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Autore: Scarlett Sakura    27/02/2018    2 recensioni
[Missing Moment di Reshaam e Yumi Shell, piu Raito Thetys, tre personaggi della storia "Mermaid Melody - Pearls Of Destiny scritta da Crazy Chick Kelly_chan ed Elsira"]
Un piccolo viaggio nel passato dei tre personaggi che spiega un po' la natura del loro rapporto e le piccole venature che hanno la tendenza a nascondere. Possono tre persone così diverse coesistere? Soprattutto con una persona come Resha? Sì, a quanto pare possono.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovi personaggi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Come seta e cotone

 

 

 

 

 

«Resha-san, Resha-san!» La ragazza in questione voltò il capo, osservando con curiosità le due coetanee correrle incontro in mezzo al corridoio. I capelli rosso scuro, che raccoglieva sempre in una coda alta, ben si abbinavano alla cravatta dello stesso colore, ma facevano a pugni con la divisa blu.
«Cosa succede ragazze?» spostò i compiti che il professore le aveva chiesto di consegnare e aspettò, mano sul fianco, che loro parlassero.
«Domani abbiamo il compito di matematica!» esclamò la prima, tirando le trecce scure con le mani, quasi volesse strapparle per l’angoscia.
«Lo so. Qual è il problema?» le squadrò entrambe con gli occhi verde smeraldo, immaginando dove volessero andare a parare.
«Il problema è che non abbiamo ben capito alcuni concetti.» proseguì la più minuta, giocando con una ciocca di capelli castani. «Potresti chiedere alla sensei di rimandarlo? Lei ti ascolta e, in quanto capoclasse, parlerai in vece nostra.» terminò, osservandola quasi supplichevole.
«Ti preghiamo.» entrambe si prostrarono in un inchino, com’era usanza nella loro cultura.
«In tal caso va bene.» annuì con un sorriso convinto e sollevò l’indice destro. «Non solo chiederò di rimandarlo, ma domani svolgeremo una sessione intensa di ripetizione. In questo modo nessuno resterà indietro.»  
«Arigatou!» ringraziarono con occhi luccicanti, sentendo un coro di angeli cantare giulivi.
«Di nulla. Mi raccomando, domani niente lamentele.» fece l’occhiolino alle ragazze, che annuirono felici, e tornò alle sue faccende. Era conscia sia della fiducia che riponevano le sue compagne nel suo carisma e sia di essere una vera dittatrice in quanto a ripetizioni. Odiava perdere tempo e se decideva di aiutare un povero sventurato avrebbe fatto in modo che apprendesse tutto. A costo di ammanettarlo al suo fianco. Motivo per il quale era la croce e la delizia della sua classe. Per quanto i maschi tendessero a lagnarsi dei suoi modi, funzionavano.
Dopo aver portato il materiale in sala professori fece ritorno alla sua aula, dove gli studenti erano in pausa pranzo. Quel giorno il padre le aveva lasciato dei sandwich e insieme ad un dolce alle pesche avrebbe mangiato divinamente. Arrivò presso la propria aula quando iniziò ad udire il vociare dei suoi occupanti.
«Chi preferisci?» Un gruppetto di ragazzi chiacchierava, tutti seduti attorno ad un banco, ed a giudicare dagli sghignazzi doveva trattarsi indubbiamente di ragazze. «Io Rika-chan è così kawaii!» altri ragazzi gli fecero il coro mentre alcune ragazze li fissavano disgustate.
«Anche Shizuno è piuttosto simpatica!»
«Per non parlare delle sue tette!» e giù con altre risate che li rendevano simili a iene. «Non uscirei mai con Midori e Ayaka.» le sedie strisciavano sul pavimento a causa dell’eccessivo fervore, o entusiasmo, che sembrava animarli dinanzi a tali conversazioni. «Ma con Azu-chan sì…»
«Siete ripugnanti.» bofonchiò una tipa occhialuta, che evidentemente non aveva gradito i commenti sulla sua persona.
«Smettetela, per favore.» li redarguì l’ultima nominata mentre continuava a pranzare indisturbata. Resha sbuffò fuori dalla porta mentre una vena pulsava minacciosa sulla tempia destra. Quando udiva certi commenti idioti rivolti alle ragazze iniziava a vedere rosso e questo non era un bene per loro. Afferrò l’anta scorrevole, pronta per tirarla e dar loro una bella lavata di capo, quando un’ulteriore commento la bloccò.
«Neh, e Resha? Voi che dite?»
«Mah, quella è una che vuole solo vincere. Secondo me vuole un trofeo, non un maschio!» uno scoppiò di risa più forte rimbombò sino al corridoio mentre la suddetta stringeva la porta così forte da rischiare di romperla.
«Vero! E poi ha sempre quei modi di fare… fa paura. Brrr!» imitarono il verso di alcuni fantasmi, iniziando persino a rincorrersi per la classe. Al che Azul scostò la sedia e si alzò, finendo di sistemare il suo pranzo.
«Siete sciocchi e infantili, non mi meraviglia che nessuna ragazza vi guardi.» parlò placida e col sorriso sulle labbra, fatto che la rendeva un tantino inquietante.
«Sciocchi è dire poco!» La capoclasse spalancò la porta circondata da un’aura funesta e la posa di chi è pronta a compiere un massacro.
«Re-Resha…» i due buffoni smisero di giocare e rimasero immobili al centro della classe mentre altri studenti si scansavano, per evitare di essere travolti dalla giovane che, come un toro, puntava esattamente ai due.
«Se avete queste considerazioni di me, perché non me lo dite in faccia?» scandì attentamente; piedi ben piantai a terra, mani si fianchi e sguardo severo. La tipica aria che assumeva quando notava un atteggiamento scorretto. «Mormorate alle spalle delle vostre compagne e per di più facendo commenti stupidi e ridicoli. Almeno abbiate il coraggio di parlare a viso aperto. Questo è comportarsi da uomini.» superò i due per andare a prendere posto, tirando fuori dalla borsa il suo sacchetto. Non aveva alcuna intenzione di lasciarsi rovinare l’appetito da loro, ancor meno per commenti senza senso.
«Sai che ti dico? Meglio Yumi-chan…» mormorò uno dei maschi, ancora tremante per aver rischiato un linciaggio. «Lei è graziosa e gentile, non come te.» tornò al suo posto senza dire più una parola dato che il professore aveva scelto quel momento per fare la sua comparsa in classe.
«Finché parli bene di lei possiamo ancora andare d’accordo.» fece il segno “ok” con le dita mentre riponeva il sacchetto arancione. Era riuscita a sbocconcellare almeno un tramezzino. «Ma questo non vuol dire che avrete il mio consenso per uscire con lei.» un’occhiataccia fu l’ultima risposta che ottennero, poiché il maestro richiamò tutti all’ordine.
«Oggi distribuirò i risultati del compito d’inglese.» Reshaam sorrise contenta, poiché era certa di aver ottenuto il massimo punteggio. Aveva rimosso ogni brutto commento con un colpo di spugna, senza dargli più alcuna importanza. Finché lodavano i suoi affetti poteva anche accettare certe critiche, anche perché lei era convinta di sé stessa e dei propri mezzi. Non sentiva di sbagliare e per tanto non aveva nulla di cui scusarsi, tanto meno con sé stessa.
Tuttavia, nel profondo, dove a nessuno era concesso arrivare, percepiva sempre quella piccola fitta. Ogni qual volta percepiva il disagio maschile verso la sua persona, sentiva nascere un nuovo germoglio per il solo fatto di non essere pienamente capita. Oppure di lasciarsi capire.

 
«A domani.» Yumi salutò con una mano alcuni compagni prima di uscire dall’aula e salire la rampa di scala per l’ultimo piano. Sistemò meglio i codini in cui raccoglieva sempre i capelli verdi, vittime di un’ora di atletica leggera. Gli occhi azzurri subito trovarono la classe, ma percepì uno strano silenzio. Fece capolino per guardare all’interno e accanto all’uscio vide una cara amica di sua sorella.
«Azu-san, buongiorno!» la salutò allegra e gioviale come sempre.
«Sh!» venne praticamente zittita da alcuni ragazzi che stavano uscendo alla chetichella dall’altra parte. In quel momento ebbe un’illuminazione: quel giorno avrebbero consegnato i risultati di un compito.
«Yumi-chan, buongiorno.» la salutò con un dolce sorriso mentre altri studenti osservavano un punto preciso con espressioni spaventate e scocciate. I suoi sospetti divennero brutti presentimenti e con lo sguardo volò al posto della sorella, riconoscibile grazie alla carnagione più abbronzata rispetto alla sua. Resha era in piedi, stringeva tra le mani il foglio bianco con rabbia mal celata. Le sopraciglia ad ala di gabbiano erano aggrottate al punto tale da aver scavato un solco sulla fronte, nonostante fosse coperta dalla frangia.
«Il compito?» domandò sottovoce, in cerca di conferma.
«Ha preso novantacinque.» L’altra continuava a mostrare un’espressione serafica, come se la faccenda non la riguardasse; effettivamente il problema sarebbe stato della minore delle Shell, non suo.
«Oh no…» bofonchiò afflitta, sentendo la voglia di scappare farsi impellente. Difatti si staccò lentamente dalla porta, per indietreggiare piano e magari sparire prima che la notasse.
«Yumi!» la chiamò -tuonò- la consanguinea.
«Troppo tardi.» mormorò con un finto pianto, prima di sospirare ed entrare con stampato in faccia il suo miglior sorriso conciliante. «Ciao sorella. Com’è andata?»
«Novantacinque! Ho preso solo novantacinque.» borbottò indispettita per non aver raggiunto il massimo. Afferrò la cartella e con passo di marcia si diresse verso la più giovane, la quale non poté che arrendersi e rinunciare a farle presente che lei, un voto del genere, non lo avrebbe mai raggiunto in inglese. «Andiamo a casa, devo ripassare i termini che ho sbagliato.» annuì convinta che un ulteriore sessione di studio l’avrebbe aiutata a rimediare al suo momentaneo “fallimento”.
«Buona fortuna, Yumi-chan.» Azul la salutò col suo più cordiale sorriso mentre alcune ragazze se la ridevano di nascosto, sapendo che l’avrebbe mandata al manicomio sino al prossimo compito.
 

Le due sorelle abitavano ai lati opposti della città, ma fortunatamente erano riuscite ad iscriversi alla stessa scuola. Piccola concessione dei loro genitori a seguito del divorzio che le costringeva a vedersi quando capitava.
«Come procedono le cose con oto-san?» domandò la sedicenne con tono allegro, sperando che cambiare argomento avrebbe aiutato Resha a staccare gli occhi dal foglio.
«Tra alti e bassi.» rispose senza abbandonare i cerchi rossi che evidenziavano i suoi errori. «È sempre più intollerante e a momenti quasi mi vieta di uscire di casa. Sembra quasi abbia paura che io svanisca nel nulla.» sbuffò riponendo il compito nella borsa. «Dovrebbe sapere che non ho la tendenza a cacciarmi nei guai. Neanche tu, se per questo.»
«È semplicemente iperprotettivo come ogni padre, suppongo.» Anche se lei stessa doveva ammettere che in quegli anni aveva notato qualcosa di strano. Un’ondata di panico che lo sommergeva ogni qual volta facevano riferimenti a viaggi e nuove conoscenze. «Vedrai che gli passera. Sa che può fidarsi di noi.» sorrise e mostrò il palmo alla sorella, che subito capì.
«Ovvio!» le diede il cinque e il buon umore riemerse sotto la coltre di frustrazione in cui cadeva ogni volta che sentiva di aver perso. «Tra poco ci saranno i campionati di ginnastica artistica, per cui da domani devo riprendere a fare jogging mattutino.» strinse il pugno destro galvanizzata dalla nuova possibilità di vincere e superare una sfida. Fosse stato per lei avrebbe partecipato anche a quelli di basket, dato che la squadra le aveva chiesto aiuto, ma sfortunatamente si sarebbero svolti nello stesso periodo e quindi aveva dovuto rinunciare. Tuttavia niente le vietava di partecipare saltuariamente a qualche partita, idem per la pallavolo. Svolgere tante attività non le creava problemi, al contrario. Il suo “io” interiore gioiva ogni qual volta riusciva a dimostrare le proprie capacità, non solo perché era una “Regina della vanità”, ma soprattutto per vincere ogni suo limite. Resha era il genere di persona costantemente in gara con sé stessa. Poco le importava che faceva impazzire amici e familiari quando si esercitava, per lei un miglioramento valeva più di ogni suo sacrificio.
«Io invece ho atletica leggera e non vedo l’ora di cominciare.» sollevò i pugni al cielo per stiracchiarsi e assaporare l’aria tiepida e profumata dai ciliegi. Quel tratto di strada le piaceva particolarmente, sia perché era l’unico che potevano percorrere assieme, dovendo separarsi all’incrocio, e sia perché era tranquillo.
«Domani c’è il test di storia. Hai studiato come si deve, vero?» volle indagare la maggiora, inarcando un sopraciglio e osservandola con aria fintamente sospettosa.
«Certo, ho studiato quel che basta.» rise per rassicurarla, ma dentro di sé percepiva il solito ago di dolore. Al contrario di Reshaam, lei non desiderava primeggiare e si accontentava dei suoi successi, che seppur non eclatanti erano sufficienti a renderla felice. Tuttavia, dinanzi alla schiera di premi e vittorie che puntualmente l’altra collezionava, percepiva un malessere dovuto al sentirsi inferiore a lei. Non che la consanguinea o chiunque altro avesse mai avuto da ridire, ma per lei era comunque difficile vivere nell’ombra di una sorella che, per quanto potesse risultare esagerata a volte, raggiungeva sempre dei traguardi.
«Potresti ottenere di più volendo.» annuì con finta aria saputa e le rivolse un occhiolino. «Perché non studi con me? Arriveresti sicuramente ad un bel novanta.» Yumi rabbrividì al pensiero di essere presa in ostaggio da lei per un intero pomeriggio di studio. Certo, per quanto difficile le avrebbe inculcato in testa qualsiasi argomento, ma la sola idea di ammazzarsi più del necessario le faceva desiderare di andare a ballare nuda in spiaggia. Cosa che non avrebbe mai fatto.
«Ti ringrazio, ma va benissimo così, tranquilla.» sorrise ad occhi chiusi e compì alcune giravolte tenendo la cartella con entrambe la mani. «Otterrò un punteggio di tutto rispetto!»
«E se non sarà così…» mormorò la sorella prima di puntarle un dito contro, gesto imitato dall’altra.
«Sarai punita!» ripeterono in coro, squadrandosi con aria seria e indici a poca distanza l’uno dall’altro. Dopo un secondo scoppiarono a ridere in sincrono, tenendosi la pancia per l’eccessivo attacco di ridarella. Ci vollero alcuni minuti prima che riuscissero a recuperare abbastanza fiato da parlare nuovamente.
«Meno male che otosan è partito. Almeno per tre giorni starò con voi.» La diciassettenne storse il naso di fronte alla lunga salita che la conduceva alla villetta dove abitava col padre. Lui l’aveva scelta in centro e quindi lontana dalla spiaggia, vicino alla quale abitavano madre e sorella. Per cui, quando lui partiva per un viaggio, lei doveva farsi più di mezz’ora a piedi per raggiungerle e stare con loro. Prendere il treno sarebbe stato più semplice ma avrebbe perso l’occasione di trascorrere del tempo con Yumi e questo per lei era inaccettabile. Camminare non aveva mai ammazzato nessuno, ancor meno avrebbe ucciso lei.
«Già, okaasan è molto contenta.» svoltarono l’angolo e proseguirono tra le casette dai toni vivaci che costeggiavano la spiaggia, ammirando il sole che pian piano tramontava verso l’orizzonte. «Senti Resha, mi presteresti uno dei tuoi nastri?» Essendo il loro padre un commerciante di tessuti erano abituate a sguazzare nella seta, che alla maggiore piaceva a tal punto da aver nastri esclusivamente di tale stoffa. Difatti legava i capelli nella solita coda alta e sempre con i medesimi.    
«Va bene, ma mi raccomando…» iniziò, per poi essere seguita a ruota dall’altra.
«Non devi romperlo e neppure rovinarlo.» terminò per lei, conoscendo a memoria i soliti ammonimenti.
«Esatto.» risero ancora ed entrarono nella casetta che la più giovane divideva con la madre, liberandosi delle scarpe per un paio di pantofole. «Okaasan, ci sei?»
«Sono qui.» Jade era in salotto, comodamente seduta su un divano che leggeva qualcosa dal suo portatile. Tolse gli occhiali e non appena le vide sorrise, facendo illuminare gli occhi verdi. «Bentornate ragazze. Resha, come stai?»
«Bene, anche se devo migliorare su alcune cose. A proposito, ti ho mostrato il premio che ho vinto all’ultima gara?»
«Non ancora. Di cosa si tratta?» Le due chiacchieravano liberamente, dato che avevano molto da dirsi, e Yumi scelse quel momento per allontanarsi.
«Torno subito.» sparì oltre la porta per salire al piano di sopra, o meglio, era ciò che le due pensarono. La sedicenne era invece rimasta nel corridoio, parzialmente illuminato dalla luce del tramonto, fissando il muro con una certa tristezza. Ogni volta che la sorella giungeva da loro aveva sempre qualche riconoscimento da mostrare alla madre. Non che le dispiacesse, tutt’altro, le sue vittorie erano sudate e meritate, ma essere imparentata con chi possedeva tante abilità a volte diventava un peso troppo opprimente e di cui sentiva il bisogno di liberarsi. Sapeva che le sarebbe bastato parlare, ribellarsi forse, buttare fuori il suo malessere, ma non riusciva proprio a dar voce a ciò. L’idea di ferire la sorella o dare dispiacere a qualcuno le impediva di esternare i suoi problemi.
«Dimmi tesoro, tuo padre come sta?» seguì la figlia in cucina, mentre questa rovistava nei ripiani alti alla ricerca della sua bevanda preferita.
«Come sempre. Il lavoro procede alla grande, sai quanto sia un perfezionista, le relazioni vanno e vengono, di donne neanche l’ombra, e con me oscilla tra l’affetto e la tirannia.» spostò alcune confezioni di tea, cercandone una precisa. «Pesca no, mirtillo… pompelmo… frutti di bosco!» afferrò la scatoletta vittoriosa e pose un bollitore sul fuoco.
«Capisco.» la donna mostrò un pallido sorriso, per poi sospirare e passare una mano tra i capelli verde scuro. «Tu e Yumi a volte mi ricordate me e Shaka.»
«Dici? Però noi siamo più simpatiche di lui.» scherzò mentre infilava tre bustine in tre tazze con i rispettivi colori: arancione, verde e color menta.
«Resha, a proposito di voi due…» Jade era una giornalista e per tanto abituata ad indagare e mettere insieme i pezzi di diversi puzzle, compresi gli atteggiamenti umani. Da tempo aveva notato una nota stonata nella figlia minore e allo stesso tempo sentiva che mancava qualcosa alla maggiore; se da una parte sentiva di dover intervenire, dall’altra preferiva che fossero loro stesse a risolvere tali questioni.
«Cosa c’è? Tieni.» le porse la sua tazza ed andò a sedersi sul divano, rilassandosi un po’ prima di iniziare il ripasso.
«Arigatou.» La donna restò in piedi a sorseggiare la bevanda, stanca di restare nella stessa posizione per ore. «Andate sempre d’accordo, vero?» optò per una via laterale e meno diretta.
«Certo. Prima mi ha chiesto uno dei miei nastri e sai bene che non li presto a persone di cui non mi fido.» si accomodò meglio, stendendo le gambe e appoggiando la schiena ad un cuscino blu. Iniziava a sentire la stanchezza bussare alla porta e per tale motivo aveva scelto un deteinato, in modo da conciliarle quel poco di riposo che si concedeva ogni tanto.
«Capisco. Sono contenta che riusciate a comunicare senza problema, ma…»
«Ma? Okaasan, parla chiaro. Non mi piacciono i giri di parole.» la guardò in attesa di una risposta, anche se una parte di sé immaginava dove volesse andare a parare.
«Io credo che Yumi stia attraversando un periodo difficile ed avere una sorella così competitiva non la aiuti.» Tale madre, tale figlie. O sceglieva vie traverse per essere delicata come Yumi oppure ti stendeva con una frase diretta ma assolutamente sincera come Resha. Jade sciolse la treccia in cui aveva raccolto la chioma, studiando la figlia maggiore mentre ella scattava in piedi e si avvicinava lentamente alla grande finestra che affacciava sul mare.
«Yumi ha la bocca ed un cervello, se ha problemi con me deve soltanto dirlo.» annusò l’aroma dei frutti rossi che la rilassava meglio di una camomilla.
“Lo so, ma non è facile!”, una parte della sedicenne, ancora in attesa accanto alla porta, avrebbe voluto gridare la propria frustrazione, ma decise di tacere anche in quell’occasione. Prima o poi sarebbe riuscita a tirar fuori lo stesso carattere di sua sorella, ed allora avrebbe dimostrato a tutti, a lei per prima, quanto in realtà valesse. Si rendeva conto che l’altra cercava di essere responsabile per entrambe e di proteggerla, ma a volte risultava soffocante come un telo di plastica. Stringeva e non riusciva a respirare; anziché proteggerla la opprimeva ancor di più.
«Forse non le risulta così semplice.» La madre tradusse i pensieri della figlia, dato che la conosceva molto bene. Appoggiò la tazza al tavolino, superandolo per andare ad affiancarsi alla ragazza.
«Forse sì, ma a maggior ragione deve essere lei a parlare per prima. Non posso porre un freno a dei miei atteggiamenti se nessuno esprime fastidio al riguardo.» terminò la sua bevanda, sentendosi in pace col mondo nonostante la conversazione importante. «Sono consapevole di non avere un carattere facile, di prevaricare a volte col mio modo di essere… ma io ho fiducia in me stessa ed è ciò che voglio Yumi impari ad acquisire. Otosan dice che le difficoltà della vita sono indispensabili per imparare a crescere e credo che abbia ragione.»
«Però…» non parlò oltre perché Resha le puntò contro la tazza, in atteggiamento deciso.
«Yumi non è una persona debole. Lei possiede la forza necessaria per realizzare qualsiasi sua aspirazione, deve solo rendersene conto.»
«Non tutti posseggono la tua tenacia.» tenne a precisare la trentasettenne, incrociando le braccia sotto al seno mentre studiava la figlia. Nessuno più di lei conosceva l’intraprendenza che la caratterizzava poiché era gran parte un’eredità paterna… tuttavia era anche consapevole che sotto quell’ondata, quello tsunami che ti travolge indipendente dalla tua volontà, esisteva un oceano limpido e profondo, capace di accoglierti con inaspettato calore. Quando ancora lei e Shaka stavano insieme, spesso lo paragonava ad uno tsundere perché non sempre riusciva ad esprimere i suoi sentimenti, mostrando per lo più la parte più forte e spigolosa del suo carattere. Resha poteva mostrare una carenza di dolcezza, così come Yumi di forza, ma semplicemente non sapevano come esternare tali qualità senza sentirsi inadatte ad esprimerle. L’una completava l’altra e forse era per tale motivo che la vita aveva deciso di separarle. Per far sì che imparassero a camminare da sole, spezzando il cordone ombelicale che le univa, a volte intralciando il rispettivo percorso perché influenzate dalla sorella. Nel bene e nel male.
«Ne sono consapevole, ma a maggior ragione non smetterò di essere me stessa senza un valido motivo. Se devo porre un freno o cambiare rotta basta parlarne con me.» agitò il braccio per tutta la durata del discorso, per enfatizzare meglio le sue parole. Per lei era difficile ingoiare una sconfitta, fosse anche ammansire una parte del suo carattere, ma ciò non significava che fosse una persona con cui non era possibile discutere. Tutt’altro. Lei per prima cercava il confronto perché detestava le incomprensioni e desiderava capire al meglio l’altra parte prima di emettere un parere. Poiché doveva essere quello gusto e vincente; purtroppo la sua smania di primeggiare bussava anche in quella direzione.
«Va bene. In tal caso non mi intrometterò più e lascerò fare a voi.» sorrise e chiuse gli occhi, rincuorata. Dopotutto non erano più bambine e potevano cavarsela da sole. Anzi, dovevano farlo per imparare ad affrontare sfide ancora più dure un giorno.
«Noi due siamo come seta e cotone… anzi no, come un’ambra e uno smeraldo.» rifletté mentre osservava la luce aranciata del tramonto, catturando con gli occhi ogni suo riflesso.
«Mh?» Jade si volto a guardarla.
«Una gemma che magari…» mormorò sempre soprappensiero. Yumi decise di lasciar da parte la tristezza e tornare in salotto, ma nessuna delle due la vide mentre metteva mano alla porta.
«Un giorno brillerà più di qualsiasi ambra al mondo.» Resha sorrise osservando il proprio riflesso nel vetro, prima di voltarsi verso la madre. Era brava con le parole ma non tanto ad esternare i propri sentimenti, per quel motivo sperava che il messaggio fosse arrivato.
«Ho capito.» ricambiò il sorriso, mostrandone uno decisamente più dolce e materno, mentre la figlia le passava accanto.
«Ma sia chiaro che per tutti la migliore sono io!» indicò sé stessa col pollice e posò la tazza sul tavolino prima di gettarsi sul divano e stiracchiarsi. «Che sonno…»
La sedicenne, appena udite le parole della maggiore, era tornata in corridoio per non farsi vedere. Stringeva entrambi gli occhi per fermare le lacrime che lente ma decise scendeva sulle guance. Aveva sempre dato per scontato che tutti la considerassero la sua ombra e che lei stessa avesse così poca considerazione di Yumi da sentire di doverla proteggere… invece credeva davvero nella sua sorellina. Per Resha ammettere il valore di qualcuno era segno di rispetto per l’altro, ma considerarlo addirittura superiore al suo era quasi fantascienza.

«Un giorno brillerò di luce soltanto mia, lo prometto.» mormorò a sé stessa, asciugando le lacrime con le mani e recuperando il sorriso. Udire il solito chiacchiericcio tra le consanguinee le fu d’aiuto per ritrovare la tranquillità e tornare da loro senza traccia di pianto.
«Resha, dormi abbastanza la notte?» domandò la donna quasi sconsolata mentre vedeva la figlia stendersi sul divano e chiudere gli occhi semi assopita.
«Qualche ora… quando c’è una qualsiasi prova mi esercito fino a tardi, lo sai.» sbadigliò, rilassando le membra in cerca di Morfeo. Aveva evitato di dirle che si alzava alle cinque e mezzo per ripassare o allenarsi. L’avrebbe fatta preoccupare e basta. «Svegliami tra mezz’ora che devo studiare.» la madre sospirò ma andò a prendere un plaid per coprirla.
«Tu e tuo padre non perderete mai questa abitudine barbara di prepararsi fino alla morte.» bofonchiò prima di avviarsi in cucina per preparare la cena.



 

 

Ebbene, alla fine ci sono riuscita.
Era da un po’ che desideravo scrivere qualcosa su Resha, Yumi e famiglia. Nel prossimo capitolo, perché ci sarà un altro, parlerò del suo rapporto con Raito Tethys. Altro personaggio particolarmente odiato. XD
Preciso che questa shot è ambientata alcuni mesi prima di “Mermaid melody – Pearls of destiny”, scritta da Crazy Chick Kelly_chan ed Elsiria.
Vi è capitato di capire meglio un oc man mano che scrivete su lui/lei? È ciò che sta succedendo con Resha e Raito. Li sto comprendendo in un modo più viscerale, ecco perché ho scelto di cimentarmi in questa prova. Ho voluto anche sottolineare alcune particolarità della mia sirena arancione:
-Incredibile a dirsi, ma Resha ha problemi con i maschi come tutte le ragazze. Anche se non lo ammette a voce, il fatto di attirare più consensi femminili che non maschili le crea un cruccio. I ragazzi giapponesi prediligono la ragazza schiva, timida e gentile. Ciò che lei non è, ecco perché nel profondo sente difficoltà nel mettere i maschi a disagio.
-Resha crede in Yumi, ma non lo dice a parole. Vuole che sia la sorella a trovare la forza per porle un freno o comunque affermarsi come persona indipendente.
-È una specie di tsundere. Non ha problemi ad affermare sé stessa, aiutare, consigliare etc… ma ne ha parecchi nel mostrare la propria dolcezza o comunque la parte più morbida del suo carattere.

Personaggi apparsi:
-Yumi Shell appartiene a Kioccolat.
-Resha Shell e Azul appartengono a me.

I termini adoperati:
- Arigatou: grazie.
-Kawaii: carina, intesa come pucciosa.
-Otosan: papà.
-Okaasan: mamma.
 

Spero che sia piaciuto questo sprazzo di vita delle sorelle Shell. Grazie a chiunque abbia letto e lasciato un commentino. ^^

Un saluto da Scarlett Sakura.

   
 
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