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Autore: Fiamma Drakon    29/06/2009    5 recensioni
Gli ci volle qualche istante per notare, fra la neve che turbinava, spinta dal vento, un corpo steso sul marciapiede, immobile. [...] Quando si chinò su di essa, notò che, in realtà, erano due bambini, privi di sensi, avvolti in un lenzuolo stracciato.
[il primo capitolo è l'antefatto]
[dal capitolo 9 possibili descrizioni scabrose]
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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1_Ritrovamento Neve.
Il cielo era coperto da una pesante cappa plumbea di nubi che nascondevano l’altrimenti meravigliosa visione della volta celeste al crepuscolo.
Fuori faceva freddo, terribilmente freddo e lui se ne stava seduto vicino al camino ad osservare gl’incantevoli guizzi delle fiamme che aveva acceso.
Erano bellissime.
Che altro poteva dire: lui era l’Alchimista di Fuoco.
Quella sera, che pareva improvvisamente divenuta malinconica oltre ogni dire, non sarebbe uscito: faceva troppo freddo e già, oltre i vetri delle finestre, poteva scorgere l’avventarsi di una nevicata impetuosa e lunga.
Sentiva il vento che rombava attorno alla casa con l’intento, ammirevole ma futile, di penetrare le pareti ed insinuarsi in casa.
Rimirare il fuoco nelle fredde e malinconiche sere invernali era un qualcosa di ristoratore, un piacere che gli accendeva dentro un profondo senso di pace e serenità.
Sarebbe rimasto lì ore ed ore, ad osservare le meraviglie delle fiamme, ma il Destino aveva in serbo per lui tutt’altri progetti.
Mentre passava nuovamente lo sguardo sulla finestra, notò il profilo di una persona. Niente di cui preoccuparsi, probabilmente era uno dei tanti che, a quell’ora, stava rincasando. Poi, lo vide cadere.
Si alzò dal divano su cui era stato per tutta la sera e s’avvicinò alla finestra, d’un tratto preoccupato.
Gli ci volle qualche istante per notare, fra la neve che turbinava, spinta dal vento, un corpo steso sul marciapiede, immobile.
Corse alla porta di casa ed uscì, incurante del gelo, scendendo i gradini velocemente, precipitandosi dalla persona distesa sulla neve.
Quando si chinò su di essa, notò che, in realtà, erano due bambini, privi di sensi, avvolti in un lenzuolo stracciato. Che cosa ci facessero due ragazzini da soli in giro a quell’ora non lo sapeva proprio, tuttavia, sfiorando loro la fronte, comprese che erano ammalati.
Agitato, fece per caricarseli in grembo, quando uno dei due riaprì momentaneamente gli occhi, osservandolo: in quelle iridi, il colonnello Mustang scorse un terrore profondo, una tacita sofferenza annegata nei più reconditi recessi dell’anima. Tremava ed era evidentemente spaventato.
- Non preoccuparti... non voglio farti del male... - gli disse il moro, sorridendogli, cercando di sfiorargli i capelli, ma il ragazzino si ritrasse.
- Coraggio, ce la fai ad alzarti? Tu e il tuo amico siete malati... vi porto dentro... - esclamò Mustang, cercando di essere gentile e garbato, porgendo una mano al bambino.
Quest’ultimo rimase ad osservare la mano per qualche istante, timoroso, prima di stringerla e cercare di mettersi in piedi.
Barcollava, ed era palese che si reggesse in piedi a fatica.
Gettò un preoccupato sguardo all’altro bambino, ancora privo di sensi sulla neve.
- Non preoccuparti per lui... lo porto io... - lo rassicurò il colonnello, prendendo in grembo l’altro ragazzino.
Il piccolo lo seguì incerto fino oltre l’uscio di casa, dove crollò a terra, in ginocchio, respirando a fatica.
Il moro portò l’altro sul letto e qui gli tolse il lenzuolo stracciato.
Alla luce della stanza poté notare che sia il lenzuolo che il piccolo erano sporchi di sangue e, molto probabilmente, anche l’altro bambino che aveva lasciato in soggiorno lo era. I suoi vestiti erano lacerati, a brandelli e anche il suo corpo pareva non essere stato risparmiato.
Quale fosse la ragione di un simile scempio non ne aveva idea, ma chiunque fosse stato, era certamente privo di scrupoli.
In quel momento, l’uomo sentì aprirsi pian piano la porta e si volse verso l’altro bambino, apparso sulla soglia della camera, reggendosi allo stipite in un ultimo spasimo, prima di cadere riverso a terra, privo di sensi.
Il moro accorse e, presolo in grembo, lo depose affianco dell’altro e li osservò ambedue: si somigliavano tantissimo. Quello svenuto pochi istanti prima aveva corti capelli biondi con due ciuffi che gli circondavano il viso, mentre l’altro aveva corti ed ispidi capelli castani che gli coprivano appena la fronte, trasversalmente.
Più o meno, pareva avessero dieci anni.
Il biondo, notò il colonnello, aveva i medesimi sfregi dell’altro, se non addirittura di più e i brandelli dei suoi vestiti erano chiazzati di sangue in più punti rispetto all’altro.
E pareva sangue ancora fresco.
Mustang rimase a vegliarli per tutta la notte, cercando di far scendere loro la febbre.

Quando, il mattino seguente, nel cielo s’iniziò a scorgere uno sprazzo di tiepida luce solare, finalmente i due bambini ripresero conoscenza.
Vedendoli di nuovo coscienti, il militare sorrise caldamente, nonostante la notte in bianco gli conferisse un aspetto piuttosto stanco.
Il castano si mise seduto e si guardò intorno, spaesato e spaventato, prima di soffermare lo sguardo, con un impercettibile sobbalzo, sul militare.
Era spaventato, agitato e nei suoi occhi era percepibile il medesimo dolore segreto che la sera antecedente il moro aveva scorto negli occhi dell’altro, il quale lo guardava, pure.
- Non agitatevi... non voglio spaventarvi... - disse Mustang, alzandosi e avvicinandosi con cautela a loro.
Il castano afferrò il braccio dell’altro, impaurito, osservando il colonnello con paura crescente,  ma il biondo gli carezzò i capelli, rassicurandolo.
- Coraggio... ce la fate ad alzarvi...? - domandò.
Il biondo si sedette sul bordo del letto e scese, mentre l’altro rimase ancora dov’era, terrorizzato.
Mustang gli andò vicino, lo prese e lo mise a terra, vicino all’altro.
- Toglietevi quei brandelli di vestiti e venite con me... - disse.
I due obbedirono in tempi diversi: il biondo subito e il castano lentamente, con restio.
Il colonnello li condusse in bagno, dove preparò la vasca per i due, prima di voltarsi verso di loro.
Li fissò dritto negli occhi, con serietà, senza poter evitare di incuter loro un poco di paura.
- Cosa vi è successo? Perché eravate stesi nella neve e sporchi di sangue? - domandò.
Silenzio.
I due si limitarono ad abbassare lo sguardo e negli occhi del castano iniziarono ad affiorare delle lacrime, che affogò nel petto dell’altro.
Nonostante la sofferenza che davano a veder di provare, l’affetto reciproco fece sorridere il militare.
- Almeno... quali sono i vostri nomi? - chiese ancora.
Il biondo gli rivolse d’improvviso lo sguardo, negli occhi ancora quel baluginio di dolore. Anche l’altro rivolse al colonnello gli occhi.
- Edward e Alphonse Elric... -.
   
 
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