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Autore: nihil_chan    24/02/2018    3 recensioni
Keith è un principe ed un giorno di pioggia si allontana dal castello e dai suoi doveri arrivando fino ad una scogliera dove farà un incontro... fuori dalla norma.
Dal testo:
- «Io ti conosco» sussurrò la creatura, puntando nuovamente gli occhi sul principe prima di gettarsi frettolosamente nell'acqua con un agile tuffo, mostrano la lunga coda blu, sparendo così dalla vista di Keith.-
[Fantasy!AU]
[Merman!Lance]
[Klance]
[Questa storia partecipa al "Rainy Time" a cura di Fanwriter.it]
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, McClain Lance, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Calling you from the sea




Il principe Keith era segregato in una delle torri del palazzo ormai da mesi.


Doveva essere protetto. Era troppo importante per garantire la pace tra il regno di Voltron ed il vicino regno dei Galra, popolazione di cui faceva parte sua madre.


Fino alla sua nascita c'erano sempre state guerre e battaglie fra i due regni ma, essendo lui figlio del re umano e di una nobile galra, con la sua venuta al mondo aveva garantito un'unione fra i popoli e la sua morte senza eredi avrebbe scaturito la fine della pace.
Non importava che la sua scorta fosse capitanata dal cavaliere Takashi Shirogane, il più forte e valoroso combattente mai avuto nel regno; dopo l'incidente avuto quell'estate in carrozza, in cui Keith aveva rischiato la vita gli era stato proibito di uscire dal palazzo.
Venne poi segregato in una torre dell'ala sud a seguito dei suoi continui tentativi di "fuga".


A Keith piaceva star fuori ed il grande giardino del palazzo non riusciva a contenere la sua voglia di respirare, di stare lontano da lì.

Palazzo che odiava.


Suo padre era troppo impegnato con affari politici per poter pensare a lui, sua madre non gli aveva mai mostrato il suo viso, la servitù lo trattava con riguardo ed educazione ma provavano disgusto e ribrezzo verso di lui per il suo essere mezzo galra; lo percepiva.

L'unico che gli voleva bene era Shiro.
Ma Shiro non bastava a sopprimere la sensazione di soffocamento che Keith provava vivendo lì.



A soli 18 anni conviveva con la consapevolezza che la sua promessa sposa, la principessa Allura di Altea, lo odiava per il suo essere mezzo galra; glielo disse proprio la fanciulla, sibilandogli che non lo avrebbe mai sposato perché nelle sue vene scorreva il sangue di chi aveva ucciso suo padre.

Keith aveva spalle troppo piccole e fragili per portare il peso del futuro di tre regni, il disgusto che il popolo aveva per lui e l'odio di una sposa che non lo voleva.


Era tutto semplicemente troppo.


E l'unico che sembrava comprendere il suo malessere era Shiro.


Ma Shiro non bastava.



Quel giorno stava piovendo e Keith, con una casacca rossa e dei pantaloni neri, stava seduto vicino alla finestra il cui vetro veniva colpito da innumerevoli goccioline di pioggia che creava un piacevole picchettio, leggendo un libro sulle popolazioni del mondo.
C'erano gli umani, proliferi ma senza poteri, i galra che avevano caratteristiche fisiche in comune con i lupi mannari, gli elfi divisi in moltplici sottspecie fra le quali c'era la razza di Allura, gli alteani, le fate ed i folletti accumunati dalla passione per gli scherzi, le sirene creature metà pesce, antropofaghe, bellissime ed estremamente pericolose.


Keith chiuse il libro sospirando, ai suoi occhi le sirene sembravano quasi leggendarie, erano quasi cento anni che venivano date per estinte. Prima di allora le sirene venivano cacciate per le loro squame pregiatissime, coloratissime ed incredibilmente resistenti con cui venivano fatti splendidi gioielli, decorazioni, vasellami e spade. Alcuni fra gli ornamenti più pregiati del castello erano fatti di squame di sirena, Keith li aveva visti e dopo secoli avevano mantenuto il loro colore brillante e la loro lucentezza in modo incredibile.



Da bambino una volta era scappato e si era addormentato sulla spiaggia e lì  aveva sognato di giocare con una sirena, una piccola e giovane sirena petulante dalla coda blu e la pelle scura, sorridente e con occhi troppo belli per essere veri.
Ripensava a quel sogno infantile col sorriso sulle labbra, non poteva fare a meno di ridacchiare ricordando lo sguardo meravigliato della sirena del sogno alla vista delle sue gambe.


Keith poggiò il libro che stava leggendo su uno scaffale della libreria, sentendo l'aria farsi pesante decise che era il momento giusto per una passeggiatina.
Aprì la porta della sua stanza e trovò davanti a sé Shiro, con una leggera armatura e la spada legata al fianco.


«State bene principe?» Come lo vide, Shiro gli andò vicino.

Nonostante Keith gli avesse detto centinaia di volte di dargli del tu e chiamarlo per nome Shiro continuava a dargli del voi.



«Shiro, sto bene, volevo solo sgranchirmi le gambe» rispose, stiracchiandosi e facendo scrocchiare le ossa delle braccia.



«Vi accompagno»



«Da solo»



«Ma principe-»



«No. Non sono stupido e so che all'uscita della torre ci sono altre guardie, poi sarebbe stupido uscire con la pioggia. Voglio solo muovermi un po'. Almeno questo mi sarà concesso» sbottò Keith assottigliando gli occhi dalle scure iridi viola.


Shiro annuì e fece un passo indietro.



«Come volete» disse alzando gli occhi al cielo.


Sapeva che anche se avesse insistito, Keith avrebbe trovato il modo di fare ciò che voleva.


Il principe allora sorrise ed iniziò a scendere le scale della torre fischiettando.


Giunto piuttosto in basso raggiunse un arazzo raffigurante la caccia ai cinghiali  che guardò con un sorriso. Lo scostò lentamente e prese fra le mani una pietra un po' sporgente che scostò, poggiandola a terra, tentando di far meno rumore possibile. Così aprì un buco abbastanza grande per permettergli di passare.



Aveva scoperto quello spiraglio un mese prima e già lo aveva usato cinque volte.


Stava piovendo, sì, ma aveva bisogno di respirare, di camminare all'aria aperta.


Avrebbe inventato poi una scusa da fornire a Shiro sul perché fosse tutto bagnato.



Uscì e le goccioline di acqua fredda gli cadevano sul corpo, facendogli attaccare i capelli alla fronte e facendo aderire gli abiti al corpo.


Rise ed iniziò a correre verso il mare. Vicino al castello c'era una piccola spiaggia rocciosa che a Keith piaceva molto.


Non c'era mai stato con il brutto tempo e, quando arrivò lì, guardò rapito il mare che aveva un buffo e particolare movimento causato dalla pioggia. Non aveva mai visto il mare muoversi così.


All'improvviso gli parve di sentire una voce. Temette che qualcuno lo avesse scoperto e lo stesse cercando ma ascoltando si rese conto che quello era un canto, un bellissimo canto sui coralli.


Keith seguì quella voce, curioso finché non vide una chioma bagnata di lisci capelli castani con due fermargli blu e brillanti che sporgevano ai lati del capo.


Non riusciva a vedere il viso di quella persona dalla voce tanto bella.


Quando il canto terminò Keith applaudì, facendosi sentire dal'ignaro cantante che non sapeva di essere osservato.

La figura con la voce meravigliosa si voltò di scatto, con gli occhi spalancati.

Keith quasi smise di respirare per terrore e per stupore dovuto a quella bellezza mai vista prima.

Il cantante era un ragazzo. Col petto abbronzato e liscio, i capelli cadevano sulla sua fronte, quasi coprendola, ma Keith riuscì a scorgere il suo viso: i lineamenti sottili, gli occhi di un blu tanto intenso da sembrare innaturale e... le minuscole squame azzure sugli zigomi, squame che erano presenti anche sulle spalle del giovane e sul dorso delle braccia, quattro lunghi tagli che sembravano muoversi ritmicamente erano posti all'altezza delle costole, sotto il petto, quelle che Keith aveva scambiato per fermagli erano orecchie.

Aveva davanti a sé una sirena.


Una sirena dopo quasi un secolo che quella razza era stata data come estinta.


Una sirena terribilmente simile a quella del suo sogno da bambino.


La sirena, o meglio, il tritone mostrò i denti aguzzi e fece un verso simile al soffio del gatto, mentre alcune squame sulle giunture saettarono verso l'alto, appuntite, per autodifesa.


Keith alzò le braccia verso l'alto e fece un passo indietro, sentendosi comunque al sicuro per la presenza del suo inseparabile pugnale alla cintola.

«Non voglio farti del male» sussurrò sentendosi incerto sulla base rocciosa.

La creatura rimase a fissarlo, guardinga, tesa, pronta ad attaccare.


Le sue pupille serpentine non accennavano ad abbandonare lo sguardo fisso sul pugnale di Keith.


Il principe notò quel dettaglio e, con cautela, tolse il pugnale dalla cintola, poggiandolo lentamente sullo scoglio sempre sotto lo sguardo attento della creatura.


Dopo qualche secondo, in cui il tempo sembrò essersi fermato, Keith si sedette a gambe incrociate, incurante della pioggia, sempre distante dalla sirena la quale aveva rilassato appena i muscoli tesi e le squame non erano più dritte e saettanti verso l'altro.... erano quasi oblique.


«Io mi chiamo Keith. Q-qual è il tuo nome?» chiese portandosi una mano al petto, come ad indicarsi.

Il tritone, strisciando lentamente sugli scogli si avvicinò al principe, osservandolo attentamente con quegli occhi da un colore così acceso da risultare accecante e disumano. Lo studiava come i medici studiavano un corpo.



Era curioso, stava trattenendo un sorriso, era evidente, ma stava forzatamente mantenendo la serietà. Il suo sguardo però si fissò sulle sue gambe, fissandole a lungo, in un silenzio tombale.



«...Io ti conosco» sussurrò la creatura, puntando nuovamente gli occhi sul principe prima di gettarsi  frettolosamente nell'acqua con un agile tuffo, mostrano la lunga coda blu, sparendo così dalla vista di Keith.

Keith però sentì il bisogno, la necessità di seguirlo, come se da ciò dipendesse la sua vita.

Quindi si rialzò come se fosse stato sotto un'incantesimo e, dimenticandosi addirittura del suo pugnale, si gettò in acqua alla ricerca della sirena.



Ma la corrente era incredibilmente forte, così forte che nemmeno le sue membra toniche riuscivano a contrastarla, inizando a trasportare in profondità il suo corpo.


Non riusciva a tornare in superfice, sentiva l'acqua entrare violenta nei polmoni ed i sensi venire lentamente meno.


A quel punto percepì due esili braccia attorno alla sua vita ed all'improvviso sentì meno umidità attorno a sé.



Keith venne steso sugli scogli più lisci dalla sirena che pressò le sue mani palmate e dalle dita blu sul suo petto bagnato, premento con forza.


Il principe riuscì a sputare l'acqua che aveva nei polmoni ed aprì lentamente gli occhi vedendo davanti a sé il volto di quella splendida sirena.



«Sei tu...» sussurrò Keith allungando una mano sul viso della sirena, toccando la guancia ed accarezzando con il pollice le squame blu degli zigomi. La sirena non si allontanò.



«Non... non sei un sogno. Sei reale» sussurrò con un sorriso.



«Sei più stupido di quanto ricordassi» disse la sirena portando una mano palmata su quella di Keith, sorridendo con lo stesso sorriso che l'umano ricordava nel sogno.



All'improvviso si sentì una voce in lontananza che chiamava il nome di Keith.



La voce di Shiro.



Quanto tempo era passato?



La sirena voltò di scatto il viso verso la voce e, spaventata, si allontanò da Keith per tornare in acqua.


«Aspetta! Il tuo nome... dimmi il tuo nome» mormorò Keith stringendo debolmente il polso della sirena che si voltò verso di lui, con evidente preoccupazione sul viso, e poi riportò il suo sguardo verso l'origine della voce.


Poi tornò di nuovo a guardarlo.



«Lance. Il mio nome è Lance» disse prima di scostare la mano di Keith e sorridergli.





Sparì nell'acqua con un tuffo.








N.d.a:
Ciao a tutti cari lettori! Spero che questa piccola one shot vi sia piaciuta!
A me è piciuto tantissimo descrivere Lance come un sirenetto!! >w<
Spero mi lascerete una recensioncina! <3
Alla prossima storia (o capitolo)!
-nihil
   
 
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