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Autore: Melanto    15/02/2018    12 recensioni
[Soulmate series - #4 || sequel di 'Dip it low']
San Valentino.
E tutti sono lovey dovey, ma se il tuo ragazzo è in un'altra prefettura e non potete muovervi, beh, è un po' una fregatura.
Ma mai mettere freno all'amore né sottovalutare le intenzioni: che siano le migliori... o le peggiori!
...would you be my Valentine?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Mamoru Izawa/Paul Diamond
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Soulmate Series'
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Valentine's Day surprise

Note Iniziali: Quando la pubblicherò ormai sarà già San Faustino XD Che ve devo di’, ormai l’andazzo di quest’anno è: ‘pubblicare fic delle feste nei giorni sbagliati’ XD

E comunque, non era prevista. XD

Veramente non era neppure stata pensata… fino alla mattina del 14, nel dormiveglia. EVVABBENE. Tanto funziona sempre così, io mi sono arresa da anni.

Allora, cosa sapere di questa storiella: doveva essere molto più frivola, puramente fluffosa, e invece si sono inseriti da soli dei concetti che mi piacerebbe sviluppare nel corso delle prossime shottine (quando e se ci saranno, lol, questa Serie è davvero non programmata!).

Sì, leggete bene nel sottotitolo: questa è la shot #4.

E la #3?, direte voi (dopo #1-Checkmate e #2-Hangover).

Eh, non ho ancora avuto modo di scriverla, ma lo farò! XD e sarà ambientata a Capodanno. Qui ce ne sono piccoli riferimenti, ma credo si possa capire anche senza l’altra, che giuro scriverò prossimamente! GIURO! (‘Malerba’ mi sta tenendo serratissima!)

 

Quindi, niente, buona lettura! XD

E Buon San Valentino a tutti (in ritardo!). :*

 

Valentine’s Day surprise

Soulmate series – #4

 

 

 

«Sì, capisco.» Mamoru non riuscì a nascondere una punta di delusione.

Affondò di più le mani nelle tasche del giaccone e infossò il collo tra le spalle ché il freddo di Febbraio non perdonava, neppure se stava stretto nella sciarpa o camminava nelle strade centrali di Yokohama, tutte auto e tram e persone: parevano non generare abbastanza calore.

All’altro capo del telefono, udì il sospiro di Yuzo.

Mi dispiace, ma ci hanno incastrato con gli ultimi allenamenti preparatori. Manca poco all’inizio del campionato… il nostro primo campionato in JLeague.

Sottolineò il portiere con una leggera enfasi estatica che riuscì a strappargli un sorriso, nonostante la delusione nel sapere che avrebbero trascorso distanti anche il primo San Valentino.

Non che Mamoru fosse mai stato un fissato di certe ricorrenze, anzi le aveva sempre trovate una banale commercialata e, dopotutto, avevano festeggiato assieme il Natale; San Valentino poteva essere infilato in un cassetto senza troppi rimpianti. A deluderlo, forse, era più che altro l’occasione mancata di vedersi.

– …vogliono che siamo in perfetta forma, vogliono che siamo pronti ad affrontare un impegno così grande.

Stava dicendo Morisaki e lui tornò a concentrarsi sulla voce, mentre stringeva gli occhi a una folata di vento gelida che gli azzannò il viso.

Mamoru affrettò il passo sul semaforo verde che iniziava a lampeggiare

«Sì, sì. Lo so. Anche qui è la stessa cosa. Il mister non ci molla un secondo, e mi accorgo che con me si sofferma più che con i compagni anziani. Si aspetta il meglio che posso offrirgli.» E visto che stare con il broncio non sarebbe servito a nulla e che comprendeva la posizione di Yuzo, sospirò per scacciare via le delusioni e parlargli col sorriso. «Come se la cava Takeshi?»

– Oh, alla grande! Stavamo pensando di prendere casa insieme, sai, per essere un po’ più liberi di muoverci. Nei dormitori della S-Pulse sei vincolato.

«Questa sì che è una bella idea!»

Mentre camminava diretto a casa e con il borsone sulla spalla, Mamoru rallentò involontariamente davanti a un negozio che esponeva cioccolato per quel giorno di festa. Dalla vetrina, scorse nugoli di ragazze e donne passare veloci da scaffale a scaffale alla ricerca degli ultimi pensierini per le loro persone importanti.

Se solo ripensava a quanto ne aveva ricevuto negli anni delle scuole gli veniva il mal di pancia per riflesso. Sembrava un periodo così lontano, eppure se l’era appena lasciato alle spalle, dietro l’angolo dei ricordi, ricordi tra i quali spuntò anche quello, forse di quando era all’ultimo del liceo, in cui aveva visto una ragazza regalare del cioccolato a Yuzo. Si erano trovati entrambi in corridoio, solo distanti l’uno dall’altro, e lui attorniato dalle solite che non lo lasciavano un attimo; eppure gli occhi, una volta sul portiere, non li aveva più distolti e il cicaleccio delle ragazze era stato niente più che un brusio di sottofondo a quello che stava vedendo. Ricordò che la ragazzina sconosciuta era imbarazzatissima, lo aveva capito da come torcesse le mani dietro la schiena e tenesse per tutto il tempo lo sguardo a terra. Yuzo invece era più rilassato; non era il primo regalo che riceveva per San Valentino e sapeva come comportarsi: accettava, sorrideva, si inchinava e diceva chissà quali parole degne di lui che mandavano la ragazzina a fuoco e poi via di corsa lungo i corridoi per tornare in classe. Ma per Mamoru era stata la prima volta che vi assisteva e aveva pensato che il portiere fosse estremamente carino, tanto da strappargli un sorriso che le sue fan avevano mal compreso: se solo avessero potuto leggergli nella mente, avrebbero avuto un’immagine pornografica di lui che inchiodava Morisaki al muro, che lo baciava senza farlo respirare e che gli infilava una mano nei pantaloni. Oh, sì. Grazioso.

A quel pensiero spuntato dal nulla, il sorriso di Mamoru si tirò come quella volta: verso destra, nella naturale virgola che l’aveva sempre reso irresistibile. Poi riprese a camminare nel freddo ‘love is in the air’ che si mischiava al vento invernale e sembrava quasi prenderlo a sberle.

«Così potrò venirti a trovare a Shimizu-ku,» aggiunse, affilando il tono abbassato su una nota più seducente. «Non mi scapperai.»

E chi scappa!

Anche se non poteva vederlo, Mamoru percepì di averlo messo in imbarazzo e un sorriso ampio e luminoso fece capolino da sotto la sciarpa nell’alzare il viso e affrontare il gelo, incurante di quanto mordesse le guance: il pensiero di Yuzo, il divertimento nello stuzzicarlo e nell’immaginarlo mentre distoglieva lo sguardo quando lo metteva in difficoltà e poi si lasciava sfuggire un sorriso di rimprovero lo faceva sentire capace di fare fronte a qualsiasi cosa, lo faceva sentire forte come un leone. E la sua criniera era libera nel vento, corvina.

– Devo andare adesso, abbiamo una riunione tecnica prima di ricominciare gli allenamenti.

Il saluto lo riportò alla realtà nel momento in cui fu in vista del palazzo dove aveva preso casa. A differenza di Yuzo, Mamoru aveva scelto subito di staccarsi da qualsiasi appoggio della società; era sempre stato un tipo cosciente dei propri spazi e non aveva voluto dipendere dai Marinos, decretando con leggero puntiglio autoritario che lui era giovane, sì, da educare al professionismo, certo, ma era indipendente, quasi adulto, anche se non aveva ancora raggiunto quei vent’anni che avrebbero sancito la sua maggiore età.

«Ok,» masticò con un po’ di rassegnazione.

Sapevano che sarebbe stato così, e se in principio si erano fatti forti dietro l’entusiasmo per la loro nuova avventura, ora che la vita di tutti i giorni aveva iniziato a insinuarsi negli spazi tra gli impegni quotidiani il senso della lontananza un po’ si faceva sentire e gli ricordava che lui era a Yokohama City e Yuzo a Shimizu-ku, in diverse prefetture e due ore di viaggio. Giovani com’erano, poi, i distacchi sembravano infiniti e incolmabili.

«Poi fammi sapere cosa vi dite!» ridacchiò.

– Vuoi che faccia la spia sulle nostre tattiche di gioco? Non sei leale. – Anche Yuzo stava ridendo. – Ci sentiamo stasera.

«A stasera.»

– Non mi hai detto cosa farai, visto che hai libero il resto della giornata.

«Mah, prendo qualcosa al konbini…»

– Cucinare, che brutta parola. – Yuzo rise.

Mamoru gli fece il verso, il palazzo ormai vicino e una sagoma ferma fuori del portone, con la schiena poggiata al muretto che delimitava il piccolo cortile esterno. Non ci si soffermò più di tanto.

«Non sfottere. Magari mi vizierò con… una…»

…ma quando gli occhi inquadrarono un troppo familiare insieme di forme, colori, abbigliamenti, il modo in cui si mosse quando erano separati solo da una manciata di metri, il cellulare che reggeva accanto all’orecchio e il sorriso che gli si apriva sulle labbra, Mamoru rallentò il passo fino a fermarsi e perse un po’ la presa sulle parole.

All’altro capo, a pochi metri, Yuzo lo incalzò con una lieve soddisfazione.

– Con una…?

«…una crêpes…» Mamoru quella non se l’era aspettata, e la virgola sorridente fece capolino senza che la controllasse. «Che stronzo.»

– Sorpresa.

Yuzo si strinse nelle spalle – poteva vederlo e non solo immaginando che lo stesse facendo! – mentre la voce gli arrivava ancora al telefono.

– Non posso restare a lungo, ci hanno dato solo poche ore di libertà, ma volevo… volevo passarle con te.

«E allora perché stiamo ancora perdendo tempo al cellulare?»

Yuzo chiuse la comunicazione, ma la sua voce gli arrivò lo stesso. Dal vivo. E gli parve perfetta.

«Non lo so, dimmelo tu.»

Mamoru lo raggiunse. Il passo di nuovo vigoroso, la criniera nel vento di Febbraio e la sensazione di sentirsi leone sempre e comunque si coordinarono nello slancio con cui tolse il borsone dalla spalla e afferrò Yuzo alla nuca per attirarlo a sé e baciarlo senza alcun interesse per tutto il resto. Il posto, la gente, la strada, chi se ne fregava?

Yuzo rimase frastornato dall’impeto che Mamoru metteva nei loro contatti, tanto che quando si separarono gli sfuggì un ‘wow’ nascosto dietro al sorriso un po’ stordito di chi era incapace di contrastare una forza così grande. Ma attraverso i suoi occhi si leggeva tutto lo stupore e la meraviglia, l’ammirazione, l’adorazione che aveva nei suoi confronti e verso quegli slanci.

Deglutì con un leggero imbarazzo; con gli occhi non riuscì a non guardarsi attorno con una certa apprensione.

«Non pensavo ti facessero questo effetto le sorprese…»

«Scusa.» Mamoru lo lasciò andare, sorrideva con la forza del dominatore inarrestabile. «È che sono felice di vederti.»

«Anch’io, ma… siamo in mezzo alla strada.»

«Sì, sì. Lo so e sai che a me…»

«…non frega un cazzo,» completò Yuzo.

Ammirava anche questo, di lui: la semplicità con cui viveva sé stesso a trecentosessanta gradi e non prestava attenzione a cosa avrebbe potuto pensare chi gli stava attorno. A Mamoru interessavano solo le persone cui voleva bene, e il loro parere sarebbe sempre stato tenuto in considerazione, per il resto le chiacchiere potevano anche andare a quel paese.

Per Yuzo era diverso, ma da quando avevano affrontato il discorso a Capodanno, stava cercando di scrollarsi dalle spalle il modo in cui la società potesse condizionarlo e tenerlo bloccato nei limiti di una vita intrappolata, non vissuta appieno. Le parole di Mamoru dette su quella panchina del parco, isolata dalla folla e ben riparata dalle siepi non avevano fatto altro che ronzargli nella testa.

Fai esplodere la supernova.

A piccoli passi, fuori dalla comfort zone, Yuzo cercava di avvicinarsi alla deflagrazione del sé intrappolato nelle gabbie sociali. All’esplosione della famosa supernova che aveva nel petto.

«Quanto puoi restare?»

Dopo l’entusiasmo della sorpresa, Mamoru si fece più serio e pragmatico. Divorò il portiere nelle profondità degli occhi neri.

«Un’ora e mezza.» Yuzo sollevò le spalle, più di così non aveva potuto tirare. «Purtroppo ce lo hanno detto solo questa mattina che avremmo avuto il pomeriggio libero, e tu eri impegnato con gli allenamenti, non ti ho potuto contattare. Così ho pensato di non perdere tempo.»

«Hai pensato benissimo,» Mamoru sorrise, la virgola provocatoria sempre lì, all’angolo della bocca per renderla perfetta. «E io me la farò bastare.»

Lo guidò all’interno di quel palazzo che Yuzo aveva già conosciuto, fin da quando il centrocampista si era trasferito a Yokohama, e aveva un gusto moderno come l’intera architettura. Erano edifici nuovi, nemmeno dieci anni sulle fondamenta, e Mamoru aveva in affitto un appartamento al dodicesimo piano perché, diceva, Yokohama dall’alto sembrava così piccola da rendere le distanze più brevi.

Nei pochi secondi che l’ascensore impiegò per portarli a destinazione, Mamoru mandò all’aria di nuovo ogni rigore, inchiodando Yuzo alla parete della cabina. Aveva detto che si sarebbe fatto bastare quella manciata di tempo, e non voleva perderne neppure un secondo; con tutti quelli che avevano gettato alle ortiche tra medie e liceo, avrebbe dovuto fare gli straordinari per mettersi in pari. Intanto cercò di accontentarsi di quelle labbra morse di continuo, del fiato che si rincorreva tra bocche e nasi, del freddo sulle guance di Yuzo e sulle sue dita, e della presenza di quel corpo tra le braccia, contro il suo, che era il miglior regalo di San Valentino di ogni universo conosciuto e sconosciuto.

«Mi farai anche respirare?» rise il portiere quando l’ascensore batté la nota acuta di arrivo al piano.

Mamoru lo afferrò per il lembo della sciarpa, e lo trascinò con sé fuori dalle porte aperte, camminando all’indietro.

«Chissà, vedremo. Abbiamo poco tempo, ricordi? Non posso fartelo sprecare con quelle scemenze.»

Nel modo in cui Yuzo arricciava il naso quando rideva, Mamoru trovava ogni volta la perfezione del proprio universo. Non aveva mai creduto potesse essere una cosa tanto piccola e semplice, eppure quando ci si era trovato davanti la prima volta era stata come un’illuminazione divina; il raggiungimento del Nirvana: perché se Yuzo avesse sempre continuato a ridere così per lui, allora non avrebbe più avuto nient’altro da chiedere al mondo.

Casa li accolse con un arredamento molto minimal e regolare nelle linee e colori; tonalità neutre che non potevano passare di moda, e disordine sparso da adolescente fatto di riviste lasciate sul tavolino del salotto, tazza della colazione nell’acquaio, briciole sul ripiano della cucina. Un pc abbandonato sul divano e il cavo che attraversava tutta la stanza per trovare la presa.

Yuzo riuscì giusto a togliersi il giaccone imbottito prima che Mamoru lo afferrasse alle spalle e gli lasciasse un morso sul collo scoperto. Le mani strette attorno ai fianchi lo tirarono indietro e la schiena trovò il petto del compagno ad accoglierla.

Sul collo, il morso divenne bacio, e poi lingua che assaggiava e gli strappava un sorriso di sole labbra e un brivido che dalla nuca rotolava lungo la spina dorsale come granelli di sabbia. Il modo che Mamoru aveva di avvicinarlo era così sicuro di sé, caldo come il fuoco vivo. La notte di Natale gli aveva dato piena dimostrazione di come non si fermasse davanti a nulla se la persona che aveva tra le braccia era quella che voleva.

«Quattro ore di viaggio tra andata e ritorno, solo per una manciata di minuti con me. Devi forse dirmi qualcosa, Morisaki?» Mamoru lasciò un sorriso sulla pelle, che valeva più del segno di un morso. Era come un marchio inciso direttamente dal Sole.

«Che sono pazzo e dovrei farmi vedere da uno bravo?»

«Pensavo a qualcosa di più romantico.» Mamoru lo fece voltare per poterlo guardare dritto negli occhi. Sollevò il mento e le iridi si assottigliarono nello stringersi delle palpebre. «Tipo che sei così innamorato di me che non puoi starmi lontano troppo a lungo.»

Yuzo annuì un paio di smorfie ironiche. «Oh, sì. Giusto. Tu sei quello irresistibile.»

«Beh, lo hai detto tu che sono ‘un figo’

«Ah! Ancora? Vorrai rinfacciarmi tutte le cazzate che ho detto quella notte per il resto della mia vita?» Yuzo arrossì e si divincolò dalla presa con facilità. «Ero ubriaco!»

Mamoru si poggiò con la spalla contro il muro accanto alla porta e osservò Yuzo muoversi per l’ambiente unico di cucina e salotto con una certa disinvoltura. Ridacchiò dell’imbarazzo che ogni volta prendeva il portiere quando si nominava la famosa notte natalizia, mentre a lui, sempre ogni volta, l’espressione si scioglieva in una più calda nel pensare a quanto fosse stato così fottutamente seducente nel parlare a vanvera, non capire nulla e guardarlo con oro liquido negli occhi nocciola, da catturarlo senza possibilità di appello, fargli alzare bandiera bianca e dire: ‘Lo voglio e me lo prendo. Adesso’.

Sei anni. Sei. Cristo, ancora si domandava come cazzo avevano fatto a essere tanto idioti, loro due.

«A letto non mi parevi tanto ubriaco.» Mamoru lo raggiunse di nuovo.

«Lo ero soprattutto in quel momento! La cazzo di figura di merda la so solo io, accidenti» si difese Yuzo, ripescava delle tazze dalla credenza e il rossore gli era arrivato alle orecchie. «Preparo del tè.»

«No.»

«Non ne vuoi?» Il portiere lo guardò, appoggiando le mug sul ripiano della cucina.

Mamoru scosse il capo. «Voglio te.»

Sembrava che le sue mani non potessero stargli lontane troppo a lungo quando erano insieme, nella stessa stanza. Mamoru se n’era reso conto anche quando si trovavano assieme agli altri: cercava sempre di avere un contatto con lui, più discreto di quando erano da soli, ma comunque presente. Una mano sulla spalla, dietro la schiena, un buffetto dopo una battuta. Le sue mani erano polo negativo, il corpo di Yuzo polo positivo di quella calamita che per troppi anni li aveva attratti e a cui loro avevano resistito in maniera ottusa. Adesso che si erano toccati, non potevano più tornare a com’era prima. Cos’era il ‘prima’? Non esisteva!

Cercò la sua bocca, si prese tutti i baci di cui aveva bisogno per sentirsi bene e poi fece scivolare il viso fino all’incavo tra collo e spalla. Lo adagiò lì, mentre i palmi tracciavano autostrade sulla schiena, lenti come lumache.

«Farsi quattro ore, però, è davvero un po’ da pazzi.» Le parole scivolarono calme come le mani. «C’è sul serio qualcosa che vuoi dirmi?»

Yuzo respirò il profumo dei suoi capelli freschi di doccia.  

«Mi mancavi. Volevo stare con te. In questo caso, il viaggio non era importante quanto la meta.»

Mamoru prese un respiro profondo, come volesse affrontare un discorso lungo e avesse bisogno di tutta l’aria possibile per arrivare fino alla fine, e invece non disse nulla. Castrò ogni cosa nella gola, ci si costrinse, aggrottando le sopracciglia in un’espressione quasi dolorosa al riparo dallo sguardo di Yuzo. C’erano parole che premevano per uscire da un po’ di tempo, ma ogni volta si tratteneva, aspettando che fosse Yuzo a dirle per primo, e sentirsi più sicuro nemmeno lui sapeva di cosa.

C’era che quella con Morisaki era una storia che lo aveva sorpreso fin dall’inizio, gli era esplosa tra le mani come un petardo e i segni si iniziavano a far sentire sempre più a fondo, scavavano solchi. Mamoru lasciava che ne scavassero di più profondi, e voleva a sua volta scavarne nella pelle di Yuzo, dentro al suo petto. Voleva che del suo segno non avrebbe mai potuto liberarsi come lui non riusciva a liberarsi di quello del portiere.

Quanto bisognava aspettare prima di poter dire ‘credo di amarti’ senza averne paura?

Inspirò di nuovo.

«Tutto ok?» Yuzo sciolse l’abbraccio con una leggera urgenza, lo guardò in viso ma Mamoru lo baciò prima che potesse mettere a fuoco i suoi occhi.

«Benissimo.» Era anche vero, in buona parte, perché la punta di incertezza restava solo in un angolino cui non voleva pensare, adesso: il suo ragazzo era lì, per festeggiare insieme quella stupidata di San Valentino che, una volta tanto, gli piacque da morire. Così il sorriso tornò sfacciato come al solito.

Dalla schiena, le mani scivolarono sul culo del portiere, ne strinse le forme allenate con un piacere indescrivibile e lo avvicinò a sé.

«E potrei anche stare meglio.»

Yuzo non era sorpreso di quella fisicità che era un punto saldo del loro rapporto. Avevano iniziato così, con una notte intera di sesso. Poi avevano cominciato a far parlare i loro sentimenti, le loro voci e quei loro diciotto/diciannove anni sgangherati in cui gli impulsi del corpo erano la prima cosa che non riuscivano a controllare, ma che li dominava, a volte. E andava bene così. Andava benissimo. Lui non l’avrebbe mai detto, perché era sempre stato un tipo più razionale che istintivo, e sulle cose pensava milleuno volte prima di agire. Con Mamoru si era fermato allo zero e tutto il resto era andato da sé. Meravigliosamente da sé.

E poi perché a San Valentino doveva essere diverso?

Rise.

«Mio fratello ha ragione a dire che sei un ‘ottomano’, come le piovre.»

Mamoru storse la bocca nel ripensare al piccolo, piccoliiiissimo ostacolo e neo che ogni tanto faceva capolino nella loro relazione.

«Tuo fratello non fa testo, visto che mi odia.»

Yuzo scosse il capo con indolenza. «No che non ti odia.»

«Certo che sì, invece. Percepisco in lui quasi una vena di naturale e soddisfatto sadismo nel tenermi sul cazzo.»

«Ma se vi siete visti, quante? Due volte in croce?» Yuzo non trattenne una risata.

«Più che sufficienti,» decretò Mamoru con fermezza granitica. Il portiere si strinse nelle spalle.

«E poi fa così con tutti i malintenzionati, te l’ho detto.»

«Io sarei ancora un malintenzionato

«Beh, dipende… che intenzioni hai adesso?» chiese Yuzo lanciando un’occhiata fugace a quelle mani che ancora erano arpionate alle sue chiappe e sembrava non volessero lasciarle per nulla al mondo.

Mamoru ci pensò. «Ripetimi tra quanto devi andare via?»

«Ho il treno tra un’ora e mezza.» Yuzo guardò l’orologio, si corresse. «Tra un’ora e dieci.»

«Con la macchina ci mettiamo cinque minuti, quindi… fai conto che abbiamo solo un’ora, poco meno.»

«E le tue intenzioni in quest’ora?»

«…cazzo, le peggiori.»

La virgola di sorriso sostituiva ogni parola superflua e anche il bacio con cui gli mozzò il fiato per i secondi successivi. Rubava molto di più dell’aria, certe volte: rubava l’anima a piccoli pezzi. E quando Mamoru lo baciava in quel modo, Yuzo non desiderava altro che finirci a letto.

Ripresero fiato, le fronti una contro l’altra. Dal sedere, Mamoru tornò ad avvolgergli la schiena.

«In realtà, non voglio fare niente. Mi basta che sei qui. Ce ne stiamo sdraiati, parliamo un po’… mi basta che ci sei.»

«Anche a me basta.»

Mamoru guardò il sorriso carezzevole di quelle labbra da mordere e per un attimo pensò di potersi fidare completamente, affidare a lui quella diavolo di frase incastrata nella gola convinto che ne avrebbe avuto cura per tutto il tempo che le loro strade sarebbero state unite.

«Be my Valentine,» disse invece, prima di baciarlo ancora e ancora e ancora. Poi gli occhi lucidi, di quel nocciola liquido e ubriacante, gli fecero balenare un brillio più scaltro e per niente romantico. «Ora però togliti quei cazzo di vestiti.»

«Cosa?!» Yuzo strabuzzò gli occhi, si sentì mollare un buffetto sul culo e piantare lì, mentre Mamoru si allontanava, direzione: camera da letto. «E che fine ha fatto il ‘mi basta che sei qui’, ‘stiamo sdraiati’, ‘non voglio fare niente’

«Sì, ma mica significa che devi stare così coperto!» si difese Mamoru, in una stretta di spalle. «Ti voglio toccare, cazzo!»

La risata di Yuzo esplose a bocca spalancata, mani alzate e testa scossa con incredulità. Adagio gli andò dietro.

«Mi arrendo!»

«Naaa, non lo farai,» sogghignò Mamoru; maglione e t-shirt tolti in un solo gesto, i capelli corvini ricaddero sulle spalle ampie e i muscoli del torace pronti per essere toccati e lambiti per ogni istante di quella brevissima ora.

A una simile vista, e ricordando a sé stesso quanto davvero fosse figo oltre i limiti dell’umana decenza, anche Yuzo dovette capitolare; la felpa già mollata sulla spalliera del divano.

«…hai ragione, non lo farò.»

 

“Be my, my Valentine girl
I need you.
I want you.
I want you in my world,
Valentine girl.”

 

Valentine girlNew Kids On The Block

 

 

Fine

 

 

Note Finali: E così, romanticamenti di San Valentino.

Perché loro sono dolcini e belli e se lo meritavano :*
Immagino che i piccoli riferimenti alla shot di Capodanno li abbiate colti, e in quell’occasione troveremo, o meglio, RITROVEREMO personaggi che avete già conosciuto altrove. :3 (il riciclo è una cosa bella e aiuta l’ambiente XD).

Ci sono anche riferimenti a “Christmas checkmate”, con la storia della nottata di sesso continuo e relativi folklorismi (XD) e dell’osservazione di Yuzo su quanto Mamoru sia figo.

 

Inoltre, sì, in Giappone si diventa maggiorenni a VENTI ANNI, e non a diciotto. Il Giappone non è l’Italia, bisogna sempre controllare come cambiano le regole! :D

Anzi, esiste un giorno particolare in cui i maggiorenni e futuri tali festeggiano questo momento importante, ed è il Seijin no Hi. (Mamoru e Yuzo lo festeggeranno l’anno successivo a quello descritto nella storia, e magari, chissà… vi farò pure vedere come! E se considerate che, di solito, dopo la cerimonia ufficiale si va a bere… TOGLIETE LA BOCCIA A YUZO, PER CARITA’!!! XDDD).

 

E niente, è già il 15… Buon San Faustino XD LOL

 

PS: MUSICA RIGOROSAMENTE ANNI '90!!! IL CIEL VI AIUTI!!! XD ♥

   
 
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