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Autore: VENDA    16/02/2018    3 recensioni
Il nostro sguardo sincero mentiva al mondo...
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty, Mycroft Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Il nostro sguardo sincero mentiva al mondo...»
«Come scusa?»
Jim scosse la testa, un sorriso vagamente sognante gli piegava in su gli angoli della bocca.
Mycroft non resistette e si sporse a baciarlo, quei pochi centimetri erano troppo da sopportare. Gli prese il labbro inferiore tra i denti e lo tirò piano, poi lo lasciò andare subito. La reazione del criminale non si fece attendere: lo baciò a sua volta per lunghi secondi, anche con un po' di prepotenza, come a dire "non mi basta, voglio di più".
C'era un silenzio talmente forte in camera da letto - o forse in tutta la casa, probabilmente il gatto stava dormendo e non faceva neanche le fusa, il camino era spento, tutte le finestre ben chiuse - che anche lo strusciare di una gamba tra le lenzuola produceva un rumore assordante, o i sospiri affannosi, o lo stacco delle labbra che si lasciano, poi si urtano ancora, poi si lasciano di nuovo. Ogni bacio era un concerto di suoni, il sesso appena consumato era stato rimbombante.
E quella frase bisbigliata all'improvviso aveva rotto qualcosa nell'equilibrio così precario di quel silenzio, non più benaccetto.
Jim lo sapeva, sapeva che doveva dare qualche spiegazione. Ma prima un altro bacio.
«Pensavo» disse poi, e ora che il silenzio se n'era andato, ed erano tornati a essere solo lui e Mycroft, non fu così traumatico.
«A cosa?» Mycroft trovava così strano dover tirare fuori di bocca una parola alla volta a quell'uomo chiacchierone e chiassoso.
«Ti sei mai fermato a pensare a quanto è stupida la gente che ci circonda, e che non si è mai accorta di noi?»
Come prima risposta, il politico alzò le spalle, una via di mezzo tra "non lo so" e "non mi importa". La cosa dovette divertire molto Jim, che si fece scappare una breve risata sincera.
«Andiamo, non ci credo!» replicò, puntellandosi su un gomito per alzare un po' la schiena e poter guardare il compagno dall'alto.
«So benissimo che la gente è stupida, ma non noto il nesso.»
«Mi riferisco a quando c'è qualche serata importante» cominciò allora a spiegare Jim, «o qualche riunione in parlamento che richiede la mia presenza, o uno degli sfarzosi avvenimenti mondani durante i quali fare pubbliche relazioni.»
«Tutte occasioni che pullulano di gente stupida.»
«Sì, ma quanto stupida?» chiese Jim, col tono di chi è arrivato all'esatto nocciolo della questione. «Dio, io ti guardo una continuazione, non ti tolgo un attimo gli occhi di dosso, non posso farne a meno! E quante volte incontro il tuo sguardo, quante volte sei lì a guardarmi?»
Sembrava averci pensato per la prima volta in quel preciso momento, mentre lo diceva, sembrava che il pensiero si formasse parola dopo parola. E chissà perché, poi? Era sotto i loro occhi ogni secondo, quella specie di invisibilità che li avvolgeva. Erano cauti, questo sì, o almeno lo erano stati fino a qualche mese prima; ora in qualsiasi momento qualcuno - chiunque - avrebbe potuto vedere Jim rincasare la sera alla villa di Mycroft, pulirsi le suole delle scarpe sullo zerbino esterno, tirare fuori le chiavi dalla tasca del cappotto e aprire la porta. Accendere la luce, svuotare le tasche sul tavolino in stile orientale nell'ingresso, posare il cellulare sulla toletta col grande specchio dalla cornice intagliata e appendere il cappotto e la giacca all'appendipanni accanto alla porta, perché le tende della finestra nell'ingresso erano abbastanza sottili da lasciar intravedere qualsiasi movimento come se si trattasse di ombre.
Sherlock avrebbe potuto accorgersene, per esempio.
«Certa gente non vedrebbe un elefante in una stanza» obiettò Mycroft. «Ma perché lo dici come se ti dispiacesse?» Non era 'dispiacere' la parola adatta, strideva con l'euforia con cui Jim aveva tenuto la sua piccola arringa, ma c'era qualcosa che a Mycroft sfuggiva e a cui non sapeva che altro nome dare.
Jim scoppiò a ridere, di nuovo divertito. 
«Non mi dispiace affatto, non voglio altre rogne! E soprattutto non voglio che tu abbia altre scuse per provare a fare retromarcia» aggiunse col tono di chi non ha bisogno di spiegarsi meglio.
Quello che Jim non capiva, pensò Mycroft, era che lui non aveva bisogno di scuse, avrebbe potuto fare retromarcia in qualsiasi momento, cacciarlo via, porre fine a quella relazione assurda e assurdamente equilibrata che non ricordava neanche come fosse cominciata. Avrebbe potuto fare tutte queste cose prima ancora che Jim si accorgesse che era iniziata la prima. Lui poteva tutto. 
«Com'è che hai detto prima?»
«Il nostro sguardo sincero mentiva al mondo» ripeté Jim. Era l'ultimo tassello di un lungo flusso di coscienza che solo il silenzio aveva ascoltato, ma ora che era stato mandato via lui non ricordava come ci fosse arrivato. Ci sono buchi che le parole non possono riempire.
«Quindi sei... sincero, quando mi guardi?»
Jim lo sentiva chiaramente che ci sperava che fosse così. Rimase a guardarlo per qualche secondo, per alcuni addirittura come si concede di guardarlo solo quando Mycroft è girato. «Tu che dici?»
Riuscì nel piccolo miracolo di farlo arrossire. Nessuno l’aveva mai guardato così, in un modo che per lui non aveva nome.
«Dico che ti preferivo in silenzio» borbottò, riuscendo così a strappargli la terza risata. Lo vide fare il gesto di cucirsi la bocca e lui gli mise una mano sugli occhi prima di baciarlo ancora, perché quello sguardo stava comunque continuando a parlargli.
   
 
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