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Autore: WhiteLight Girl    14/02/2018    1 recensioni
Raccolta di Oneshot.
Dalla prima:
La mano premuta sul fianco di Ladybug gli permetteva di percepirne il respiro, era una sensazione inebriante di cui pensava non avrebbe più potuto fare a meno. Aveva voglia di farla ondeggiare e piroettare, di sollevarla tra le braccia e stringerla a sé, ma un passo di troppo avrebbe rischiato di farli cadere entrambi giù dalla torre Eiffel.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il profumo del cioccolato




Marinette avvolse il cioccolato nell’incarto rosso, che ripiegò accuratamente lungo i lati per realizzare quello che avrebbe voluto che fosse il pacco regalo migliore della sua vita. La carta frusciò tra le sue dita, scivolando sotto i polpastrelli mentre la sollevava e la premeva contro la parte inferiore della tavoletta di cioccolato fatta in casa, poi la bloccò con un pezzo di nastro adesivo trasparente e sorrise nel vedere il risultato. Il nastro bianco era arricciato sul tavolo, abbastanza vicino da poterlo raggiungere sporgendosi appena un poco, lo distese e vi poggiò sopra la tavoletta ora incartata, avvolgendola con esso e bloccandolo sul retro per poi annodarlo. Dopo aver fatto un secondo nodo, strinse le forbici tra le dita, arricciò ciò che restava del nastro ed impigliò i ricci ottenuti gli uni agli altri perché non pendessero troppo.
Scrutò con attenzione la sua creazione, la lingua premuta contro il labbro inferiore e la bocca contorta in una smorfia. Incrociò le braccia ed inclinò il capo, perdendosi nella vista del nastro a suo avviso troppo ingombrante per un pacchetto così piccolo. Fece scattare le forbici tra le dita un paio di volte e tagliò via gran parte dei riccioli, lasciando che ciò che ne restava pendesse solo per mezza dozzina di centimetri, e buttò gli avanzi nella spazzatura.
La luce soffusa della lampada sulla scrivania iniziava a darle fastidio agli occhi, che strizzò ripetutamente per cercare di mantenersi sveglia e mettere a fuoco ciò che la circondava. Si diede lo slancio con un colpo di caviglia per spingere la sedia oltre lo schermo del computer e raggiunse la pila di cassetti sotto la scrivania, aprendoli uno alla volta fino a trovare la scatola che cercava, che sfilò con cura e depositò accanto al pacchetto pochi secondi dopo.
Adrien meritava ben più di un semplice fiocco o una coccarda improvvisata, qualcosa di più particolare del groviglio di riccioli di cui si era appena sbarazzata. Dischiuse la scatola, riscoprendo con soddisfazione i piccoli fiori di raso che aveva realizzato mesi prima come decorazioni tridimensionali per una maglia estiva che non aveva avuto occasione di indossare spesso. C’erano fiori di diverso tipo e colore, di diverse dimensioni e dal diverso numero di petali, Marinette selezionò quelli sui toni dell’azzurro tra i più piccoli e li dispose uno accanto all’altro sulla scrivania. L’ago e il filo di nylon trasparente erano rimasti in fondo alla scatola, pronti per quando le sarebbero serviti ancora, li raccolse tra le dita, infilò l’estremità del filo nella cruna e tagliò quanto pensava che le sarebbe bastato.
Adrien meritava il cioccolato fatto in casa migliore di Parigi, per cui era una fortuna che lei fosse figlia di due esperti dolciari, ma meritava anche la miglior confezione di Francia e per questo era grata per la propria creatività.
Centinaia di ragazze avrebbero inviato bigliettini e dolci, Marinette voleva assicurarsi che non ci fosse modo che il suo regalo di San Valentino si perdesse tra gli altri. Avrebbe dovuto spiccare, per attirare l’attenzione del ragazzo come un faro e spingerlo a sceglierlo tra tutti gli altri. Appuntò il primo fiore di stoffa a ciò che restava del nastro, vi mise accanto un secondo e poi un terzo assicurandoli come fossero parte di un mazzolino a cui ne aggiunse un quarto ed un quinto. Infilò alcune foglie tra essi e le assicurò a fatica perché non scivolassero via.
Per diversi minuti il ticchettio dell’orologio e il respiro suo e di Tikki – addormentata nel cesto della lana accanto alla gamba della scrivania, fu l’unico rumore assieme al fruscio della stoffa. Ogni petalo ed ogni foglia erano stati ricavati da un piccolo ritaglio di raso abilmente ripiegato, i petali erano stati poi incollati insieme per formare i fiori e le cuciture centrali erano stato coperte da minuziosi decori di perline a simboleggiare il pistillo, bianchi e gialli che scintillavano alla luce della lampada da tavolo. Nessun ragazzo a parte Adrien avrebbe potuto vantare un regalo così particolare, perché non c’era quasi nessuno in Francia che fosse capace di realizzare i Kanzashi giapponesi. Marinette stessa, agli inizi, si era dovuta impegnare molto per studiare il modo migliore per realizzarli senza che i bordi dei ritagli si sfilacciassero e senza che la colla a caldo strabordasse dai punti d’attacco e li rovinasse.
Cucita l’ultima foglia, Marinette tagliò via l’eccesso di filo e depose la restante spoletta e l’ago nella scatola assieme ai fiori avanzati, poi richiuse tutto e ripose la scatola al suo posto, solo allora si abbandonò contro lo schienale della sedia e sospirò ad occhi chiusi felice di aver portato a termine la sua impresa.
Era quasi mezzanotte, probabilmente il giorno successivo avrebbe fatto fatica ad alzarsi, ma poteva dire di essere riuscita ad ultimare il regalo perfetto per il ragazzo perfetto. Ora avrebbe potuto indossare il pigiama, arrancare verso il suo comodo letto e stendersi per il suo meritato riposo notturno, se solo ne avesse avuto la forza. Invece rimase lì con la testa sollevata, il collo piegato indietro fino a quasi dolerle e le braccia abbandonate contro i braccioli della sedia, mentre il sonno la trascinava in un mondo bizzarro di alberi colmi di fiori di stoffa e ruscelli di cioccolato liquido. Riusciva quasi a sentirne il profumo, l’acquolina in bocca che aumentava in quello strano sogno sospeso nel dormiveglia al punto che riusciva anche a rendersi conto che ciò che aveva davanti non era reale.
A risvegliarla completamente furono i rumori provenienti dal terrazzino sopra di lei, qualcuno aveva urtato uno dei suoi vasi di fiori e poi doveva essere inciampato su una delle sue sedie da giardino, poiché il rumore delle sue gambe strisciate sul pavimento le provocò un secondo sussulto.
Marinette nascose la cioccolata nel cassetto e scambiò un’occhiata con Tikki, il piccolo Kwami faticava a tenere gli occhi aperti, ma sollevò il musetto contro la botola che dava sul terrazzino per individuare da dove provenisse il rumore.
«Torna pure a dormire,» le disse Marinette «credo di sapere chi è.»
Raggiunse il soppalco a passi lenti, sfilò le scarpe e salì in piedi sul letto per sporgersi e scrutare attraverso il vetro, Chat Noir era già dall’altra parte, i suoi occhi verdi spalancati puntati dritti verso di lei le fecero balzare il cuore in gola. Perse l’equilibrio, cadendo sul materasso e rimbalzando un paio di volte prima di riuscire a prendere fiato, il ragazzo la salutava con la mano e sorrideva, incurante dello spavento che le aveva provocato.
Rialzandosi a fatica, Marinette sbloccò la botola e rimase ad aspettare che lui la raggiungesse dentro, ma Chat Noir non lo fece.
«Guarda che se vuoi puoi entrare.» gli disse allora.
Il sorriso di lui si ampliò considerevolmente, poi si calò giù dalla piccola finestra e, invece di atterrare direttamente sul letto, si diede lo slancio per atterrare accanto ad esso.
«Buonasera, Marinette.» disse, accennando un inchino.
Marinette scese dal letto a sua volta, confusa ed incuriosita dalla sua presenza. «Buonasera, Chat Noir. A cosa devo il piacere della tua presenza?»
Il ragazzo dischiuse le labbra ed esitò, poi sollevò le braccia ed iniziò ad agitarle mentre si sforzava di spiegare. «Avrei bisogno di un piccolo favore.» spiegò. «Mi servirebbe un dolce un po’ particolare da regalare e non potevo proprio permettermi di venire ad acquistarlo senza maschera.»
«Un regalo di San Valentino.» osservò Marinette pensierosa.
Aveva una mezza idea di chi fosse la persona che lo avrebbe ricevuto e, per quanto potesse sembrarle di imbrogliare in qualche modo, avrebbe sfruttato il suo vantaggio per dare al ragazzo il dolce che le piaceva di più. Lei avrebbe potuto considerarsi fortunata, a ricevere qualcosa a colpo sicuro, ma quel pensiero non poté evitare di preoccuparsi che il suo cioccolato potesse non piacere ad Adrien.
«Credo di avere quello che fa per te.» disse, facendole cenno di seguirla giù in camera.
Forse il cioccolato ad Adrien sarebbe piaciuto, forse avrebbe solo fatto finta che gli piacesse per non ferirla, perché era sempre troppo gentile per poter anche solo pensare di dire qualcosa di brutto, anche se vero, ad una persona. Marinette guidò Chat Noir verso la cucina mentre i dubbi la sommergevano, l’eccitazione per la sua impresa era scemata a causa di essi e del sonno impellente. «Cosa avevi in mente?» le domandò Chat Noir. «Qualcosa di davvero particolare?»
«Qualcosa che so che a Ladybug piacerà di sicuro.» gli rispose. Raggiunse la porta per la pasticceria, ma notò che il ragazzo aveva smesso di seguirla.
«Io non ho mai detto che sarebbe stato per Ladybug.» le disse lui, le gote rosse per l’imbarazzo ed una mano che si grattava il capo per stemperare l’imbarazzo.
«Una visita in pasticceria in piena notte, un regalo speciale che non puoi comprare fuori dalla maschera, per chi altro avrebbe potuto essere?»
Chat Noir sorrise e la seguì, scesero l’ultima rampa di scale fianco a fianco e raggiunsero la porta interna della pasticceria. Marinette si mosse svelta verso il bancone, selezionò il pacchetto che si era messa da parte e lo incartò nella penombra come meglio poteva. Questa volta non usò fiori di stoffa, né nastri colorati, ma si limitò ad un foglio di carta lucida annodato in cima che rifletté la luce proveniente dai lampioni giù in strada.
«Ecco qui.» disse Marinette, facendolo scivolare sul bancone verso di Chat Noir.
Lui estrasse una banconota dal taschino della tuta e gliela porse. «Tieni pure il resto.» disse. Poi aggiunse: «Certo che qui dentro c’è un profumo fantastico, che cos’è?»
«Panna montata, pane fresco, un po’ di zucchero a velo e cioccolato, principalmente.» gli rispose.
Chat Noir inspirò a fondo e ad occhi chiusi, quasi volesse immergersi in quei profumi ed inspirarne il più possibile. «Oh, io amo la cioccolata! Se potessi mi trasferirei qui definitivamente, potrei dormire nel retro!»
Marinette rise e mise via la banconota, non poteva usare la cassa, ma si sarebbe premurata di passarla ai suoi genitori il giorno successivo appena possibile. «Magari possiamo trovarti un posto tra i sacchi di farina.»
Gli occhi di Chat Noir brillarono. «Mi impegnerei ufficialmente a tenere i topi alla larga, come è giusto che un gatto faccia per la famiglia che gli dà vitto e alloggio.»
«Noi non abbiamo topi.» ribatté Marinette arricciando il naso. Il solo pensiero che avesse osato pensarlo la inorridiva.
«No, certo che no.» si affrettò a dire lui. Strinse tra le mani il pacchetto che gli aveva dato, premendolo contro il petto come se fosse il tesoro più prezioso. Il giorno successivo Ladybug lo avrebbe ricevuto ed avrebbe dovuto fingersi sorpresa, ma la vera sorpresa per Marinette fu il rendersi conto che non aveva speso neanche un secondo della sua giornata a domandarsi se avesse dovuto regalare qualcosa al ragazzo.
Aveva trascorso l’intero pomeriggio a pensare ad Adrien, a fare dozzine di tavolette di cioccolato solo per poter scegliere la più bella tra esse, a pensare alla confezione e addirittura al modo di consegnargliela senza dimenticarsi di firmare il bigliettino. Non aveva pensato a Chat Noir, non si era chiesta se qualcuno gli avrebbe regalato qualcosa, se potesse aspettarsi qualcosa in cambio nonostante sapesse bene che ciò che provava per lei non era ricambiato.
Senza riflettere, affondò la mano nel cesto che aveva lasciato lì accanto quel pomeriggio e afferrò la prima tavoletta che si ritrovò tra le dita.
«Questa è un omaggio per il supereroe con la pelliccia più soffice di Parigi.» disse.
Chat Noir si sfiorò i capelli come ad assicurarsi che parlasse di lui, poi puntò gli occhi sulla tavoletta e sorrise. La strinse tra le mani con riverenza, come se fosse il tesoro più prezioso e potesse sparire da un momento all’altro.
Marinette provò quasi compassione, per il modo in cui i suoi occhi la bramavano.
«Grazie, grazie davvero.» disse Chat Noir.
Per Marinette fu come sciogliere un enorme peso nel petto, aveva regalato qualcosa al ragazzo senza che lui lo sapesse, senza il rischio che potesse fraintendere e senza conseguenze, non ci sarebbe stato bisogno che sapesse altro.
Più tardi, quando Chat Noir se ne fu andato, si ritrovò a fissare i Kanzashi e la tavoletta confezionata per Adrien, domandandosi se il ragazzo avrebbe mostrato almeno la metà dell’entusiasmo che aveva visto in Chat Noir quella sera.


***

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