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Autore: Gatto1967    17/02/2018    0 recensioni
L'idea di trasporre la storia di Candy ai giorni nostri non è certo nuova, in questo sito se ne possono trovare diverse.
Io mi sono divertito a immaginarmi la nostra saga animata preferita non solo ai giorni nostri, ma ambientata a Roma, la mia città. Cosa ne verrà fuori?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: questa storia è una fan-fiction che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi ne tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.
 
L’idea di trasporre la storia di Candy ai giorni nostri non è certo nuova. In rete sono presenti molte ff che descrivono una Candy moderna che armeggia con telefonini e altre diavolerie moderne.
Io mi sono divertito a immaginarmi la storia di Candy che si svolge ai nostri giorni in Italia, e precisamente a Roma, la mia città.
Certo, la storia sarà diversa dall’originale. Ai nostri giorni sarebbe un po’ difficile che una ragazzina possa essere adottata o affidata per poi ritrovarsi a fare la sguattera e a dormire nelle stalle.
Così un eventuale equivalente del giovanissimo William Albert Andrew avrebbe qualche difficoltà in più nell’adottare una bambina.
Così ho scelto di dare una direzione diversa ma non troppo alla nostra saga preferita.
I personaggi e alcuni punti chiave della vicenda (a cominciare dal “principe della collina”) potrebbero riservare sorprese inaspettate.
Insomma, benvenuti/e alla casa di Pony del nuovo millennio


Suor Maria si mise il cappotto e si diresse verso l’uscita dal reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale dove lavorava come infermiera da ben quindici anni. Il Natale era appena passato e mancavano pochi giorni all’anno nuovo, a quel 1998 che avvicinava ancora di più a un nuovo secolo e un nuovo millennio insieme.
La buona suora non si preoccupava più di tanto di quella questione, che era un “problema” essenzialmente profano. Per il suo Signore quelle erano sciocchezze, le questioni davvero importanti erano altre: la pace, la fraternità, l’amore per il prossimo. Cose che l’umanità purtroppo sembrava non imparare mai.
Uscita dall’ospedale Suor Maria attraversò rapidamente il giardino dirigendosi alla sbarra del cancello. Ne uscì salutando ricambiata la guardiana di turno e si diresse verso la fermata dell’autobus da dove in poche fermate sarebbe arrivata alla casa famiglia dove prestava servizio volontario. Quella sera, dopo il turno pomeridiano in ospedale le toccava pure la notte alla casa famiglia “Casa di Pony”, dal cognome della sua fondatrice, miss Pony, una signora americana trasferitasi da tempo in Italia e dedita ad opere di beneficenza.
Da qualche anno miss Pony aveva fondato una casa famiglia per bambini orfani proprio vicino al suo convento, e le suore si prestarono volentieri ad assisterla ed aiutarla nel suo compito.
Gli aiuti statali erano quello che erano, e quindi le suore aiutavano miss Pony anche finanziariamente.
Arrivata al ponte della ferrovia oltre il quale c’era la fermata del suo autobus, la buona donna avvertì un rumore alla sua sinistra, come una voce, una voce sottilissima.
Stava per passare oltre, convinta d’essersi sbagliata, quando una voce ben più nitida la fece sobbalzare.
- Mio Dio! Questo è il pianto di un bambino!-
avanzò per un breve tratto nella vegetazione fra il marciapiede e il ponte della ferrovia e vide distintamente due sagome: due bambini dentro due ceste che piangevano.
 
-Allora dottore, come stanno?- si informò Suor Maria appena il medico uscì dalla sala.
-Le abbiamo messe in terapia intensiva, le loro condizioni sono abbastanza stabili anche se delicate. Sono entrambe sottopeso ma non disperiamo di salvarle. Avete trovato niente che permetta di identificarle?-
-Si dottore. Una delle due aveva un biglietto nella cesta, c’era scritto che il suo nome è Anna e che è stata abbandonata perché sua madre non è in grado di accudirla. L’altra invece aveva una bambola con sé, una bambola con scritto a mano la parola “Candy”-
-Santo cielo!- esclamò il medico –ma perché abbandonarle lì fuori al freddo! La legge gli consentiva di farlo in maniera anonima e sicura!-
-Non so che dirle dottore, purtroppo accade spesso. Le persone per ignoranza abbandonano i bambini per strada o nei cassonetti della spazzatura spesso condannandoli a morte. Per fortuna stavolta non è successo.-
-Grazie a lei sorella. Bastava qualche minuto in più e quelle due bambine non avrebbero visto la luce del giorno.-
-Mi sa dire quanti mesi hanno?-
-Nonostante siano sottopeso e malnutrite possiamo stabilire con ragionevole certezza che hanno intorno ai sette mesi. Devono essere nate più o meno a metà maggio.-
In quel mentre suonò il cellulare di Suor Maria, e lei scusatasi con il medico, rispose. Era miss Pony con il suo inconfondibile accento americano.
-Sorella, come stanno le due bambine?-
-Non sono fuori pericolo ma il dottore mi ha appena detto che nutre buone speranze di salvarle entrambe.-
-Grazie al cielo sorella! E a lei naturalmente. Voglio che sappia che la nostra casa potrà ospitarle finché non troveremo una famiglia che le adotti entrambe.-
-La ringrazio miss Pony. Riferirò immediatamente al dottore e alle forze di Polizia la sua gentile offerta.-
-A proposito! Come si chiamano le piccole? Hanno già un nome?-
-Una delle due si chiama Anna e l’altra…-
-L’altra?-
-L’altra si chiama Candy.-
-Candy ha detto?-
-Sì miss Pony. La bambina si chiama Candy.-
 
   
 
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