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Autore: Mash    14/02/2018    0 recensioni
Sheith post S4.
"Shiro era la prima e l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. Sentimenti discordanti si facevano strada dentro di lui, nel pensare a quello che voleva dire avere a che fare con il pilota in un momento di simile debolezza emotiva."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Questa fanfiction partecipa al San Valentine's Secret Lover di Voltron LD IT
 Questa fic partecipa al COWT8
Prompt: Lontananza
 
 
Come una ragnatela
 
 
Era atterrato nel Castello dei Leoni, facendosi temporaneamente ospitare per poter capire cosa sarebbe successo d’ora in avanti tra loro e il principe dei Galra, intromessosi inaspettatamente nel bel mezzo di un momento difficile, schierandosi da un lato della contesa che non si sarebbe mai aspettato di vedergli prendere. Era, quindi, scattato verso l’uscita del ponte di atterraggio, sperando che nessuno gli andasse dietro, bisognoso di prendersi un attimo di riposo per svuotare la testa. C’era già Matt che gli aveva urlato anche troppo contro, prendendosi libertà che non aveva, non aveva bisogno che lo facesse qualcun altro.
Non in quel momento.
Era ancora scosso dal comportamento di Lotor che lo aveva inconsciamente salvato da quella scelta avventata che aveva preso, quando aveva erroneamente pensato che il suo sacrificio avrebbe portato alla vittoria e soprattutto alla salvezza di persone a lui care.
A mente fredda, ripensandoci più lucidamente il suo gesto sarebbe stato forse inutile e aveva urlato, nella cabina di controllo, realizzando che non voleva morire.
Non ancora.
Non nella cabina di una nave, da solo, senza poter vedere quegli occhi un’ultima volta.
Gli occhi grigi che ormai non vedeva da un tempo che pareva un’eternità.
Shiro gli era sembrato così lontano in quel momento che qualcosa si era come incrinato dentro di lui mentre abbassava la leva per sfuggire alla distruzione.
Aveva dovuto buttarsi verso la morte, per realizzare che avrebbe avuto troppi rimpianti se avesse mantenuto il loro rapporto in quel modo.
Un tacito accordo che vedeva entrambi in silenzio, a fissarsi da lontano, cercando di fare solo il bene per l’altro, non chiedendo niente in cambio.
Scosse la testa al rumore dei leoni che rientravano alla base, e che erano anche troppo familiari per lui. Soprattutto il suono di Red, che ormai conosceva più che bene e che, difficile da ammettere anche con se stesso, gli mancava troppo, nonostante il poco tempo trascorso dalla sua decisione di abbandonare il suo ruolo di paladino di Voltron.
Keith aveva liquidato quel gesto come un atto naturale dovuto al ritorno di Shiro.
Ma in realtà, era soltanto fuggito dai suoi obblighi e dalle sue emozioni.
Proprio come stava facendo anche in quel particolare momento.
Distolse lo sguardo dall’hangar e dai leoni che atterravano uno per uno e continuò a camminare, cercando di sbrigarsi, superando Coran e il suo sorriso affabile, facendogli un cenno con il capo.
Le sue emozioni si alternavano, cercando di prevalere l’una sull’altra.
Resistere al lasciarle defluire all’esterno si stava facendo più difficile di quanto all’inizio immaginasse.
Avrebbe voluto urlare un’altra volta.
Disprezzo, fastidio, rabbia, disperazione, sollievo, conforto.
Ma la più forte era la certezza di essere ancora vivo, di poter avere altro tempo a disposizione, e fare tutto ciò che non aveva avuto il coraggio di fare prima. Era una gioia così forte che ancora non gli permetteva di rallentare il battito cardiaco, che sembrava sul punto di impazzire.
Proprio per quelle sensazioni discordanti preferiva non aver a che fare con nessuno, essere lasciato solo, e potersi rintanare in una stanza per smaltirle senza alcun problema. In perfetta solitudine. Senza doversi preoccupare di esternare troppo quei sentimenti davanti a qualcuno.
Poi, forse, si sarebbe preso i rimproveri che gli altri avrebbero voluto fargli.
-Keith!- la voce di Shiro gli arrivò alle orecchie improvvisa e familiare, mentre il pilota si affacciava dal leone nero, per uscire subito dopo e iniziare a venirgli incontro.
Coran disse qualcosa che gli arrivò troppo lontano da poter comprendere, così come la risposta di Shiro, che continuò a camminare verso di lui, per raggiungerlo.
Nonostante il ragazzo lo avesse ignorato, aveva continuato ad avanzare verso di lui, chiamandolo per nome più volte, scatenando in lui solo un’accelerazione del passo.
Perché insisteva in quel modo?
Non aveva proprio intenzione di parlargli. Non in quel momento.
Shiro era la prima e l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. Sentimenti discordanti si facevano strada dentro di lui, nel pensare a quello che voleva dire avere a che fare con il pilota in un momento di simile debolezza emotiva.
-Keith! Fermati!- il ragazzo, nonostante l’altro non lo avesse nemmeno degnato di una fugace occhiata, non demordeva, cercando di raggiungerlo.
Sebbene fosse ancora distante, Keith decise di cambiare i suoi piani, svoltando a destra e poi variando direzione altre due volte, sperando di far perdere le sue tracce all’altro, dirigendosi verso una stanza che non avrebbe mai preso in considerazione.
Si infilò nelle cucine e chiuse la porta dietro di sé, con il cuore che minacciava di uscire dal petto, sperando che a Shiro non venisse in mente di controllare proprio in quel posto.
Il respiro si era fatto affannato e una goccia di sudore gli era scivolata sul volto.
Appena aveva perso il contatto visivo con gli altri dell’hangar aveva iniziato a correre, per sparire più velocemente e non rischiare di essere raggiunto.
Stava scappando da lui nel vero senso della parola.
Era sicuro che Shiro non avrebbe rinunciato all’idea di parlargli e la cucina gli era sembrato il luogo più adatto dove nascondersi e sperare di non essere trovato.
Si appoggiò al bancone dove Hunk di solito si metteva ad armeggiare con strani intrugli alieni e si lasciò scivolare a terra, continuando a respirare rumorosamente, prendendo grandi sospironi d’aria.
Sentendosi stranamente al sicuro, l’adrenalina del passato pericolo nello spazio gli arrivò improvvisa mentre, con le mani ancora appoggiate al bancone, guardava insistentemente il pavimento di metallo, cercando di stabilizzare il respiro e il battito del suo cuore.
Non ci stava riuscendo.
Provava una sensazione strana, come se qualcuno lo stesse trascinando sempre più a fondo in acqua e non avesse intenzione di lasciarlo uscire in superficie, per permettergli di respirare una boccata d’aria.
Strinse gli occhi più volte, continuando solo a respirare, un’azione così naturale che in quel momento sembrava anche troppo difficile da portare a termine, cercando di focalizzarsi su qualcosa che non fosse la sua astronave che esplodeva in tanti piccoli pezzi e lui che veniva coinvolto nello scoppio, non riuscendo a sopravvivere.
Per chissà quale ragione, gli venne in mente Slav e le sue realtà alternative.
Chissà, magari in una realtà alternativa lui aveva portato a termine il suo piano originario e adesso era morto.
Scosse la testa, cercando di scacciare quei pensieri.
“Ce la puoi fare. Calmati. Calmati Keith.” si ripeteva, sperando che quelle parole diventassero un mantra che se pronunciato abbastanza volte avrebbe potuto farlo effettivamente riprendere da tutto quel groviglio di sensazioni.
La voce di Shiro gli arrivò nuovamente alle orecchie, ovattata e distante.
Vi si aggrappò come se fosse un filo invisibile che qualcuno aveva gettato verso di lui, appigliandosi con tutte le sue forze. Come quella famosa ragnatela che calava nel tuo piccolo angolo nell’inferno, per permetterti di avere una seconda occasione, e trascinarti verso l’alto, sfuggendo alle tue pene.
Sperò con tutte le sue forze che almeno nel suo caso, quell’appiglio non si sbriciolasse sotto il suo peso.
Si focalizzò sulla voce, eliminando qualsiasi altra cosa al di fuori, per un attimo grato di quella presenza al suo fianco.
Era lontana ma allo stesso tempo vicina.
Solo dopo qualche istante si accorse del calore sulla sua schiena e che in realtà Shiro era proprio accanto a lui, in ginocchio, che lo guardava con quei due pozzi grigi pieni di preoccupazione.
Gli era mancato terribilmente.
Mentre tentava di regolarizzare il respiro, ingoiò l’imbarazzo e la delusione di essersi mostrato all’altro in un momento così personale, che non avrebbe dovuto essere visto da nessuno. Inspirò a bocca aperta e poi espirò con lentezza, espellendo tutta l’aria, cercando di ritrovare la tranquillità. Chiuse gli occhi e poi li riaprì, scostando la mano di Shiro e rialzandosi poco dopo.
Non era rilassato, ma era impossibile se l’altro fosse rimasto a pochi metri da lui, mandandolo in confusione.
Quel momento di panico era riuscito a passare, in qualche modo, senza nessun danno.
Almeno apparente.
-Vattene, Shiro.- disse all’altro ragazzo, incrociando le braccia al petto, non girandosi verso di lui, conscio che se l’avesse visto avrebbe rimangiato quelle parole, abbandonandosi alla dolcezza dei suoi occhi riflessi nei propri.
Shiro strabuzzò gli occhi a quelle parole, incredulo.
-Non ti lascio da solo in un simile momento Keith!- raramente perdeva la pazienza e alzava la voce, ma ora stava urlando. Lo afferrò per un braccio, tirandolo senza troppa forza, sperando che lo assecondasse e si girasse verso di lui.
Voleva guardarlo negli occhi e capire cosa c’era che non andava nella sua presenza.
Ma Keith non lo fece, e rimase fermo nella sua posizione, dandogli le spalle.
-Shiro, vai via.- aveva chiesto di nuovo liberandosi dalla sua stretta, mentre continuava a guardare distrattamente la stanza spoglia, sperando che Shiro capisse che non voleva avere a che fare con lui in quel momento.
Se Keith non voleva girarsi Shiro non voleva arrendersi, così in un rapido movimento, si posizionò di fronte all’altro, intenzionato ad avere almeno delle spiegazioni.
-Matt mi ha detto ciò che stavi facendo lì fuori. Come hai potuto pensare che potesse funzionare? Che avremmo accettato un simile gesto?- domandò, con tono alterato ma allo stesso tempo preoccupato.
Ovviamente Matt aveva già spifferato quanto successo, Keith non era nemmeno un po’ sorpreso, ma lui non era pronto per quel discorso.
Non sapeva come rispondere alle domande di Shiro, perché ancora non riusciva a spiegarsi completamente il perché di quel gesto.
Il disprezzo, la  rabbia, la disperazione, il sollievo e la certezza di avere un’altra possibilità erano ancora lì, e Shiro non faceva altro che alimentarle sempre di più. Era sul limite di un baratro senza fondo.
Sarebbe bastato solo un gesto per spingerlo nell’oblio, farlo precipitare e sprofondare in tutte quelle emozioni contrastanti.
Solo un gesto per spingerlo contro di lui e assecondare quei desideri reconditi che aveva tentato di sopire per troppo tempo.
-Ti prego Shiro, lasciami solo.- tentò un’altra volta, supplicandolo quasi, sperando che il paladino nero lo assecondasse.
-Keith.- la voce di Shiro si addolcì, e una mano con delicatezza gli alzò il volto, facendo incontrare i loro sguardi: -Parla con me.-
Almeno quella frase, da qualche parte, cadde.
In quel momento, qualcosa dentro di Keith si frantumò.
Si spinse verso di lui, mettendo da parte la razionalità, lasciando libere tutte quelle emozioni che sentiva dentro, che ribollivano violentemente e volevano essere solo lasciate libere di defluire. Con una mano dietro la sua nuca, lo spinse verso di lui, incontrando una debole resistenza, desideroso di incontrare quelle labbra da ormai un tempo che gli era sembrato infinito.
Anche se fosse stata per solo una volta, aveva bisogno di sentirle sulle proprie.
-Keith?- sussurrò Shiro, a pochi centimetri dalle labbra dell’altro, non riuscendo a decifrare il suo comportamento.
Erano state lontane troppo a lungo.
Con l’adrenalina ancora in circolo e il bisogno di averlo ormai insopportabile, il ragazzo si spinse per raggiungere quelle labbra, appropriandosene con un gesto famelico, spingendosi completamente contro di lui anche con il corpo.
Gli occhi di Keith si socchiusero, mentre, quasi come se avesse ricevuto un segnale, il corpo di Shiro, dapprima teso per quel gesto improvviso, si rilassava al suo tocco, portandogli le mani al viso, spingendosi verso di lui dischiudendo appena le labbra.
-Non dovremmo…- gli scappò quando le loro labbra finalmente tornarono separate, ma non aggiunse altro, guardando l’altro negli occhi scuri, capendo quanto quelle parole erano state una menzogna sin dall’inizio.
Lo voleva anche lui.
Keith si spinse di nuovo verso di lui, quasi come se per respirare avesse bisogno della bocca di Shiro sulla propria, domandandosi come aveva fatto per tutto quel tempo a farne a meno. Indietreggiando, raggiunse il bancone della cucina sbattendo contro la fredda superficie, inarcando appena la schiena.
Il paladino nero pose il braccio meccanico sul banco, puntellandosi su di esso mentre si abbassava ancora di più verso l’altro, andando a posare con dolcezza un bacio sulla sua mandibola, per risalire poi verso le sue labbra, un’altra volta.
Keith trattenne un gemito per quel contatto così piacevole sulla sua pelle, strusciandosi quasi inconsapevole sulla tuta di Shiro, sentendolo attraverso la stoffa. L’altro lo sollevò con dolcezza, lasciandogli un piacevole brivido sulla pelle, facendolo sedere sul bancone, cercando di capire come fare per togliergli quella tuta che nonostante gli segnasse la forma del corpo in maniera sensuale, in quel momento era solo d’intralcio.
-A… aspetta.- Keith inclinò appena la testa, staccandosi dall’altro.
Qualcosa dentro di lui protestò per quel rifiuto. Non doveva fermarsi.
Aveva cercato in tutti i modi di togliersi il sorriso di Shiro dalla mente, di cancellare i sentimenti che aveva iniziato a provare per lui. 
Ma non c’era riuscito. Non riusciva a smettere di sfiorarlo, ogni volta che poteva.
Di cercare i suoi occhi ogni volta che erano vicini.
Di pensare al suo viso quando erano lontani.
Ormai, lontano dal castello e dalla vicinanza di Shiro viveva solo dei suoi ricordi.
Ma adesso Shiro era proprrio di fronte a lui, e si guardavano negli occhi, respirando piano, mentre riprendevano entrambi fiato.
Keith sperando di riuscire a calmarsi e ritrovare la concentrazione, anche se tutto quello a cui riusciva a pensare era il fatto di avere Shiro di nuovo davanti a lui, che lo desiderava tanto quanto lui desiderava l’altro.
Tutte le sensazione provate poco prima erano state come posate in un angolino recondito della sua mente, lasciando spazio solo al desiderio.
“La pazienza porta alla concentrazione.”
No, la pazienza l’aveva portato solo a un punto in cui esasperato aveva agito, e ora non poteva fare a meno di voler continuare a sentire le mani di Shiro addosso e le sue labbra che gli mordevano piano il collo, come stava facendo in quel momento, ignorando la sua richiesta di fermarsi fatta poco prima.
-Siamo in cucina.- trovò la forza di dire, come se giustificasse un minimo quel suo volersi separare così bruscamente da lui.
Il paladino sembrò per un attimo riflettere a quelle parole, cercando di accendere di nuovo il cervello che aveva lasciato spento per quegli interminabili minuti. E solo allora si rese effettivamente conto di come si fosse lasciato andare.
Strabuzzò gli occhi a vederlo accaldato, rosso in volto e con il respiro affannato, bellissimo in quella tuta scura, che lo guardava seduto sul bancone della cucina, le gambe aperte in una posizione che trovava anche troppo provocante.
-Mi dispiace mi… mi sono lasciato troppo trasportare.- aveva detto, separandosi appena dalla vicinanza delle loro gambe, improvvisamente imbarazzato per la situazione.
Il ragazzo gli mise le mani a cingergli il collo, scivolando sensualmente dal bancone della cucina, facendo quello che somigliava vagamente a un sorriso.
-Andiamo in camera mia.- mormorò Keith, avvicinandosi al suo viso, mantenendo l’espressione ambigua sul volto.
Non gli importava se le sue azioni fossero sbagliate.
O se un’ora dopo se ne sarebbe pentito.
In quel momento, le emozioni ancora in subbuglio, voleva solo una cosa.
E solo Shiro poteva soddisfarlo completamente.
 
 
 
 
NdA:

Cara Jade, mi dispiace moltissimo non essere riuscita a mantenere il rating che volevi, ci ho provato, veramente, ma purtroppo non me la sono sentita proprio di andare sul NSFW sapendo che avrei potuto rovinare il tutto. Quindi perdonami, perdonami tantissimo, ma si sono fermati un po’ sul più bello. Però ti assicuro che nella mia testa sono andati in quella stanza e ne hanno fatte di tutti i colori.
Spero che un minimo ti sia piaciuta e che sia un po’ contenta di avermi avuto come secret Valentine. Ti saluto e ci becchiamo sui vari gruppi a sclerare su quella bellissima OTP <3

 
  
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