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Autore: H i n a    17/02/2018    1 recensioni
Durante il giorno dell’omaggio si trascorreva la giornata con le persone care, ma la maggior parte di quei giorni Prompto li ricordava solitari, lui e nessun altro nella sua casa priva di decorazioni con tre fiori in un vaso. Ormai aveva preso l’abitudine di scrivere tre preghiere, due per i suoi genitori e una per sé stesso, visto che nessun altro lo faceva. Si diceva che quando i fiori perdevano l’ultimo petalo la preghiera veniva esaudita dai Sei, ma anche in quello il giorno dell’omaggio l’aveva sempre deluso. Nessuna delle sue preghiere era mai stata esaudita tranne una.
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A Lucis si festeggia ogni anno il giorno dell'omaggio ai Sei ed è il giorno più felice e atteso, almeno in teoria.
[Pre-Game ~ Brotherhood]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Noctis Lucis Caelum, Prompto Argentum
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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COS'È L’OMAGGIO:
  • È il giorno in cui il popolo di Lucis festeggia i Sei, li omaggia per la protezione che ottengono durante tutto l’anno.
  • La festa è un unico giorno, a metà dicembre, ma le decorazioni ed i preparativi cominciano sette giorni prima.
  • Di solito i giorni effettivi di festa sono due, l'omaggio e la mattina del giorno dopo, per consentire a tutti di godersi la festa.
  • I colori della festa sono il bianco e il blu.
  • Le persone non si scambiano doni, ma fiori con legato un foglietto su cui è scritta una preghiera. Regalare una preghiera significa chiedere ai Sei qualcosa per quella persona.
  • Quando il fiore perde l’ultimo petalo, la preghiera dovrebbe avverarsi, alcuni le leggono, altri credono che porti sfortuna.
  • Di solito il giorno dell’omaggio si cena con pietanze particolari con le persone più care, che siano la famiglia, gli amici, il compagno.
  • Per strada a volte i negozi espongono delle bancarelle e i venditori di fiori si trovano a qualsiasi angolo.
  • A mezzanotte a Insomnia vengono sparati fuochi d’artificio bianchi e blu e con questo la festa si conclude.
 

Il giorno dell'omaggio.



Prompto non era mai stato particolarmente interessato al giorno dell’omaggio. Le luci e le decorazioni bianche e blu dappertutto erano carine a vedersi e splendide da fotografare. I fiori con le preghiere legate al fusto che passavano di mano in mano gli scatenavano una certa curiosità, il desiderio di scoprire che cosa ci fosse scritto sopra, e alimentavano la sua fantasia nell’immaginarlo persino guardando degli sconosciuti. Le persone così sorridenti e felici, in pace in quell’unico giorno dell’anno, erano ottimi soggetti per le sue fotografie segrete, scattate quando nessuno lo notava, era l’unico momento dell’anno in cui provava interesse nel fotografare le persone e non solo gli animali, sé stesso o i suoi limitati amici. Ma a parte tutto questo, che era un piacevole contorno, per Prompto quello era un giorno come tutti gli altri. A lui nessuno aveva mai regalato dei fiori con una preghiera se non rarissime eccezioni di anni in cui i suoi genitori si trovavano a casa proprio quel giorno. Le loro preghiere, tuttavia, erano sempre abbastanza sterili, richieste di persone che lo conoscevano molto meno di quello che gli piacesse ammettere. Durante il giorno dell’omaggio si trascorreva la giornata con le persone care, ma la maggior parte di quei giorni Prompto li ricordava solitari, lui e nessun altro nella sua casa priva di decorazioni con tre fiori in un vaso. Ormai aveva preso l’abitudine di scrivere tre preghiere, due per i suoi genitori e una per sé stesso, visto che nessun altro lo faceva. Si diceva che quando i fiori perdevano l’ultimo petalo la preghiera venisse esaudita dai Sei, ma anche in quello il giorno dell’omaggio l’aveva sempre deluso. Nessuna delle sue preghiere era mai stata esaudita tranne una. E stava seduto accanto a lui a fissare lo schermo del proprio telefono, intento a giocare. L’anno prima, consapevole che quello che veniva sarebbe stato il suo primo anno di liceo, aveva chiesto che arrivasse il momento giusto per parlare con il principe Noctis. Aveva chiesto che finalmente potesse sentirsi pronto per farlo ed ora eccolo lì. Pochi mesi ed era diventato il primo e migliore amico che avesse mai avuto. Evidentemente i Sei avevano deciso di farsi perdonare, in un colpo solo, di tutte le preghiere non esaudite negli anni passati. Prompto lo apprezzava molto perché quella era in assoluto la cosa che aveva più desiderato. Un amico. Quell’amico. Così assorto a pensare a tutte quelle cose, con un’aria pensosa e distante che non gli apparteneva, tornò alla realtà solo quando Noctis si schiarì la voce. Prompto sollevò lo sguardo e si trovò a specchiarsi nei suoi occhi. Faceva ancora una tremenda fatica a sostenere il suo sguardo. Persino nei momenti più tranquilli e informali, Noctis conservava un’eleganza che metteva soggezione al timido carattere di Prompto.
« Prompto, mi stai fissando, smettila. »
In effetti lo stava fissando con insistenza da circa cinque minuti, completamente assorto nelle sue più o meno complicate riflessioni su quella dannata festività. Ed era rimasto in silenzio per tutto il tempo, cosa che doveva aver insospettito maggiormente il principe.
« Scusa! Ero assorto, stavo pensando… »
« Che evento raro! Comunque, mentre riflettevi sulla profondità del tuo essere, hai perso. »
Prompto abbassò gli occhi azzurri sullo schermo del proprio cellulare e la scritta “game over” gli lampeggiò di rimando, rossa e gigantesca sulla figura deceduta del suo personaggio. Fece una smorfia. Non che fosse particolarmente competitivo, ma perdere ad una delle cose in cui era più bravo gli dava fastidio.
« Aaaah porca miseria! Non vale, voglio la rivincita, mi sono distratto! »
Noctis scosse la testa e spense lo schermo del telefono. Mentre si alzava svogliatamente lo infilò in tasca con un sospiro annoiato. Prompto ne seguì i movimenti con lo sguardo, triste che il loro momento fosse finito.
« Mi piacerebbe, ma non posso. Se non torno entro… » e guardò l’orologio che aveva al polso. « …quindici minuti a casa mi toccherà sentire Ignis che mi ricorda per filo e per segno i miei doveri reali, l’etichetta, l’educazione e bla bla bla. Sinceramente preferisco evitare. »
Prompto si alzò a sua volta dalla panchina su cui erano seduti indicando che lo avrebbe accompagnato. Ormai parlavano a gesti, c’era una sorta di codice muto tra loro perché la comunicazione a parole con Noctis non era evento consueto. Prompto aveva imparato a capire dalle sue espressioni cosa stesse pensando, visto che a chiederglielo si otteneva sempre “niente” come risposta, cosa volesse fare o dire senza che lo facesse effettivamente. Le sue ottime doti di osservatore lo rendevano il compagno ideale per Noctis che praticamente era come un cane, bisognava intuire tutto di lui dal contesto perché di avere risposte chiare non se ne parlava. A volte le loro conversaizoni erano lunghi monologhi del biondo intervallati da risposte monosillabiche del principe. Compensazione, secondo la modesta opinione di Prompto. Presero a camminare lungo la via colma di luci bianche e blu, le mani infilate nelle tasche per proteggerle dal freddo. Le luci disegnavano sinistri contorni nel buio e davano sfumature strane al loro fiato che si condensava mentre camminavano. Il bianco dei lampioni faceva da sfondo alla loro passeggiata silenziosa assieme ai rumori della città. Prompto sapeva che se non avesse iniziato lui una conversazione, avrebbero fatto la strada in totale silenzio.
« Hai messo delle decorazioni in casa tua? »
« Le ha messe Ignis, a me non interessano. »
Silenzio. Il gelo della sua risposta a mettersi in mezzo tra loro come un muro. Prompto sospirò, quel giorno era particolarmente acido per un motivo che gli sfuggiva. Non che lui lo trovasse scostante come tutti gli altri, a lui Noctis piaceva nel suo essere tranquillo, distaccato e silenzioso, gli dava un senso di pace e di mistero. C’erano così tante cose di Noctis che si imparavano solo quando lo si avvicinava, così tante che da fuori era impossibile anche solo immaginarle.
« Ti hanno messo il coprifuoco ora, Noct? »
Noctis storse il naso ed emise un basso verso, simile ad un ringhio.
« Ci devono solo provare! No, non è il coprifuoco, è questa stupida festa! “Oh che bello, il giorno dell’omaggio, siamo tutti felici e in pace, stiamo con la famiglia e fingiamo che sia tutto piacevole e sereno!” Che ipocrisia! »
Non si aspettava che anche Noctis provasse un tale diniego nei confronti di quella festività. Anzi, sembrava disprezzarla persino più di lui, il che non gli era del tutto chiaro, sebbene il principe mostrasse di apprezzare una limitatissima gamma di cose.
« Non essere così cinico. E tutto questo cosa c’entra con il tornare a casa presto? »
Altra smorfia, stavolta più che disgusto gli parve di rabbia mista a quella che giurò essere tristezza. Inclinò la testa per guardarlo meglio e lui se ne accorse, spostando lo sguardo.
« Mio padre, che non ha mai un maledetto secondo per potermi incontrare, ha ben pensato che fosse il caso di fare l’allegra famiglia felice e cenare insieme stasera. »
Il suo tono era carico di un’amarezza che traspariva persino nella solita immobilità dei suoi occhi blu.
« Ma dovresti essere contento, ha trovato del tempo per te! »
« Sì ma… È forzato. Sicuramente si è sentito obbligato, non voglio che sia così. »
Ecco il motivo di tutta quella acidità. Prompto abbassò lo sguardo e si vergognò per un secondo di aver pensato di invidiarlo, perché almeno lui non sarebbe rimasto a casa da solo. “Che pensiero egoista!” si trovò a pensare mentre dava un calcio ad un paio di foglie secche rimaste sulla strada.
« E’ tuo padre ed è la festa dove si sta con le persone care. Secondo me non è forzato, è un segno d’affetto. »
Prompto sapeva cosa avesse bisogno di sentirsi dire, non dovette nemmeno pensarci. Noctis fece una smorfia, ma la sua espressione si ammorbidì e così la sua postura arrabbiata. Si voltò a guardarlo per un secondo, forse per dire qualcosa, ma poi tacque e tornò a fissare la strada. Prompto giurò che un “grazie” gli fosse appena morto sulle labbra.
« Tu fai qualcosa? I tuoi sono tornati? »
Silenzio. La domanda più scomoda. L’ombra di qualche parola che gli moriva sulle labbra. No, non era tornati e no, non avrebbe fatto proprio un bel niente. Dirglielo, tuttavia, non sarebbe stato carino. Anche se Noctis gli pareva indifferente a tutto, persino a lui certe volte, non voleva farsi compatire. Non voleva che potesse sentirsi in colpa perché lui festeggiava con il padre e Prompto era da solo. Tanto non era importante cosa facesse lui o meno, a lui quella festa non dava mai gioie, ma forse quell’anno Noctis l’avrebbe apprezzata e Prompto ci teneva che fosse così. Se doveva scegliere chi mettere al primo posto nelle sue priorità, non avrebbe mai messo sé stesso.
« Sì, sono tornati… Penso che ceneremo insieme… Cucinerà forse mia madre, niente di speciale… »
Cercò di apparire sereno, quasi felice, modulò il tono di ogni singola lettera che andò a pronunciare. Noctis lo guardò con uno sguardo che non riuscì a decifrare e poi sollevò le spalle. Si fermò davanti alla porta del palazzo in cui viveva e lo guardò.
« Buon per te. Allora a domani. »
« A domani. »
E lo salutò con la mano mentre entrava dalla porta e spariva oltre la soglia.
 
Quando entrò in casa e urlò “sono tornato” a rispondergli fu solo il silenzio e l’eco della sua voce nelle stanze vuote. La casa era immersa nel buio rotto solo dalla luce che entrava dalle finestre, la luce dei lampioni sulla strada. Non c’era una sola decorazione in tutto l’appartamento, solo tre fiori bianchi con un foglietto legato al fusto in un vaso, sul tavolo da pranzo. Uno aveva già cominciato a sfiorire, quello per suo padre. “Buon per lui” pensò Prompto. “Significa che avrà fortuna per quel lavoro importante di cui mi aveva parlato”. Questo aveva chiesto per lui. Il suo era perfettamente intatto, avrebbe festeggiato a cena da solo quindi, come tutti gli anni. Si era concesso cibo da asporto per una volta perché non era nell’umore adatto per cucinare. Non che fosse triste o chissà cosa, era semplicemente rassegnato. Non era la prima volta che passava quel giorno da solo, un giorno come tanti altri, e non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Tuttavia la rassegnazione, al pari della tristezza, aveva un certo peso nel suo animo che oscurava la già poca voglia di cucinare. Non aveva nemmeno preso un qualche cibo particolare, fast food e niente di più, come qualsiasi altro giorno. Gettò la borsa in un angolo e accese la luce. Impiegò meno di dieci minuti a cenare e mettere in ordine. E ora? L’unica cosa bella di quella festa erano i fuochi artificiali. Con il filtro giusto ci venivano delle foto mozzafiato. Tanto valeva aspettare la mezzanotte, come faceva sempre, seduto sul balcone con la macchina in grembo ad osservare un’Insomnia che festeggiava alla faccia sua. Dal balconcino della sua stanza vedeva la strada, la casa di fronte e poi un grosso spicchio di cielo da cui i fuochi erano ben visibili. Si posizionò con la solita sedia pieghevole, una coperta e la fedele macchina in grembo, le gambe accavallate sul bordo del balcone con i piedi che spuntavano. C’era un silenzio irreale quel particolare giorno. Nessuno per strada se non qualche ritardatario. Tutte le luci delle case accese. Nessuna auto. La luna e le stelle oscurate da quel tripudio di luci bianche e blu. Sarebbe stata una lunga attesa fino alla mezzanotte.
« Ma non hai freddo? »
Prompto sobblazò sulla sedia, si sbilanciò e per poco non cadde. La voce che aveva parlato la riconobbe subito. Tirò giù i piedi per alzarsi e sporgersi sul balcone. Noctis stava in piedi davanti al cancello di casa sua e lo guardava piuttosto perplesso. Doveva aver visto i piedi apoggiati sul balcone, aveva un’ottima vista.
« No ho la coperta, ma… » collegò con un secondo di ritardo. « Cosa fai qua? E tuo padre? E come mai sei da solo? Ma puoi andare in giro da solo? Come sai dove abito? »
Non respirò nemmeno tra una domanda e l’altra, tanta era la fretta di capire che cosa ci facesse sotto casa sua, di notte, da solo, quando avrebbe dovuto essere a palazzo.
« Basta, calmati, non ti sto dietro! Dunque… Sono qua per la cena. Ho saltato l’incontro con mio padre. Ho seminato Ignis due isolati fa. No, non potrei, ma sono evaso. Sono il figlio del re, posso sapere tutto in cinque minuti. Dovrei aver risposto a tutto, mi fai entrare? »
Nel parlare contava le risposte alle sue domande sulle dita. Alla fine del discorso lo guardò leggermente spazientito e Prompto si affrettò a scendere per aprigli. Mentre entravano in casa si sentì in dovere di avvisarlo. Tempo cinque secondi e avrebbe scoperto che gli aveva mentito.
« Ho già cenato. »
« Se per questo anche io. »
« Ma hai detto… »
« Non c’è nessuno qui. »
Noctis is guardò intorno nella casa vuota, spoglia e silenziosa. Notò i tre fiori sul tavolo e gli rivolse uno sguardo vagamente di rimprovero, quasi arrabbiato. Prontamente beccata la sua bugia, d’altronde Prompto era un pessimo bugiardo. Abbassò lo sguardo con aria colpevole.
« Cosa stavi facendo sul balcone? »
Ma che c’entrava? Non gli aveva ancora spiegato perché fosse lì e gli chiedeva se aveva freddo e cosa faceva in balcone? Le priorità di Noctis, in quel momento, sfuggivano all’umana e modesta comprensione di Prompto.
« Aspettavo i fuochi… »
Un sospiro e uno sguardo di quelli che si rivolgono ai bambini piccoli che dicono una sciocchezza.
« Guardi ancora i fuochi? Sei proprio un bambino, andiamo. »
Lo stava leggermente confondendo. Intanto non capiva perché fosse lì, poi cosa volesse fare e infine se fosse o meno arrabbiato per qualcosa. Senza contare che si contraddiceva da solo ad ogni frase. Non lo degnò nemmeno di uno sguardo e quando fu sul balcone si appropriò della sua sedia e della sua coperta, così che Prompto fu costretto a cercarne altre. Una volta posizonato rimasero in silenzio per circa un minuto.
« Mi stai fissando di nuovo, Prompto. »
« Perché sei qui? »
Noctis si voltò a guardarlo con un movimento svogliato. Lo guardò come se pensasse che fosse un po’ stupido e Prompto divenne rosso, non seppe se per l’imbarazzo o la rabbia. Un altro sospirò e un altro sguardo di quelli che si rivolgono ai bambini un po’ insistenti.
« Per l’omaggio no? Te l’ho detto prima. »
« Pensavo che non ti piacesse questa festa. »
« Mi è del tutto indifferente. » Fece spallucce sotto la coperta.
« E allora perché la vuoi festeggiare con me? »
« Perché tu sembri odiarla e di solito ti piace tutto. Volevo capire perché. »
Prompto ammutolì. Quindi era stato davvero così evidente il suo disgusto per quella festività, pensare che aveva cercato in tutti i modi di nasconderlo ed apparire il più naturale e tranquillo possibile. Aveva fallito miseramente. Tuttavia la cosa più strana di quella storia non era la sua inesistente capacità di mentire, quanto piuttosto l’interesse di Noctis per il suo stato d’animo. Perché sprecarsi per venire lì? Solo per lui? Di solito a Noctis non importava di niente, né delle cose né delle persone, a malapena di sé stesso.
« Ora ho capito. Dovevi dirmelo invece di mentire. Non lo sai fare tra parentesi, peggio di quando giochi a King’s Knight. »
Era assurdo pensarlo, ma sembrava che Noctis fosse venuto lì per consolarlo, per fargli compagnia, insomma sembrava fosse lì per lui. Chi aveva mai fatto qualcosa per Prompto? Qualcosa di disinteressato e senza un secondo fine? Chi mai si era interessato a cosa provasse Prompto? Nessuno, solo Noctis. Non sapeva cosa pensare di quella novità così improvvisa e del tutto inaspettata.
« Sei venuto qui perché sapevi che ero da solo? »
« Ti da fastidio? » Il suo tono sembrava vagamente offeso.
« No! Certo che no, ma non capisco. E tuo padre? »
Di nuovo Noctis mosse la spalle. I suoi occhi non avevano smesso un secondo di fissare il cielo.
« Sono certo che non avrebbe avuto tempo per me, non ne ha mai. Preferisco stare qui con qualcuno che ha sempre tempo per me che ad aspettare qualcuno che non ne ha mai. Basta come spiegazione? »
« Sì… Grazie. »
Ma in verità Prompto non sapeva come reagire. Spostò a sua volta lo sguardo sul cielo e lasciò cadere il silenzio. Era diviso tra la profonda e piacevole felicità data dalla vicinanza di qualcuno a cui sembrava importare, per la prima volta, così tanto dei suoi sentimenti ed il senso di colpa per aver rovinato la giornata all’unica persona che avesse mai mostrato interesse per lui. Non era abituato a qualcuno che si preoccupasse di non lasciarlo solo. Sensazione nuova e del tutto inebriante. Era come se improvvisamente gli avessero detto che sì, a quel mondo anche lui contava qualcosa, abbastanza da avere una persona pronta a preoccuparsi per lui. Era la cosa più piacevole che avesse mai sperimentato.
« Non dirmi grazie, non lo sto facendo per te. Ah! Tieni! »
Si voltò di scatto, risvegliato dalla sua voce. Dalla coperta di Noctis spuntava la sua mano che teneva un fiore bianco con un biglietto attaccato. Una preghiera. Era la prima volta che ne riceveva una da qualcuno che non fosse i suoi genitori. Che buguardo, lo stava facendo per lui eccome.
« Mi hai portato una preghiera? »
« Non si fa così durante questa stupida festa? »
« Sì ma io… Aspetta un attimo! »
Lo lasciò lì da solo con il fiore in mano ed un’espressione accigliata in faccia. Scese al piano di sotto e dal vaso sul tavolo tolse il fiore con la preghiera che aveva scritto per sé stesso. Non gli serviva più, era già stata esaurita anche se il fiore era perfettamente intatto. Gettò il foglietto che aveva appeso al gambo nel cestino e su un altro scrisse una breve frase in fretta e furia, lo legò di nuovo e tornò sul terrazzo. Noctis lo stava aspettando con la mano ancora tesa fuori dalla coperta.
« Ecco tieni! »
Noctis lo guardò perplesso, ma accettò lo scambio. Doveva ancora abuituarsi forse a stare con una persona come Prompto, che ad ogni dono dava qualcosa in cambio, come se si sentisse obbligato. Rimasero in silenzio a fissare il cielo buio con i loro fiori in mano.
« Ma non muori congelato a fare questo tutti gli anni? Non ti annoi? »
Prompto rispose solo con un’alzata di spalle prima di parlare ancora.
« Posso leggere la preghiera? »
« Porta sfortuna. »
« Non ti facevo superstizioso. »
« Lo dico solo per te. »
Noctis fece spallucce e tornò a fissare il cielo. Prompto si sentiva vagamente a disagio in quella situazione. Era felice che fosse lì, ma anche dannatamente in colpa. E confuso. Non si riteneva così importante da sacrificare quella cena per stare con lui, in fondo lui era solo ogni anno, perché perdere tempo? Sospirò, ma in un modo diverso da come lo faceva Noctis.
« Non avresti dovuto saltare la cena per venire da me. »
« Mi piacrebbe tanto che la smettessi di sentirti sempre in difetto, Prompto. »
« Hai scritto questo nella preghiera? »
« Cavolo! »
Prompto rise e Noctis gli diede un calcio con il piede appoggiato sul bordo del balcone. Il piede di Prompto cadde con un tonfo e rischiò di sbilanciarlo, ondeggiò sulla sedia e poi si rimise dritto. Si voltò per guardarlo male, ma Noctis era impegnato ad osservare il fiore bianco che gli aveva dato il biondo avvicinandolo al volto.
« Direi che posso leggere la tua allora, per equità. »
« Porta sfortuna. »
« Ma stai zitto! »
Gli arrivò un altro calcio mentre lo guardava slegare il foglio dal fusto del fiore e srotolarlo per leggerlo. Non è che avesse scirtto niente di particolare, semplicemente aveva chiesto ai Sei di poter festeggiare l’omaggio con lui anche l’anno dopo. Un desiderio senza troppe pretese di una persona assurdamente semplice. Noctis lo guardò con la coda dell’occhio e arricciò un lato della bocca.
« Si può fare, magari la prossima volta vieni tu. »
«La pagherai cara questa fuga? »
« Carissima! »
Non sembrava eccessivamente preoccupato all’idea.
« Ti porto dei fumetti mentre sei in castigo. »
« Taci! »
Rimasero in silenzio finché i fuochi illuminarono il cielo e Prompto impugnò la macchina fotografica. Nel momento in cui il dito spinse sul pulsante, l’obiettivo non era più rivolto al cielo, ma al volto del principe che guardava i fuochi con quella sua espressione distratta e noncurante. Prompto fotografava da sempre quello che voleva ricordare e quella persona, in quel posto, quella notte, con quella espressione voleva ricordarla per sempre. Cercò il momento in cui era concentrato sul cielo per catturare la sua immagine, poi si dedicò ai fuochi finché questi si spensero lasciandosi dietro il silenzio immobile tipico della fine di un grande spettacolo e poi un crescente vociare lontano, pieno di gioia e meraviglia. Tornò a sedersi gettando le gambe sul balcone e la coperta sul corpo, mezzo congelato, le dita intirizzite sul pulsante della macchina.
« Mi sono sempre chiesto perché ti piaccia così tanto fotografare le cose. »
Una domanda indiretta, del tutto inaspettata. Prompto non sapeva se il principe si aspettasse una risposta o meno, era sempre difficile capire cosa volesse visto che era ben lungi dal dirlo ad alta voce. Rimase in silenzio qualche minuto, poi decise che forse doveva effettivamente rispondere.
« Perché mi piace ricordare per sempre le cose che fotografo. E perché viste nelle foto sono diverse, è come vederle come le vedo io, non so se mi spiego… E’ una cosa complicata da spiegare. »
Era in effetti la domanda più difficile che gli si potesse fare, ma Noctis sapeva sempre dove andare a parare per farlo uscire allo scoperto.
« Per quello mi hai fatto una foto prima? »
A Prompto andò di traverso la saliva. Alternò sul volto i colori dell’arcobaleno e dovette tossire un paio di volte per non soffocare. Noctis doveva avere gli occhi anche dietro la testa, come diavolo aveva fatto ad accorgersene? Il momento di silenzio prima della risposta stava diventando troppo lungo e Prompto sapeva che doveva dire qualcosa o sarebbe stato ancora peggio.
« E’ stato il più bel giorno dell’omaggio della mia vita. »
Non era una risposta, era un tentativo goffo e probabilmente fallimentare di cambiare argomento e spostare la sua attenzione dalle fotografie che gli aveva scattato. Noctis, che continuava insistentemente a guardare il cielo trapuntato di stelle, gli lanciò uno sguardo con la coda dell’occhio e inarcò un lato della bocca in un mezzo sorriso.
« E di chi è il merito? »
La sua voce aveva un filo di sarcasmo, come se gli stesse facendo una domanda la cui risposta era ovvia. Prompto non seppe se avesse abboccato al suo tentativo di fuga volonatriamente o meno, o se forse la sua frase fosse apparsa alle sue orecchie come una risposta più che sufficiente.
« Di chi se non del mio eroe, il principe Noctis? »
Si guardarono per un secondo e non poterono fare a meno di scoppiare a ridere. Era rarissimo sentire Noctis ridere, era un bel suono, come sentir suonare le campane della cattedrale.
« Per essere un eroe ho ricevuto un trattamento terribile, non c'è cibo in questa casa e ci stiamo congelando come due idioti sul balcone. Ti pare il modo? »
Prompto si alzò e si esibì in un profondo inchino.
« Sono mortificato, signore, voglia gradire entrare in casa per una partita ai videogiochi. »
« Sarà meglio che sia una cosa rapida, vedo Ignis là in fondo, la mia fuga ha i minuti contati. »
La fuga di Noctis durò la bellezza di altri dieci minuti. Poi altri venti perché trascinarono Ignis in casa e lo costrinsero ad aspettare che finissero la partita, mentre ricordava al principe i suoi doveri, l'etichetta, cosa non dovesse fare e cosa fosse sconveniente. Quando Prompto andò a dormire ad un orario che Ignis aveva definito “indecente”, era davvero stato il giorno dell’omaggio più bello della sua intera vita.

 
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ANGOLO DELL’AUTRICE:
Questa cosa era nata con un “che bello è natale, voglio scrivere cose natalizie sui miei bambini” perché volevo fare un regalo alla mia cara Nexys.
Peccato che abbia ricordato, non senza un certo ritardo, che a Lucis non sono cristiani per cui il concetto di Natale non esiste. Insistendo a voler fare qualcosa di natalizio, ho deciso di inventarmi una festa di sana pianta
(che poi è un mix di natale e capodanno cinese, non chissà quale genialata) e così è nato l’omaggio, anche se non mi è chiarissima dal gioco l’effettiva devozione del popolo per le sei divinità,
potrebbe non essere perfettamente fattibile questa cosa, magari aggiungerò l’avvertimento AU. E posto questa cosa con ben due mesi di ritardo rispetto al periodo ideale,
bravissima me, ma ci ho messo una vita a sistemarla e renderla accettabile abbastanza da volerla pubblicare.
Detto questo meglio tardi che mai no?
Hina.
   
 
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