prendere anche Violet; mio padre adora quella ragazza, dice che è un misto di euforia e gioia. Ma Colin dopo un po’ mi disse di nascosto che non voleva farsi vedere dai suoi amici, che lo aspettavano sempre all’entrata della scuola, con il padre, lo considerava imbarazzante. Mia madre invece fa la psicologa e riceve i suoi pazienti a casa nostra; per questo se la prende con comodo tutte le mattine, anche se io e papà le abbiamo ripetuto più volte che ha a che fare con persone che non sono tanto “normali di testa”, come le abbiamo definite scherzando una sera, e che non dovrebbe fidarsi a lasciarli entrare in casa.
Salgo al piano di sopra per lavarmi i denti e mettermi il giubbotto; intanto che aspetto Colin, come ogni mattina, do da mangiare al nostro pappagallo e quando mio fratello è pronto mando un bacio ai miei genitori dalla porta e usciamo.
È già giorno, segno che fra poco comincerà l’estate, e non vedo l’ora.
«Forse dovresti dire a papà quello che hai detto a me. Riguardo all’imbarazzo.»
«Cosa? Stai scherzando?»
«No, dico davvero. Altrimenti ogni mattina continuerà a darci il tormento con questi benedetti passaggi.»
«Alexa, non ho la minima intenzione di dirglielo. Lo ferirei troppo!»
«Già, forse hai ragione. Non ci avevo pensato.»
Si limita a fare un cenno con il capo, intanto siamo arrivati alla casa di Violet. Suoniamo il campanello e la mia migliore amica viene giù di corsa e saluta il suo cagnolino Bobby, che è spaparanzato nel giardinetto di Violet. È un Golden Retriever, ha solo pochi mesi, tre o quattro. È un batuffolo tutto marroncino con qualche sfumatura più scura sul ventre e sulle zampette ancora piccole. Mi ricordo che quando mi disse la notizia che avrebbe avuto un cane, si è messa a piangere dall’emozione. Così il giorno dopo andammo a prenderlo insieme e ci giocammo tutto il giorno.
«Ciao ragazzi. Come va?».
«Bene, e tu?» rispondiamo io e Colin all’unisono.
«Bene bene. Anche se stamattina mi sono svegliata con i piedi al posto della testa, per un po’ non sapevo più dove mi trovavo.»
Ridiamo tutti insieme, mentre siamo diretti a scuola. Violet, come la definisce mio padre, è molto euforica, saprebbe tirare su di morale chiunque! Sa quando è il momento di scherzare, e quando è il momento di stare seri. Questa è una delle sue qualità che apprezzo di più.
Giunti a scuola, Colin ci lascia per andare dai suoi amici, mentre noi ci appartiamo in un angolo aspettando il suono della campanella.
«Certo che tuo fratello non può rimpiazzarci così, con quelli là. Questa me la lego di sicuro al dito!»
«Eddai, Violet! Non prendertela. E poi, da quando ti importa così tanto di mio fratello?»
«Eh? Beh, ecco…Beh, è un amico, tutto qui.»
«Sì, un amico eh? E come mai ultimamente gli stai sempre addosso? Come questa mattina per esempio…»
«Ma cosa stai insinuando? E poi non era cotto di quella dell’altra classe? Natalie? O come si chiama…»
«Natasha» la correggo io «E comunque non lo è più. Mi ha confessato che ormai ci ha rinunciato. Ha scoperto che è già impegnata. Povero Colin. Ma è successo ancora un mese fa; non sei aggiornata amica mia.»
«Ah. Allora aggiornami tu d’ora in poi. D’accordo?»
«Come vuoi.» Le rispondo ridendo, mi fa una pernacchia, tipico di lei.
La campanella suona. Io e Violet entriamo in classe, la prima ora abbiamo storia dell’arte. Il professor Monroe sta ritirando le relazioni su David, di Michelangelo. Come al solito, quattro studenti non hanno il compito, quindi il professore assegna loro un quattro provvisorio, a matita, che secondo il mio parere doveva essere a penna; non per essere cattiva, ma è soltanto una questione di giustizia e di rispetto verso gli altri studenti.
La mia classe poteva essere suddivisa in vari gruppi: i nerd secchioni, che stavano sempre appiccicati ai loro aggeggi elettronici, le BBP, acronimo di “Barbie Biondo Platino”, composto da Ashley, Bridget e Cassie, che passavano le ore a rifarsi il trucco davanti a mini specchietti portatili, il gruppetto di mio fratello, che almeno quello consideravo normale, io e Violet, considerate dagli altri due amiche strambe, e vittime di scherzi e insulti da parte dell’ultima categoria, i ragazzi della squadra di rugby, che si davano un sacco di arie e che tenevano sempre a portata di mano una palla da rugby.
In quest’ultima categoria c’era lui. Jarrett Stone. Lui era il capitano della squadra, ma era diverso dagli altri, anche se era il ragazzo più popolare che la High School of Texas avesse mai visto, non si comportava da sfacciato come gli altri ragazzi. Non si vantava di essere il più popolare e il più voluto. E non partecipava mai agli scherzetti che ci facevano sempre gli altri. Capelli neri come la pece, occhi di un misto tra color nocciola e verde in cui potevi perderti dentro per ore e ore, fisico tonico e sexy; insomma, il tipico fidanzato che tutte le ragazze vorrebbero. Tutte tranne me.
Io non ero mai stata innamorata davvero, se non considero quella volta che alle elementari mi presi una gran cotta per Tyler Gates, un ragazzo, anzi, all’epoca un bambino, che restò in Texas solo per pochi anni e poi si trasferì in California. Riuscì a parlargli solo una volta, in mensa, quando per sbaglio mi calpestò un piede e mi chiese scusa, allora io risposi: «Fa niente.» Fine della conversazione. E fine della mia vita amorosa.
Non voglio avere una relazione adesso, non che mi sia mai capitata l’occasione, ma non voglio innamorarmi, sapendo che tra meno di un anno prenderemo tutti strade diverse, per via del college.
Tutte le ragazze cadono ai piedi di Jarrett appena si accorgono che lui fa un cenno nella loro direzione. Peccato che a lui non interessi nessuna di loro; nessuna tranne Isabel, la sua ragazza. Isabel si trasferì in Texas l’anno scorso, e appena i due si videro, scoppiò subito la scintilla. Fatti l’uno per l’altra. Lui sexy e muscoloso, lei Barbie. Infatti Isabel ci mise poco meno di una settimana ad entrare a far parte delle BBP, ma poi le altre erano talmente gelose del fatto che lei fosse riuscita a conquistare il cuore di Jarrett, che dopo un giorno la cacciarono dal gruppo.
All’improvviso il telefono di Violet squilla e tutti si girano nella nostra direzione. Lei sussurra: «Merda.»
«Signorina Scott, sarebbe così gentile da spegnere il suo telefonino?»
«Si professore, scusi l’avevo dimenticato acceso.»
Monroe borbotta qualcosa, e si rimette a fare schemi alla lavagna; intanto da infondo alla classe si sentono commenti stupidi e Violet se ne accorge.
«Lascia perdere. Non ne vale la pena.» le dico io. Ma lei non risponde e inizia a scarabocchiare sul suo block notes. Poi me lo mostra:
 
È ora di agire. Non dobbiamo più farci mettere i piedi in testa da quelli.
 
Rispondo:
 
Qualunque cosa tu abbia in mente, non farlo.
 
E lei:
 
No, questo episodio è solo uno dei tanti. Adesso voglio fargliela pagare una volta per tutte.
 
E poi strappa via la pagina del block notes, segno che non vuole sentire altre obiezioni. Non sapevo bene cosa avesse in mente di fare, ma su una cosa aveva ragione. Queste cose dovevano finire una volta per tutte.
Per tutti gli anni io e Violet siamo state colpite dai loro giochetti e scherzi, ma ora era il momento di fare qualcosa.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: bibliophile310