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Autore: Roscoe24    19/02/2018    6 recensioni
“Ahi,” si lamentò, toccandosi la fronte. Ci sarebbe spuntato un bel bernoccolo, se lo sentiva.
“Oh santi numi!” sentì esclamare e poi di nuovo il botto metallico dello sportello che veniva chiuso. Alec aveva ancora le mani sulla fronte, quindi non poteva vedere chi fosse il suo interlocutore. La verità era che si stava vergognando così tanto di essersi comportato come un tale imbranato che non aveva il coraggio di togliersi le mani dal viso.
“Ehi, là sotto. Tutto bene?” lo sconosciuto appoggiò le mani sui polsi di Alec, il quale percepì il tocco caldo contro la sua pelle. Curioso, si liberò la faccia.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Jace Wayland, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’arrivo delle vacanze aveva portato ad Alec solo cose belle. L’assenza della scuola era una di queste, insieme al fatto che potesse dormire un po’ di più senza avere l’incubo di doversi svegliare in tempo per riuscire a far coincidere il suo tempo dedicato alla doccia con altre cinque persone prima delle otto del mattino. Il suo compito di biologia era andato benissimo e le interrogazioni di fine semestre pure. Poteva ritenersi soddisfatto e sentiva di meritarsi un po’ di sano relax. La sua idea di vacanze comprendeva il non fare assolutamente niente, crogiolarsi nella pigrizia e leggere i romanzi che non poteva leggere durante il periodo scolastico, o rintronarsi il cervello con qualche serie tv che non trovava mai il tempo di guardare. Aveva un sacco di episodi arretrati e aveva tutta l’intenzione di recuperarli.
Di certo, non aveva messo in conto che Magnus non avrebbe assecondato nemmeno uno dei suoi piani. Infatti, quando gli aveva annunciato come avrebbe voluto passare almeno l’inizio delle sue vacanze, prima di iniziare i compiti, Magnus l’aveva guardato di traverso, socchiudendo un occhio solo, scrutandolo come se stesse cercando di capire se fosse serio o lo stesse prendendo in giro. Alec si era un tantino offeso per quell’occhiata, ma aveva cercato di non darlo a vedere. Almeno non fino a quando Magnus gli aveva detto: «Non se ne parla nemmeno. Non ti rinchiuderai in casa una settimana senza di me! Non vuoi passare del tempo insieme?»
Al che, lui gli aveva risposto che passare del tempo con lui era l’unica cosa che voleva fare, ma ciò non significava che non potesse anche dedicarsi ad attività perdi giorno, quando non erano insieme. L’avrebbe fatto la sera, dopo che avrebbero passato i pomeriggi insieme, ma Magnus aveva incrociato le braccia al petto e si era imbronciato, dicendo che lo feriva il fatto che non l’avesse inserito nei suoi piani vacanzieri.
Con il senno di poi, Alec aveva capito che era stata tutta una messinscena, un subdolo modo per farlo sentire in colpa e convincerlo a fare qualcosa che, sapevano benissimo entrambi, lui detestava fare: shopping.
Il piano di Magnus, Alec ci avrebbe scommesso la testa, era quello fin da principio: trascinare Alec per i negozi in cerca di regali per i loro amici, facendolo girare come una trottola impazzita per tutte le strade di New York. Tutte.
Erano stati in un negozio per comprare un set di fasce per capelli per Cat, in un altro per trovare una camicia per Raphael – che Magnus aveva appositamente comprato azzurra perché almeno quel degenerato smette di vestirsi come un becchino (parole di Magnus, non sue. Alec e Raphael tendevano entrambi a vestirsi di nero, quindi non aveva niente da obiettare) – e una maglietta con lo stemma degli Stark per Simon.
Alec cominciava ad essere stanco di entrare ed uscire dai negozi, carico di sacchetti perché, ovviamente, quando Magnus faceva shopping di certo non si limitava a comprare cose per gli altri. In media, rimanevano dentro ad ogni negozio per almeno quaranta minuti e finiva sempre per provarsi qualsiasi cosa trovasse di proprio gradimento, comprando almeno metà delle cose.
Era pieno pomeriggio, quando, dopo aver trovato un astuccio pieno di matite colorate da regalare a Clary, Magnus afferrò Alec per un braccio, stringendolo in una salda presa, e si bloccò in mezzo alla strada. Alcuni passanti si lamentarono, quando si scontrarono con loro, ma proseguirono. Alec, invece, con ancora la mano anellata di Magnus artigliata al suo braccio, si voltò verso il suo ragazzo, trovandolo a guardare un negozio con aria più sognante del solito. Seguì, quindi, la traiettoria del suo sguardo e…
“Magnus, no.”
Magnus si aprì in un enorme sorriso da stregatto. “Magnus, sì.”
“Non pensarci nemmeno.”
L’orientale si voltò verso il suo ragazzo. “Dai, tesoro, ti prego.”
“No. Mai. Assolutamente no.”
“Per favore, passerotto. Devo ancora comprare il regalo per la tua deliziosa sorella.”
“Allora accomodati.” Ribatté sarcastico Alec, facendogli cenno con la mano di entrare senza di lui. “Ho passato gli ultimi tre anni ad evitare posti simili, resistendo alle insistenze di Isabelle e sai meglio di me quanto può essere insistente. Non entrerò.”
Magnus sporse il labbro all’infuori, i suoi occhi si fecero grandi e luccicanti. Aveva messo su quell’espressione da cucciolo a cui Alec non sapeva dire di no. Accidenti a lui, sapeva quali erano i suoi punti deboli e detestava quando li usava a suo vantaggio!
“No!” si impose, ma il suo tono non risultava così convincente come avrebbe voluto. Magnus, siccome sapeva giocare le sue carte, si avvicinò ad Alec, spalmandosi contro il suo fianco in modo che il suo corpo aderisse completamente a quello di Alec, e cominciò a strofinargli il naso sulla guancia, continuando poi a lasciargli piccoli baci seguendo il perimetro della sua mascella, scendendo piano verso il collo.
“Smettila.” Disse Alec, il cui corpo era coperto di brividi che non avevano assolutamente nulla a che fare con il freddo della temperatura esterna.
“Entriamo?”
“No.”
Magnus gli succhiò senza pudore alcuno la pelle sensibile del collo, all’altezza della giugulare.
“Magnus.” Ringhiò gutturale Alec, il cui autocontrollo cominciava ad indebolirsi, allontanando solamente il viso di quel tanto necessario affinché riuscisse a guardarlo negli occhi. Le iridi ambrate di Magnus lo stavano fissando con malizia e Alec conosceva il significato di quello sguardo ammaliatore: Magnus aveva qualcosa in mente.
“Voglio proporti un accordo. Tu entri insieme a me e io farò una sorpresa a te.”
“Sai che non è un vero accordo, giusto? Io faccio qualcosa per te e tu farai qualcosa che piace fare a te facendola passare per una sorpresa per me.
Magnus lo guardò con tenerezza. “Quanto amo il tuo cervello contorto, cerbiattino.” Gli baciò velocemente le labbra. “Ma ti prometto che ti piacerà.”
Alec si arrese all’inevitabile: Magnus non era Isabelle e, sebbene sua sorella sapesse essere molto persuasiva, Magnus aveva mezzi a cui non sapeva resistere. I suoi bellissimi occhi, ad esempio. O la sua bocca appiccicata al collo di Alec proprio in quel momento.
“D’accordo, ma smettila di comportarti così.”
Magnus si morse l’interno delle guance per non ridere. “Perché, altrimenti dobbiamo cercare un camerino libero?”
Alec colse la tutto tranne che velata provocazione di Magnus e decise che, anche se le sue guance erano diventate cremisi, avrebbe assecondato il suo gioco. “Ovviamente no. Ma solo perché da Sephora non hanno i camerini.”
L’espressione stupefatta che si stampò sul viso di Magnus, decise Alec, poteva già essere una ricompensa al fatto che stava per entrare in un negozio di trucchi.

C’era un motivo per cui Alec evitava Sephora da quando Isabelle aveva cominciato a truccarsi, tre anni prima, sviluppando un’ossessione morbosa per qualsiasi cosa andasse applicato in faccia: odiava la ressa, le valanghe di ragazze che si agitano a destra e a manca come formiche in cerca dell’ombretto perfetto, del rossetto che non spegne il viso, del mascara rinforzante, del fondotinta che non le faccia assomigliare a delle zucche arancioni. Di quei negozi, fondamentalmente, Alec odiava l’isteria di massa che si portavano appresso.
Non capiva che dilemma potesse mai nascere dalla scelta di un rossetto. Un rossetto era un rossetto, perché non comprarlo e basta anzi che passare ore a scegliere tra due sfumature completamente identiche?
Se pensava, comunque, che sentire Isabelle parlare di trucchi – spiegandogli quali fossero le differenze nel metodo di applicazione tra un rossetto stick e un rossetto liquido –  fosse una tortura, era solo perché, prima di quel pomeriggio, non aveva mai sentito parlare Magnus di trucchi.
“Mi sembra di ricordare che Izzy abbia già questo ombretto, mentre penso che questo le manchi.”
Ombretti. Erano fermi da mezz’ora sulla scelta di due ombretti completamente identici. Ad Alec stava cominciando a venire mal di testa.
“Magnus, sono uguali. Scegline uno e basta.”
Il maggiore boccheggiò e gli scoccò un’occhiata omicida. “Eretico. Se ci fosse un dio del make-up ti avrebbe già fulminato.”
“Ma siccome non l’ha ancora fatto, salvandomi da questa tortura, evidentemente non esiste.”
“Vuoi fare il cinico proprio vicino a Natale? Cosa dirà di te Babbo Natale?” Magnus gli lanciò un’occhiata divertita, che Alec non ricambiò. “Avanti, pasticcino. Non è così male.”
“Non è male per te. Se ti trascinassi a guardare una partita dell’NBA cosa diresti?”
“Probabilmente ti ringrazierei perché sono una persona che guarda sempre il lato positivo delle situazioni. Chi è che non vorrebbe vedere ragazzi altissimi e atletici che sudano in pantaloncini corti?”
Alec roteò gli occhi al cielo e si arrese per la seconda volta, quel giorno. “Ho capito. Detesto quando hai ragione.”
Magnus gli regalò un sorriso malizioso. “Io lo adoro, invece. Allora, quale dei due?”
“Quello più chiaro.” Sbuffò Alec, arrendevole. “Si lamenta sempre che ha solo ombretti scuri.”
Magnus posò l’ombretto scartato e batté le mani felice. “Perfetto! Adesso, l’eyeliner.” Si incamminò verso un’altra sezione del negozio con fare così esperto che nemmeno le commesse sembravano così sicure, quando andavano a cercare i prodotti richiesti dai clienti. Alec lo seguì trascinando i piedi, consapevole che avrebbero passato dentro a quel negozio un’infinità di tempo. Il lato positivo di tutto questo era che avrebbe passato il pomeriggio con Magnus, quindi alla fine poco importava dove fossero, giusto?
“Alexander!” Magnus gli fece cenno di avvicinarsi e Alec lo raggiunse. Magnus teneva in mano due specie di penne nere uguali e Alec si chiese se il suo ragazzo non stesse cercando di farlo impazzire di proposito.
“Punta fine o spessa?”
Alec assottigliò lo sguardo. “Sei serio?” domandò lapidario.
“Morbida o rigida?” continuò Magnus non riuscendo a trattenere una risata. Alec non si scompose, mantenendo la sua rigida espressione.
“Vuoi torturarmi?”
“Un pochino. Si nota tanto?”
“Si nota tantissimo.
Magnus scoppiò in una fragorosa risata e si avvicinò ad Alec per lasciargli un bacio su una guancia. “Scusa, muffin.”
“Babbo Natale detesta anche te, adesso.”
Magnus rise di nuovo. “Vuoi dire che non avrò il mio pacco regalo?”
“Magnus.” Lo rimbeccò Alec. Lo conosceva abbastanza da sapere che quella scelta di parole non era per niente casuale. La nuova risata che emise Magnus fu una conferma più che sufficiente alla sua ipotesi.
“Lo prenderò a punta fine e rigida.” Concluse Magnus, riacquistando serietà.
“Vorrei davvero sapere di cosa stai parlando, Mags, dico sul serio.”
“No, non è vero.” Magnus gli lasciò un altro bacio fugace sulla guancia e, agguantato l’eyeliner prescelto, si diresse verso un’altra sezione. Alec lo seguì perché, nonostante tutto, era bello vederlo così euforico. E poi, Magnus si era sorbito un dettagliatissimo resoconto sulla gara di tiro con l’arco nazionale, che si svolgeva ogni anno in Svezia, e che Alec guardava in streaming con i sottotitoli della telecronaca, senza dire una parola, quindi poteva decisamente fare questo sforzo per lui. Quando fece per seguirlo, però, la sua attenzione fu catturata dalla moltitudine di colori che stava proprio al fianco di tutti quegli eyeliner apparentemente tutti uguali, ma sostanzialmente differenti. Smalti. Quelli non erano tanto complicati: erano tutti dissimili, i loro colori erano distinguibili senza dover soffermarsi ore a scegliere la sfumatura diversa e, in più, si mostravano esattamente per quello che erano.
Nessuno trucco, nessun inganno. Alec sorrise tra sé della sua battuta – che non avrebbe ripetuto ad anima viva: l’unico che non l’avrebbe guardato con compassione e una punta di disprezzo sarebbe stato Simon, che adorava le battute squallide.
Gli venne un’idea: prendere il buono da quella situazione, vedere il lato bello di un posto che non gli piaceva. E il lato bello era Magnus, che aveva una passione viscerale per qualsiasi prodotto presente in quel negozio. Forse Alec non era bravo a distinguere le differenze millimetriche tra due colori apparentemente identici, ma conosceva Magnus e i suoi smalti: aveva prestato attenzione ad ogni colore che aveva usato da quando lo conosceva e sapeva per certo di non averlo mai visto con lo smalto viola. Fucsia sì, viola no. E anche uno negato come lui sapeva che erano due colori che non c’entravano nulla l’uno con l’altro, quindi non rischiava di regalargli qualcosa che aveva già. Alec lanciò un’occhiata nella direzione presa da Magnus e, dal momento che non lo vide tornare indietro per cercarlo, agguantò lo smalto prescelto e si diresse alla prima cassa libera che trovò, furtivo come se temesse di essere colto con le mani nel sacco. Pagò velocemente l’importo dello smalto e chiese gentilmente alla commessa di metterglielo in un sacchettino, perché era un regalo. Lei sorrise e imbustò l’acquisto in un sacchetto natalizio, ricoperto di piccoli rametti di vischio disegnati. Alec la ringraziò e sistemò il sacchetto in una delle tasche interne del suo giubbotto e si incamminò di nuovo all’interno del negozio alla ricerca di Magnus. Lo trovò in qualche minuto, dopo essersi fatto strada tra un gruppetto di ragazze sovraeccitate per l’imminente arrivo della fine di dicembre – sul serio, non era nemmeno arrivato il Natale e già pensavano all’ultimo dell’anno? – che stava spruzzando quantità spropositate di ogni campione di profumo presente in quel negozio.
“Dov’eri finito, stellina?”
“Mi sono perso.” Mentì.
Magnus alzò un sopracciglio. “Qui dentro?”
“Non tutti hanno una mappa stampata in testa di questo posto immenso, Magnus.”
Magnus gli rivolse una linguaccia che Alec ricambiò.
“Allora, cosa stiamo guardando?” gli domandò quindi il moro e Magnus allargò un braccio come se fosse una guida esperta che mostra le rarità di un museo che Alec andava a visitare per la prima volta.
“Maschere per il viso.”
“Quei cosi appiccicosi che Izzy si spalma sulla faccia?”
“Proprio quelli.”
“E a cosa servono?”
Magnus boccheggiò. “Sei senza speranze, tesoro.”
Alec alzò gli occhi al cielo davanti a tanta melodrammaticità. “Vuoi dirmi a cosa servono o continuerai a marcare la mia ignoranza in materia ogni volta che ti chiederò spiegazioni?”
Magnus si morse l’interno delle guance per non sorridere. Alec che brontolava era tremendamente carino: sembrava uno di quei gattini scontrosi che ti permette di coccolarli, ma continua a guardarti di traverso. Adorabile.
“Servono a nutrire la pelle e la rendono più liscia.”
“Oh. Mi hanno sempre fatto impressione. Isabelle se le mette in faccia e cammina per casa assomigliando a DiCaprio ne La maschera di ferro.
Magnus rise, trovando il paragone calzante. “Ma sono il motivo per cui tua sorella ha la pelle così liscia.”
“E io che pensavo dipendesse dal fatto che ha quindici anni!”
“Sei impossibile!” si arrese Magnus, alzando le braccia al cielo con esasperazione. Alec si trovò a ridacchiare senza nemmeno rendersene conto.
“Avanti, lo so che ti diverti, invece. Ti piace istruirmi su queste cose.” Alec si chinò per lasciargli un bacio sulla fronte, ma quando fece per tirarsi indietro, una delle mani di Magnus afferrò uno dei risvolti del suo giubbotto per tirarlo a sé e appropriarsi delle sue labbra. “Mi piace istruirti su un sacco di cose, in realtà.”
Alec strinse le labbra all’interno della bocca per non sorridere, ma non ci riuscì. Sulle sue guance – leggermente colorate di un delicato rosa – fecero capolino le fossette. “Lo so.”
Magnus si perse a guardarlo: gli piaceva contemplare Alec senza nessuno motivo alcuno, solo per il gusto di farlo.
“Allora, hai intenzione di comprarla o no?” ruppe il silenzio Alec, indicando la maschera confezionata che Magnus teneva in mano.
“Pensi che ne abbia bisogno?”
“Onestamente? No. Ma so perfettamente che se la vuoi comprare, la comprerai qualsiasi cosa io dica.”
Magnus rise di gusto, accarezzando una guancia di Alec. “Hai ragione. E mi ringrazierai quando noterai la mia liscissima pelle.”
“La tua pelle è già liscissima, Magnus.”
Magnus sorrise e gli lasciò un bacio sul mento. “Andiamo alla cassa. Abbiamo finito.”
Alec fu ben felice di seguirlo e, visto che era ancora fermo all’idea che dovesse prendere il buono da quella situazione, passò tutto il tragitto fino alla cassa a fissare il sedere di Magnus. Quello sì che era il lato bello della situazione.

Uscirono da Sephora dopo aver passato una ventina di minuti alla cassa. La commessa voleva vendere a Magnus qualsiasi cosa e, alla fine, lui aveva ceduto all’insistenza della ragazza comprando delle salviette struccanti. Più di una volta Alec era stato tentato di risponderle che no, non avevano bisogno di dischetti di cotone, altrimenti li avrebbero comprati di loro spontanea volontà. Magnus era stato paziente ed educato, rifiutando qualsiasi proposta, fino a quando lei non aveva nominato quelle salviette e allora aveva ceduto. Alec aveva l’impressione che l’aveva fatto più per esasperazione e non perché gli servissero davvero.
Fatto sta che, dopo essere usciti più o meno incolumi da quel posto, Magnus aveva proposto di entrare dentro ad un negozio di sport perché l’ultimo regalo che gli mancava era quello di Drace.
Jace, Magnus.”
“Dettagli. Allora, pensi che dei polsini possano servirgli?”
“Non lo so, penso di sì.” Alec scrollò le spalle e fissò l’enorme scritta al neon che lampeggiava di rosso sopra alla struttura. “Sei sicuro di volerlo fare?”
“Perché non dovrei? Mi manca solo tuo fratello e se finiamo oggi non dovremo più fare shopping per il resto delle vacanze.”
“Sei sincero o lo dici solo per farmi stare meglio?” una smorfia di insofferenza si impossessò del viso di Alec.
Magnus fece intrecciare le loro dita e gli accarezzò il dorso della mano con il pollice. “Dico davvero, tesoro.”
“Quindi se finiamo oggi, da domani potremo guardare serie tv insieme o andare al cinema?”
“Dipende: al cinema possiamo pomiciare?” gli domandò Magnus, un sorriso giocoso ad allargare il suo viso.
Alec si liberò in una risata sincera. “Sì, possiamo.”
“Allora ci sto.”
“Perfetto! Possiamo entrare, adesso.”

Quando varcarono la soglia di quel negozio di sport, Alec fu accolto dall’odore tipico degli articoli sportivi nuovi. Era un negozio enorme, con le pareti bianche sulle quali stavano articoli di ogni genere in svariati colori – quelli più gettonati dagli sportivi erano, evidentemente, quelli fluo. Alec rabbrividì all’idea di sembrare una specie di cono segnaletico.
“Questo posto mi ferisce l’anima.” Sussurrò Magnus non appena si inoltrarono tra gli scaffali di scarpe. Arricciò il naso davanti ad un paio di Nike verdi e gialle.
“Vuoi che te le regali per Natale?” scherzò Alec, notando l’espressione scettica del suo ragazzo. Gli occhi di Magnus scattarono da quella specie di evidenziatori per piedi alla figura di Alec, colmi di panico.
“Non pensarci nemmeno!”
Alec non riuscì a trattenere una risata. “Dovresti vedere la tua faccia!”
“Sono felice che ti diverti a mie spese, davvero!” Magnus incrociò le braccia al petto, guardandolo serio. Alec sgranò gli occhi, non credendo nemmeno un momento a quel teatrino. Sapeva che Magnus non era offeso per davvero, stava solo facendo finta.
“Oh, andiamo! Tu puoi prendermi in giro e io no?”
“Esattamente.”
“Sai, Magnus,” cominciò Alec, appoggiandogli le mani sui fianchi per tirarlo a sé, “Sei credibile come la relazione assolutamente amichevole tra Eames e Arthur.”
“Ma eravamo d’accordo sul fatto che– oh, capito, mi stai dicendo che non sono credibile!”
“Bravo, sayang.”
Non appena pronunciò quelle parole, sia Alec che Magnus si zittirono: il primo perché si era reso conto di aver pronunciato quella parola senza averne davvero l’intenzione; il secondo perché non sentiva una parola nella sua lingua nativa da anni. Guardò Alec con gli occhi grandi di sorpresa, ma non aveva il coraggio di chiedergli niente. Il minore si rese conto che doveva esserci qualcosa che non andava, nell’uso di quella parola, perché il viso di Magnus era un misto di stupore e… nostalgia.
“M-Magnus, i-io…” Le guance di Alec si colorarono immediatamente di un rosso acceso, sentendo l’imbarazzo nascere in sé e diffondersi in tutto il suo viso.
“Come sai quella parola?” lo interruppe Magnus, i suoi occhi cercarono quelli dell’altro e lì rimasero: incatenati al suo Alec, che stava annaspando, temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato; il suo Alec che era riuscito a dare alla sua lingua una sfumatura meno dolorosa, senza nemmeno saperlo.
“I-io… Non so perché l’ho detto. Mi è uscito e basta.” Cominciò a guardarsi intorno, agitato. Magnus gli afferrò il viso tra le proprie mani per impedirgli di guardare altro che non fosse lui.
“Non agitarti, tesoro. Sono solo curioso.”
Alec esalò un profondo respiro, le sue spalle si abbassarono un poco, come se fossero indecise se rimanere tese o se cominciare a rilassarsi. “Per te. L’ho imparato per te. Mi chiami sempre tesoro e volevo sapere come si dice in indonesiano. Tu lo dici nella mia lingua, io volevo impararlo nella tua.”
Magnus riuscì quasi a sentire il suo cuore esplodere. Era così innamorato di quel ragazzo che riusciva sempre a sorprenderlo per la sua genuina bontà che temeva non esistesse parola per descrivere la portata devastante del suo sentimento. Alec era prezioso. E lui era stato così fortunato da essersi innamorato di lui ed essere ricambiato.
“È la cosa più dolce che abbiano mai fatto per me.” Magnus gli rivolse un sorriso soffice, irrimediabilmente innamorato, e appoggiò delicatamente le sue labbra su quelle di Alec. Lo baciò con delicatezza, volendo in qualche modo ricambiare tutta la dolcezza che aveva percepito in quel gesto. Alec sorrise felice sulle sue labbra e appoggiò le proprie mani sui polsi di Magnus.
“Pensavo di aver detto qualcosa di sbagliato.” Gli confessò quando si separarono.
“Non hai detto niente di sbagliato. È solo che…” Magnus fece una pausa e Alec gli lasciò il tempo di continuare, o di lasciar cadere l’argomento, se avesse voluto. “La mia mamma mi parlava in indonesiano.”
Alec si rese immediatamente conto del perché gli sembrava di aver colto una sfumatura nostalgica nel viso di Magnus e si sentì in colpa per aver parlato a sproposito. “M-mi dispiace, non lo sapevo. Non volevo farti soffrire.”
Magnus gli sorrise. “Non l’hai fatto, Alexander. Hai dato alla mia lingua un nuovo significato. Adesso non l’assocerò più solo a lei, ma anche a te e ai tuoi tentativi di fare qualcosa di carino per me. Grazie a te, adesso, è meno dolorosa.”
Alec annuì, un lieve sorriso di comprensione a fare capolino sul suo viso. Magnus si sporse di nuovo verso di lui per lasciargli un bacio a stampo. “Puoi dirlo ancora?” gli sussurrò, strofinando il suo naso contro quello di Alec, nell’imitazione di un bacio all’eschimese.
Sayang.”
Magnus, le mani appoggiate al petto di Alec, chiuse gli occhi e lasciò che quella parola risuonò nelle sue orecchie, permettendo ad ogni parte di sé di assorbirla e farla propria. Costatò che sentire di nuovo la sua lingua natia faceva davvero meno male perché era Alexander a parlarla e automaticamente la riempiva di quell’amore che Magnus sapeva provava nei suoi confronti. 
“Mi piace molto come suona.”   
Alec lo guardò adorante e gli sorrise, più tranquillo. “Mi fa piacere.”
Ed era vero. Non sapeva perché quella parola gli fosse uscita dalle labbra, sapeva solo che l’aveva detta. Non si era soffermato a pensare, mentre cercava un modo di avvicinarsi alla lingua nativa di Magnus, che questa potesse ricordargli sua madre e, in qualche modo provocargli sofferenza: lui non voleva questo, voleva solo dimostrargli che teneva a fare qualcosa per lui, a fargli capire che ogni parte di Magnus era importante, per Alec. Di conseguenza, sapere che, nonostante tutto, era riuscito a fare qualcosa di buono per Magnus lo rendeva felice.
“Andiamo, zuccherino, devo trovare dei polsini!” Magnus ruppe il silenzio, facendoli tornare entrambi alla realtà e al vero motivo per cui si trovavano in quel posto. Quel piccolo momento che era avvenuto tra di loro li aveva trascinati nel loro angolo di mondo, quello in cui non percepivano nessun altro se non loro due.
“Li vuoi fluo?”
Il viso di Magnus si accartocciò in un misto di orrore e disgusto. “Non dire eresie, Alexander! Mi taglierei le mani prima di anche solo toccare qualcosa di fluo, figurati comprare.
Con Alec che ancora rideva – una mano appoggiata all’addome – si incamminarono tra gli scaffali alla ricerca del regalo per Jace. 

*

Alec non aveva mai immaginato che lo shopping potesse risultare così stancante. Dopo una giornata intera passata per negozi, comunque dovette ricredersi. Lui e Magnus stavano seduti sul treno, in metropolitana, uno vicino all’altro, circondati di tutti i sacchetti che contenevano gli acquisti di Magnus e il moro sentiva le gambe pesanti, come se avesse passato le ultime ore a saltare la corda. Nemmeno le preparazioni agli incontri di boxe lo prosciugavano così tanto.
“Sono stanco.” Si lamentò, quindi, appoggiando la testa alla spalla di Magnus. L’orientale sorrise comprensivo.
“Perché non ci sei abituato, tesoro.” Gli baciò i capelli e Alec si accoccolò ulteriormente vicino al suo ragazzo, incurante di tutti quei sacchetti che tentavano – invano – di mettersi tra di loro.
“Fare shopping mi fa venire fame.”
Magnus rise e le sue spalle vibrarono. Alec sentì la testa ciondolare al ritmo della risata.
“La prossima volta faremo pausa cibo.”
“Non penso ci sarà una prossima volta, Magnus.” Alec alzò il viso per lasciargli un bacio su una guancia e si risistemò nella sua posizione iniziale. Magnus era incredibilmente comodo e profumava di buono.
“E i saldi di primavera?”
“Ci andrai con Isabelle.”
Magnus sentì una calda sensazione al cuore. Alec avrebbe potuto dirgli qualcosa come: ‘vedremo’ o ‘chissà cosa accadrà tra tre mesi’. Avrebbe potuto dire qualsiasi altra cosa, invece gli aveva risposto come se avesse la certezza che saranno ancora insieme, in primavera. Magnus sentì il suo cuore accelerare: Alec vedeva in lui un progetto a lungo termine, una storia seria, qualcosa su cui non solo basare il loro presente, ma anche proiettare il loro futuro. Era una sensazione bellissima, che gli infondeva un profondo senso di sicurezza e appagamento.
“Non riuscirò a convincerti?”
“Dipende: se la sorpresa che mi hai promesso mi piacerà, allora potrei prendere in considerazione l’idea di tornare a fare shopping.”
“E in cambio dovrei di nuovo ripetere la sorpresa?”
Alec annuì sulla sua spalla. “Esatto.”
“Sei più manipolatore di Presidente, lo sai vero?”
Alec rise e alzò di nuovo il viso per strofinare il naso sul collo di Magnus. “Questo è impossibile: nessuno batte Presidente in fatto di manipolazioni.” Gli lasciò un bacio che durò più a lungo del previsto e, sebbene consistesse solo nel tenere le labbra appoggiate alla pelle dell’orientale, Magnus sentì un brivido percorrergli tutta la spina dorsale.
“Ti ho preso una cosa.” Esordì Alec, dopo aver abbandonato il collo di Magnus – che ne sentì un tantino la mancanza.
“Oh. Davvero?”
Alec annuì e sollevò il capo dalla spalla di Magnus. Mise una mano all’interno della sua giacca e ne estrasse il sacchetto di Sephora con il vischio disegnato. Magnus sorrise e lo afferrò con cura, passando il pollice sopra alla decorazione.
“Aprilo.” Gli suggerì Alec, mordendosi un labbro. Fare regali a Magnus gli metteva sempre una certa agitazione.
“Ma i regali di Natale si aprono a Natale.”
“Non è il tuo regalo di Natale, Magnus. Quello è ben nascosto in casa mia, lontano dalle grinfie di Isabelle, che altrimenti lo guarderebbe e, non riuscendo a tenere il segreto, ti spiffererebbe cos’è.”
Magnus rise e scosse affettuosamente la testa al pensiero di una Isabelle che curiosa tra i regali di suo fratello e di Alec che, conoscendo sua sorella meglio delle proprie tasche, prende le giuste precauzioni per evitare che la sorpresa venga rovinata. Passò la mano sopra al sacchetto e poi tornò a guardare Alec. “Vischio a Natale, tesoro.”
Alec sorrise, impacciato. “Vuoi un bacio?”
Per tutta risposta, Magnus chiuse gli occhi e arricciò le labbra, in attesa che Alec ci appoggiasse le sue. Il moro sorrise e lo baciò a stampo.
“Terrò questo sacchettino e lo porterò ad ogni nostra uscita, così avrò una scusa per baciarti.”
“Tecnicamente questa usanza vale solo a Natale. E non pensi che dovrei trovare offensivo il fatto che ti serva una scusa per baciarmi?”
“Volevo essere romantico. Hai ucciso ogni mio tentativo.”
Alec rise e gli diede una spallata giocosa, avvicinandosi per dargli un altro bacio. “In realtà ho apprezzato.”
“Ti ringrazio!”  Magnus chinò un poco il capo, come a voler enfatizzare i suoi ringraziamenti, facendo sorridere Alec, e infilò la mano dentro al sacchetto.
“Sei tu il lato bello di quel posto. In realtà sei il lato bello di ogni cosa e volevo dimostrartelo.” Sussurrò Alec, mentre Magnus teneva tra le mani la boccetta di smalto. L’orientale alzò i suoi occhi su Alec e lo guardò, rendendosi conto che quella sarà stata almeno la centesima volta, in una giornata, che lo guardava in un modo totalmente e perdutamente innamorato.
“Non finisci mai di sorprendermi, Alexander.”
Alec arrossì e abbassò gli occhi. “In positivo, spero.”
Magnus portò due dita sotto al mento dell’altro, spronandolo ad alzare lo sguardo. “Sempre in positivo.”
Alec sorrise, sentendo un’euforica felicità riempirgli il cuore, e Magnus per tutto il tragitto fino alla loro fermata continuò ad usare il vischio come pretesto per riempirlo di baci.

*

Il giorno successivo, Alec si recò a casa di Magnus come avevano concordato. Il loro piano di andare al cinema era saltato dopo aver dato un’occhiata agli spettacoli: non avendone trovato nessuno di loro gradimento, avevano deciso di stare insieme a casa di Magnus. La cosa che meno gli piaceva di questa sua fuga romantica era stato aver lasciato Max da parte. Era solito, infatti, che durante le vacanze di Natale, lui e il suo fratellino passassero del tempo insieme, ma ciò non era ancora successo. Quel pomeriggio Max era piombato nella sua stanza, quando lui si stava ancora vestendo, e l’aveva guardato con gli occhi grandi colmi di aspettativa.
«Quando facciamo qualcosa?»
E Alec sapeva che gliel’aveva chiesto perché, normalmente, la sua risposta sarebbe stata «Adesso, Max. Possiamo fare quello che preferisci.»
Ma quell’anno c’era Magnus e, anche se poteva sembrare egoista, aveva pensato di passare prima un po’ di tempo con lui – dal momento che con l’arrivo del Natale non si sarebbero visti – e poi dedicarsi al suo fratellino.
Lo sguardo di delusione che Max cercò di nascondere dopo che Alec gli aveva detto «Oggi non posso», comunque fu una specie di pugnalata al cuore per il maggiore dei Lightwood.
L’ultima cosa che voleva era che Max si sentisse trascurato da lui. Doveva solo trovare il modo adatto per rimediare. Avrebbe potuto portarlo in quel negozio di fumetti che tanto gli piaceva. Ci avrebbe pensato e avrebbe agito, magari coinvolgendo anche Jace e Iz: sapeva quanto a Max piacesse fare le cose tutti insieme.
Sospirò, per cercare di allontanare almeno un po’ il senso di colpa, e si accinse a bussare, ma la porta si aprì quando ancora teneva il pugno sollevato a mezz’aria.
“Alec!” esordì Ragnor, vestito di tutto punto, mentre si sistemava una sciarpa intorno al collo. “Stavo uscendo. Magnus è in cucina. Entra pure!” Ragnor uscì e lo salutò con un cenno, che Alec ricambiò prima di entrare. Una volta chiusa la porta alle sue spalle, lasciò che il calore della casa riscaldasse le sue guance rosicchiate dal freddo e poi appese, come consuetudine, il suo giubbotto all’attaccapanni. In tutto questo, di Magnus neanche l’ombra. Forse non aveva sentito la porta chiudersi, o se l’aveva sentita, aveva dato per scontato che fosse stato Ragnor che usciva. Scrollò le spalle, prendendo per buona quell’ultima spiegazione e si inoltrò nella casa, diretto verso la cucina. Prima di incamminarsi, però, delle fusa attirarono la sua attenzione e vide Presidente sul divano che reclamava le sue attenzioni. Sorrise e si avvicinò al felino, che si lasciò sollevare e si accoccolò contro di lui, strusciandosi contro il suo petto.
“Sei proprio come il tuo padrone.” Gli grattò la testa con affetto e il gatto miagolò in approvazione. Con il micio ancora in braccio, Alec si diresse verso la cucina, incamminandosi nel corridoio, dove notò che erano state aggiunte foto nuove – scattate da Magnus – di New York. Ce n’era una della nevicata della scorsa settimana, quando la città era stata trasformata in una coltre di soffice neve fredda e loro avevano rischiato di sfracellarsi sulle strade ghiacciate almeno una decina di volte. Alec ricorda i crampi alla pancia dalle risate, mentre tentavano di tenersi in equilibrio a vicenda per non avere un incontro ravvicinato con l’asfalto ghiacciato. Magnus aveva scattato una foto anche a lui – chissà se l’aveva sviluppata o era ancora nella memoria della macchina fotografica, pensò, mentre ricordava la foto: Alec, un cappello nero di lana calato sulla testa, aveva alzato il viso al cielo perché aveva cominciato a nevicare e il primo fiocco era finito sul suo naso. Magnus aveva fotografato il momento perché «è una coincidenza rarissima e non immortalarla sarebbe un affronto al destino». Alec aveva riso, ma l’aveva lasciato fare. Aveva capito che tentare di persuadere Magnus a non fotografarlo quando gli veniva l’ispirazione era inutile.
Presidente miagolò e riportò Alec alla realtà, facendolo muovere fino a che non raggiunse la cucina. La porta era aperta, ma Magnus sembrava non essersi reso conto ancora della sua presenza, quindi Alec rimase ad osservarlo: era davanti all’isola e stava impastando qualcosa dentro ad una ciotola. Le sue mani e il suo viso erano sporchi di farina e portava un grembiule lilla su cui una moltitudine di paillettes dorate formava la scritta: dai un bacio al cuoco.
Era letalmente carino, mentre canticchiava e si muoveva leggermente come ad improvvisare un balletto tutto suo su quelle note, concentrandosi a preparare qualsiasi cosa ci fosse all’interno di quella ciotola. Alec sentì le guance tirarsi in un sorriso. L’avrebbe guardato per un’infinità di tempo, ma Presidente miagolò ancora, attirando l’attenzione di Magnus.
“Hai fame, Pres– Alexander!”
“Ciao,” gli sorrise e gli si avvicinò. Magnus fece il giro dell’isola per andargli in contro. “Ragnor mi ha fatto entrare.” Spiegò il minore, come se volesse giustificare la sua comparsa improvvisa.
“Potevi chiamarmi.”
“Eri così carino mentre canticchiavi con questo grembiule, che su chiunque altro risulterebbe ridicolo, che non me la sono sentita.”
“Il mio grembiule non è ridicolo.”
“Ho detto che su chiunque altro sarebbe risultato ridicolo. Ho detto che sei carino, non mi hai sentito?”
“Forse volevo solo sentirmelo ridire.” Magnus gli regalò un sorriso e azzerò la distanza tra di loro – o almeno, ci provò, perché Presidente miagolò in disapprovazione e si agitò in braccio ad Alec. Rimanere spiaccicato tra i due umani era l’ultima cosa che voleva e lo manifestò soffiando.
“Bestiola ingorda. Lo vuoi tutto per te?” Magnus chinò il viso all’altezza del muso di Presidente, ma il gatto, in tutta risposta, nascose la testa nella curva del gomito di Alec. “Devi smetterla di viziarlo ogni volta che vieni qui, sta sviluppando un attaccamento morboso nei tuoi confronti.”
“Non preoccuparti, Mags. Sei ancora il mio preferito.” Disse scherzoso prima di chinarsi verso di lui e dargli un bacio a stampo. Dopotutto, era ciò che diceva il grembiule, no?
“Mi stupirei del contrario, passerotto.” Magnus si incamminò di nuovo alla sua posizione iniziale. “Siediti, sto preparando un dolce!”
Alec lo seguì e si sistemò su uno degli sgabelli dell’isola, di fronte a Magnus e, dopo aver sistemato Presidente sulle sue cosce, appoggiò i gomiti sul ripiano. I suoi occhi vagarono curiosi su ciò che stava sul tavolo: farina, uova, zucchero, una spatola di legno, un colino e un panetto di burro. “Da dove viene questo estro culinario?”
Magnus, che aveva ripreso a mescolare l’impasto, alzò gli occhi su Alec – il quale dovette fare uno sforzo non indifferente per concentrarsi sul viso di Magnus e non sul suo bicipite destro che si gonfiava mentre mescolava. Magnus in maniche corte era una tentazione e Alec tendeva un po’ troppo a lasciarsi distrarre dalla pelle scoperta.
“Stamani mi sono svegliato e ho pensato che saresti venuto, questo pomeriggio, allora mi sono detto: perché non fare un dolce per il mio zuccherino? E voilà, un gâteau pour mon chéri!”
Alec sorrise e scosse affettuosamente la testa. “Vuoi cominciare a viziarmi?” Si allungò verso l’impasto per cercare di assaggiarlo, ma Magnus gli schiaffeggiò una mano.
“No, chéri, non si fa!”
Alec sporse il labbro all’infuori e lo guardò con gli occhi grandi. “Ma pensavo fosse per me!” si lamentò.
“Non lo mangerai crudo. Vuoi che ti venga la salmonella?”  
Alec alzò gli occhi al cielo. “Non esagerare, Magnus.”
“Io non esagero. Sono prudente. Ora, lasciami finire così almeno lo metto in forno e dopo potrai mangiarlo.” Magnus si allungò sul tavolo per prendere una boccetta aromatizzata alla vaniglia e ne versò metà nell’impasto. Nel frattempo Presidente, stufo di sentire l’umano muoversi per riuscire a guardare l’altro umano che cucinava – del cibo che non era destinato a lui, tra l’altro. Come osava? – si stiracchiò e saltò giù dalle cosce di Alec, incamminandosi altezzosamente fuori dalla cucina, tenendo la coda ritta. Entrambi ridacchiarono guardando il micio che, risentito, li lasciava da soli. Alec, a quel punto, si alzò dallo sgabello per raggiungere Magnus: lo abbracciò da dietro, appiccicando il proprio petto contro la sua schiena, e appoggiò il mento sulla spalla di Magnus, guardando i suoi movimenti dall’alto.
“Lo vuoi il cacao?” Magnus si voltò per dargli un bacio su una guancia.
“Sai che mi piace il cacao.”
Magnus sorrise compiaciuto e allungò un braccio verso la busta di cacao in polvere che aveva già preparato – perché conosceva Alexander e i suoi gusti – e ne versò due cucchiai nell’impasto, che cambiò lentamente colore: da bianco divenne sempre più scuro fino a diventare nero. Magnus era intento a mescolare con cura per rendere il tutto liscio e omogeneo, mentre Alec aveva cominciato a dedicarsi all’arte della distrazione. Infatti, aveva cominciato a lasciare piccoli baci sul collo di Magnus, che trovava sempre più difficile concentrarsi su quello che stava facendo.
“Se fai così non finirò mai.”
“Ma profumi di buono,” sussurrò Alec, strofinando il naso sulla pelle di Magnus, “E hai una maglietta a maniche corte.” Disse, come se bastasse come giustificazione al suo comportamento. E per come la vedeva Alec, aveva tutte le ragioni affinché suonasse come tale: se Magnus non avesse avuto quella maglietta, aderente come una seconda pelle, e un bellissimo corpo, lui non sarebbe stato così tentato. Nemmeno quell’appariscente grembiule riusciva a sviare l’attenzione dal fisico di Magnus. O a renderlo meno desiderabile. Lo strinse più a sé e le sue mani, appoggiate sull’addome di Magnus, vagarono sotto il grembiule e la maglietta, accarezzando gli addominali e scendendo, lentamente, sempre più in basso fino a che non raggiunsero la cintura dei pantaloni. Magnus, il cui respiro aveva cominciato ad accelerare insieme al suo cuore, dovette fare uno sforzo titanico per fermare Alec e le sue mani curiose.
“Alexander.”
“Mh?” Alec stava già cominciando a slacciargli la cintura e se avesse terminato, a quel punto Magnus non sarebbe più stato in grado di resistergli.
“Le tue mani. Mi distraggono.”
“Era quello lo scopo.”
“Questa cucina ti rende perverso. Te ne rendi conto, sì?”
Alec rise e, alzando la testa, posò un bacio sulla nuca di Magnus. Era divertente realizzare quanto avesse ragione: il loro primo bacio era avvenuto lì, la prima volta che si era avvicinato a qualcosa che avesse a che fare con l’ambito sessuale era avvenuta lì. Era come se quella stanza azzerasse i freni inibitori di Alec e lo lasciasse in balia dei suoi istinti che bramavano di essere soddisfatti. “Hai ragione.” Risistemò la cintura di Magnus e portò le mani in bella vista, fuori dalla maglietta del maggiore. “Però non ti sei mai lamentato.” Gli sussurrò poi, prima di afferrargli un lobo tra le labbra e succhiarlo leggermente. Fu un gesto veloce, che lasciò a Magnus un brivido elettrico. Alec si staccò da lui subito dopo e tornò al suo posto, nella parte opposta dell’isola, di fronte a Magnus. Lo guardò con malizia – e Magnus decise che quello sguardo doveva essere ritenuto illegale in almeno mezzo pianeta – e gli fece l’occhiolino. Magnus apprese, in quel preciso momento, che Alec aveva imparato quasi tutte le regole del gioco e, beh, non poteva che esserne felice. Anche se ciò significava rischiare un mezzo infarto e sentire i pantaloni troppo stretti sull’inguine.

*
Alec era stato buono fino a che Magnus non aveva smesso di occuparsi del suo dolce. L’aveva guardato completare la sua opera e, successivamente, imburrare e infarinare con cura la teglia in cui poi avrebbe versato l’impasto. Dopo che Magnus aveva infornato il dolce, si era tolto il grembiule e aveva – di nuovo – mandato Alec in tilt, facendo impazzire i suoi ormoni che quel giorno sembravano particolarmente irrequieti. La maglietta nera e aderente che l’aveva mandato fuori rotta, accompagnata ad un paio di pantaloni verde militare, facevano si che la sua circolazione sanguigna venisse concentrata solo in una zona del suo corpo. Che cosa gli prendeva, dannazione? Era come se avesse perso tutto il suo autocontrollo e adesso fosse schiavo dei suoi ormoni, che si divertivano a ballare la conga ogni volta che Alec posava gli occhi su Magnus. Bastava semplicemente che si muovesse e Alec sentiva accendersi dentro di sé la voglia di averlo vicino.
Era strano, era come se…
Volessi saltargli addosso? Diciassette anni di astinenza provocano questo e altro, Alec. Se ci aggiungi il fatto che lo trovi sexy sotto ogni punto di vista, la combo diventa letale.
Doveva smettere di confidarsi con Isabelle. Lei era troppo schietta e gli diceva verità che poi gli rimanevano in testa, si insinuavano nella sua mente e gli tornavano alla memoria nei momenti meno opportuni. Lo sapeva benissimo anche lui che lo trovava, citando Iz, «sexy sotto ogni punto di vista», questo non era certo una novità. La novità stava più nel fatto che l’idea di saltargli addosso, come l’aveva chiamata Isabelle, stava iniziando a prendere una forma diversa, trasformandosi in qualcosa di più… profondo rispetto a ciò che aveva sperimentato fino ad adesso. Era come se tutto ciò che aveva provato fino a quel momento non gli bastasse più e volesse vedere cosa ci fosse oltre l’orizzonte che aveva imparato a conoscere.
Chéri?” La voce di Magnus lo riportò alla realtà e accantonò i suoi pensieri. “C’è qualcosa che ti preoccupa?” gli domandò, probabilmente notando che si era assentato. Alec ponderò un attimo l’idea di dirgli tutto, ma poi ci ripensò, ritenendo che non fosse il momento opportuno per una conversazione simile.
“No, sto bene.”
“Sei sicuro?” Magnus alzò un sopracciglio e si incamminò verso di lui, ancora seduto sullo sgabello, e lo fece girare verso di sé. Alec appoggiò il mento sul suo petto e lo guardò dal basso verso l’alto. Notò la sottile riga di eyeliner argentato che decorava gli occhi di Magnus e pensò a quanto fosse bello, a quanto fosse in grado di fargli mancare il respiro solo guardandolo in quel modo affettuoso e premuroso. Magnus era quel tipo di persona che se faceva una domanda simile era perché era fermamente interessato alla risposta. Lui non chiedeva mai come stai? usandolo come una formalità o un convenevole, lo chiedeva perché era sinceramente interessato alla risposta e cercava di essere utile, in qualche modo, se chiunque avesse voluto parlare con lui di qualsiasi cosa lo tormentasse.
Magnus era buono e Alec si innamorava di lui giorno dopo giorno.
“Sicuro.”
Magnus fece passare le dita tra i capelli di Alec e quest’ultimo gli circondò la vita con entrambe le braccia.
“Al cento per cento?”
Alec parve pensarci su: il suo ultimo pensiero, a dire la verità, era stata la seconda cosa, quel giorno, a fare sì che si trovasse a riflettere particolarmente su qualcosa. La prima era stata Max e cosa poter fare per non farlo sentire messo da parte. Se Alec non si sentiva ancora di parlargli dei suoi ultimi pensieri, poteva parlargli di suo fratello e ascoltare nel caso Magnus avesse avuto qualche consiglio.
“Una cosa ci sarebbe…”
Magnus gli baciò la punta del naso. “Ti ascolto.”
“Di solito, io e Max durante le vacanze passiamo del tempo insieme. Quest’anno non è ancora successo e non vorrei che si sentisse messo da parte. Vorrei organizzare qualcosa da fare, ma non so esattamente cosa.”
“Potreste fare una gita.” Propose Magnus, allacciandogli le braccia dietro la nuca. “Potresti portarlo all’acquario.”
Alec ci pensò su: non era male come idea, anzi doveva dire che lo soddisfaceva abbastanza. Max era un bambino molto curioso e gli piacevano gli animali, di conseguenza avrebbe potuto trovare l’esperienza di suo gradimento. Sorrise.
“Mi piace come idea. Chiederò a Jace e Iz di aiutarmi e gli faremo una sorpresa!”
Magnus ricambiò il sorriso di Alec e si chinò per dargli un bacio. Vederlo felice lo rendeva felice.
“Vorrei che lo conoscessi.” Disse Alec, quando si staccarono. Magnus si rese conto che Max era l’unico dei suoi fratelli che non conosceva, almeno non di persona. Alexander parlava di lui e addirittura aveva accennato ad un incidente nel passato del bambino, ma ogni volta che l’argomento sembrava venire a galla, Alec sviava il discorso. Magnus non si era mai sentito di fargli domande su quell’episodio perché voleva lasciargli spazio, voleva che Alec gli parlasse di una cosa che evidentemente gli faceva ancora male ricordare, quando ne sarebbe stato pronto – come aveva fatto lui quando gli aveva dato tutto lo spazio di cui aveva necessitato per parlare del suo passato. “È l’unico dei miei fratelli che non sa di te e ogni volta che mi chiede dove vado e non posso dirgli che vengo da te, mi sento una specie di peso sul petto perché mentirgli non mi piace.” Alec sospirò e affondò il viso sul petto di Magnus.
“Potrei conoscerlo senza necessariamente dirgli che sono il tuo ragazzo.”
Alec alzò il viso e incrociò di nuovo lo sguardo di Magnus. “Spiega.”
“Puoi dire che sono un tuo amico.”
Alec fece un cenno di dissenso con il capo. “No. Una cosa simile è fuori questione. Non ti farò mai passare come un mio amico solo perché nella mia famiglia sono bigotti. Tu sei molto di più e non fingerò mai il contrario.”
“Non penso Max la penserebbe come i tuoi genitori.”
“No, hai ragione. Ma… non voglio che tenga un segreto, devo già farlo io e, credimi, sta diventando difficile farlo.”
Magnus gli afferrò il viso tra le mani e gli accarezzò le guance con i pollici. “Allora aspetteremo. Lo conoscerò quando sarai totalmente pronto a dire a tutti la verità. Nessuna fretta, Alexander. Io non vado da nessuna parte.”
Alec tuffò di nuovo il viso nel petto di Magnus e lo strinse forte, mentre Magnus cominciava ad accarezzargli i capelli. Alec era disposto ad andare contro la sua famiglia pur di non camuffare ciò che c’era di loro dietro una bugia comoda e Magnus pensava che già questo modo di pensare valesse come un coming-out: Alec accettava non solo se stesso, ma anche il loro amore, dandogli un’importanza tale da rifiutarsi di farlo passare per qualcosa di diverso. Forse Alexander non si rendeva conto di quanto era cambiato, ma Magnus sì ed era felice di essere al suo fianco per essere testimone della sua crescita.
“Ti ho promesso un film.”
“Sceglilo tu. Sorprendimi.”
“Mi stai dando carta bianca su un film?”
“A mio rischio e pericolo: sì, hai carta bianca.” Alec alzò il viso e sorrise a Magnus, che scosse la testa affettuosamente e gli pizzicò una guancia.
“Non mi perdonerai mai per Dirty Dancing, non è vero?”
“Mai, Magnus. Mai. È stato una tortura!”
Magnus rise e lasciò un bacio sulla fronte di Alec. “Abbi fiducia, chéri.” Ammiccò e, dal momento che il timer del forno aveva cominciato a suonare, si allontanò da Alec. “C’est prêt!”

*

Alec e Magnus erano sdraiati ai lati opposti del divano: le loro gambe erano intrecciate, mentre tenevano le schiene appoggiate ai braccioli. Magnus tendeva – molto spesso – a fare piedino ad Alec, che ogni volta, senza staccare gli occhi dallo schermo, sorrideva divertito. Avevano mangiato due pezzi del dolce preparato da Magnus – e Alec riteneva che fosse il migliore che avesse mai mangiato – e si erano messi sul divano per guardare un film. Magnus aveva scelto Casinò Royale e di certo Alec non poteva lamentarsi. Lui e Jace avevano visto i film di James Bond una miriade di volte, mentre Isabelle si era sempre rifiutata perché è offensivo, tratta le donne come degli oggetti. È possibile che nessuna sappia resistergli, nonostante sappiano che bassa opinione abbia di loro?
Alec venne distratto da quel pensiero da Magnus, che aveva infilato una mano nei suoi jeans e la stava facendo risalire sul suo polpaccio.
“Magnus.” Lo guardò, ammonendolo. Magnus, però, sorrise ferino e abbandonò la sua posizione, mettendosi carponi e cominciando a camminare verso Alec. Si mise a cavalcioni su di lui e, beh, Alec non aveva così tanta forza di volontà da respingerlo.
“Il bello del film ormai è passato: Daniel Craig si è già spogliato.”
Alec si sistemò per far stare più comodo Magnus e rise, mentre le sue mani andavano a posarsi sul sedere del suo ragazzo. “Sei veramente impossibile.”
“Puoi darmi torto? Questi film sono tutti uguali, si salvano solo perché lui è un figo.” Magnus sfiorò il naso di Alec con il proprio e avvicinò la propria bocca alla sua, ma senza baciarlo. Alec lo guardò carico di aspettativa e con una punta di impazienza, desideroso di essere baciato tanto quanto Magnus lo era di baciarlo. Ma non lo fece, non ancora.
“Perché l’hai scelto se non ti piace?”
“Perché piace a te.” Magnus indietreggiò un poco il viso e lo abbassò per riuscire ad arrivare alla gola di Alec, ricoprendola di baci, prima gentili e delicati, ma che poi si trasformarono in succhiotti esigenti. Alec sospirò sonoramente e reagì stringendo il sedere di Magnus tra le mani, in un silenzioso invito a continuare. Magnus sorrise e continuò a baciare e succhiare la pelle di Alec, mentre il respiro di quest’ultimo si faceva sempre più accelerato. Ci sarebbe rimasto  un succhiotto, con ogni probabilità grosso come quello che gli aveva fatto ad Halloween, ma a nessuno dei due importava. Erano immersi nel loro mondo, in quella dimensione che si creava quando erano insieme: c’erano solo i loro corpi a contatto, i loro respiri pesanti che si mescolavano e Magnus che, senza rendersene conto, aveva cominciato a strusciare il proprio bacino contro quello di Alec, che riusciva a percepire quanto fossero nella medesima situazione. Tutto ciò piaceva ad entrambi e i loro corpi lo stavano dimostrando. In altre circostanze, Alec si sarebbe chiesto e adesso? ma aveva capito – e imparato – che il controllo in queste situazioni non esiste. La razionalità non esiste e viene sopraffatta dall’istinto e dai sentimenti, che sono dei comandanti più affidabili di quanto Alec si sarebbe mai aspettato. Per questo, quando Magnus infilò le proprie mani sotto il maglione di Alec per accarezzargli la pelle nuda, Alec mise una mano sulla nuca di Magnus e, tirandolo con delicatezza per i capelli, gli fece alzare la testa dal suo collo per fare in modo che i loro visi fossero vicini abbastanza da riuscire a baciarlo con tutta la foga che sentiva necessità di sfogare. Aveva bisogno della sua bocca e aveva bisogno di prendersela, ora. Magnus non si oppose e risposte al bacio, lasciando che Alec infilasse la propria lingua nella sua bocca e che condisse il tutto con piccoli morsi sulle labbra. Era tutto bellissimo: i baci, i loro corpi che avevano cominciato a strusciare uno contro l’altro, le mani di uno che esploravano l’altro, desiderose di andare a scoprire ciò che ancora non avevano scoperto e allo stesso tempo sicure di incontrare qualcosa che avevano già conosciuto. Era un misto di desiderio e amore, qualcosa che spingeva Alec a non volere altro, nella vita, se non Magnus e tutto ciò che si davano. Si mise a sedere, con Magnus ancora addosso, e a quel punto usò entrambe le braccia per stringerlo a sé, mentre Magnus gli circondava il collo con le proprie. Si mescolavano alla perfezione, loro due, le loro anime, i loro cuori e i loro corpi formavano un puzzle che, una volta completato, mostrava una figura che Alec amava sopra ogni altra cosa.
“Alexander.” lo chiamò Magnus con il fiatone. Alec non gli rispose e si sporse per andare a cercare di nuovo le sue labbra, che erano lucide e gonfie per i baci. Ma quando Magnus indietreggiò un poco, Alec aggrottò la fronte, risentito.
“I tuoi pantaloni vibrano, tesoro.” Spiegò Magnus. “E anche se vorrei tanto esserne io la causa, sono piuttosto sicuro che sia il tuo cellulare.”
Alec tenne una mano sul fondo schiena di Magnus, mentre l’altra andava a recuperare il cellulare in tasca. “Sei sicuramente la causa di ciò che succede dentro ai miei pantaloni, Magnus.” E lo disse con una schiettezza tale che non provò nemmeno una punta di imbarazzo ad essere così brutalmente onesto. Lanciò un’occhiata allo schermo del cellulare e poi rispose.
“Izzy.”
Magnus avvicinò il viso ad Alec e lo baciò a stampo.
“Fratellone, ho una notizia.”
“Spero davvero che sia importante, Iz.”
Persino Magnus riuscì a sentire la risatina maliziosa di Isabelle dall’altro capo del telefono. “Perché, ho interrotto qualcosa?”
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere. Allora?”
Magnus scosse la testa affettuosamente e cominciò a coprire di piccoli baci il perimetro della mascella di Alec.
“Mamma e papà vanno via l’ultimo dell’anno. Quel socio super ricco di papà vuole organizzare una mega festa per gli associati dello studio: partono il 30 e tornano il 2. Hanno deciso che porteranno Max con loro, ma noi possiamo stare a casa.”
Alec elaborò quelle informazioni con una certa difficoltà, dal momento che era difficilissimo concentrarsi quando Magnus era tornato a prestare attenzioni alla sua gola.
“D’accordo.” Rispose, cercando di mantenere la voce il più salda possibile.
D’accordo? Tutto qui? Sai cosa significa? Potremmo fare quella festa di cui ti avevo accennato: staremo tutti insieme e ci divertiremo tantissimo!”
Alec pizzicò un fianco di Magnus per attirare la sua attenzione e l’orientale alzò il viso per guardarlo. “Cosa ne dici?” gli domandò, lasciando momentaneamente Isabelle in attesa. Alec sapeva che era riuscito a sentire tutto e voleva sapere cosa ne pensasse, se gli andava bene o se preferiva fare dell’altro.
“Dico che va bene, tesoro. Mi basta che siamo insieme. E ora, se permetti…” Magnus sfilò il cellulare di Alec dalle sue mani e se lo mise all’orecchio. “Isabelle, cara, io ti adoro e sei la mia seconda Lightwood preferita, ma… io e Alexander eravamo un tantino impegnati, quindi, se non ti dispiace, discuteremo di questa festa un’altra volta.”
Alec sentì chiaramente la risata esplosiva di sua sorella dal telefono e sorrise a sua volta, mentre Magnus la salutava e attaccava, lanciando il telefono in mezzo ai cuscini del divano.
“Dove eravamo rimasti?”
Alec si passò la lingua tra le labbra. “Non lo so, dimmelo tu.”
Magnus, in risposta, gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò.




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Ciao a tutti! Sono tornata e sono in ritardo (scusatemi!).
Allora, cosa ne pensate di questo capitolo? È tornata la dose di fluff, perché mi mancava far annegare questi due bonbon nel fluff e in più perché questo capitolo è ambientato sotto Natale e a Natale il clima deve essere necessariamente zuccheroso!
L’incipit del capitolo è stato suggerito da danim che mi ha chiesto se potevo scrivere di Magnus e Alec da Sephora e da questa sua idea, la mia testolina ha viaggiato fino ad inserire l’episodio in una giornata dedicata allo shopping, per la gioia di Magnus e un po’ meno per quella di Alec (:’D) quindi, il merito va tutto a lei!
Daniela, spero che ti sia piaciuto e che fosse almeno un po’ come te lo eri immaginato!
Piccoli appunti: la gara di tiro con l'arco di cui parla Alec me la sono completamente inventata! Mentre per quanto riguarda la sua allusione ad Eames ed Arthur sono due dei protagonisti di Inception e diciamo che almeno a me hanno dato l'impressione di poter essere più che semplici amici, quindi niente ho inserito questa cosa! Detto ciò, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, se vi va!
Ringrazio chiunque trovi il tempo per leggere e recensire questa storia e chiunque l’abbia messa tra i preferiti/ricordati/seguiti! Mi fa un piacere immenso e vi abbraccio tutti tutti!
Alla prossima! <3

PS: Ma il Malec trailer di San Valentino? Io non sono sicura di essere pronta a questa terza stagione! 
   
 
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