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Autore: Newtmasinmyveins    19/02/2018    2 recensioni
NEWTMAS OS
*SPOILER THE DEATH CURE-LA RIVELAZIONE*
E se tutto fosse finito a pagina 250?
"Nel momento in cui qualcuno ha menzionato il fatto che tu fossi solo, ho potuto sentire i problemi scorrere nelle tue vene. Non mollare, mantieni il controllo. Se perderai la tua strada, lascerò la luce accesa." traduzione della canzone leave a light on, una poesia di Tom Walker che mi ha ispirato per la stesura di questa OS struggente.
Non avrei desiderato nient'altro, oltre che la Newtmas durasse per sempre...
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Newt/Thomas
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
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I need you to be brave...



 

Thomas stava girovagando senza una meta quando Jorge lo invitò a salire sul furgone; lo ignorò completamente. Desiderava starsene da solo.

Il clima non era dei migliori, la sottile maglia azzurra svolazzava via dal petto, per il troppo vento. Cercò di stringersi nel suo giaccone grigio, riparandosi dal freddo, per quanto poteva.

"Prima un piede, poi l'altro." Era ciò che il cervello comandava tacitamente agli arti inferiori, opponendosi alla forza delle raffiche di vento che lo spintonavano all'indietro, come se volessero dirgli di tornarsene con il suo gruppo, lasciando stare il resto.

Non se ne curò, l'aria gelida come i suoi compagni, pareva contrariata per la sua decisione, una scelta che sosteneva fermamente; niente e nessuno sarebbero riusciti a fermarlo.

Non temeva d'imbattersi in spaccati, o addirittura di perdere la vita, l'unico obiettivo era arrivare a lui, ignorando ciò che sarebbe stato dopo.

Aveva cominciato a camminare e non si era più fermato, inutile il pedinamento di Jorge, che appena riusciva ad affiancarlo con il veicolo rubato, gridava a perdifiato:"Sei impazzito? Ti rendi conto di dove stai andando?" Ma Thomas aveva fatto orecchie da mercante, non voltandosi.

Era arrivato a quel punto e non gli interessava più di nulla. La parte cosciente sapeva che quella era la direzione per il palazzo degli Spaccati, quella incosciente non se ne importava. Avrebbe dovuto fare l'ultimo tentativo, senza nessuno che lo tenesse per le catene. Non poteva andare così, semplicemente non doveva accadere.

Se non fosse stato il vero leader, probabilmente avrebbe mollato tutto già da un pezzo, soprattutto dopo una notizia del genere.

Si sentiva finito, fallito, vuoto. Che senso aveva una lampada senza luce?Un libro senza pagine? Un cielo senza stelle? Nessuno, e sorrise compiaciuto accorgendosi che quei paragoni lo rispecchiavano in pieno.

Non aveva più ragioni per andare avanti, il suo corpo ne era la prova; a ogni passo, pareva manifestare una resa imminente, quasi come se urlasse "basta" per poi accasciarsi a terra, privo di energia.

Aveva anche perso la cognizione del tempo, affogato in quei pensieri malsani che gli avevano fracassato il cervello per tutto il tragitto. Preso dalla rabbia e dall'odio verso se stesso -per non essere ancora arrivato alla cura-aveva pianto tanto, senza interruzioni. I singhiozzi erano ancora udibili.

Avvertì nuovamente il rombo del motore dietro alle sue spalle, inspirò paziente, Jorge non demordeva facilmente. Perché lo aveva scoperto? Era scappato nel massimo silenzio.

Ampliò la visuale davanti a sé a caccia di un sottopassaggio, dove si sarebbe rintanato seminando l'uomo a bordo del veicolo, ma quella era una zona deserta, un'area di esilio; niente solchi, spazi ristretti o nascondini, terreno ruvido e basta.

Nascondersi per sopravvivere a un improvviso attacco sarebbe stato impossibile, si mostrava peggio della zona bruciata. Strinse i denti, mantenendo lo stesso passo.

Una voce parlò. Stavolta si trattava di Brenda, evidentemente c'era anche lei. La ragazza con tono frustato gli stava urlando di fermarsi, di riflettere.

"Thomas, ti stai suicidando.Fermati." Implorò angosciata. Senz'altro erano parole pesanti, ma neanche quelle riuscirono a suscitargli qualcosa, a scalfirgli l'anticamera del cervello.

Sicuramente tutti credevano che avesse perso il senno, ma non capivano che la testa non c'entrava, riguardava tutto il cuore...che sì, continuava a pulsare, ma senza una valida motivazione. Non più almeno.

Tutti i sentimenti, le emozioni, i ricordi si erano ibernati al momento di quella scoperta. L'unico pensiero fisso, l'unica cosa a importare veramente era trovarlo in tempo, prima che le lancette dell'orologio avrebbero segnato un'ora tarda, lontana.

Immune, non immune... possibile che si fermasse tutto a insignificanti parole? Nella sua testa neanche avevano senso quelle classificazioni. Perché l'intera umanità con i suoi amici doveva morire per un maledetto virus? Perché doveva rassegnarsi nel vedere persone a lui importanti morire? E perché era riuscito sempre in tutto, ma non a trovare quella maledetta cura?

Deglutì a vuoto. Gli occhi, stanchi, stentavano a rimanere aperti. La gola pareva stringersi in un nodo, come se qualcuno lo stesse soffocando con una corda; il mento tremolava, risultato di troppe lacrime, troppo dolore trattenuto.

Digrignò i denti, provando a contenere la rabbia. Era stanco dell'inseguimento di quei due, a breve avrebbe liberato tutto il dolore represso in un urlo spaventoso.

"Hermano, torna in te. Gli Spaccati ti uccideranno!" gridò Jorge, cercando di avvicinarsi quanto più possibile per trascinarlo con forza sul furgone, ma continuò a guardare avanti come se niente fosse.

"Il siero non concluderà nulla." incalzò la ragazza, con occhi pieni di lacrime. Impulsivamente afferrò la pistola, rivolgendo un'occhiata d'intesa all'uomo che amorevolmente l'aveva cresciuta.

"No, Brenda, tu non sparerai..." sentenziò Jorge, privandola dell'arma.

"Non sarà nulla di estremo, soltanto un graffio che gli impedirà di commettere questa pazzia." replicò la giovane, disperata.

L'uomo mosse il capo a destra e sinistra, visibilmente contrariato."Sta seguendo il suo cuore, non c'è arma che tenga alla sua volontà." Dichiarò Jorge, calando lo sguardo e rallentando il veicolo. "Possiamo soltanto pregare che non gli accada nulla." concluse, frenando per poi impostare la retromarcia.

Thomas chiuse gli occhi, rilasciando un sospiro. Non aveva sentito lo scambio di battute tra i suoi due amici, ma era ben udibile che stessero andando via, il rumore del furgoncino era sempre più distante.

Portò la mano alla fronte, lo sguardo rivolto all'orizzonte. Non c'era nulla di interessante, nessuna struttura che facesse pensare di essere vicino al palazzo; c'era soltanto una vasta pianura, distrutta come tutto il resto.

Iniziava quel viaggio da zero, ma neanche quello gli importava, lo sdegno nei confronti della Wicked scorreva ardentemente nelle vene, ad alta pressione.

Il desiderio di raggiungere quel ragazzo dalla chioma dorata soccombeva tutto: stanchezza, sofferenza, cuore distrutto. Per andare avanti, doveva fare della sua rabbia la sua forza. Doveva iniziare a correre, stringere i denti e combattere. Incoraggiato, aggiustò lo zaino in spalla, cominciando a velocizzare il ritmo dei passi; una semplice camminata diventò una corsetta, e una corsetta man mano si trasformò in una corsa vera e propria, degna di un velocista.

Le scarpe sprofondavano nel terreno ruvido, sporcandosi di fango. Il cuore con i suoi battiti accelerati rischiava di uscire dalla cassa toracica, per la veloce andatura. Il sangue riforniva ossigeno alle vene, e i polmoni respiravano pienamente quell'aria, impura per molti.

Fu inevitabile ricordarsi del momento in cui Minho lo aveva avvisato di quella sciagura, quattro parole si erano stagnate nella sua testa, giorno e notte, come un tarlo, senza lasciargli attimi di tregua.

"Newt non è immune." ripeteva il suo cervello in continuazione, facendolo dannare. Non smetteva di chiedersi: "Perché proprio lui?" Non c'erano risposte.

Era sempre stato un pivello curioso, ma la forza e il coraggio erano virtù che gli aveva trasmesso il biondo. Non sapeva come, ma gli bastava guardarlo e tutte le paure svanivano, dando vita all'audacia degna di un leader, la stessa che aveva trovato un'uscita dal labirinto, arrivando fino all'ultima città.

Senza Newt, Thomas avrebbe perso se stesso, smettendo di esistere.

Il vento batteva violento sul volto, così come sulle lacrime che sgorgavano dagli occhi come ruscelli alla fonte; da calde erano diventate gelide, le temperature stavano calando a dismisura, in modo assai preoccupante.

Si affrettò a mettere più grinta e insistenza nelle gambe, aveva un valido motivo per rompersi le ossa e perdere il respiro: Newt, per lui stava affrontando quella che a tutti gli effetti poteva essere definita una corsa contro il tempo.

La sua mente cominciò a riprodurre i momenti vissuti insieme: l'incontro nel labirinto, le risate, le perdite dei loro compagni, la forza, che continuavano a darsi sempre più, sostenendosi a vicenda; poi, era arrivata quella disastrosa scoperta, e il suo cuore immancabilmente era sprofondato in un abisso freddo e buio.

Peggiore di quel momento erano state le ore, i minuti e i secondi successivi. Thomas aveva affrontato tre fasi soffocanti, prima di allontanarsi volontariamente dal gruppo.

La prima era stata l'incredulità: quella notizia lo aveva pietrificato letteralmente. Lo shock lo aveva disconnesso dal mondo, creando un black out mentale.

Newt era stato nel labirinto con loro, era immune come tutti. Non capiva il nesso, non riusciva a capacitarsene. Il silenzio di Minho, Brenda, Jorge e Frypan non faceva altro che peggiorare la situazione, scombussolando ulteriormente. Nessun conforto o parola in più. In un primo momento rise, in preda a un ghigno nervoso.Ma tutti continuavano a starsene zitti, senza fiatare; avvilito e incredulo, come per cercare chiarimenti, aveva scorso lo sguardo sui suoi amici, per inchiodarlo infine sul volto dell'asiatico.

Gli occhi dell'altro velocista erano spenti e tristi, racchiudevano la medesima angoscia della perdita di Chuck. Non c'era bisogno di conferme, per quanto doloroso fosse, Thomas aveva capito. Un moto di rabbia e di dolore si mosse in lui, un'irrefrenabile voglia di ribellarsi, di gridare: "Perché lui?" "Come è potuto accadere?"ma le parole gli si bloccavano in gola, restando lì, intrappolate. Era come se un cannone gli avesse sparato vicino, mancandolo sì, ma avvertendo comunque l'eco e l'urto, perché possente.

La seconda fase, più dura della precedente, presentò l'ira. Più capiva, più la rabbia scorreva rapida nelle vene. Inutili erano stati  gli appoggi da parte di Brenda e Frypan; ormai Thomas non era più in sé, gettava per l'aria tutto quello che aveva davanti: dai tavoli alle sedie, dai vasi alle mappe. Ogni cosa veniva spazzata via dalla sua rabbia, nonché incolmabile sofferenza. Quella furia non aveva aspettato molto per sfociare in un pianto fatale, e in un'incredibile voglia di restare da solo.

La solitudine era stata il prologo dell'ultima fase, quella peggiore: la rassegnazione.

Era tutto reale. A quella constatazione l'ennesima morsa di dolore gli strinse il cuore, uccidendolo ancora una volta. Erano trascorsi tre giorni da quella notizia, e la sera in cui era scappato era identica alle precedenti; se ne stava seduto su una roccia, le gambe vicino al petto e l'espressione assente. Gli altri erano attorno al falò, ognuno intento a consumare la propria pietanza preparata da Frypan.

Da quella notizia ogni giorno era uguale al precedente: camminavano, quando il sole era al punto più alto del cielo mangiavano, poi riprendevano il cammino fino a trovare un luogo tranquillo per accamparsi la notte. Il ragazzo di colore preparava la cena, che Brenda portava a Thomas, e puntualmente rifiutava. Vane erano state le strigliate di Jorge, il ragazzo non voleva saperne di toccare cibo.

Non era un digiuno, né una forma di ribellione, si sentiva soltanto bloccato nel tempo, come se la scoperta dell'amico infetto aveva fatto ammalare anche lui, un immune.

Gli occhi, incatenati al cielo, studiavano il tempo, forse a distanza di qualche ora avrebbe piovuto. La luna, pallida più del solito, era visibile, seppur spesso oscurata da nuvole eccentriche. Soffocante, Thomas era alla ricerca di una stella diversa, più brillante, una che magari gli avrebbe mostrato il cammino per trovare Newt.

Quel pomeriggio aveva chiesto a Frypan dove, secondo lui, potesse essere il loro amico, il cuoco aveva esitato prima di accennare al palazzo degli spaccati ; in un primo momento gli era parsa una scelta azzardata, ma sapeva anche che Newt era un tipo del genere, beccarlo lì non sarebbe stata una trovata chissà quanto scioccante. Da allora, quel pensiero si era aggiunto agli altri, non lasciandolo in pace.

Staccò lo sguardo dal cielo portandolo sui suoi amici che stavano spegnendo il falò, pronti per il riposo. Jorge gli si avvicinò, con fare paterno gli diede una pacca sulla spalla, raccomandandogli di dormire, il ragazzo annuì col capo, rispondendo che li avrebbe raggiunti a breve.

Attese che tutti si fossero sistemati nel proprio sacco a pelo, e che l'alba arrivasse quanto prima . Dormì poco e male, ma senz'altro quella sottospecie di dormiveglia lo aiutò a svegliarsi prima di tutti. Si munì dell'essenziale, quatto si avvicinò alle figure dormienti dei suoi compagni, uno sguardo scorse rapido sui loro visi; era un saluto, non sapeva come fossero andate le cose e se li avrebbe più rivisti. Sorrise, augurandogli tacitamente buona fortuna e, senza rimpianti, si voltò. Poco importava che Jorge lo aveva scoperto e che gli avesse corso dietro, c'era voluto del tempo m come tutti gli altri anche l'uomo aveva capito: Thomas aveva fatto la sua scelta, stanco di seguire nuove piste, per una volta voleva seguire il cuore anziché la testa.

Già aveva perso qualche amico lungo il tragitto per la salvezza, ma senz'altro era la prima volta che il rapporto con Newt era a rischio, mortalmente e definitivamente. Come poteva credere di potercela fare, di riuscire a sopportare una cosa tanto agonizzante?

Deglutì, demoralizzato. La vista aveva cominciato a offuscarsi, gli occhi battevano a intermittenza. Una reazione istintiva, la speranza che fosse tutto un incubo, e che a momenti si sarebbe svegliato in un comodo letto, cittadino di un mondo senza quel maledetto virus, con i suoi amici che passavano a prenderlo per andare insieme a scuola. Tutti vivi, e con i loro progetti per il futuro. Sorrise appena, immaginando una vita normale che mai come quel momento poteva essere così fantomatica.

Quando si concentrò sulla realtà, quella brutale e triste, notò un ampio edificio, distante qualche centinaio di metri, quasi non riusciva a crederci, davanti a lui ergeva proprio il palazzo degli spaccati.

Gli parve che fossero passate delle ore, ma probabilmente aveva impiegato dai cinque ai dieci minuti. Gonfiò il petto, piegandosi in avanti per riprendere fiato. Alla vista di quella struttura, fu inevitabile provare un senso di sollievo, dei brividi lo invasero lungo le braccia e la schiena, facendolo tramare. Sapeva di essere vicino a Newt, e ciò bastò a farlo cadere. Qualcuno aveva approfittato che fosse sovrappensiero, distratto, per gettarvisi addosso, con forza.

Durante la caduta si era voltato per vedere chi lo aveva attaccato, aveva sussultato scoprendo che si trattasse di uno spaccato. Sbatté prima le gambe e poi il petto sul ruvido terreno, gridò appena, reprimendo il dolore. Lasciò stare lo shock, si sarebbe crucciato dopo per non essersene accorto, in quel momento doveva pensare soltanto come salvarsi la pelle.

Temerario provò ad alzarsi, seppure quello fosse seduto sulla sua schiena, impedendogli ogni minimo movimento. Il sangue usciva come un fiume dalla sua bocca, finendo sulla giacca del velocista. Disgustato, Thomas teneva le labbra serrate, scervellandosi su cosa fosse più opportuno fare.

Le mosse di quel momento avrebbero determinato la sua vita per sempre. Come un mantra ripeteva a se stesso di non perdere la calma, dandosi un count mentale. Quando ottenne più sicurezza, cominciò a dimenarsi, dopo diversi minuti che parvero ore ci riuscì; con un calcio in pieno viso colpì l'infetto che cadde all'indietro, sofferente. Ne approfittò per rimettersi in piedi, toccando la tasca per impugnare la pistola; sbiancò, constatando che non ci fosse.

"Se non hai fifa, non sei umano." era in momenti come quelli che rammentava di essere un umano come tutti gli altri, istanti in cui era da solo e alle strette. Mandò giù un groppo di saliva, indietreggiando. Avrebbe corso ancora, ancora e ancora, se solo il suo corpo non avesse cominciato a manifestare la resa. Ormai iniziava a vedere doppio, invaso da un insolito senso di leggerezza, le preoccupazioni parevano scivolare via, abbandonandolo, a breve avrebbe potuto tranquillamente perdere i sensi; come se non bastasse, lo spaccato si era già ripreso e, più arrabbiato di prima, gli stava correndo incontro. Il velocista pregò soltanto che gli stramazzi del malato non avessero chiamato a raccolta i suoi simili, finendo così accerchiato e vittima certa.

Durante la corsa di quello si guardò intorno, in cerca di qualche oggetto come arma di difesa; una pistola sarebbe stata notevolmente migliore e sicura, ma l'aveva persa, probabilmente durante quella fuga sfrenata.

Lo spaccato lo attaccò, con le unghie e con i denti Thomas cercava di opporre resistenza, ricordando il volto di quel ragazzo dalla chioma bionda, che anche in quel momento gli trasmetteva un'inspiegabile energia. Motivato, picchiò alla testa di quello con l'utensile preso da terra. Sulle prime il matto sentiva dolore, cercando di ripararsi, poi era tornato a inveire sempre con più insistenza e continuità, ottenendo una posizione di vantaggio e mettendo quello immune K.O.

Thomas non era solo stanco ma anche rassegnato, e non c'era cosa peggiore.

Il cuore gli finì in gola, vedendo lo spaccato d'improvviso estrarre una pistola, puntandogliela subito al petto. Era forse la sua? Beh, che gli appartenesse o no, poco importava, quell'arma era puntata dritta al suo cuore, un colpo e sarebbe morto. Sgranò gli occhi, terrorizzato.

Non ebbe il tempo di realizzare, che il colpo partì.

Rimbombante, risuonò per tutto il campo.

Aprì e chiuse le palpebre, a scatti. Stava per morire? No, la morte non poteva lasciare tempo per pensare, per farsi domande. Si moriva e basta, un colpo e tutto finito, non regalava tempo per crucciarsi.

Sentì il suolo mancargli sotto i piedi, le gambe cedettero, finendo a terra, in ginocchio.

Una chiazza di sangue si stava stendendo per tutto il petto, a macchia d'olio. Gli occhi spalancati in un'espressione di terrore fissavano la scena davanti a sé. In un momento del genere era difficile capire; qualcuno aveva sparato, ma non era lui a essere stato colpito, bensì lo spaccato, che crollando nelle sue stesse gambe, aveva rivelato l'autore di quell'omicidio, celato alle sue spalle.

Thomas si costringeva a tenere lo sguardo basso, spaventato, o qualcuno lo aveva salvato o avrebbe raggiunto lo spaccato a distanza di secondi; strinse i pugni, respirando affannato. Doveva vedere l'identità del suo salvatore o probabile assassino. A rallentatore alzò lo sguardo, temerario.

Descrivere quell'incontro di sguardi fu umanamente impossibile. Un groviglio di emozioni, paragonabili a tante fiamme ardenti bruciavano al centro del petto, riscaldandolo. Era forse un miraggio? Una riproduzione addolcita della sua mente per alleggerire il dolore drammatico della morte? Non c'era da meravigliarsi, se il cervello stava ripristinando l'immagine del biondo, era comprensibile: Newt era stata la sua più grande motivazione, lo aveva incoraggiato ad andare fino in fondo con la W.I.C.K.E.D. Era per lui che, nonostante quell'orrore, reputava la terra ancora un posto vivibile.

"Newt ..." Sibilò incerto, mentre la figura dell'amico scompariva. La testa cominciò a girare più velocemente, la vista offuscarsi con pallini colorati e sfocati. Abbozzò un sorriso stremato, per poi cadere completamente, privo di sensi.




-





 

Thomas si risvegliò poco dopo aver percepito qualcosa cadergli sul viso: acqua. Aprì la bocca, tossendo.

Non ricordava del tutto cos'era successo, sapeva soltanto di essere stato attaccato da uno spaccato e poi buio totale. La testa non gli doleva più come prima, ma si sentiva comunque intontito, scombussolato. La morte non poteva essere così scomoda.

Richiuse le palpebre, provando a riposarsi, ma qualcosa richiamò la sua attenzione: passi che si allontanavano. Aprì gli occhi, insospettito; con un colpo di reni abbandonò la posizione sdraiata per sedersi. I suoi occhi finirono su una figura alta ed esile, che scappava.

La mente si accese, ricordando. Era stata la stessa che aveva visto prima di svenire, che fosse un'allucinazione? Che fosse impazzito per davvero? Si alzò di sbotto, ignorando le vertigini. Focalizzò lo sguardo su quella figura che nonostante la corsa accennata si allontanava lentamente. Perché anche nella corsa c'era qualcosa di maledettamente familiare? Qualcosa lo scosse, facendo unire tutti i pezzi di puzzle:l'incidente della caviglia di Newt. Lo sguardo si illuminò di speranza. Avanzò senza pensarci.

Gli occhi, incatenati su quello che doveva essere il suo compagno, liberavano lacrime irrefrenabili. Si asciugò le guance in modo frettoloso con la manica della giacca, senza dare nell'occhio. Si affrettava a raggiungerlo, avrebbe voluto urlargli di fermarsi, ma la commozione era troppa e probabilmente avrebbe finito con il balbettare frasi senza senso.

La stanchezza, la paura, la preoccupazione, alla vista di Newt, si erano dissolte come bollicine, piccoli granelli di sabbia che il vento aveva portato via con sé. Adesso, Thomas sentiva la vita scorrergli nelle vene, come se fosse morto e solo in quel momento tornato a vivere.

A passi rapidi si avvicinava sempre più, guardandolo come se fosse ciò che di più bello esisteva al mondo. Un angelo, una creatura divina.

Non sapeva cosa gli avrebbe detto una volta raggiunto, ma era cosciente che non sarebbe stato importante. Averlo trovato colmava il dolore di un'intera vita.Più si avvicinava a lui più il suo cuore pareva calmarsi, cullato da una dolce nenia. Lontano dall'amico si era sentito come in mare aperto, inghiottito da onde troppo cattive perché gli permettessero di restare a galla. Era inutile ribadire che Newt non era soltanto la sua ancora ma anche il suo faro.

Si fermò a pochi passi, stremato. Alzò lo sguardo davanti a sé e sussultò vedendo l'altro bloccarsi sul posto, fermandosi. Passò la lingua tra le labbra, tremante. Il biondo abbassò il capo, voltandosi lentamente. Il batticuore aumentò all'impazzata, nonostante la tensione e la preoccupazione, Thomas tenne lo sguardo fisso su di lui, non distogliendolo neanche per un battito di ciglia. Il ragazzo rivelò la sua identità.

The second someone mentioned you were all alone, I could feel the trouble coursing through your veins. Now I know, it's got a hold...

Credette di morire lì, all'istante, notando i segni dell'eruzione ben visibili sul corpo dell'amico. Il collo del biondo, come le mani e le braccia, manifestava già il gonfiore delle vene. Gli occhi, sgranati e stanchi, erano diventati due pozzi scavati e bui, privi del luccichio di un tempo. Il viso, pallido come quello di un cadavere, aveva i muscoli facciali contratti in un'espressione...moribonda.

Le lacrime ripresero a pizzicargli gli occhi, ma tirò su, ignorando quella sensazione mista al dolore che rapidamente si propagava in lui, come morfina.

Avrebbe convinto l'amico a tornare con il gruppo, e insieme avrebbero trovato la cura. Lo credeva, lo sperava. Quel virus che aveva decimato intere popolazioni, non avrebbe vinto, non con l'unica persona che lo chiamava in modo diverso, con un adorabile soprannome.

Un nomignolo che esprimeva tenerezza pura, che lo faceva sentire piccolo e indifeso, ma al contempo forte e sicuro. Sì, il ragazzo che aveva di fronte, era il suo porto sicuro, la sua ancora. Gli bastava guardarlo sorridere per capire che sì, tutto sarebbe andato bene. Era sempre stata così tra loro due, cadevano ma riuscivano ad alzarsi, non si davano mai per vinti, quando Thomas si crucciava credendo di aver sbagliato tutto, c'era Newt a ricordargli che se non fosse stato per lui, non sarebbero mai scappati.

Automaticamente ricordò il suo arrivo nella scatola, il suo primo giorno nella radura:un gruppo di ragazzi capitanato Alby, colui che gli aveva presentato il secondo al comando, facendo nascere un legame diverso, speciale. Pensò che fosse da matti rimpiangere quel passato ma ahilui, avrebbe preferito ritornare a quel tempo, anziché convivere con il ricordo di Newt. Il ricordo, nient'altro.

Quattro passi li dividevano, Thomas inspirò ed espirò, tentando di immagazzinare quanto più coraggio e forza.

Don't let go, keep a hold. If you look into the distancethere's a house upon the hill, guiding like a lighthouse to a place where you'll be...

"Mi hai salvato di nuovo, come nel labirinto." fu lui a iniziare il discorso, alludendo all'aggressione ricevuta da Ben, punto dal dolente. Tentava di mantenere un tono cadenzato, ma quelle parole come le sue mani, tremavano, risuonando incerte. La paura che Newt si fosse dimenticato, lo faceva annaspare.

Gli occhi dell'amico divennero di colpo più limpidi, e Thomas fu inevitabilmente travolto da un brivido che non riuscì a nascondere. Avanzò di un altro passo, spinto da un'imminente voglia di abbracciarlo, ma quello indietreggiò facendolo sussultare deluso.

"Lo ricordi... Newt?" Domandò preoccupato, vedendo indifferenza. Era impaurito di sbagliare ogni singolo movimento o parola, il silenzio da parte del collante catapultava i suoi pensieri nella negatività, nel pessimismo."Ti ricordi di me?" domandò poi in un sussurro strozzato, per rafforzare la precedente domanda.

Safe to feel our grace 'cause we've all made mistakesif you've lost your way...I will leave the light on.

"Accidenti se lo ricordo, Tommy." Il collante ruppe quel silenzio soffocante. La voce era sempre la stessa se non per il tono più flebile e basso del solito. Thomas cercò di non pensarci, sorridendo meccanicamente nel sentire quel soprannome. Newt era ancora in sé, e ricordava. "Non sono io ad essere svenuto come una mammoletta..." Precisò, le mani congiunte dietro la schiena, l'espressione calma, stanca.

Tell me what's been happening, what's been on your mind. Lately you've been searching for a darker place...

Avrebbe riso se solo il biondo avesse enunciato quella frase scherzosamente, non in quel modo glaciale.

"Non posso dimenticare ciò che è stato...non prima di impazzire almeno." specificò, stringendosi nella divisa che indossava, riparandosi dalle fredde folate di vento.

Thomas annuì, comprendendo.

"Perché qui, Newt? Perché il palazzo degli...?" Lasciò la frase in sospeso, maledicendosi mentalmente per quella domanda. Pizzicò l'interno della guancia, pentito. Doveva per forza parlare del virus? Non poteva far finta di nulla? Newt stava diventando uno di loro, non sapeva come avrebbe reagito sentendo quella parola.

L'infetto tossì, poi sollevò il colletto della maglia tentando di coprire le vene che si intravedevano da sotto il tessuto nero della divisa. Indossava ancora l'uniforme color nero con linee rosse e grigie che avevano utilizzato giorni fa per accedere illegalmente alla base della W.I.C.K.E.D.

"Spaccati?" Sopraggiunse, il sopracciglio alzato gli riservava un'aria curiosa." Non è mica una parolaccia." concluse, stringendosi nelle spalle. Non era offeso, né arrabbiato. Rilasciò un sospiro affranto, distogliendo lo sguardo dal compagno per fissare un punto indefinito."Perché è il posto a cui appartengo, Thomas." Asseverò, non pienamente convinto.

Il moro corrugò la fronte, confuso." Non è vero. " Affrettò a negare, determinato."Non appartieni a questo e lo sai. Torniamo dal gruppo, insieme ce la faremo, troveremo la cura." Enunciò sicuro di sé, trasmettendo all'altro tutto l'ardore e la volontà che aveva in corpo, ma Newt sapeva che non bastava, era troppo tardi e troppo impossibile.

Accennò una smorfia di disapprovazione."Per te è tutto facile, tu sei quello immune, l'eroe..." Sminuì, lo sguardo oscurato, tetro. Abbassò gli occhi, fissando le punte delle proprie scarpe."Devi rassegnarti, nel labirinto hanno messo quelli come te e quelli come me. Non tutti sono destinati a salvarsi, Thomas." Calcò il nome del compagno con una sottile nota di fastidio, dandogli le spalle.

Il bruno sfruttò che l'altro fosse voltato per asciugarsi la lacrima appena sfuggita, auspicandosi che altre non l'avessero seguita."Non c'è alcuna differenza, non c'è alcun cambiamento in te." mentì, la voce roca per la troppa emozione.

"Ah...no?" Ringhiò il biondo, voltandosi in preda alla furia. In un gesto di rabbia alzò le maniche della giacca, scostò il colletto rivelando i lividi e le vene."Nessun cambiamento? Sono lo stesso che hai conosciuto? Per niente, sto diventando un mostro!" Sbottò in preda a una scarica di rabbia pura."E questo non è il lato peggiore... la pazzia avanza istante dopo istante, finirò col perdere il controllo di me stesso, dimenticherò tutto.Ho appena ucciso un mio simile."Constatò, indicando il corpo dello spaccato privo di vita poco più in là. I suoi occhi erano diventati lucidi, bagnati da pronte lacrime.

Thomas trovò ancora dell'umanità in Newt, non tutto era perduto. Si avvicinò, incurante che il compagno avesse potuto attaccarlo all'improvviso, in preda alla follia dell'eruzione.

"Lo hai ucciso per salvare me." Pose l'accento, fissandolo dritto negli occhi. Il biondo distolse subito lo sguardo, fuggiasco, scappava dal contatto visivo, come se potesse bruciarlo, come se le maschere che entrambi avevano usato per troppo tempo a momenti si sarebbero frantumate a terra, come cristalli."Adesso, permettimi di salvarti." più che un'affermazione, Thomas avvertiva ciò come un dovere.

To hide, that's alright, but if you carry on abusing, you'll be robbed from us...

Newt deglutì, colpito da quella frase piena d'affetto e premura. "Come salvi qualcuno che non vuole?" mormorò tremolante, indebolito. Puntò lo sguardo vulnerabile in quello castano e shockato dell'amico. A quel contatto visivo, Thomas si perse nei suoi pozzi scuri, privi di salvezza, di luce. Non seppe rispondere, almeno all'inizio.

"Non ti lascerò qui da solo." controbatté attimi dopo, sfuggito dallo stato di trance provocato dallo sguardo ipnotico e magnetico del biondo.

"E, invece, devi. Vattene, Thomas." Ripeté a bassa voce, insicuro. Il velocista lo guardò confuso, ma non si mosse."Ci sono ancora dei colpi qui... se vuoi salvare quella testa puzzona che hai, farai bene a sparire." L'espressione cominciava a mutare, non era più calma e ragionevole."Vattene o ti uccido." Ringhiò poi furente, e in un gesto rapido e impercettibile si allungò verso l'arma che stava a terra, afferrandola.

Thomas si ibernò sul posto, percepiva i piedi bloccati in cubi di ghiaccio che gli impossibilitavano i movimenti; non poteva credere che Newt, il suo migliore amico stava minacciando di ucciderlo e, cosa peggiore, che stesse puntando una pistola contro la sua fronte.

"Tu non lo farai." Proferì ingenuo, fremendo. La paura scorreva assieme al sangue nelle vene.

L'espressione del collante era completamente mutata. L'eruzione si stava via via manifestando, accorciando celermente il tempo. Thomas avanzò, appena avuta l'occasione, lo avrebbe disarmato, gettando l'arma quanto più lontano.

"Fossi in te, non ne sarei così sicuro." Troncò il malato, instabile, preparando il colpo in canna. "Hai sempre voluto aiutare tutti, chi verrà adesso in tuo soccorso?" Il braccio gli tremava, non riusciva a calmarsi, a stare fermo.

Il più piccolo mandò giù diversi groppi di saliva, aveva la gola secca, la tensione era tangibile. Non poteva credere che il suo amico volesse ucciderlo. Era surreale.

"Avresti potuto lasciarmi morire prima, ma non lo hai fatto.Tu mi hai salvato." Balbettò incredulo. Marcò l'ultima frase, cercando di scavare delle emozioni nel moribondo.

"Ho commesso tanti errori, Tommy. Ora è tempo di rimediare." Dichiarò piangente. Avvicinò il dito al grilletto, e inaspettatamente portò la pistola alla propria tempia. Il velocista sussultò, scattando in avanti.

"Che cosa vuoi fare?" Urlò allarmato, sconvolto.

Newt aveva abbandonato l'espressione colma d'ira, lasciando spazio alla sofferenza.

"Mi dispiace, mi dispiace. Non voglio farti del male, non farei mai del male a te, Tommy. Sono venuto qui a posta, per starti lontano, per non rischiare di attaccarti, di ferirti. In questi giorni ho ripetuto il tuo nome come una preghiera, per non dimenticarmi di te, di noi.Sto affrontando questo orrore rintanandomi nei ricordi, l'unica salvezza.Rammento ancora quel giorno soleggiato, era la fine del mese e il rumore della scatola che saliva era abitudinario, come tutti ero curioso di vedere che pive fosse, l'ultimo era stato Chuck e credevo fosse ancora più giovane di lui. Non avrei mai pensato di legarmi così tanto a qualcuno. Ho ancora davanti agli occhi il tuo sguardo impaurito, la tua corsa, i tuoi colpi di testa, la tua solidarietà per Alby e per tutti noi che a malapena conoscevi, per non parlare della tua irrefrenabile voglia di scoprire; la stessa che ci ha fatto uscire dal labirinto, fatto attraversare la zona bruciata e arrivare qui, alla fine di tutto." Si fermò, non piangeva ma il tono tremolante faceva intuire che non avrebbe resisto per molto. Il velocista era commosso e in silenzio continuava ad ascoltarlo, incantato, pendeva dalle sue labbra."Ma sai qual è il bello? Non cambierei nulla, Thomas. Da quando hai corso, ho sentito che ti avrei seguito ovunque. L'ho fatto e lo farei ancora, se solo avessi tempo. Ormai sto cominciando a odiare me stesso, non riesco più a sopportarmi, ed è incredibile spiegarti quanto brami la morte, è inquietante..." Concluse lucido, abbassando il capo. Thomas restò spiazzato, inconsapevole su cosa dire. "Ti chiedo di fare una cosa per me..." Passò la lingua tra le labbra, disidratate si erano seccate. "L'ultima, Thomas..." puntualizzò, assumendo coraggio. "Uccidimi, per favore, fa che lasci questo mondo che tanto odio con un bel ricordo." Le lacrime arrese scendevano copiose sul viso, e Thomas era bloccato, pietrificato. La pistola, ancora puntata contro la sua testa, era ciò che più preoccupava il velocista.

Avvertiva la frustrazione di Newt peggio di lame roventi che gli squarciavano il petto, scavando in profondità, arrivando al cuore per farlo a pezzi.

"Non puoi chiedermi una cosa del genere, non posso." Rifiutò all'istante, l'espressione inspiegabile padroneggiava sul viso, scosso come tutto di sé.
"Andrà tutto bene, Newt. Devi credermi." Persuadeva docile, intento a calmarlo. Voleva distrarlo, così da avvicinarsi e lanciare via l'arma."Prima ti ho chiesto cosa facevi in questo posto." Notò, cambiando discorso. Il biondo carezzò la leva di scatto. Entrambi tremarono."Ora tocca a te chiedermi perché sono qui." Thomas stava osando e di brutto. Sapeva cosa accadeva a chi era colpito dall'eruzione, attimi di lucidità si alternavano a momenti di vera pazzia, e poi i secondi sovrastavano i primi, fino a portare a un suicidio, omicidio. Accantonò i brutti pensieri, avanzando con estrema lentezza.

Nel momento in cui compì il passo, la terra tremò forte, accompagnata da un boato; entrambi persero l'equilibrio, scivolando sul terreno sabbioso. Thomas si traboccò in avanti, verso Newt, ne approfittò per afferrare l'arma, lanciandola nell'erba, quanto più distante da loro. "Perché lo hai fatto?" ringhiò il biondo, più sofferente che arrabbiato. Thomas non rispose, distratto da quello che stava accadendo attorno a loro.

Tonfi spaventosi scoppiettavano come vere e proprie esplosioni, susseguiti da urla di terrore; Il velocista sgranò gli occhi a quella visione:un accumulo di nubi grigie si sollevavano pian piano nel cielo, scurendo ancor di più il firmamento già da prima nuvoloso. Granelli di polvere e fuoco fluttuavano, spinti nel vento. L'aria, inquinata dalle fiamme, sembrava soffocare chiunque la respirasse, anche Thomas, immune, cominciava ad avere delle difficoltà. Tossì diverse volte, mentre il fuoco a contatto con l'erba appiccava un incendio dopo l'altro. Si precipitò verso il compagno, ancora a terra.

"Newt" chiamò, cercando di rinsavirlo.

Il biondo era sdraiato sul terriccio sabbioso, l'espressione assente, invano provava a rimettersi in piedi ma cascava, debole. "Lasciami qui." bisbigliò, il fiato corto. Tossì un paio di volte, come lo spaccato che prima lo aveva attaccato, Thomas vide un liquido scarlatto fuoriuscire dalle labbra del compagno.

Rabbrividì, accovacciandosi di fianco e sorreggendo il biondo per il busto. "Non dire stupidaggini." zittì, passando il proprio braccio sotto quello del collante, per metterlo in posizione eretta.

Newt era flebile, a stento si teneva in posizione semi-seduta, le mani stringevano decise la giacca di Thomas, aggrappandovi. "Non c'è speranza per me, Thomas." Soffiò, a mezza voce. 

"La W.I.C.K.E.D è stanca degli infetti, da qualche giorno i suoi uomini vengono qui e fanno fuoco sulla gente, appiccando incendi. O moriamo per l'eruzione o per queste esplosioni. In entrambi casi... non sono destinato a vivere per molto." Constatò, soffocando una risata ironica. Thomas tremava, batteva i denti, ma cercava di reprimere le sue paure. Doveva mostrarsi forte, Newt non poteva vederlo rammollito in quel modo, non in quel momento. Il silenzio venne spazzato via da altri colpi di tosse, sempre più forti e accentuati. "Va via prima che questa caspio di tosse li faccia arrivare qui." Sgridò, cercando di trattenersi.Il moro lo guardava con sguardo perso, possibile che non sapeva cosa fare?

"Per favore, Tommy...non arrenderti mai. Trova quella maledetta cura e salva il mondo. Tu puoi farcela, ce l'hai sempre fatta." Enunciò tremante, il corpo aveva cominciato a infreddolirsi, inspiegabilmente. Le urla di disperazione degli spaccati erano sempre più vicine, crude, struggenti. L'espressione angelica e paradisiaca di Newt stonava in quel contesto: c'era fuoco, urla, pianto e morte, ma i suoi occhi sereni parevano sorridere, appartenenti a un altro mondo, di gran lunga migliore. Thomas non poteva credere che fosse arrivata, non così rapida.

If you look into the distance, there's a house upon the hill, guiding like a lighthouse, it's a place where you'll be. Safe to feel our grace and if you've lost your way...

Andare via era fuori discussione, Thomas continuava a tenere il compagno tra le braccia, sforzandosi in tutti i modi di farlo alzare. Il biondo aveva il viso terreo, la fronte imperlata di sudore, i tremolii erano aumentati."Non costringermi a urlare.Vattene." imperò, tremolante. Voleva farsi odiare, spingere l'altro ad andare via per potersi salvare.

Il motore di auto si avvicinava, le truppe della C.A.T.T.I.V.O non erano distanti come credevano;una volta giunti lì, senz'altro avrebbero appiccato il fuoco, condannandoli completamente a morte.Nuovi scoppi, altre urla di sgomento. La sabbia e la polvere fastidiosamente si erano sollevate, riducendo la visibilità.

If you've lost your way and I know you're down and out now, but I need you to be brave, hiding from the truth ain't gonna make this all okay.

Thomas non fiatò, si limitava a guardare il compagno. Voleva tanto avere il coraggio di dire a voce quello che stava tentando di fare con gli occhi.

"Caspio, perché sei ancora qui?" Bofonchió Newt, tossendo ancora. Le fiamme cominciavano a divampare, diventando più alte e soffocanti.

"Perché lì fuori nulla ha senso per me!" urlò d'un tratto, sovrastando le urla disperate e gli scoppi rimbombanti. Si meravigliò di quel moto di coraggio così improvviso quanto voluto da tempo. Tutto ciò che aveva trattenuto fino a quell'istante, esplose assieme alle bombe.

"Tutto si ferma qui, a noi." rivelò implicito."Ho lasciato tutti e sono corso da te, e rifarei questa scelta altre mille volte. Non importa se non vuoi cercare con me la cura, vorrà dire che non la troveremo.Il mio posto non è questo, né il labirinto, né con Teresa, Brenda né con gli altri."

Il biondo boccheggiò, stordito, stava aprendo la bocca per replicare. Si aggrappò alla roccia, facendo leva per alzarsi. Non accennava a parlare, si limitava a fissare il ragazzo davanti a sé, lo sguardo colpevole, accusatorio. Non aveva mai sopportato la prima ragazza che Thomas aveva nominato, e aveva sempre provato gelosia per la seconda.Detestava immaginarli insieme.Dopo diversi tentennamenti finalmente riuscì a mettersi in piedi.

"Il mio posto è al tuo fianco, non importa cosa ci circonderà." Liberò, cauto." Ovunque sarai tu, sarò io." Il nodo alla gola, l'ansia di non essere compreso. Newt lo guardò in modo diverso, sconvolto, preso alla sprovvista. Sussultò sentendo quella che poteva essere definita "dichiarazione". In silenzio si avvicinò, e senza dire nulla, gettò le braccia al collo di Thomas, abbracciandolo. Restarono così per un tempo indeterminato, provando a colmare in quegli ultimi istanti tutti i momenti mancanti, lontani.

Un abbraccio che respirava d'amore, di protezione, di casa. Thomas lo strinse dolcemente a sé, il cuore pulsava accelerato, da infarto.

"Volevo fortemente che fossi tu a mettere fine alle mie sofferenze..." informò, stretto nelle braccia possenti del moro. Il volto sepolto nella giacca grigia di Thomas, rendeva le parole più soffocate, nascoste. Le lacrime scendevano senza più contenersi, libere di andare.

Si distaccò di poco, cosicché potesse fissare l'altro negli occhi, senza filtri. "Ogni sera, prima di addormentarmi, ripetevo il tuo nome guardando il cielo. Esprimevo un desiderio, sciocco vero?" ridicolizzò, stringendosi nelle spalle."Sarebbe stato un ricordo stupendo, una cosa talmente degna e forte che avrebbe spazzato via tutto il dolore che questo mondo mi ha servito." proferì in un sussurro, a mezza voce."Altrettanto stupido sarebbe rivelartelo, ma non mi resta molto tempo, e ho tenuto segrete già fin troppe cose..."Precisò, deciso ad andare avanti."Volevo vedere il tuo volto prima di morire, desideravo che fossi tu a uccidermi, avresti addolcito anche la cosa più atroce che esista."

Le gocce di pianto scendevano lente e calde, i singhiozzi uscivano soffocati dalle bocche di entrambi. Thomas asciugò con i polpastrelli le lacrime dell'altro, il ragazzo che inconsapevolmente aveva sempre amato.

I feel your pain if you don't feel our grace and you've lost your way  

"Mi dispiace averlo capito tardi..." Thomas abbassò il capo, mortificato. La sua fronte era contro la tempia di Newt. Gli occhi incatenati, i nasi si sfioravano, i respiri si fondevano, le bocche si bramavano.

"Potresti ancora scappare..."Ricordò l'infetto, lanciando lo sguardo verso le fiamme.

"Senza di te non vado da nessuna parte." tuonò, emozionato. Newt deglutì, inerme.

I will leave the light on...

La terra continuava a tremare, l'aria era invasa da gas, e tutto intorno a loro diventava sbiadito.

"Thomas, guardami..." invitò, accarezzando affettuosamente le guance sudate e bagnate del velocista. "Sappi che...Non avrei mai potuto desiderare nient'altro per noi, oltre che durasse per sempre." ammise, reprimendo le lacrime e presentando un sorriso. Le mani di Newt, sfioravano le gote di del bruno, e quelle del velocista gli cingevano i fianchi, tenendolo stretto al petto; un abbraccio che faceva sentire quell'amabile spaccato, protetto e invincibile.

I loro respiri si fondevano, gli sguardi sinceri e luminosi si guardavano l'un l'altro, le bocche erano a un passo dall'unirsi. Si avvicinarono in contemporanea, fu un dolce e lieve carezzarsi di labbra, un bacio casto, puro, di permesso. L'unico bacio, un'unione che entrambi avevano desiderato dal primo momento, impegnando molto per capirlo e accettarlo.

I will leave the light on...

Thomas lentamente schiuse la bocca, il biondo lo imitò, accogliendo la sua lingua. Da un bacio dolce divenne frenetico, urgente, lascivo. Si abbracciarono, aggrappandosi come se l'uno fosse l'appiglio dell'altro. Abbracciati, continuarono a baciarsi, ignorando la morte che incombeva su loro. Lampi di fuoco arrivarono, ardenti, alte fiamme li circondarono, segnando ufficialmente la fine, ma a loro non importava. Si staccarono per l'ultima volta, entrambi grati di essersi ritrovati; Thomas fece scorrere freneticamente le sue mani in cerca di quelle di Newt. Una volta afferrate, le strinse con tutto l'amore che provava; carezzando le guance del biondo, amabile proferì; "Non ci serve il per sempre, abbiamo tutta l'eternità." 

Il collante 
sorrise contro le sue labbra, riprendendo a baciarlo. 
Sin da sempre c'era stato un legame indissolubile tra loro, uno che aveva attraversato il tempo e lo spazio, e avrebbe continuato a farlo.

In fondo, Thomas lo aveva saputo sin dall'inizio: l'eruzione non li avrebbe divisi, difatti come tutto e tutti, non c'era riuscita.

'Cause I will leave the light on...












 

Note:Ho impiegato circa un mese per la stesura di questa OS Newtmas, iniziata già prima dell'uscita di TDC. Dopo aver visto il film, e constatato che Wes Ball-il regista- ha riportato tutt'altro(shockata comunque perché la morte cinematografica mi ha distrutta come quella del libro seppur diversa), mi son detta: posso stravolgere anch'io tutto, e quindi ho fatto sì che tutto finisse a pagina 250, descrivendo una scena che tutti noi avremmo voluto: il bacio Newtmas. Sicuramente ci sono degli orrori, e chiedo venia, ma non ce la facevo più ad averla nell'archivio, cambiandola e trasformandola in continuazione. Che dire...incrocio le dita, sperando che vi sia piaciuta almeno un po' anche se piena di imperfezioni. Vi adoro!

   
 
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