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Autore: gattanera    29/06/2009    1 recensioni
è una piccola cosa che ho scritto, spero vi piaccia, ma soprattutto spero di ricevere molti commenti.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prenotai la fermata. Mi guardai attorno, il bus non era molto affollato, c’erano molti stranieri. Mi guardavano, i miei tacchi a spillo e il vestito da sera nero forse dava troppo nell’occhio in un comune bus, ma non importava, c’era il compleanno di Laura, e non potevo presentarmi in tuta. Di già mi sentivano i piedi e soprattutto le caviglie, scarpe scomode, ma giuste, e quella era na cosa buona..Sono alta un metro e ottanta, ma con quei tacchi sarò stata almeno uno e novanta. Il tempo era bello e ero contenta,  non faceva nemmeno tanto caldo per essere a settembre, e fu un’altra  cosa buona di quel giorno. Inoltre, il giorno dopo sarebbe finita  l’estate, iniziava l’autunno, ed era un’altra cosa bella, perché quell’ estate fece schifo. Odio l’estate, o meglio odio quell’estate, e non importa ricordare perché. Il bus si fermò, scesi.  La fermata era davanti a un bar, mi venne voglia di gelato, ma ci ripensai subito. Camminai lentamente, cercando di non dare nell’occhio, ma i tacchi facevano rumore, e una presenza come la mia non si nascondeva perfettamente. Per fortuna casa di Sara era vicina. In cinque minuti arrivai, suonai il campanello, sua madre mi aprì e sorrise, quella donna sorride sempre.

-Salve signora.-

-Sofia, ciao. Sara ti aspetta. Entra. Come sei bella.... molto elegante. E poi, alta e slanciata come sei...un figurino.-

-Grazie.- sorrisi.

Andai. in camera, e sentii il fratellino di Sara urlare mentre  guardava i cartoni, sorrido, e bussai alla camera di Sara.

-Entra cara.-

-Ciao. Ma non sei ancora pronta?-

-Ma dai è prestissimo. Che carina che sei. Potevi lisciarti i capelli però. –

-Ma sei fissata, mi piacciono così. Punto. Che ti metti?-

-Penso gonna di jeans e top bianco, non mi va di agghindarmi.-

-Ah ok. Che faccio io nel frattempo? Un solitario senza carte?-

-Potresti piastrarti i capelli.-

-Ancora? Ma sei dura. Mi piacciono così. Amen. Domani vado  a iscrivermi al corso di guida. Era ora eh?-

-Decisamente.-

-Comunque  domani, sempre domani, ho il dentista. Mi accompagni?-

-No.-

-Grazie. Perché?-

-perché lavoro.-

-Tutto il giorno?-

-Eh si amore mio. Non siamo mica tutti come te che vai all’università e non fai niente dalla mattina alla sera, neanche hai un po’ du pudore nel piastrarti i capelli.-

-Non ti rispondo neanche. Quell'attrezzo brucia i  capelli.–

-Peccato. Sai che Giulia è molto cervo inside?-

-Eh?-

-Giulia la tipa del tipo che ha la palestra.-

-Mario?-

-Esatto.  Il tipo, ha avuto un incontro, anzi più di uno a quanto pare, del terzo tipo con la tua vicina di casa, la Marianna.-

-Oh dio. Che schifo.-

-Ma schifo de che? A me uno come Mario piacerebbe eccome. Solo che parliamo chiaro, fisicamente è una botta di ficaggine assurda, ma è un cretino. Tentare di avere Una relazione stabile con lui è difficile quanto portare il comunismo in italia. Però anche Marianna un po’  troia eh.  Poi sai mi sta sul culo e quindi il mio giudizio è di parte, e  si sa. Però cacchio, sta esagerando.-

-Marianna è una ragazza così sola… tu non la conosci. Non mi sta simpatica neanche a me, però va capita.-

-Non sono mica la sua analista che devo capirla. E cavolo. Come se mi fossi dimenticata perché con il Bardocci non c’ho combinato nulla.-

-Tu non gli piacevi, dai. Non dare la colpa a Marianna.-

-Vabbeh. Difendila pure. Top bianco o top rosso?-

-Rosso.-

-Ma dai così si vede che è una vita che non vado in palestra.-

-Pensi che con quello bianco sia migliore la storia? Vai in pelestra.-

-Via ti do retta nel colore, solo per questa volta.-

-Grazie.  Oggi ho fatto un dolce, ma neanche l’ho assaggiato. Torta delle nonna, buona.-

-Buona e non l'hai assaggiato? Potevi portarne una fettina.-

-Ma no che poi dici che ti faccio ingrassare e stai ore ore a tormentarmi con i soliti dilemmi:” ma agli uomini la donna in carne piace? Non è che poi sposano le magre? E bla bla bla bla. Io ho perso 4 kg ques’estate.-

-Tesoro se dimagrisci un altro po’, ti si fa la lastra controluce.-

-Già. Comunque a proposito,  il nostro personal trainer chiede se stai bene, visto che sono tre mesi che non ti vede. – ridacchiai divertita.

- Digli che sono una donna impegnata. Scarpe rosse o nere?-

-Rosse. Si certo, guarda che lo ha capito pure lui che sei la pigra tra le pigre. A che ora inizia questa festa?-

-Alle  8 e mezza.-

-Che palle, voglio vedere che si fa dalle 8 e mezza fino all’una. –

-Guarda che abita in villa, ha pure la piscina.-

-E chissene frega. Alle dieci torniamo a casa. si..-

-Eh si ero qui che ci pensavo.. Magari l’avessi anche io una bella piscina. Comunque tra cena e torta si arriva alle 11 tranquilli.-

-Cosa? Ma sei pazza? Ma quanto c’è da mangiare? Non dire cretinate.-

-Vabbeh vado, anzi vò, in bagno a sistemarmi trucco e parrucco, stai ferma e non toccare le mie cose.- le fece la linguaccia.

-Figurati.-

Mi sdraiai sul letto, nel soffitto era attaccato un lampadario orrendo, il buongusto di Sara era completamente opinabile,  vicino al pc c’era un portafoto con due foto,  ritraevano me e lei, in una eravamo abbracciate a Roma la foto risaliva a due anni fa, l’altra  ci ritraeva al compleanno di Marianna mentre brindavamo. Sorrisi,  erano momenti felici, vicino c’era una foto di lei in costume con 10kg di meno a dosso. Quella gita a Roma fu così speciale, forse perché eravamo entrambe innamorate o forse perchè siamo davvero come due sorelle. La stanza aveva pareti dipinte di verde chiaro, Sara diceva che era un colore rilassante. Così pensai che era anche il colore preferito di Adriano, e sorrisi, un sorriso di compatimento, perché sapevo che lui sarebbe stato alla festa e che io sarei stata la solita cretina. Sbuffai, e decisi di sciogliermi i capelli, perché a lui piacevano sciolti e morbidi. E risbuffai, perché ero cretina, e mi rivenne voglia di quel gelato che non mi ero presa al bar, eppure se lo avessi preso sono sicura che lo avrei lasciato, perché sono così.  Rientrò Sara dal bagno, i capelli legati e un po’ di trucco sul viso. Sorrise e mi fece l’occhiolino.

-Stai bene.-

-Graaaaaazie cara. Che ore sono?-

-sono le 9.-

-Cazzo.  Ma sembra giorno fuori…-

-Non sempre quello che sembra è. Per esempio tu sembri molto attiva e scattante, ma in pochi sanno che sei pigra peggio dei ghiri. Quando la luna è calante sembra più…-

-Facciamo che le tue teorie da filosofo ubriaco le lasciamo a dopo…quando saremo ubriacate e impasticcate?-

-Noiosa, stavo facendo un discorso serio. E tu mi blocchi proprio sul momento in cui il pathos era... pathosissimo-

-Pathosissimo?-

-Dai muoviti, non saremo certo le sole ritardatarie.-

-speriamo.-

Sara si mise le scarpe, si dette un’ultima occhiata allo specchio e sospirò.

-Via siamo a posto. No?-

-Si.-

-Tu una sistemata?-

-Non sono a posto?-

-No, a parte i capelli non piastrati, poi perché te li sei sciolti? Vuoi un po’ di phard?-

-No, basta con questa piastra. Uff. sei noiosa. Muoviti e andiamo. –

-Oimmei come sei noiosa. –

-Tu di più.-

Prese la borsa, le chiavi che erano sul letto e mi tirò per la mano.

-Arrivederci signora.-  salutai.

-Ciao ragazze, non fate casini eh. Non tornate tardi.-

-Ciao mamma, ciao paolo!-

Scendemmo le scale, la macchina di Sara era parcheggiata davanti al portone, salimmo e ci allacciammo la cintura. Sara accese la radio, mise in moto e si mise a cantare, dopo un po’ la sua voglia canora contagiò anche me. Alle nove e trentacinque arrivammo, per fortuna  dal parcheggio si notava che mancava ancora metà degli invitati. Il cancello era aperto, vidi in lontananza Laura che agitava il braccio per salutarci. Ricambiammo,  dopo l’abbracciammo forte insieme.

-Tanti auguri cara.-

-Grazie.-

-Porca troia il regalo.- esclamò Sara

-O cazzo.-  sussurrai io.

-Ve lo siete dimenticati? Vabbeh non importa.-

-Tu non ricordarti mai niente eh. Lo abbiamo lasciato a casa sua.- ruggì io.

-Anche tu te ne sei dimenticata che vuoi? Uff. Sara scusaci, ma sai una cosa e un’altra e mi è passato di mente. Poi Sofia è noiosa mi metteva ansia e così è andata. Sai c’è un tipo che gli piace, è anche qua alla festa, poi ti diremo, colpa sua. Scusaci.-

-Ragazze ma dai. Siete buffissime. Comunque non importa davvero.  Ecco che arriva altra gente. Dalla forma fisica presumo siano Marisa e Letizia.-

-Ma non vi state antipatiche? Che le hai invitate a fare?- Dissi.

- Oh allora. Non dirlo a me, che palle. Via sorridiamo e carine e amichevoli e vaffanculo. Dio che giramento di cazzo. Ragazze, mi sento vecchia. –

Laura si avvicinò alle arrivate.

Io e Sara ci scostammo.

-Perché le ha invitate?-

-Il fratello si è messo con una di loro. Cioè non proprio. Boh. Ci sarà da ridere.- disse Sara parlando sottovoce.

-O da piangere.- risi.

-Ma dai.- rispose ancora con il suo tono pacato.

-Perché tu sai sempre tutto di tutti e io non so mai nulla? Ma poi che storia gli hai invitato del tipo che mi piace?-

-Perché usciamo sempre troppo poco insieme. Ma si dai, che ti importa.-

-E certo. Ma se ci vediamo quasi ogni giorno. Mi importa eccome se sparli di me.-

-Eh lo so, Sofia-san, il mio sapere è inesauribile. Ma cosa dici che sparlo di te! C'eri pure tu davanti e non hai detto nulla. shhh guarda chi viene!-

-Seh. Ciao Matteo.-

Matteo si avvicinò e ci diede un’affettuoso bacio sulla guancia. Era vestito carino e aveva un aria raggiante.

-Che carine che siete. Sofia sei meravigliosa...-

-Bugiardo. Che racconti?- dissi io sorridendo compiaciuta.

-Solite storie. Tu?-

-Io vado a salutare una persona a dopo. – disse Sara, mi fece l’occhiolino allusivo.

-Ma sai, solite cose anche io. D’altra parte che vuoi.-

-Capisco. Bella casa eh.  Mamma mia quanti soldi varrà?-

-Ma non saprei, sicuramente tantissimo. Ma preferisco il mio appartamentino condiviso con mamma, papà e cugina e pure cane eh.-

-Che razza è?-

-è una bastardino. Ma sinceramente non me ne intendo è piccolo e bianco però è carino e affettuoso.-

-  L’importante è che siano affettuosi, poi il pedigree non importa.-

-A me non importa di certo, scambierei un rotweiler per un barboncino.-

-Ti assicuro che se un rotweiler è incazzato reagisce differentemente da un barboncino.-

Risi.  –Beh sicuramente.-

Sentì suonare il clacson di una macchina, mi voltai.

-La macchina di Lina, la riconosco.-

-Ah. Buona memoria! Ho hai quel dono che riconosci le note? Quella roba lo…-

-No, siamo stati insieme per un po’. Lo ricordo per quello.-

-Con Lina?- chiesi meravigliata.

La meraviglia nasceva non solo dal fatto che Lina fosse una strafiga e facesse la modella, ma anche dal fatto che lei era aperta, gioviale, pazza, solare…lui invece era così chiuso, attento, di poche parole.

-Si otto mesi.-

-Ma quando? Di recente?-

-Quasi un anno fa.-

- Ah, io conosco Lina da poco. Però mi sembrate così diversi.-

-Vero, compensavamo. Poi non ha funzionato, pace.-

-Perché non ha funzionato?-

-Mamma mia voi donne come siete curiose. – sbruffò.

-Ma no figurati, era per sapere così. Vivo lo stesso anche se non so.-

-Te la sei presa? Scherzavo.-

-Non me la sono presa, ma tu non scherzavi affatto. Dico solo che era per sapere, per conoscerci meglio, se vogliamo. Io vivo lo stesso anche senza saperlo, non era curiosità. Non volevo certo saperlo per andarlo a sputtanare ai quattro venti appena ti giravi.–

-Lo so. Ma scherzavo.-

Me ne andai mi ero già stancata di quella festa. In lontananza davanti al cancelletto Lina mi salutò, ricambiai il saluto e andai in cerca di Sara, poi cambiai idea e andai da Roberta che se ne stava seduta sul divano mentre già assaporava il suo drink.

-Robertuccia allora?-

-Tutto di merda, grazie.-

-Mamma mia che felicità.- sorrisi

Mi sedetti accanto a lei e rimanemmo un po’ così, in silenzio.

-Tu invece come va?-

-Di merda.-

-Bene. Come mai?-

-Solite cose,  Adriano è invitato e verrà. Io lo vedrò mentre si bacia la ragazza di turno e soffrirò come un cane. –

-Sofia, tesoro, ormai l’Adriano che conoscevamo non c’è più. Anche se smettesse di cambiare ragazza ogni tre giorni, e si rimettesse con te le cose non funzionerebbero più. Lo sai. –

-Già. Ma non mi aiuta.-

-Capisco. Io invece sono stata licenziata e per giunta devo operarmi  al ginocchio. Evviva.-

-Ma dai lavoro si trova, se sento qualcosa ti chiamo. Per l’operazione al ginocchio andrò tutto bene, è una cazzata, lo sai. –

-Lo so, eppure non riesco a essere felice.-

Vidi Matteo. Sorrise, me le aveva fatte girare e sorrideva. Ci mancava solo lui.

-Sofia, posso parlarti?-

-No.- risposi seccata.

-Perché?-

-Non mi va, che stress. –

-Volevo solo dirti che mi dispiaceva.-

-Ok, però sto parlando con una mia amica. Scusa, capiscimi.-

-Ok, dopo però devo parlarti.-

Se ne andò, indossava jeans chiari e giacca nera con sopra una camicia, aveva messo nei capelli il gel e le scarpe erano eleganti a punta.

-Poverello. Che ti ha fatto?- chiese Roberta animatasi un po’.

-Ma niente. Boh. È carino, però non so di carattere…-

-Chiodo schiaccia chiodo, e se tutti i chiodi fossero come lui ti assicuro che farei l’attaccaquadri.- ridacchiò

Risi anche io di gusto, non solo per il buffo neologismo ma anche perché immaginai Roberta con una tuta da lavoro mentre davanti a se aveva centinaia di uomini,  e un martello in mano. Li guardava bene tutti quanti, e poi diceva:- chi vuole essere appiccicato al muro dalla sottoscritta?.-

-Vado dal chiodo, scusa.-

-Figurati, ma non fagliela troppo annusare.-

-Roberta!!!! Sei peggio di Sara.-

-Grazie, lo prendo come un complimento.-

-Buona fortuna per il lavoro, io mi adopero per vedere se trovo qualcosa di interessante. –

-Grazie di tutto.  Mi mancano le nostre chiacchierate di pausa pranzo.-

-Figurati, però non fumare troppo. E a me mancano le figurette che facevamo insieme, anzi che tu mi facevi fare.-

-Eccola… perché te eri una santa?- sorrise allusiva.

Le feci una pernacchia, cosa poco signorile da fare ma molto divertente.

Mi alzai dal divano e andai in cerca di Matteo, e non so perché lo feci, forse per istinto di sopravvivenza. Dovevo sopravvivere a quella festa, oppure perché era destino.

  
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