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Autore: germangirl    26/02/2018    4 recensioni
Un uomo in crisi per il suo lavoro e per la sua vita sentimentale.
Una donna ferita.
Un paio di nuovi amici.
La magia della Ville Lumière.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathan Fillion, Nuovo personaggio, Stana Katic
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 – Sottosopra

Era passata un’ora quando finalmente la vide scendere da una piccola utilitaria e salutare con un grande sorriso la persona che l’aveva accompagnata. Con quel buio non riuscì a vedere chi fosse, ma dall’affetto con cui si erano congedati dedusse che si doveva trattare di qualcuno di speciale per lei. Ancora una volta un morso di gelosia gli attanagliò lo stomaco, anche se dovette ricordarsi di non aver alcun diritto di essere possessivo nei suoi confronti.

Le si avvicinò e la raggiunse prima che entrasse nell’albergo. La chiamò: “Ehy, Stana…”

La donna sobbalzò al sentire il proprio nome: non si aspettava certo di trovarselo davanti a quell’ora di notte. “Nathan, mi hai fatto prendere un colpo! Che ci fai qui?” esclamò, portandosi una mano al petto, quasi a voler impedire che il cuore, battendo così forte per la paura, le saltasse fuori dalla cassa toracica.

“Sì, scusami, lo so, non è l’orario tipico delle visite di cortesia, ma mi è successa una cosa e te la volevo raccontare” le confessò, rendendosi conto solo in quel momento di che ora fosse veramente e della freddezza con cui si erano congedati al loro ultimo incontro. Raggiungerla in albergo era stata una pazzia, però cercò di trasmetterle con lo sguardo quanto fosse importante per lui poter condividere con lei la notizia che aveva ricevuto e incrociò mentalmente le dita affinché lei lo comprendesse.

Stana si prese qualche istante per osservarlo con attenzione e percepì quanto ci tenesse. Sospirò. “D’accordo, entriamo in albergo così evitiamo il congelamento” disse, facendogli strada.

Monsieur Dupont li vide attraversare l’ingresso e sollevò impercettibilmente un sopracciglio, seguendo i loro movimenti. La bella signora americana lo salutò educatamente come sempre e lui fece altrettanto. Sembrava a suo agio con quell’uomo, pertanto dedusse che non era necessario tenerli sotto controllo. Si accomodarono sul divanetto posto nella piccola sala di lettura situata oltre la reception. Era una stanza accogliente: l’arredamento era un po’ retrò e i libri messi a disposizione degli ospiti non erano certo i best-seller dell’ultimo momento, ma c’erano diversi volumi illustrati su Parigi e i classici della narrativa europea, sia in lingua originale che nella traduzione in francese, oltre ai capisaldi delle opere nazionali: testi teatrali di Molière, romanzi di Victor Hugo e di Marcel Proust, poesie di Baudelaire.

Stana si tolse la giacca e il foulard, sistemandosi più comodamente sul divano e gli rivolse uno sguardo interrogativo. I suoi occhi sapevano parlare in modo chiaro e inequivocabile, esprimendo interi concetti e profonde sensazioni senza dover far ricorso alla parola. Persino gli autori di Castle avevano sfruttato questa sua capacità con il celeberrimo look-look di Kate Beckett.

“Mi ha chiamato Paul, il mio agente” le disse. “Mi è stata offerta la parte del protagonista in una nuova serie” aggiunse, trattenendo a stento l’entusiasmo, anche se non riuscì a nascondere il luccichio nello sguardo.

Stana lo abbracciò d’impulso: “Oh Nate, sono così felice per te!” gli sussurrò in un orecchio, sfiorandolo con le labbra. Quel contatto così intimo provocò delle sensazioni sconvolgenti in entrambi, tanto che si staccarono immediatamente, come se si fossero avvicinati a una superficie incandescente. Ancora preda di quel profondo turbamento che lo aveva scosso fin nelle viscere, l’uomo riprese: “Appena ho saputo dell’offerta, la prima persona a cui lo volevo dire sei tu”

Quella dichiarazione sincera aumentò lo stato confusionario di Stana, che si rischiarò la gola e non sapendo come reagire si limitò a chiedergli: “Che ruolo dovrai interpretare?”

“Oh, non lo so ancora. Paul mi manderà maggiori informazioni via mail e mi chiamerà nei prossimi giorni. Parigi mi ha portato fortuna. Tu mi hai portato fortuna!” le disse entusiasta, prima di avvicinarsi a lei, prenderle il volto fra le mani e stamparle un bacio sulla bocca. Quel semplice sfiorare di labbra, durato solo un paio di secondi, lasciò entrambi disorientati.

“Ehm… ecco, adesso penso che sia proprio l’ora di andare… buonanotte, Stana” e con queste parole si alzò e si avviò alla porta. Passò davanti a Monsieur Dupont cui fece un cenno di saluto con la testa e la notte di Parigi lo inghiottì.

Si ritrovò nel suo albergo nel Quartiere Latino senza nemmeno sapere come ci fosse arrivato. Era ancora frastornato. L’istinto di baciarla lo aveva colto alla sprovvista, ma quel desiderio covava in lui da così tanto tempo che non aveva potuto fare altro se non soccombere all’impulso. Però poi non aveva saputo come comportarsi e se l’era filata, in modo impacciato e, siamo sinceri, per nulla dignitoso. Era stata un’uscita di scena davvero imbarazzante.

Si sedette sul letto e si passò le mani fra i capelli, mentre il cuore gli batteva all’impazzata. Aveva rovinato quel minimo che era riuscito a ricostruire. Poco ma sicuro. “Maledizione!” imprecò a voce bassa, sbattendo un pugno sul piumone. Cercò di escogitare qualcosa che gli permettesse di recuperare almeno il rapporto di amicizia, ma il fluire dei suoi pensieri venne interrotto dallo squillo del cellulare. Era Paul. Pur avendo ben altro per la testa, in quel momento non poteva certo permettersi di ignorare la sua chiamata.

 

Anche Stana aveva raggiunto in qualche modo la sua stanza, dopo essere rimasta pressoché pietrificata sul divanetto della sala di lettura per un tempo che non avrebbe saputo calcolare. Il gesto di lui l’aveva sconcertata.

Si sfilò gli abiti ed entrò nel box doccia, lasciando che l’acqua calda le bagnasse i capelli e le scorresse lungo il corpo, con la speranza che il getto portasse via anche la confusione che l’agitava. Ripercorse con la memoria ogni secondo di quella scena.

Avrebbe potuto impedirgli di baciarla?

Teoricamente sì.

Avrebbe voluto impedirgli di baciarla?

No.

No?!?!?

Macché no!

Sì. Certo che sì.

Razionalmente lo avrebbe voluto. Peccato che le sue labbra avessero deciso di gettare la razionalità alle ortiche, preferendo seguire l’istinto. In quel nanosecondo la sua idea di giusto e sbagliato si era liquefatta ed era sparita. Puff. Dissolta nell’etere. Per fortuna, Nathan se n’era andato prima che le venisse la tentazione di prendere l’iniziativa e baciarlo a sua volta.

Oddio, e questo pensiero da dove usciva fuori?

No no no no no, non se ne parlava nemmeno.

Prese un respiro profondo, versò il bagnoschiuma sulla spugna e si concentrò sulla doccia, mettendo da parte le emozioni che il ricordo di quel bacio aveva scatenato dentro di lei. Per esigenze di scena si erano baciati tante volte nel corso degli anni, ma stavolta era diverso. Era stato spontaneo, non c’era nessun copione da rispettare, né un regista che avesse detto loro come mettersi a favore di telecamera, né una troupe sullo sfondo. Ed era stato splendido. Naturale.

Scosse la testa e cercò di non pensarci più, dedicando la propria attenzione alla cura dei capelli, con shampoo, balsamo e persino una maschera ristrutturante. Tutto considerato, era stato solo la reazione istintiva a una bella notizia. Non ci doveva leggere altro.

Finita la doccia, indossò l’accappatoio, avvolse i capelli in una salvietta e recuperò il cellulare dalla borsa, per controllare i messaggi e chiamare i suoi genitori. Non si era accorta che si fosse scaricato, così collegò il caricabatteria alla rete elettrica e il display si rianimò, mostrandole le numerose chiamate perse da Nathan.

Corrugò la fronte: questo cambiava le cose.

Non era stato un impulso immediato.

L’aveva cercata più volte ed era andato fino al suo albergo per poter parlare con lei, a un orario fuori dalla grazia del cielo. Allora forse il suo gesto aveva significato qualcos’altro? Finì di asciugarsi, si applicò la sua crema idratante preferita, massaggiando con attenzione tutto il proprio corpo, e andò a dormire, mentre uno stormo di farfalle impazzite volava nel suo stomaco. Dopo quel bacio la pelle sembrava aver assunto un nuovo livello di sensibilità.

 

La mattina dopo si svegliò ancora sottosopra come se fosse appena uscita da una centrifuga: il suo sonno era stato popolato di immagini vivide ed inequivocabili che la vedevano protagonista di performance ad alto tasso erotico in compagnia di Nathan. La sua libido le stava lanciando dei segnali inconfondibili, che lei invece si ostinava a ignorare. Controllò il cellulare ma questa volta non c’erano né messaggi né chiamate da parte sua. Meditò un po’ sul da farsi, poi decise che quel giorno avrebbe visitato Montmartre, dopo aver fatto una rapida colazione, sbocconcellando un croissant senza gustarlo. Aveva risposto a monosillabi persino a Hélène, con cui di solito amava chiacchierare. Ma quel bacio aveva toccato qualche corda nel suo cuore e le vibrazioni che ne erano scaturite continuavano a riverberare in lei, trasportandola in un’altra dimensione.

La sera prima lei e Rosalie avevano parlato a lungo del film “Le fabuleux destin d’Amélie Poulain”, di cui entrambe adoravano la poesia e la tenera assurdità di alcune scene, e le era venuta voglia di ricercare i luoghi in cui era ambientato: prese la metropolitana e raggiunse il Café des 2 Moulins, il locale in cui lavorava la protagonista, annotandosi mentalmente di scovare anche il negozio di frutta e verdura del signor Collignon, oltre alla straordinaria basilica del Sacre Coeur. Il meteo era dalla sua parte: un cielo azzurro terso avrebbe fatto risaltare la pietra calcarea con cui era stato costruito il santuario, regalandole un’immagine meravigliosa da serbare con cura nei suoi ricordi.

La visita del quartiere richiese buona parte della giornata e contribuì a distrarla, anche se ogni tanto non riusciva a resistere alla tentazione di controllare il cellulare, senza alcun esito. Inutile negarlo: era contrariata che lui non l’avesse ancora chiamata. Forse per lui davvero non aveva significato nulla? A un certo punto però si disse che il Medioevo era passato da tempo e che avrebbe anche potuto prendere lei l’iniziativa e dissipare ogni dubbio sulle reali intenzioni di Nathan, così da evitare di proiettarsi dei film nella mente. Entrò in una piccola boulangerie, la cui fragranza di pane appena sfornato le sollecitò le narici, ordinò una baguette calda che le venne servita su un delizioso piatto di ceramica bianca bordato di blu e accompagnata dal burro bretone, e un café au lait. Scattò una foto a cibo e bevanda e gliela inviò con il messaggio “ti va di condividere per festeggiare il tuo nuovo ruolo?”

Il beep del cellulare lo informò di aver ricevuto un whatsapp. Si stropicciò gli occhi e guardò l’orologio. Quasi le tre del pomeriggio??? Com’era possibile? Ah sì, la telefonata con Paul era durata a lungo ed era stata seguita dalla lettura approfondita della sceneggiatura di “The Rookie”, nel quale avrebbe dovuto interpretare una recluta che decide di realizzare il suo sogno e diventare un agente di polizia, pur essendo molto più anziano degli altri commilitoni. L’entusiasmo iniziale aveva lasciato lo spazio a una depressione sempre crescente, man mano che si faceva strada nel suo cuore un’unica, devastante consapevolezza: gli avevano affidato quel ruolo perché era un uomo di mezza età. Aveva impiegato ore per analizzare il copione avanti e indietro, alla disperata ricerca di qualche indizio che indicasse un esito diverso, ma il risultato era sempre il solito: il suo personaggio era un vecchio.

Del resto, doveva fare pace con l’idea che il tempo passa per tutti. Tranne che per lei. Lei era bellissima, forse addirittura più di quando l’aveva incontrata la prima volta, quasi dieci anni prima. E le sue labbra erano ancora più morbide e dolci di quanto ricordasse. Per non parlare del suo profumo: gli era rimasto nelle narici. Un mix di shampoo, eau de toilette e un qualcosa di unicamente suo.

L’insieme delle sensazioni lo aveva lasciato così scombussolato che era riuscito a prendere sonno solo quando il sole era ormai sorto da tempo. Era precipitato in una specie di coma, dal quale lo aveva fatto emergere solo la suoneria del cellulare che gli annunciava l’arrivo di un messaggio.

Già, non aveva ancora visto chi gli aveva scritto!

Si tirò a sedere sul letto, prese il telefono e il cuore gli si riempì di gioia. Era di Stana! Lo aprì e sorrise, come un ebete. Non era arrabbiata con lui per quel bacio, anzi, aveva voglia di incontrarlo! Quell’invito lo rincuorò, anche se non era così sicuro che ci fosse un vero motivo per festeggiare. Anzi, sì che c’era una ragione per celebrare! Era stata lei a cercarlo! OK, animo: doveva raggiungerla. “Ciao splendore! Dove siete tu e quella fantastica baguette?” Premette invio e subito gli venne in mente che forse aveva esagerato con quel saluto… Per fortuna, la risposta non si fece attendere. L’emoji di una faccina imbarazzata che arrossisce precedeva le parole “A Montmartre, in una boulangerie di ispirazione bretone” e la sua posizione. Calcolò la distanza e il tempo richiesto, tramite l’apposita applicazione, e le rispose: “Fra mezzora sono lì. Aspettami, ti prego.”

 

Nota dell’autrice

Eh sì, le buone notizie vanno festeggiate con le persone che contano... 

Non so voi, ma io adoro “Il favoloso mondo di Amélie” e lo riguardo ogni volta che viene trasmesso in tv! Il giro per Montmartre continua anche nel prossimo capitolo ;-)

A presto e grazie per essere arrivati fino qui!

Deb

 

 

  
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