Tu,
splendida creatura, sei rinchiusa nella torre più alta di un castello
abbandonato. Ricordi poco della tua vita, troppi buchi possiede la tua memoria.
Cosa ne è stato del mio passato?
Te lo sei
chiesta ogni giorno, piccola Alice, specialmente da quando nella tua vita è
comparso Oz. Cosa è stato a farti innamorare di lui? I suoi capelli? I suoi
occhi verdi? E quando, soprattutto, lo hai capito? Quando lo vedevi fare la
corte a tutte le ragazze che incontrava? Quando voleva sposare Sharon?
Scuoti la
testa, indispettita. I tuoi capelli neri, raccolti in due morbide trecce si
spostato di qua e di là, ondeggiando. Ti guardi intorno e noti che tutto è
sempre lo stesso: il carillon di tua madre suona ancora quella splendida
melodia con la quale ti addormentavi da bambina. Se solo ti sforzi un poco di
più riesci a sentire la voce di Lacie che canta per te, solo per te. Era il tuo
balsamo, la cosa che più di tutte ti faceva stare in pace con te stessa. Il
letto a baldacchino, vicino alla finestra, è inondato di luce. Puoi sentire il
calore del sole sul tuo corpo, puoi sentire l’aria primaverile che viene dalla
finestra. Fuori è primavera, piccola Alice, ma tu, perché sei in quella torre?
Per colpa sua.
Glielo
avevi fatto capire in tutti i modi, e stanca, glielo avevi detto in un momento
in cui non eri abbastanza lucida. Ti sentivi stanca, spossata, eppure dovevi
riuscire ad esternare quel sentimento che ti stava logorando da tanto, forse
troppo.
“Mi
piaci.”
Lo avevi
sussurrato, eppure lui l’aveva udito distintamente, vedendo come si irrigidiva,
e avevi pensato – lo pensi ancora – di aver fatto la cosa sbagliata. Senza dare
una motivazione sei scappata di nascosto, ti sei dileguata nell’ombra, piccolo
coniglio nero, fuggendo nella torre dove hai trovato frammenti della tua
memoria: il carillon di tua madre e una collana con un ciondolo appartenuta ad
essa: un opale. Non sei mai stata brava con i significati delle pietre, ma ti
piaceva e l’hai indossata.
“Alice!”
Vieni riportata
alla realtà, paralizzandoti sul posto. Riconosceresti quella voce fra mille,
quella voce tanto amata e tanto odiata.
“Alice, lo
so che sei lì! Scendi!”
“No!”
La
negazione ti uscì di getto, stupendoti da sola.
“Affacciati,
almeno!”
Mordendoti
un labbro, ti affacciasti alla finestra, vedendolo come un puntino lontano, ma
ben distinguibile. Potevi perfino riconoscere l’espressione del suo viso.
“Perché
sei qui, Oz?”
“Perché tu
sei la mia preziosissima Alice.”
Sbuffi a
quelle parole, ma non te ne vai via, rimani lì ad osservarlo.
“Eppure
non dicesti nulla quella volta.”
“Sono
stato sciocco, Alice. Avevo paura. L’amore per me non aveva senso, fino a
quando non mi sono innamorato di te. Faceva male abbracciarti, faceva male ogni
cosa con te. Eri come circondata di spine e avevo paura. E quando ti
abbracciai, nei miei pensieri, non provai dolore ma solo calore. Alice, sono
innamorato di te.”
Senti il
timbro della sua voce e sai che non stava mentendo, sai anche tu che dice la
verità. Senti il martellare del tuo cuore fin dentro le orecchie. Puoi sentire
le tue guance tingersi di un leggero rossore. Da quanto tempo avevi aspettato
tutto questo?
Ti volti
verso la stanza e vedi lo specchio di fronte a te, con la tua immagine
riflessa, eppure diversa da te: la tua gemella bianca. Ti sorride e ti invita a
scendere con un gesto della mano. Ti sprona ad essere felice con il vero
coniglio ed in quel momento ti viene da ridere, ricordandoti di come Alice
insegue ovunque il coniglio, proprio come tu hai fatto con Oz.
Lo capisci
in quel momento. Non riusciresti mai a scappare da lui, a stare lontana troppo
a lungo. Sorridi a tua volta e lasci cadere le catene dalla finestra,
scendendo. Senti l’aria che ti sfiora la pelle, ti scombina i capelli e cerca
di alzarti i vestiti. Eppure non ti importa. Quando scendi e quando tocchi la
terra con i tuoi piedi, vedendo Oz di fronte a te, pensi solo una cosa: che
l’amore era un sentimento da scoprire e in quel momento volevi scoprirlo, con
lui.