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Autore: Master Chopper    14/02/2018    2 recensioni
Un'altra misteriosa Hope's Peak Academy sembra essere apparsa, a qualche anno dalla morte di Junko Enoshima e dalla vendetta della Future Foundation. I suoi studenti sembrano aver vissuto una vita normale, fino a quando circostanze misteriose li trascinano in una prigione nel cielo dove sembra non esserci via d'uscita.
L'unica strada è verso l'alto, non si può più toccare terra. Cosa li attende sopra le nuvole: la speranza o solo un'immensa disperazione?
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Makoto Naegi, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Danganronpa FF Project'
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Danganronpa  FanFiction

Limbo of Despair

Prologue: Memories and dreams are the same (Part 2)

 

L’incubo del soffitto della scuola che lo schiacciava svegliò Nashi di soprassalto.

Fino a quel momento era consapevole di una cosa, sin dalla sua nascita sapeva che succedeva sempre così, e mai sarebbe cambiato qualcosa. Eppure in quel momento più che mai, quando si accorse di essere circondato dall’oscurità, sperava che non si avverasse ancora una volta la “maledizione” della sua vita.

Il pavimento o qualsiasi cosa ci fosse sotto i suoi piedi oscillò, e fece fatica a reggersi in equilibrio. Intuì di essere in uno spazio chiuso, eppure non aveva problemi a respirare: il fruscio del vento gli fece intuire che ovunque fosse, c’erano dei fori per permettere il passaggio dell’aria.

Una luce illuminò il suo viso, proiettata da uno schermo davanti a sé.

Vide un orso peluche per metà bianco e per metà nero, seduto su di un divano nero insanguinato, fissarlo a sua volta da un occhio robotico scarlatto. Rimasero entrambi immobili, al punto che il ragazzo pensò si trattasse di un quadro.

“ Upupupu! Non riesco mai a vincere una battaglia di sguardi senza ridere.” Esclamò d’un tratto l’animale, al che Nashi arretrò spaventato.

“ Che diavolo…!” Inciampò nelle sue stesse gambe, e cadendo per terra il pavimento oscillò sotto il suo peso.

“ Stai fermo o rischi di far staccare la gabbia !” Rise l’orso, schernendolo.

“ La gabbia ?” Balbettò terrorizzato il ragazzo, e guardandosi attorno constatò che la stanza in cui si era risvegliato era appena più grande di uno sgabuzzino.

Si dovette abbandonare alla convinzione che quella cosa fosse vera, quella sua maledizione: incubi e ricordi per lui erano la stessa cosa. La Hope’s Peak Academy era davvero crollata su di lui, sugli altri studenti, vero come quell’orso diabolico che continuava a ridere senza sosta.

“ Chi diavolo sei tu!? Che cosa hai fatto alla mia scuola ?!” Nashi non ne poteva più, e in un impeto di terrore e rabbia puntò il dito contro lo schermo.

L’orso smise improvvisamente di ridere, ed avvicinandosi al display mise in bella vista il suo occhio robotico. Nonostante tutta la rabbia che avesse in corpo, il ragazzo sussultò come un gattino spaventato a quella reazione, ammutolendosi.

 

“ Il mio nome è Monokuma. E se sei così ansioso di rivedere la tua classe, allora dovrei prima presentarmi.” Distendendosi sul divano, l’orso si mise in bocca una pipa, dalla quale iniziarono ad uscire tante bolle di sapone.

“ Mi presento, io sono Monok- ah, l’ho già detto! Comunque sono il vostro nuovo professore !” Esclamò felice.

“P-P-Professore ?!” Come potevano quelle parole essere vere, come poteva tutto ciò non essere un incubo?

 

Perché incubi e realtà nella vita di Nashi corrispondevano entrambi allo stesso tessuto degli eventi? Se l’era sempre chiesto, da quando ogni notte si svegliava convinto che la morte dei suoi genitori fosse stata un brutto sogno.

Si alzava in lacrime, ma sorridendo correva nel cuore della notte fuori dai corridoi dell’orfanotrofio. Non bastava la visione di dove fosse a convincerlo della verità dei fatti, e nemmeno quando le nutrici lo riportavano nella sua stanza.

L’unica cosa che lo riportava alla realtà, e ad altre lacrime, era il primo freddo raggio di sole sul suo viso terrorizzato.

Erano passati anni da quando aveva provato quel terrore, quella disperazione, e proprio come gli succedeva spesso, i ricordi ritornavano sempre presenti davanti a sé, in quel momento più che mai come ripescati da un mazzo da quell’orso. Da Monokuma.

 

“ Non sarebbe bello dirti tutto adesso. Perché non fai un tuffo dai tuoi compagni di classe? Sono sicuro che avranno bisogno di te, da ora in poi.”

Nonostante la scelta bizzarra della parola “tuffo”, fu il seguito di quella dichiarazione a confondere Nashi.

“ Bisogno di me ?” Cercò di riflettere, ma lo stress e, soprattutto, la pazienza di Monokuma, non gli permisero di arrivare ad una qualche soluzione.

“ Baci baci !” Salutò l’orso, schiacciando con una zampa l’unico pulsante rosso sulla sua scrivania.

Il pavimento sotto i piedi del ragazzo si spalancò, e la luce di un sole che sembrava averlo abbandonato lo inondò dal basso. Ci volle poco prima che quella brezza leggera si trasformasse in una corrente d’aria, nel momento in cui iniziò a precipitare in caduta libera nel mezzo del nulla.

 

“ Ma che diavolooo ?!” Urlò a squarciagola, mentre l’aria sfrecciava sul suo corpo come la lama di un coltello, tirandogli in su le palpebre e facendogli tremolare le guancie.

Con le lacrime che gli inondavano gli occhi, prese a dimenarsi nel vuoto, e ben presto si trasformò in una trottola roteante nel cielo.

- Sto… per morire !- Realizzò Jonetsu, e la paura fece spazio al più comune sentimento della sua esistenza: il risentimento.

Aveva sempre voluto essere qualcuno, trovare il suo posto nel mondo, degli amici e forse un giorno, la famiglia con cui mai aveva vissuto. La voce delle nutrici che lo rassicuravano nel sonno rimbombava più forte del rumore della corrente, al punto da rendergli impossibile restare cosciente.

 

Qualcosa però sfrecciò davanti ai suoi occhi in procinto di chiudersi. Poi qualcos’altro, ed infine sempre più oggetti misteriosi e sfocati nel cielo azzurro lo superarono.

- Sembrano essere altre persone.- La voce nella sua testa si stava affievolendo, e ciò gli diede la forza di restare sveglio ancora un po’. Nessuno avrebbe voluto assistere alla propria morte, ma almeno comprendere cosa stesse succedendo gli avrebbe dato l’ultima soddisfazione.

- Cosa se ne fa un cadavere di una soddisfazione ?-

D’improvviso una di quelle figure sfocate sotto di lui si bloccò a mezz’aria, venendo coperta da un telo bianco e nero.

“ Un paracadute !” L’illuminazione alla vista di quello, anzi, di una decina di quei teli sotto di sé, lo fece sobbalzare. I muscoli si erano riattivati, come se fosse stato un computer fino ad allora in attesa di elettricità.

Cercò in fretta dietro la sua schiena, e… sì, anche lui aveva qualcosa, uno zaino con un cavo che svolazzava sopra di sé. Impiegò qualche secondo per afferrarlo, secondi infiniti in cui finalmente la paura della morte si era impossessata della sua mente. Il sudore e le lacrime schizzavano verso il cielo.

“Sì !” Esclamò quando il paracadute si azionò, e finalmente la corrente lo colpì al petto con un’ultima botta. Ora anche lui galleggiava nello spazio infinito, ed il silenzio fu la prima cosa a spaventarlo.

Sopra di sé, un blu monocromo, sotto di sé invece si stagliava un’interminabile landa di terra pianeggiante e verde, ma fin troppo distante da dove si trovava adesso.

 

“ Sai perché diavolo sono qui ?” Una voce rauca e dura al suo fianco per poco non lo fece saltare giù dal paracadute.

“ Eeeh ?!” Sobbalzò il bruno, guardando il ragazzo che gli aveva appena posto la domanda. Senza accorgersene era precipitato esattamente tra quelle persone che prima vedeva dall’alto.

Fu allora invece che si rese conto che le parole dell’orso chiamato Momokuma erano vere: quello era uno dei suoi compagni di classe, Iwayama Koan.

“ Non… non ne ho idea, Iwayama.” Mormorò imbarazzato Nashi. Non aveva mai parlato con Iwayama Koan, e tantomeno avrebbe voluto iniziare a farlo in una situazione del genere.

Cercò di evitare il contatto visivo con l’altro, ma quando dopo un lungo silenzio non sapeva cos’altro fare, tornò a guardarlo.

Iwayama lo stava fissando.

Per chiarezza, Jonetsu Nashi non lo aveva mai trovato un ragazzo spaventoso, eppure lo aveva sempre trovato un tipo arrogante ed altezzoso, con degli occhi sempre distanti da qualsiasi cosa lo riguardasse. In classe di rado parlava con gli altri, e tantomeno aveva fan dalle altre classi.

Si trattava di un ragazzo alto quanto lui, in quel momento vestito con un giubbotto militare nero, dei pantaloni pesanti, anfibi e diverse targhette di acciaio appese al collo. Aveva proprio l’aria da militare così, nonostante fosse un semplice adolescente, ed i capelli rossi tagliati a spazzola con diversi cerotti sul viso lo rendevano solo più truce.

“ Come fai a sapere il mio nome ?”Gli domandò Iwayama, con un tono che gli fece accapponare la pelle.

- Come? Non si ricorda di me ?- Fu il primo pensiero del ragazzo prima di affrettarsi a rispondere.

“ Ma come Iwayama, sono io, Jonetsu Nashi… nella tua stessa classe, alla Hope’s Peak Academy !” Farfugliò confuso, ma anche allora il rosso non smise di guardarlo insospettito.

- È vero che siamo in classe insieme solo da qualche mese, ma così mi sembra troppo eccessivo !- Il bruno non reggeva molto bene l’imbarazzo, ancor di più se in una situazione misteriosa come quella.

Iwayama smise di fissarlo, e si prese la testa tra le mani con aria sofferente.

“ Dannazione !” Sbraitò infine, e la sua voce echeggiò nel cielo.

“ Non riesco a ricordarmi niente! Ho solo in mente l’immagine nitida di me che sto per entrare in classe per la prima volta, ma… quale classe era, poi? E comunque che ci faccio qui? Perché eravamo in una gabbia?” Nonostante le urla, Nashi si ritrovò a rispondere a tutte quelle domande con un’alzata di spalle, tranne che al nominativo della classe.

 

La conversazione morì lì, con i due adolescenti in planata verso il basso, con il vento che sfiorava la loro pelle.

Nei loro occhi rassegnati a quella bizzarra situazione c’era il riflesso di ciò che avevano visto da tempo ormai, ciò che più rendeva quell’attesa inquietante in un immobile silenzio: la torre.

Davanti a loro si stagliava nel centro della pianura infinita una torre di pietra , ricoperta di incisioni e caratteri antichissimi. La costruzione si innalzava troppo in alto, ben più su di dove erano stati lanciati loro, persino oltre le poche nuvole che la circondavano. Dal diametro immenso, sembrava non più grande di un’isola, e questo rendeva il suo silenzioso esistere in mezzo al nulla più assoluto, solo una rappresentazione dell’ignoto e della paura.

Una piattaforma sporgeva verso l’esterno, come una pista di atterraggio che fungeva da antro per chissà quale tana di mostri.

“ Jonetsu, giusto ?” Fece Iwayama, sempre serio.

“ Sì.”

“ Quell’orso ha detto che era il nostro nuovo professore. Quindi vuol dire che oltre a te e me, queste persone sono gli altri studenti della Hope’s Peak della nostra classe ?”

Il bruno si guardò attorno, e confermò come altri paracadutisti stessero mirando a quella piattaforma. Tutti loro erano volti noti, facce che aveva visto ripetutamente nella loro classe da giorni.

“ Non ricordi proprio niente, Iwayama ?” Domandò, preoccupato, intanto che continuava a cercare il suo amico Jitsuke Zetsu.

“ No… e perché tu sì, invece ?”Brontolò quasi come una provocazione il rosso, e a Nashi vennero i brividi.

Effettivamente per lui era sempre stato normale ricordarsi ogni cosa, ma persino in quel momento dove il suo compagno di classe sembrava aver perso la memoria.

“ Sono sicuro che avranno bisogno di te da ora in poi.” La voce di Monokuma tornò a martellargli le orecchie.

Spalancò gli occhi per lo stupore.

- Il mio talento: Ultimate Memory. Io sono lo studente con la memoria assoluta… l’unico che possa ricordarsi qualcosa !-

 

La piattaforma vide presto l’arrivo di sedici studenti.

 

Angolo Autore:

Welcome back! Sì, avevo detto che in questo capitolo sarebbero apparsi altri studenti, ed in realtà è stato appena presentato Iwayama Koan. Ci sarà tempo per tutti, e magari anche per capitoli più lunghi.

Alla prossima! E a domani con il prossimo capitolo!

   
 
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