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Autore: Kiji    19/02/2018    1 recensioni
Cosa fareste se la persona che avete sempre amato e che vi fa più soffrire, è proprio la più vicina a voi? Sono un ragazzo come tutti gli altri, eppure mi sono innamorato del mio migliore amico. Ed è proprio questo il problema. A complicare tutto arriverà un giovano sconosciuto che, spudoratamente è pronto a stravolgermi la vita... Un bacio è come un fiore, nasce dal nulla e può diventare la cosa più bella che hai mai visto in vita tua!
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mia madre non fu sconvolta nel vedermi tornare, anzi sembrava quasi se lo aspettasse, ma non per i motivi che inizialmente credevo.
– Finalmente. Anche se Al ha detto che eri troppo occupato, io sapevo che non era possibile. Sapevo che avresti fatto di tutto pur di venire. – Non capii subito.
Al era a Milano, o almeno così credevo.
– Che succede Mamma? Non capisco! – Lei rimase un attimo in silenzio.
– Immaginavo che non sapessi nulla. Non mi sono bevuta per nulla la storiella del “ha troppo lavoro.” – Lei, che in quel momento si trovava in cucina, mi fece segno di sedermi. – Penso che non te lo abbia detto per paura che ti preoccupassi, ma devi sapere che sia la madre di Al che sua sorella, sono stati ricoverati d’urgenza. E’ da qualche settimana che lui si trova qui; tutto il giorno in ospedale poverino. – Rimasi di sasso.
Per quale insano motivo non mi aveva detto nulla? Dovevo capirlo! Quel giorno quando lo chiamai al telefono, c’era qualcosa di strano nella sua voce.
– Dove? In quale ospedale le hanno portate? – Mia madre rimase per un attimo in silenzio guardando il tavolo da cucina.
– So solo che Sabrina è stata ricoverata qui, ma non so altro. Su sua madre non ci sono notizie. – Non mi cambiai nemmeno. Corsi più che potevo via da quella casa, verso l’unica struttura ospedaliera che possedeva la mia città.
Anche se in ritardo, sarei andato da lui.
Quanto stava soffrendo? Che stupido che ero stato!
Avevo lasciato solo il mio migliore amico, la persona che amavo. Quando entrai nel primo reparto, mi sentii morire. I tasti del telefono sembravano non voler collaborare ed iniziai a sudare.
“Cazzo, funziona!” Urlai in me stesso. Eppure, anche quando riuscii a far partire la chiamata, non riuscii a contattarlo. Aveva il telefono spento, credo, fatto sta che non potevo attendere. Girai ogni reparto con la solita domanda alla bocca.
-Si trova qui Sabrina Riva?- Fin quando la trovai.
“Traumatologia” reparto b secondo piano.
Attesi con pazienza l’orario di visita e mi feci largo tra il corridoio del reparto quando finalmente lo vidi. Al era seduto su quella piccola sedia scomoda, tenendo le mani di sua sorella gemella. Non riuscii a trattenere l’emozione. Sabrina aveva la testa fasciata e l’occhio bendato.
Cos’era successo? Sapevo da tempo che c’erano problemi nella sua famiglia, ma non avevo mai voluto approfondire. Al non riusciva a parlarne né io volevo interferire con la sua intimità. Sua madre era sempre stata “particolare”, ma non ebbi mai paura come in quel momento.
– Al. – Lui si voltò verso di me ed, improvvisamente, grosse lacrime scesero sul suo viso.
– Speravo che venissi, ma ormai non ci credevo neanche più. – Mi avvicinai lentamente a lui e lo abbracciai con tutto me stesso. Era così fragile in quel momento che il mio cuore non riusciva a smettere di tremare.
– Perché non me lo hai detto? Sai che voglio bene a tua sorella, non dovevi mentirmi. – Al sussultò e lì capii che stava piangendo.
– Non volevo farlo. Mentirti è stato davvero difficile ma credimi, inizialmente non sapevo neanche io bene cosa fosse successo. – Fece una breve pausa. – Mio padre mi chiamò prima di uscire di casa, quel giorno, dicendo che la mamma si era sentita poco bene e che Sabrina era stata ricoverata, ma niente di più. Non pensavo minimamente che la situazione fosse così. Volevo chiamarti, ma dopo la nostra ultima conversazione non sapevo bene se fosse indicato. Coco, avevo bisogno di te nella tua interezza, non di un fidanzato che pensa ad un altro uomo. Se vorrai tornare ad essere mio amico, dillo subito. Non posso sopportare altro al momento. – Andando da lui avevo scelto di abbandonare per sempre Samuele e quei sentimenti nascenti e così feci. In quel momento decisi che avrei dedicato la mia vita ad Al, era l’unica scelta sensata a cui riuscivo a pensare.
– Scusa, perdonami tutto. Sarei dovuto venire con te fin dall’inizio. So di amarti e d’ora in poi resteremo sempre insieme, te lo giuro. – Restammo un po’ in quel modo. Non avevo il coraggio di chiedere, non sapevo neanche da dove iniziare. Aspettai con pazienza che si calmasse e, solo quando le lacrime smisero di scendere ed i suoi singhiozzi si calmarono, iniziai a parlare.
– Per quale motivo Sabrina è in queste condizioni? Fin’ora non ti ho mai chiesto davvero spiegazioni, ma spero che riuscirai a toglierti dalle spalle questo peso. – Vidi nei suoi occhi l’incertezza.
Sicuramente il suo animo era diviso tra due scelte. Confessarsi a me o decidere di tacere. Per fortuna, però, prese la prima.
– Fin da quando ero piccolo so che mia mamma ha un grave disturbo della personalità. In lei coesistono due persone o meglio, la sua personalità si è scissa in due. Tutti i sentimenti belli e positivi sono rimasti nella persona “dominante” mentre quelli negativi e crudeli si sono spostati formando una mente a parte, chiamata Teresa. Fino ad ora abbiamo sempre tenuto a bada questa sua “parte”, ma evidentemente qualcosa non è andata come doveva. Teresa si è svegliata e ha colpito Sabrina alla testa per poi prendere un coltello e scagliarsi sul suo occhio sinistro.” Al si bloccò un istante, incapace di continuare.
- Per fortuna è tornato mio padre, altrimenti…. Oddio non riesco neanche a pensarci. Potevo perdere per sempre mia sorella. – Non riuscivo a replicare. Avrei dovuto dire qualcosa, dargli consolazione, ma non c’era nulla da aggiungere. Riuscii solamente a stare al suo fianco, in attesa.
– I medici dicono che, più che le ferite corporee, è il suo animo ad essere distrutto. L’hanno messa sotto sedativi e stanno aspettando che la cicatrice si rimargini. Non sanno ancora se l’occhio guarirà del tutto, ma di certo sarà dura per lei. – Per tutto il tempo rimasi con lui fino a quando, l’infermiera, mi intimò di uscire.
– Vai, verrò a casa tua prima di cena. – Così feci. Si era fatto buio ormai, sebbene non sapessi bene che ore fossero. La strada di ritorno non mi diede alcun conforto.
In quel momento non pensai ad altro che ad Al ed al male che gli avevo fatto. Ripensai al mio primo incontro con lui, al suo essere triste e solitario. A quel tempo non voleva essere avvicinato e forse, a distanza di anni, avevo finalmente scoperto il motivo recondito.
Aveva paura!
Probabilmente aveva sempre saputo quella terribile verità su sua madre e cercava a tutti i costi di tenere gli altri a distanza. Il fatto che, sebbene soffrisse, mi avesse lasciato far entrare nella sua vita, mi metteva addosso una gran tensione.
Non potevo deluderlo con le mie indecisioni, non più.
Quando rientrai a casa, mia madre non c’era. Aveva il turno notturno e quasi tirai un sospiro di sollievo
“ Ho amato quella donna con tutto il mio cuore.” La voce di quell’uomo rimbombò nella mia mente. Inizialmente avevo deciso di chiedere spiegazioni a mia madre, volevo davvero scoprire cos’era accaduto ed il motivo per cui lui la odiasse così tanto, ma rinunciai. A che pro mi avrebbe portato?! Il decidere di lasciare per sempre da parte i miei sentimenti per Sam, aveva anche reso vani i miei dubbi sul passato.
Adesso non c’era più bisogno di sapere, mi bastava avere Al nella mia vita. Non passò molto quando il suono del campanello interruppe i miei pensieri. Avanzai nella mia casa come se non l’avessi mai lasciata. Ero a mio agio in quel posto, con i ricordi di una vita a farmi forza. Quando aprii la porta, vidi il volto stanco di Al e lo invitai ad entrare.
 – Vuoi mangiare da me? – Chiesi distrattamente. Eravamo tornati come un tempo, due amici che però, adesso, provavano dei sentimenti diversi. –
 A casa mia non c’è nessuno che mi aspetta. Si vorrei davvero restare qui. – Si accasciò sul tavolo della cucina esausto, così piccolo e pieno di graffi.
– Non mi chiedi niente? Abbiamo passato due settimane lontani e non mi chiedi nulla? Non ti importa cos’è successo nella tua assenza? – Non osai guardarlo mentre pronunciavo quelle parole.
– Coco, ci conosciamo da una vita. Sei il primo vero amico che ho avuto dall’infanzia e ti conosco meglio di chiunque altro. So per certo che, qualora tu fossi andato a letto con Sam, non saresti mai tornato da me o quantomeno non mi avresti mai tenuto questo segreto. Mi fido di te più che di me stesso, non ho bisogno di sapere cosa vi siete detti o cosa avete fatto. Sono unicamente contento che tu abbia scelto me alla fine. – Solo allora mi voltai e mostrai il mio viso rigato dalle lacrime.
– Perché? Per quale motivo mi ami così tanto? – Al si avvicinò a me e mi prese tra le braccia, avvolgendo il mio viso nelle sue mani calde.
– Esiste sempre un motivo? Io ti amo perché ti amo. So che solo con te sento il cuore esplodere nel petto e che solo con te potrei mai passare il resto della mia vita. – Il fuoco era ancora acceso quando, con un piccolo scatto fulmineo, attirò le sue labbra alle mie.
Quel bacio, dopo così tanto tempo, era ancora così dolce e gentile. Le sue mani si mossero sul mio corpo ed iniziarono a sfiorarmi ed io chiusi istintivamente gli occhi.
– Ti voglio Coco. – Sussurrò al mio orecchio e quella frase scatenò qualcosa in me. Potevo percepire il suo respiro ed il mio sincronizzarsi. Al spostò la sua attenzione al mio membro che, stuzzicato, iniziò a gonfiarsi.
Per quale motivo era così diverso?!
Sentivo l’eccitazione, avvertivo il desiderio di lasciarmi andare, ma qualcosa mi bloccava. Intimamente lo sapevo, c’era ancora il ricordo fresco a graffiarmi le membra.
Dovevo dimenticare!
Come una furia mi avventai su Al, liberandolo da quegli scomodi jeans scuri ed aderenti. Volevo che mi facesse suo, che fossimo una cosa sola, così almeno mi sarei lasciato alle spalle Sam, spazzando via ogni traccia di sofferenza.
Al non si accorse di ciò che provavo, lui mi assecondò in tutto. Quando presi tra le mani la parte segreta del suo corpo, non fece alcun tentativo di fermarmi, non c’era traccia di imbarazzo in lui. Assaporai il suo sapore nascosto e lo feci mio.
Fui io a chiedergli di penetrarmi, ed allo stesso modo ero sempre io che urlavo di piacere. I ricordi erano lame, ma se avessi urlato più forte, forse quella voce nella mia testa si sarebbe fermata.
– Coco. – Ansimava Al e, quel mix agglomerante di sensualità, mi diede alla testa, facendomi fremere. Quando mi sfiorò, accentuando il piacere, fu il culmine.
Venimmo insieme, presi da quell’attimo di estasi che avevamo creato, ma non mi diede quel senso di pace che avevo sperato. Ne avevamo bisogno, ma non aveva cancellato nulla. Il divano che avevamo profanato, ci accoglieva entrambi e sentivo che ci aveva nuovamente unito, eppure non del tutto.
– Andiamo a farci una doccia? – Propose e non me lo feci ripetere due volte. Lavarci insieme mi ricordò quando eravamo ancora bambini. A quel tempo noi due eravamo inseparabili, due esseri fatti apposta per restare insieme. Ci insaponammo la schiena canticchiando melodie dimenticate e, sempre insieme, ci lasciammo cullare dal calore tiepido dell’acqua. Il volto di Al, era decisamente più sereno e ciò mi permise di rilassarmi. Preparai velocemente qualche boccone e mangiammo lentamente.
– Mio padre ha deciso di restare con mia madre in ospedale. – Aggiunse d’improvviso. – Da quando ci trasferimmo qui, Teresa si faceva vedere molto raramente e mai in presenza di estranei. Sembrava che la pace di questa città le avesse dato tregua, ma ci sbagliavamo. Lei stava solo covando odio e rancore. – Io mi avvicinai a lui, sedendomi al suo fianco. – Lei sa cosa ha fatto ed ha deciso di ricoverarsi, vuole guarire davvero questa volta e mio padre non vuole lasciarla sola. So che ci può riuscire! – Lo abbracciai forte a me.
– Ne sono sicuro. – Risposi. Quella sera dormimmo insieme. In quel piccolo letto che mi aveva visto crescere, restammo abbracciati per tutto il tempo. Da quella posizione sentivo chiaramente il battito incessante del suo cuore e lui poteva sentire il mio, era tutto perfetto.
Avrei voluto che il giorno non giungesse mai, purtroppo però, non si può fermare il tempo ed al sorgere del sole, la fiaba finì.
Driiiin driiin.
Lo squillo del telefono irruppe nella silenziosa casa.
Le 07:45!
Al si alzò e rispose composto alla chiamata.
– Si. Ho capito! Arrivo subito. – Io, che nel frattempo mi ero messo a sedere, mi stropicciai gli occhi.
– Sabrina si è svegliata. E’ in stato confusionale e vuole vedermi. Devo andare. – Mi alzai insieme a lui ed iniziai a vestirmi.
– Vengo anche io. Anche se non potrò entrare, voglio ugualmente poter essere vicino a te. – Lui mi sorrise ed, insieme, uscimmo di casa. Mia madre, nella stanza accanto, ci sentì sbattere la porta, ma non fece domande. Quando arrivammo in ospedale, trovai un luogo più caotico di quanto mi aspettassi.
– Finalmente è qui, sua sorella vuole vederla. – Ci comunicò l’infermiera all’ingresso.
– So che non è permesso, ma lui è un caro amico di famiglia, può accompagnarmi? – Lei ci guardò un istante, con lo sguardo truce di chi non ammette eccezioni.
– Il regolamento non lo consente. – Replicò.
– Sono sicuro che Sabrina si calmerà più facilmente se lo potesse incontrare. – A quelle parole, però, si corresse.
– Va bene. Abbiamo tanto da fare oggi e sua sorella continua ad urlare disturbando gli altri malati. Se avere vicino un amico potrà calmarla prima, allora entrate, ma non appena la ragazza riposa, voglio che usciate immediatamente.– Entrammo insieme e quando la vidi, capii cosa intendesse Al.
Quella non era Sabrina!
La ragazza piena di vita, quella che mi sorrideva sempre e mi consolava nel momento del bisogno, non c’era più.
– La mamma è cattiva, vero? Lei mi ha fatto male, no! Non è stata la mamma, è stato un mostro. Si! – Piangeva, delirava e tremava. – Fratellino, sei qui. Oh, Coco! Coco non sei stato tu vero? Non hai fatto del male alla mamma, giusto? No, tu sei il più cattivo di tutti, mi odi così tanto, ma io ti amo. No. Non ti amo più perché mi hai spezzato il cuore. – Al si avvicinò a lei e le prese la mano, ma si ritrasse così velocemente da far invidia ad un fulmine.
– NO! Tu vuoi colpirmi come ha fatto lei! NO! – Urlava. Io mi avvicinai al suo letto, non sapevo cosa fare per alleviare le sue sofferenze, ma ci provai ugualmente.
– Sabrina, ti prego calmati, siamo qui per te. – Lei rimase un attimo in silenzio, poi scoppiò a piangere.
– Mi sei mancato tanto Coco! – Ripeteva tra le lacrime. La benda si inzuppò di liquido, ma lei non si fermò neanche un attimo. La presi tra le braccia e la inondai del mio calore, mentre, con tutta se stessa, riversava su di me la sua disperazione.
– La mamma, Coco, è stata la mamma. – Io le accarezzai le spalle, la cullai a me come una bambina, fino a quando si calmò.
– Non è colpa sua! – Disse improvvisamente.
– Cosa? – Rispose Al.
– La mamma. Lei non voleva farmi del male, vero? – Noi annuimmo e lei tornò a dormire.
– Grazie. Fino ad ora non aveva mai ammesso ciò che era successo. Forse lo sapeva ma credeva fosse stato un mostro o chiunque tranne Teresa. Vederti l’ha tranquillizzata, ti vuole molto bene. – Al mi guardò per un attimo, poi si voltò.
– Ci vorrà del tempo, ma sono sicuro che tornerà la ragazza sorridente di un tempo. Fino ad allora, le starò sempre accanto. – Con la mano destra, tenevo ancora la sua mano, mentre con la sinistra sfiorai la guancia del mio ragazzo.
– Ed io resterò con te. Non sei solo. –
Quella promessa, è una delle poche che non ho infranto, vero?
  
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